I gatti della luna.

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    Non sai come sei finito nella stiva di quella vecchia nave di legno, ne sai da quanto tempo ne sei intrappolato. Sai solo che ti sei risvegliato da un freddo intorpidimento che ha assalito le tue membra mentre svolgevi una missione per il divino Hades. I tuoi polsi e le tue caviglie sono legate da catene tempestate di rubini, che non puoi rompere in alcun modo, così come ogni tentativo di aprire il boccaporto che da sul ponte è inutile. Inoltre tali pastoie sembrano divorare il tuo cosmo, dandoti un profondo dolore ogni volta che tenti di utilizzarlo, invano. La tua armatura è scomparsa e non risponde al tuo richiamo. Non sei solo in quella stiva, odorante di strane spezie. Tra i rotoli di stoffa e le sacche di cibo a cui hai libero accesso, stranamente, ci sono altre persone, uomini, donne, bambini, tutti nelle tue stesse condizioni. Nessuno di loro sa che cosa sia successo. La nave ogni tanto scricchiola, come se stesse effettivamente navigando, ma dall'oblò che probabilmente un tempo ospitava un cannone non vedi nulla, nero assoluto.

    [Allora. Ti ritrovi in una stiva di nave (stile veliero), inerme e con altre persone. Il cibo non manca, quindi ti viene da pensare che resterai lì parecchio :ehsi: ]
     
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    Gorthaur ~ Spectre di Druj Nasu ~ Energia Rossa



    *Freddo.
    Una sensazione diffusa di gelo e torpore ovattava i sensi dello spectre.
    Doveva eseguire un compito, non ricordava quale, ne dove fosse prima che tutto divenisse buio.

    I sensi ripresero, lentamente e con imprecisione, a percepire la realtà, trasmettendo rumori, sensazioni tattili, odori.
    Fu un odore ad aiutarlo a riaversi più velocemente, un curioso sapore di spezie sconosciute.
    La consapevolezza del corpo tornò a poco a poco, permettendogli di muovere prima i piedi, poi le gambe ed in fine le mani.

    Fu allora che ebbe un sussulto.

    Qualcosa di estraneo, di non previsto. Avrebbe dovuto indossare la surplice, mentre ciò che lo copriva era un semplice abito nero ed i polsi erano prigionieri di catene ricche di rubini.
    Li fissò per qualche istante.

    I pensieri faticavano ancora a scorrere fluidi. Chiuse gli occhi, come a concedersi una pausa, concentrandosi su altro.
    Attorno a lui altri rumori gli suggerivano di non esser solo. Passi rapidi e corti, un brusio diffuso.

    Non era l'unico.

    Riaprì gli occhi ed iniziò a guardarsi attorno.
    Altri individui, di varie razze, età e sesso, giacevano prigionieri in quella che pareva essere una vasta stiva.
    Da tempo non vedeva costruzioni simili, doveva trattarsi di un veliero o qualcosa di simile. Non aveva mai avuto una grande affinità per le navi.

    Dopo aver verificato l'assenza di minacce tornò a concentrarsi sui polsi.
    Era evidente che quelle pietre non stavano ad indicare un particolare apprezzamento nei suoi confronti, dovevano avere uno scopo.
    A quel pensiero la sensazione di freddo assunse un significato diverso. Il torpore era passato, ma quel "vuoto" gelido no.
    Con estrema cautela prese a richiamare il suo cosmo.
    Per qualche istante non successe nulla, poi una fitta, come decine di stilettate tra le costole, lo fecero contrarre con gli occhi sbarrati ed i denti serrati.

