Beauty/death

Violet per il cielo di Venere

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    Pandora ti affida un compito molto delicato.

    Nel cuore della Sicilia, ci sono delle sconosciute catacombe dei frati Cappuccini. Le persone ormai non visitano quel luogo, a causa delle terribili leggende che si narrano. Ebbene, il cuore della cripta più profonda delle catacombe è l'entrata segreta dei cieli di Hades. Compito tuo è di rendere inaccessibile questo posto, o almeno fare sì che nessuno vi si avvicini nemmeno per sbaglio.



    Note:Il tema della tua woa sarà Bellezza/Morte.

    Puoi scegliere un elemento artistico (monumento, brano musicale, dipinto, poesia) a cui ispirarti. Alla traccia principale puoi aggiungere dettagli a tuo piacimento. Auguri!
     
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  2. » Pisces no Astrid
     
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    Prima del post vero e proprio, una doverosa premessa: l'elemento artistico scelto è l'Inno alla bellezza" di Baudelaire :zizi: non rirsco a inserire il link senza fare un casino terirbile, confido che su internet si trovi molto facilmente.
    Poi qui di seguito sotto spoiler metto due link che sono a due schede dei vari png che ho utilizzato :zizi: non erano obbligatorie ma credo possano integrare bene ciò che si va a leggere^^ Naturalmente i link potranno essere tolti da chi di dovere se si reputano non corretti(essendo id un forum esterno, ma in ogni caso il luogo in questione contiene solo quelli xDDD).



    Altre note alla fine. Grazie dell'opportunità :=)


    Beauthy/Death - WOA
    png
    Nome × Astrid Elektra | Età × 16 anni | Nazionalità × Greca
    Occupazione × Gold Spectre di Pisces [Cavaliere]
    Energia × Viola | Casta × Fazione di Hades | Cloth × [IMG=png] Gold Surplice, Pisces [VI]

    rose-icon



    « Parlato » - « Pensato » - Narrato - «Altri(vari colori)»