    Se nemmeno l'Istihlak, il suo oscuro cosmo, aveva effetto su quel materiale, doveva trattarsi di qualche artefatto estremamente potente o quanto meno costruito da qualcuno più potente di lui.
    Goffamente si mise in piedi, aiutandosi con la parete alle sue spalle.
    Gli altri prigionieri parevano confusi, altri avevano sguardi colmi d'ira ed altri di disperazione. Avrebbe potuto sondare le loro menti, ma ora doveva solo avvalersi del suo intuito.
    Probabilmente nessuno di loro sapeva come mai si trovavano lì.
    Anche se fosse stato il contrario Gorthaur non voleva esporsi immediatamente, quindi evitò anche di forzare l'unica porta di quella prigione.
    Vista la situazione confusa decise di assumere una maschera di confusione. Il suo nemico doveva pensare di aver spezzato la resistenza dello spectre, così gli altri prigionieri videro in lui un uomo tremante e insicuro, che si aggirava per la stiva con sguardo assente.
    Sguardo che in realtà aveva notato la quantità di cibo decisamente generosa e quel varco, quel varco che dava sul vuoto.

    Era una situazione seria, il suo avversario, o qualsiasi altra cosa fosse colpevole di quella situazione, doveva essere decisamente pericoloso… e, doveva ammetterlo, potenzialmente interessante.

    Continuò così la pantomima, sperando di cogliere qualche sguardo, qualche indizio utile o un qualche evento che potesse smuoverlo da quello stallo.*


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    Il boccaporto sopra di te si spalanca, e scende un uomo, con passi lenti e misurati sulla scala di legno. È vestito di stoffe eleganti e decorate, con filigrana d'oro e rossa, indossa un turbante ed ha una enorme e folta barba. Pare lo stereotipo perfetto dell'antico mercante di stoffe pregiate arabo. Trovandoti sotto la scala in quel momento, noti che indossa delle babbucce terribilmente piccole, grandi la metà del tuo piede, ma procede stabilmente.
    Si guarda intorno, una volta sceso fino in fondo, guarda le scorte di cibo e poi tutti voi, sogghignando attraverso la sua barba. Ha gli occhi color cobalto e un paio di denti d'oro, come lo sono i vari anelli intrecciati tra i riccioli della barba. In tempi antichi un uomo del genere dovrebbe essere stato terribilmente ricco.
    Finalmente dedica la sua piena attenzione a un uomo che sta seduto in un angolo, e procede verso di esso, afferrando la catena legata alle sue manette. Lo trascina come un sacco di patate, ignorando le sue proteste o i suoi tentativi di divincolarsi, quasi non pesasse nulla.
    La forza dello strano uomo pare essere sufficiente a scorticare la schiena del prigioniero con il solo sfregamento del legno, quando lo trascina su per la scala. Appena il prigioniero mette la testa fuori dall'apertura, comincia ad urlare in modo inarticolato, in preda al pieno terrore, fino a che scalciando non attraversa completamente l'apertura e sparisce dalla tua vista. Il legno si richiude con un tonfo e ogni suono esterno scompare.
    Il panico si diffonde come un incendio.

    [libero di agire]
     
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    Gorthaur ~ Spectre di Druj Nasu ~ Energia Rossa



    *Quando la porta si richiuse portandosi dietro lo sconosciuto ed il poveraccio vi fu qualche secondo di silenzio.

    I prigionieri si guardarono tra di loro, completamente atterriti. Se prima ogni cosa era un mistero ora vi era una nuova certezza.
    Quella di un destino orribile.
    Grida di panico, imprecazioni, pianti e reazioni di pura apatia esplosero in una cacofonia di emozioni.

    Gothaur vi si unì, lanciandosi verso l'area che conteneva il cibo e le spezie.
    Lì si sedette abbracciandosi le gambe raccolte al petto ed iniziando a dondolare leggermente, emettendo impercettibili lamenti.

    Rise fra se ad immaginarsi visto dall'esterno, ma voleva continuare a mantenersi anonimo, uno fra tanti, facendo credere al carceriere che tutto procedeva come previsto.
    Si focalizzò su quell'individuo, sulle sue caratteristiche e su come esse potessero incasellarsi in una strategia di fuga.

    Evidentemente non si trattava di un comune mortale, era troppo forte e probabilmente era lui l'artefice delle catene che spegnevano il cosmo.
    Tali artefatti avrebbero annichilito anche altre caratteristiche soprannaturali?

    Le catene gli permettevano una certa mobilità e la sua conoscenza marziale, seppur priva dell'ausilio dei poteri, rimaneva pur sempre superiore a quella di qualsiasi altro uomo normale.
    Non poteva però rischiare di verificare direttamente il grado di anormalità del carceriere, per cui iniziò a rovistare tra le sacche del cibo, dando l'impressione di essere in preda a qualche attacco di confusione mentale.
    Cercava spezie con le caratteristiche simili a quelle del peperoncino. Visto gli abiti dell'individuo sperava avesse scelto per i suoi prigionieri cibi ed erbe dai sapori forti.
    Dopotutto amava queste situazioni, in cui era costretto a lasciar da parte i suoi poteri e cercare espedienti secondari per accecare i propri nemici.
    Per le creature destinate ad aver memoria della propria eternità spesso la promessa di avvenimenti capaci di scacciare la noia è sufficiente a rendere accettabile anche il pericolo più grande.*


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    Rovistando nei sacchi trovi diverse spezie forti, tra cui paprika e peperoncino rosso, più una sottilissima polverina dal vago odore di fumo che all'assaggio quasi ti causa un attacco isterico da quanto è forte.
    Il panico generale continua a peggiorare, scoppiano piccole risse tra persone che cercano di calmarsi e altre che hanno semplicemente dato di matto. Il lasciarti coinvolgere o meno è a tua discrezione. Dopo un tempo indefinito il carceriere di prima discende la scalinata coi suoi piccoli piedi, e si dirige verso di te. Che ti trascini con la forza o che tu riesca nel tuo piano di accecarlo e fuggire, raggiungi il ponte.
    Ad accoglierti c'è solo un cielo nero, con stelle lontanissime fra di loro. A poppa della nave vedi un profilo molto familiare, fin troppo. La terra. Ti trovi su di una nave sospesa nel vuoto cosmico, sul cui ponte altri quattro di quegli strani commercianti ti guardano, sorpresi o compiaciuti, a seconda di come sei arrivato lì. In ogni caso essi ti placcano e ti costringono a terra.


     
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    618MonJul072150pm

    Gorthaur ~ Spectre di Druj Nasu ~ Energia Rossa



    *La ricerca stava dando buoni frutti. Prese dei panni che venivano usati dai prigionieri per mangiare e vi avvolse dentro un misto delle spezie più forti. Ne notò una sconosciuta, dallo strano sapore, come di fumo.
    Assaggiarla fu utile per dare maggiormente l'idea di essere impazzito.
    Per qualche istante infatti tutti i sensi si accesero, lasciandolo da lì a poco riverso al suolo con i denti serrati e sibilante.

    Ripresosi aggiunse anche quella al preparato.
    Infilò il sacchetto in tasca, si alzò e qualcosa lo buttò a terra.

    Il panico si era mutato in isteria collettiva. Accanto a Gorthaur alcuni prigionieri avevano iniziato ad azzuffarsi. Non erano gli unici e vani erano i tentativi di altri di calmarli.

    Sperando che il baccano richiamasse il mercante, lo spectre iniziò a partecipare alle colluttazioni, spintonando qua e là ed emettendo grida senza senso.

    Non sentirono la porta aprirsi, si accorsero del carceriere solo quando i suoi piccoli passi fecero scricchiolare gli ultimi pioli della scala.
    Il silenzio cadde e lo spectre si lanciò su di lui, fingendosi colpito da un altro prigioniero.
    Il mercante lo prese per il bavero, alzandolo come se non pesasse nulla. Lo voltò, per vederlo meglio ed annuì come se stesse cercando proprio lui.
    Con fare soddisfatto fece per muoversi, quando il sacchetto di spezie si aprì sul suo viso.
    Iniziò a gridare, con una voce terrificante e inumana, tenendosi il viso con ambo le mani.
    Gorthaur fu lasciato cadere e con un balzo fu dietro di lui. Con un calcio riuscì a farlo cadere riverso al suolo, mentre i prigionieri fissavano la scena sbigottiti.