    Anastasia

    Thorfinn

    Hysteria Despard

    Psiche della Cinta




    rose-iconPrima Parte: uno strano gruppo
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    Il silenzio dominava la foresta e solo i lievi passi sul terreno rompevano quell'atmosfera sordi
    L'Imperator Inferorum - Pandora - l'aveva mandata a chiamare d'urgenza per affidarle una missione davvero delicata; in principio Astrid era rimasta sorpresa al pensiero di essere stata scelta tra i tanti spectre dell'esercito di Hades ma non si era soffermata più di tanto su quel dettaglio. Curiosa era invero la missione che avrebbe dovuto portare a termine. «Accidenti... tra tanti posti in cui posizionare l'ingresso ai Cieli, proprio la Sicilia? Non poteva scegliere... che so, le Dolomiti? Almeno ci sarebbe stato fresco!»
    Astrid sbottò tra sè e sè, tanto nessuno la poteva sentire; non era mai stata in Italia, di certo si trattava di un Paese che meritava di essere visitato. Ma non in quella stagione: sicuramente il caldo torrido si era ormai propagato, e lei preferiva indubbiamente il freddo delle montagne; se non altro non ci sarebbe stato bisogno di preoccuparsi per la pelle e del sudore che sicuramente avrebbe patito. Alzò le spalle, rassegnata: doveva solo evitare di incrociare altre persone per non metterle a rischio, ma era più facile a dirsi che a farsi. Se l'ingesso era attualmente sigillato dalle Catacombe dei frati Cappuccini, dubitava di rimanere sola a lungo. Quel genere di luogo era sempre molto frequentato da curiosi e comuni turisti.
    Aveva lasciato il mantello appoggiato quasi casualmente su una sedia a casa, preferendo limitare il bagaglio al solo Pandora's Box violaceo: se si fosse presentata nell'isola italiana ammantata dalle vesti purpuree dei Pesci, di certo avrebbe dato nell'occhio ed era l'ultima cosa che desiderava fare. Non conosceva neppure il luogo, tuttavia poteva anche essere possibile che incontrasse qualche nemico; indossò una maglia azzurra a maniche lunghe che le lasciava scoperte le spalle e dei semplici jeans bianchi, mentre ai piedi aveva delle scarpe da ginnastica. L'unica cosa che poteva essere davvero notata era il box sulle sue spalle, ma per il resto si sentiva simile ai tanti turisti che inadevano le città.
    Dopo alcuni minuti di camminata un cosmo di discreta potenza cominciò a farsi sentire: Astrid si fermò, rapita dallo splendore della natura più che dall'eventuale timore di incontrare un nemico. Concentrò il proprio e decise di scoprire chi si celava dietro allo sconosciuto. «Una piccola spectre... che tenera, sembra quasi un cucciolo! Stacy, vieni un po' a vedere cosa c'è qui!»
    Una voce maschile dall'accento leggermente rozzo era comparsa dal nulla; Astrid non percepiva alcuna ostilità sia nella voce che nel cosmo. Un giovane di circa trent'anni era appena saltato a terra dai rami di una quercia, e la stava osservando con un ghigno beffardo stampato sul volto: dai lineamenti decisi era chiaro che si trattava di un nordico e Astrid notò che non indossava alcuna armatura. Eppure l'aveva appena riconosciuta come devota di Hades, non poteva essere un caso.
    Distolse lo sguardo dal biondo per osservare Stacy: al contrario dell'altro, la ragazza era piuttosto bassa di statura, ma l'espressione decisa che aveva sul volto era un chiaro segno che non doveva essere una persona da sottovalutare. Astrid percepì un cosmo provenire anche da lei.
    «Questa è la nostra terra, è Hades che ti manda qui straniera?» La voce di Stacy era molto fredda ma non sembrava voler iniziare un duello o anche solo una lite; Astrid sorrise apertamente, sorprendendo la donna che a occhio e croce doveva avere trent'anni a sua volta, come l'altro.
    «In verità non è questa la mia meta, ma l'Italia. Sono Astrid ed è Hades stesso che mi manda in missione: posso superare il vostro territorio e proseguire per la mia strada?» Astrid sentiva lo sguardo indagatore della donna, mente l'uomo si limitava a sghignazzare come se l'intera faccenda non fosse di suo interesse. Nessuno dei due portava l'armatura ma la ragazza percepì distintamente i loro cosmi: quello di Thorfinn praticamente pari al proprio, mentre Anastasia pareva meno forte, ma sicuramente molto più aggressiva se avesse potuto definirla a quel modo. «Non andiamo in missione da un sacco, precisamente da... non ho contato gli anni. Che ne dici se ti accompagniamo, bellezza?»
    Thorfinn prese inaspettatamente la parola, sorprendendo entrambe le donne: Anastasia lo gratificò di un'espressione sospettosa, ricevendo in cambio una risata sguaiata. Astrid rimase incerta: Pandora non le aveva detto nulla su come affrontare la missione, non si era parlato di eventuali alleati o di gente che l'avrebbe aiutata. Poteva correre il rischio di incorrere nelle ire della Sacerdotessa e dello stesso Hades? «Non vorrei mettervi in difficoltà...», disse incerta Astrid, sentendosi osservata dalla donna che forse era gelosa.
    «A me e Thorf non importa sapere cosa devi fare di preciso, se ti è stata affidata una missione non puoi affrontarla senza qualcuno che ti protegga le spalle. O forse a desinazione hai qualcuno che ti attende?» Astrid ammirò il modo di fare di Anastasia: era una bella donna e non le mancava una certa disinvoltura. Notò che le parlava come se si conoscesscero da sempre. I lineamenti delicati contrastavano con quel modo di fare in apparenza spiccio e quasi brutale; la spectre - abituata a cercare la bellezza ovunque - intuiva di aver trovato proprio un soggetto adatto a quella definizione.
    «No ma sarei onorata della vostra presenza. Non vi posso assicurare che sarà una missione priva di rischi, però cercheremo di versare meno sangue possibile. Soprattutto se si tratta del nostro.»


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    In fondo viaggiare in compagnia era molto più interessante che ritrovarsi da soli coi propri pensieri; Astrid aveva scelto il treno, così da potersi informare un po' sulla città in cui sarebbe dovuta recarsi. Avere con sè Anastasia fu di vitale importanza: la spectre aveva origini italiane - di Cagliari - ed era stata più volte in Sicilia, perciò fu in grado di raccontarle con precisione del luogo in cui si sarebbero ritrovate. Fare amicizia con i due esuberanti spectre era stato interessante per Astrid, tanto che le sembrava quasi di essersi imbarcata in una gita di piacere più che in missione per conto del sovrano degli Inferi; da parte sua aveva deciso di rivelare ciò che doveva fare, così da ottenere che eventualmente fossero loro a completare la missione nello sfortunato caso in cui fosse caduta sul campo di battaglia.
    Cambiarono il treno a Roma, mentre Astrid osservava rapita le meraviglie della città italiana; si sarebbero anche potuti muovere sfruttando la loro velocità ma, come disse Thorfinn, meglio prendere le cose alla leggera dato che non c'era un termine di tempo da rispettare. Astrid era perfettamente d'accordo con quella frase; sperava non ci fosse alcun bisogno di utilizzare la forza, forse aveva preso troppo seriamente la sua prima missione come spectre, ed erano appena scesi dal treno a Palermo qiamdp capirono subito che le cose sarebbero state complesse.
    «Arrendetevi e consegnatemi le vostre armature, così nessuno si farà del male.» Una voce autoritaria attirò l'attenzione del trio e Astrid vide una donna ammantata da un'argentea armatura che li minacciava; per un momento si chiese come mai una saint corresse il rischio di farsi scoprire davanti alla gente comune, ma le servì un'occhiata attorno per capire che i soli presenti sul binario della stazione erano loro. «Non siamo qui per lottare contro di te, guerriera, perciò torna da dove sei venuta e non avremo bisogno di versare il tuo sangue.» Thorfinn sbuffò nel sentire le parole di Astrid: la diplomazia non serviva a niente, era semplicemente da stupidi tentare di mediare con i nemici, ma si costrinse a ricordare che la spectre dei Pesci era relativamente nuova all'esercito di Hades e forse doveva ancora fare l'abitudine alla sua condizione di risorta.
    Evidentemente la guerriera argentea non era propensa ad ascoltare quelle parole perchè concentrò il proprio cosmo, preparandosi a combattere. «Ti riconosco, tu eri la guardia personale di Daya e hai osato tradire la sua fiducia! Farò giustizia io, Hysteria Despard del Centauro, con il tuo sangue e porterò la tua testa in trionfo ad Atene!» Una vampata di puro fuoco partì proprio dalla guerriera e si diresse verso Astrid, e l'espressione di Hysteria divenne di ghiaccio quando vide che il suo colpo pareva solamente aver attraversato un groviglio di spine.