    Rapido salì le scale fino a oltrepassare l'uscio.
    La porta si richiuse di scatto dietro di lui, facendolo voltare.
    Poi ciò che vide lo lasciò senza parole.
    Non vi era mare ne terra, solo il vuoto e le stelle.
    Una macchia azzurra lo attirò vicino al bordo del ponte, come fosse incantato.
    Era la Terra.
    Cercò di raccogliere pensieri e idee, senza ottenere nulla.
    Era assolutamente spiazzato, poi un colpo sordo.
    Quando riaprì gli occhi era sdraiato sul ponte e tossiva, come se un peso insopportabile gli rendesse il respiro estremamente difficile.
    Una fitta micidiale gli teneva in tensione la schiena ed il resto dei muscoli.
    Quattro di quegli strani mercanti lo osservavano ghignando ed uno di loro lo teneva al suolo col il suo piccolo piede.

    Gorthaur fece per parlare, senza sapere esattamente cosa avrebbe detto, ma nemmeno quello gli riuscì.
    Solo un roco rantolo uscì dalla sua gola, aumentando la soddisfazione dei suoi carcerieri.*


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    La nave prosegue silenziosa nel suo viaggio, senza che nessuno stia al timone, dalla tua posizione riesci a notare la sua ruota che si muove da sola ogni tanto per aggiustare la rotta. Ogni tanto il legno scricchiola, mentre qualsiasi suono possa provenire dalla stiva è completamente tagliato fuori. Vieni trascinato qua e la come un sacco di stracci, mentre i mercanti chiacchierano tra loro in un orribile linguaggio gutturale. Le tue manette vengono agganciate all'albero maestro, non sembra esserci modo di liberarsi stavolta. Non ti rimane altro da fare se non osservare il lento procedere della nave verso il nulla. O almeno così sembra per le prime ore, ma ad un certo punto ti rendi conto che la nave sta virando verso una fonte di luce bianca. Non ci vuole molto a riconoscerla. È la luna. La nave si dirige verso di essa, che diventa sempre più grande, fino a quando riesci a distinguere chiaramente i bordi dei crateri.
    Dopo un'altra ora di scomoda attesa, noti qualcosa. Il cratere verso cui vi state dirigendo non è una vera valle, ma una città. Una città bianca, di polvere lunare, dello stesso colore delle ossa. La nave fa un ultima manovra e attracca ad un molo di un lago senz'acqua. In principio pare ferma, priva di vita, ma appena i tuoi occhi si abituano al colore, noti forme che si muovono nelle strade. Creature alte, gobbe, con al posto del volto propaggini tentacolari. Ignorandoti i mercanti cominciano a trascinare fuori i prigionieri e a legarli con un'unica catena, facendoli poi avviare sul molo. Al momento nessuno ha considerazione di te. Però noti che il gancio a cui sei collegato alla luce della luna non appare più tanto solido come prima ti era parso. Noti piccole crepe.

    [con molta fatica ma discrezione potresti anche riuscire a sganciarti :ehsi: i mercanti al momento sono tutti impegnati nello sbarco dei prigionieri. Se ti metti a girare per la città, le creature non ti cagano pari finché non ti avvicini troppo. Noti che si muovono a tentoni captando informazioni con le teste tentacoli :zizi: ]
     
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    618MonJul072150pm

    Gorthaur ~ Spectre di Druj Nasu ~ Energia Rossa



    *Quando si riebbe tossi convulsamente.
    Il suo corpo fece per piegarsi su se stesso ma le catene lo bloccarono, aggiungendo dolore a dolore.
    La lunghezza del viaggio, i colpi ricevuti e la posizione avevano tutti contribuito a farlo addormentare.
    A volte riaprì gli occhi, ma era difficile capire se stesse ancora dormendo. Non vi era timoniere a guidare la rotta e la loro meta pareva essere la Luna...

    I forti rumori della nave riuscirono a toglierlo dal torpore, sebbene ancora gli fosse difficile pensare lucidamente.
    Stavano per atterrare sulla superficie lunare.
    Tra i vari crateri ve n'era uno al cui interno vi erano strane sporgenze. Più si avvicinavano più era evidente che si trattava di una città.
    La nave in fine raggiunse il suolo ed il rumore di decine di passi distolse lo sguardo meravigliato dello spectre.

    Si voltò per quanto permettesse la sua condizione e notò gli altri prigionieri, in fila, legati uno all'altro.
    I mercanti non lo degnarono di uno sguardo.
    Tossì di nuovo e di nuovo le catene strinsero il suo corpo al palo.

    Scosse il capo per riprendere i sensi e notò un nuovo, inquietante, particolare.
    Giù dalla nave, per le strade di quella strana città, vi erano creature aliene, umanoidi gobbi colmi di tentacoli al posto della testa. Si muovevano in modo strano, come gli animali che seguono una pista con il fiuto.

    La mente cominciò a riattivarsi, gli occhi viaggiavano isterici in ogni direzione alla ricerca di qualsiasi cosa potesse rivelarsi utile.
    Poi, proprio su di se, notò che il gancio a cui le sue catene erano ancorate si era allentato.
    Trattenne il fiato a quella speranza, si guardò attorno e ricominciò a tossire, con più frequenza. Il suo corpo si comprimeva e ad ogni movimento il gancio pareva allentarsi di frazioni di millimetro. Temeva fosse la sua immaginazione a volte a fargli percepire quella dilatazione.
    Ogni tanto si fermava, sia per riprendere fiato, sia per non attirare l'attenzione su di se.
    Dopo lungo tempo riuscì ad aprire il gancio.

    Rapido e silenzioso scese dalla nave. Sorrise tra se per la ritrovata libertà, ma il dolore generato dall'innaturale posizione di prigionia e dallo sforzo lo colpì come un dardo, facendogli cedere le gambe e percuotendo i suoi muscoli e le sue ossa.

    Strinse i denti e strisciò in un piccolo vicolo.
    Non aveva idea di dove fossero andati i prigionieri, ne quanto tempo prese la rottura del gancio.
    Inoltre la sua liberazione era ben lungi dall'essere completa. Quelle maledette catene bloccavano il suo potere.

    Attese qualche altro istante, massaggiandosi le gambe e muovendo lentamente gli arti.
    Quando il dolore divenne sopportabile si rialzò.

    Furtivo cercava di stare il più lontano possibile dagli alieni.
    Era evidente la loro cecità, ma non aveva idea dell'ampiezza del loro campo di percezione.

    Molte cose desiderava trovare e capire.
    Innanzi tutto gli altri schiavi avevano le sue medesime catene. A meno che non fossero destinati a qualche sorta di sacrificio i loro acquirenti li avrebbero liberati da quella costrizione, magari legandoli a qualche altro artefatto meno ingombrante.
    Forse nel luogo dove stavano venendo condotti vi erano delle chiavi o qualcosa di simile.

    Un altro potenziale obiettivo era qualcosa che assomigliasse ad un fabbro o ad un artigiano.
    Poteva essere una notevole cantonata, ma forse quelle catene venivano create in questa città... e chi crea qualcosa, probabilmente, può anche distruggerlo.

    Le possibilità di successo erano misere, non avendo nessun punto di riferimento e dovendo restare nascosto.

    Una sfida interessante.*


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    Mentre decidi sul da farsi, qualcosa si muove appena fuori dal tuo campo visivo, sgusciando nella misera penombra che c'è tra le due pareti di polvere di luna. Quando cerchi di seguirne i movimenti la nuova presenza riesce sempre a rimanere un qualcosa di indefinito, fisso permanentemente nella la coda del tuo occhio. Probabilmente con i tuoi poteri non avresti fatto fatica a seguirla e tantomeno ad afferrarla.
    Quando finalmente quella stranezza sembra sparita del tutto, qualcosa atterra sulla tua testa. Un peso non eccessivo, qualche chilo, ma a prescindere dai tuoi tentativi quel peso rimane aggraziatamente sulla sua posizione, camminando occasionalmente sulla tua faccia o sulle tue orecchie, a seconda della inclinazione del capo.

    Sei messo male eh?