    Arcangelo o Sirena, da Satana o da Dio,
    che importa, se tu, o fata dagli occhi di velluto,
    luce, profumo, musica, unico bene mio,
    rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?






    Astrid aveva utilizzato il proprio potere sui rovi per poter plasmare una protezione per sè e per i propri alleati; il risultato era che gli spessi rovi della spectre si erano attorcigliati attorno ai tre, intrecciandosi tra loro per proteggerli secondo il volere di Astrid. Sembravano loro stessi divenuti statue, come se fossero un'espressione di uno dei massimi poteri della ragazza; Hysteria si ritrovò quasi ammaliata di fronte alla strana scena che aveva di fronte, colpita nel rendersi conto che il fuoco che aveva scagliato contro Astrid era servito solo a scalfire in parte la prigione di rovi che li aveva protetti, senza neppure intaccare la pelle della ragazza. Nonostante tutto, la saint non si sentiva minacciata neppure quando vide Astrid ammantata della violacea surplice che ricordava la versione dorata di quella del protettori della dodicesima Casa, forse il più temibile di tutti: eppure di fronte a tanto splendore, Hysteria provò una curiosa sensazione di impotenza.
    E di morte. Difatti le pareva che Astrid fosse la personificazione stessa dell'ultimo stadio della vita: bella e pericolosa. Dolce e letale. Gentile e aggressiva. Non la ricordava a quel modo, le sembrava che quella donna-bambina fosse cambiata troppo persino per gli standard di una spectre. Un intenso profumo invase l'aria e ben presto Hysteria si ritrovò ad ammirare alcune rose rosse che l'avevano sfiorata; all'improvviso le braccia non riuscivano più a muoversi e l'intero corpo pareva essere stato anestetizzato da... dalla bellezza? Dalla morte? Non era possibile, si disse che avrebbe dovuto reagire, ma farlo era impossibile. «Spero che la tua dipartita sia il più dolce possibile, forse un giorno capirai che non tutti i buoni sono per forza onesti.» Astrid chiuse gli occhi: non avrebbe voluto uccidere la silver, se le stelle le fossero state propizie forse sarebbe sopravvissuta e si sarebbe ripresa solo quando loro sarebbero stati già lontani.
    Ma fu subito chiaro che il Destino aveva in serbo un'altra sorte per la sventurata ragazza: Thorfinn, nel desiderio di non lasciare alcun testimone dell'accaduto, aveva attaccato Hysteria con il suo colpo più potente. Di lei non rimasero che granelli di cenere abbelliti da resti di petali rossi. E un'armatura argentea che sparì, forse per tornare al Santuario.
    Anastasia, rimasta in silenzio dietro ad Astrid, si premurò di scacciare con la punta dello stivale ciò che restava della loro avversaria di modo che si riversasse sui binari; Astrid non disse nulla a nessuno dei due, lasciando che il silenzio scandisse il resto del tragitto che li separava dalla meta finale.