    Una vocina ti parla da sopra la testa, prima che il peso si metta a ronfare con tanta forza da farti vibrare il cuoio capelluto. Un gatto, il cui muso fa capolino da sopra la tua fronte, guardandoti a testa in giù. Con un balzo giustamente felino scende e atterra davanti a te, camminando a coda fieramente ritta, mostrandosi in tutto il suo splendore di gatto nero e spelacchiato.

    Sembra proprio che tu voglia toglierti da questo impiccio...forse il mio capo può fare qualcosa, sempre che tu voglia pagare il prezzo per il suo aiuto.

    Detto questo il gatto esce dal vicolo, dove tu saresti altamente esposto.

    [ora c'è una scelta da fare, seguire il gatto e andare per strada stando attentissimo a non farti captare dai mostrazzi, oppure continuare a svicolare nell'ombra, fino ad arrivare nel retro di quella che sembra la bottega di un fabbro, la cui fucina brilla di un inquietante colore indescrivibile. ]
     
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    *Non riusciva ad indovinare l'espressione comparsa sul suo volto all'apparire del gatto. Ne ci pensò, fino a che questo prese la via che l'avrebbe con tutta probabilità ad essere scoperto.

    Fin da quando era apparsa quella strana presenza ogni sua azione per coglierne la natura, la forma o la posizione era risultata vana.

    L'esasperazione stava montando e scoprire che a prendersi gioco di lui, il detentore del Potere della Morte, era stato un gatto, non fece altro che tramutare questa esasperazione in ira.

    Lo ascoltò, non ebbe tempo di rispondere che l'altro svanì.

    Era indeciso, seguirlo o proseguire per la via che l'avrebbe portato alla probabile fucina da cui proveniva quella luce innaturale?

    Tutto in quella città gli era estraneo, le possibilità che doveva considerare erano troppe per formarsi una decisione sicura o quanto meno non potenzialmente fatale.

    Il gatto era un elemento in più, qualcosa di evidente, un punto stabile in quel caos. Chi era però il suo padrone e che prezzo avrebbe posto sulla sua libertà?
    La fornace avrebbe potuto rivelarsi il luogo in venivano fabbricate quelle catene, ma giunto lì sarebbe riuscito a trarre vantaggio dalla situazione?

    Sibilò qualcosa di impercettibile, forse un'antica imprecazione e prese a seguire il gatto.
    Quando uscì dal vicolo fece appello a tutta la sua agilità da combattente per evitare di esser percepito dalla torma di creature che percorrevano quella via. Cercò di porsi vicino a sporgenze, muri o quant'altro potesse schermare la sua presenza o almeno confonderla se le cose fossero volte al peggio.

    Ad ogni mossa, ad ogni agile balzo, malediceva la sua decisione. Poi però pensò al vero motivo che lo portò a quella scelta.
    Se le cose fossero andate male almeno ora aveva un elemento in più, oltre ai mercanti, su cui far calare la sua vendetta.
    E' sempre buono avere molti bersagli, soprattutto se con caratteristiche diverse.
    Ti tiene sveglio e allegro nei momenti di scoramento.*


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    Sembra quasi che più tu ti avvicini al felino nel seguirlo, più esso acceleri. O ha fiducia nelle tue capacità o sta deridendoti, non è una certezza. Le tue capacità di cavaliere, esulanti dal concetto di cosmo e impresse nel tuo fisico, ti permettono di muoverti agilmente, eludendo le percezioni delle strane creature che popolano la luna.
    Oppure no. In un momento particolarmente delicato, senti qualcosa di molle appoggiarsi sulla tua spalla. Una creatura che non avevi visto ne percepito attorciglia una delle sue propaggini attorno al tuo collo, trascinandoti all'indietro con un colpo di frusta. Vedi che il gatto si volta a guardarti, per poi fissare un punto oltre le tue spalle, rizzare il pelo e scappare via, scomparendo in un angolo. Vieni girato a forza e sollevato da terra, costretto ad osservare da vicino una di quelle creature.
    Qualcosa ti succede, come un prurito cerebrale, sembra quasi che la tua mente scivoli via, come una brutale pazzia fulminante, l'essere messo davanti all'ombra di un orrore che nemmeno tu puoi concepire.
    Sotto quei tentacoli si apre una orrenda bocca, uno strumento di suzione pieno di rostri che sembrano non avere alcun senso strutturale.
    Un secondo prima di toccarti e cominciare a divorarti in senso letterale, la creatura si blocca, così come quelle che sono state attirate dalla situazione. Come se ascoltassero qualcosa.
    D'un tratto si voltano e cominciano a trascinarti per la strada di polvere, allontanandosi sempre di più dalla città e dirigendosi verso quelle che sembrano caverne.
     
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    *Poche volte gli accadde di percepire una sensazione simile, di profonda confusione, in cui la mente veniva bombardata da centinaia di impulsi discordanti ed oscuri.
    Cosa in quella creatura lo sconvolgeva tanto?
    Ricordava di aver visto peggio... di aver creato peggio...

    Eppure non poteva far nulla, se non lasciarsi prendere da quella bestia.
    Pensava, pensava, pensava, allo stesso modo di quando si battono le dita o si muove la gamba per nervosismo.
    In quell'occasione l'unica cosa che riusciva a muovere erano i pensieri.

    Qualcosa cambiò in quella scena, per quel poco che Gorthaur riusciva a percepire lucidamente.
    Altre creature si avvicinarono, attirate da ciò che stava avvenendo. Poi tutte quelle bestie si voltarono, come rapite da un richiamo.

    Fu quindi afferrato e trascinato all'esterno della città.
    Non riusciva a far nulla, ne muoversi, ne parlare.
    Quelle maledette catene gli impedivano di fare alcun chè contro quelle creature e la loro forza sormontava di molto quella del suo fragile corpo.

    Ecco, il corpo.
    Ecco la via attraverso cui la paura e la debolezza si insinuavano.
    Quel corpo, quelle vestigia di carne e sangue, così deboli e pericolose per uno spirito, tanto da renderlo simile ad un animale, fragile e soggetto alla tirannia delle infermità mortali.

    Più di ciò che lo attendeva nelle caverne verso cui si stavano dirigendo, più della forza invisibile che muoveva la sua tortura, vi era qualcosa che lo stava distruggendo dentro.

    Il rendersi conto che in quella situazione era solo un essere umano.*


    *Narrato* Pensato ParlatoRiassunto
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    CRIMSON DEFILER

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    Le creature infine giungono davanti l'ingresso delle caverne, in cui la luce riflessa del sole lontano non sembra arrivare. C'è una linea netta che separa luce e tenebra assoluta, eppure in essa qualcosa sembra muoversi, al punto da far vibrare il pulviscolo immoto, facendolo danzare nella bassa gravità lunare. In lontananza giunge qualcosa si simile al concetto della risata, vibrazioni oscure che penetrano attraverso la tua pelle e si arrampicano sui tuoi nervi, raggiungendo il cervello. Pare l'apice della follia. Qualcosa di più nero del buio si avvicina a te dall'oscurità.

    Miao.

    Sei nel tuo giaciglio, nella tua abitazione, nel tuo cielo. Le inquietanti luci della tua città filtrano dalle aperture della stanza, proiettando le ombre che ben conosci. Quello che c'è di nuovo è il gatto.
    Sul tuo petto riposa un gatto, un mau egiziano, poco più di un cucciolo, che ti guarda con occhi socchiusi e ronfando.
    Era tutto un sogno, anche se il gatto è nuovo. Il gatto si sporge in avanti per strusciare il muso sulla tua guancia, prima di scattare fuori dalla stanza a velocità assurda. Un secondo dopo il suono di oggetti che cadono e si rompono echeggia per i corridoi, assieme ad imprecazioni varie dei servitori (quei pochi senzienti).
    Il disastro in corso si interrompe con l'allegro zampettare del gatto che torna sul letto, con in bocca un topolino.

    [E boh, apparentemente era un sogno :ehsi: ora sei libero di agire e smettiamo di avere binari fissi :zizi: puoi fare quello che vuoi, fare i tuoi affari, considerare il tutto un sogno o controllare.
    Su cosa mi sono basato lo sai, quindi puoi tirare fuori qualcosa :asd: ]
     
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    Protogenos of Death

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    * Probabilmente quella fu la prima volta che il suo viso assunse un'espressione così beota.

    Era immobile, sul suo giaciglio, con lo sguardo fisso sul gatto e sul topolino, con un unico pensiero che gli ronzava per la testa.

    Un gatto?

    Fece per muoversi e notò che i suoi arti erano completamente intirizziti, tanto da causargli una fitta punta di dolore.
    Era come se avesse dormito per giorni.

    Inoltre il suo raziocinio era ancora scosso dal sogno, quindi non riusciva a far altro che a ripetersi quella domanda.

    Un gatto?

    Finalmente riuscì a portarsi a sedere sul letto, con la testa fra le mani.

    Un gatto?

    Poi volse uno sguardo colmo di follia al felino ed in una lingua che non ricordava più di conoscere gli parlò.*

    Chi sei tu?

    *Il suo della voce rimbombò come un tuono tra le tetre stanze del suo palazzo.
    Che fosse completamente impazzito?
    Probabilmente era così, sebbene parlare con un animale non era certo una delle azioni più strane che Druj aveva fin ora compiuto*

    es0TL



    CW2J2
    The Lord of Flies

    Riassunto ~

    Status Fisico ~

    Status Psicologico ~ Normale (?)

    Abilità Utilizzate:

    Tecniche Utilizzate:
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    CRIMSON DEFILER

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    Il gatto ti guarda per qualche istante, prima di chiudere gli occhi e ricominciare a fare le fusa, tenendo il topolino tra le zampe. Non sembra intenzionato a comunicare con te, forse per il momento, forse per sempre, forse non è capace di rispondere. Il vociare dei servitori smette mentre dai suoni che senti giungere nella tua camera si capisce che stanno cercando di rimediare ai danni causati dal gatto. Il lampo verdastro che segue il suono di altri cocci rotti e l'urlo di dolore FORSE non ha nulla a che fare con tutto ciò. Forse.
    Lentamente, forse troppo, Zraki fa capolino oltre lo stipite della porta, quasi spaventata. È la prima volta che si spinge tanto in profondità nei tuoi alloggi fino ad arrivare alla tua stanza, quindi probabilmente non aveva idea di cosa aspettarsi.

    Finalmente vi siete svegliato maestro...


    Dice, nella sua voce c'è effettiva preoccupazione.

    Siete stato fuori combattimento per almeno tre giorni. Prima il lich non era preoccupato, diceva qualcosa su tipo visioni mistiche o cose che solo voi sapete, ma poi dopo un giorno avete cominciato ad urlare. Mi hanno detto che avevate anche gli occhi aperti e sembravate sveglio, e urlavate cose incomprensibili.

    Si sporge un pochino di più e vedi che indossa le vesti tipiche del suo misticismo, come quando gli impartisci lezioni. Tra l'altro non era ancora riuscita ad imparare il nome del tuo servitore più fidato.

    Visto che la lezione era saltata ho dato un'occhiata tra i vostri testi cercando le cose che stavate urlando.


    Regge sotto le braccia numerose pergamene consunte, che riconosci come parte degli archivi più antichi.

    Il gatto non siamo ancora riusciti a capire da dove sia saltato fuori, ma è comparso quando avete smesso di urlare. Onestamente non voglio pensare cosa possa spaventarvi.


    Senza tanti complimenti appoggia le pergamene sul tuo letto e ne srotola una davanti a te, vi è tracciato un unico simbolo.

    link



    Io non vi ho sentito urlare in prima persona e per certe cose il lich mi ha gentilmente aiutato, ma ha più che altro raccolto qua e la dei documenti e mi ha detto di darveli, dicendo che avreste capito e che non erano affari miei.


    Appena finisce di parlare, prende il gatto per la collottola ed esce dalla stanza.
     
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