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    Astrid riconobbe all'istante lo stile barocco della Chiesa di Santa Maria della Pace, la struttura che faceva da protezione alle Catacombe e, soprattutto, alla cripta più profonda che era la meta che dovevano raggiungere; a quell'ora di sera era fortunatamente deserta, ma la ragazza lasciò ugualmente alcuni petali di rose rosse sparsi all'ingresso dell'edificio e anche al'interno, soprattutto in prossimità dell'ingresso ai sotterranei. Forse non avrebbero ucciso nessuno ma Astrid voleva accertarsi di non ricevere visite inaspettate. Tutto doveva filare liscio e l'idea di trovarsi in una tomba non la inquietava per nulla.
    «Devo dire che questo spettacolo è... originale» fu il ringhio di Thorfinn ad attirare l'attenzione di Astrid: erano circondati da mummie, in un numero impressionante ma la ragazza non si sentiva in alcun modo minacciata. Per quanto macabro, era uno spettacolo decisamente interessante: molte di queste salme parevano in pace, come se si stessero limitando a un riposo. L'ineluttabilità della morte non aveva rovinato i loro lineamenti, erano esattamente come la vita li aveva conosciuti; Astrid sfiorò con la punta delle dita il volto di uno di loro, un giovane che le sorrideva estatico. Era magnifico.
    «Qualcuno ci aspetta o è solo una mia impressione?» A parlare fu Anastasia, rompendo il suo silenzio che durava già da un po' di tempo: durante il viaggio in treno, per quanto si fosse premurata di dare ad Astrid tutte le informazioni in suo possesso sulle Catacombe, non aveva mai davvero preso parte ai discorsi degli altri due. Difatti aveva lasciato che fosse Thorfinn a parlare con l'altra ragazza, preferendo ascoltare: era abituata a rimanere in disparte, anche se non quando c'era bisogno del suo intervento.
    Astrid si voltò e vide ciò che aveva attratto l'attenzione di Anastasia: al centro della stanza era presente un sarcofago che stava in piedi, aperto, e mostrava loro una figura maschile sdraiata al suo interno, completamente immobile. Era una visione splendida, ma allo stesso tempo inquietante; a terra vi era una stella a cinque punti disegnata grazie alle candele che erano state posate in modo da formare proprio quella figura. Sembrava altresì che il silenzio si fosse fatto musica anche se in quel momento nessuno stava suonando.

    «Vieni dal ciel profondo o l'abisso t'esprime,
    Bellezza? Dal tuo sguardo infernale e divino
    piovono senza scelta il beneficio e il crimine,
    e in questo ti si può apparentare al vino.»






    Astrid si disse che non ci avrebbe mai creduto se non l'avesse visto di persona: un'improvviso cosmo rosato aveva avvolto la figura vestita di bianco, che aveva preso vita riuscendo a pronunciare quella parole quasi fossero versi poetici. L'unico a non fare un passo indietro fu Thorfinn, quando il cadavere aprì gli occhi e sorrise: Astrid si sentì avvolta da una sensazione stranissima, come se quel gesto fosse stato rivolto solamente a lei, e non tenesse conto della presenza di Thorfinn e Anastasia. «Sapevo da tempo del tuo arrivo, e devo dire che la mia lunga attesa è stata premiata nel migliore dei modi: spero che il tuo fascino abbia ragione d'essere, altrimenti la tua fatica nel giungere a me sarà stata inutile, piccola Astrid.»



    rose-iconSeconda Parte: l'Amorino e la sua leggenda
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    Fu un lampo: Anastasia concentrò il proprio cosmo, ma nel preciso momento in cui la spectre si preparò ad attaccare il nuovo arrivato, nell'aria si udì una musica sepolcrale e un'altra delle salme si ridestò di colpo, come se avesse atteso proprio quel momento per tornare alla vita. Astrid vide che si trattava di una bambina che nell'ineluttabilità della morte non aveva perduto il proprio fascino; poco prima l'aveva osservata dormire e ora pareva più viva che mai. «L'importante è che non arrechi danno a lei.» La voce di Psiche della Cinta pareva quasi vellutata mentre si rivolgeva alla nuova alleata, mentre lo sguardo di vetro della bambina era posato con fare adorante sull'uomo vestito di bianco.
    Astrid istintivamente cercò di gridare qualcosa ad Anastasia, ma era già troppo tardi: le braccia della spectre erano ormai rigide e l'armatura pareva essersi congelata solo con il pensiero della bambina. «Non crucciarti, non le accadrà nulla...» Le parole dolci di Psiche della Cinta non ebbero l'effetto sperato: Thorfinn lasciò esplodere il proprio cosmo nel tentativo di investire con la sua furia il nemico, ma lo aveva evidentemente e stupidamente sottovalutato.
    «Stolto umano, non si deve mai colpire qualcuno senza essere certi di essere vincenti.» Il giovane uomo disegnò un cerchio nell'aria con un dito, e un improvviso buco si aprì, proprio come se fosse sempre stato li, in attesa di essere aperto; Astrid cercò di gridare qualcosa all'altro ma non fece in tempo neppure a socchiudere le labbra che Thorfinn era scomparso. «Lui si trova in un mondo dove il dolore non lo può più sfiorare, ma devo avvertirti che quando ne uscirà...» Il giovane abbassò le palpebre e sospirò, a volersi fare coraggio: all'improvviso riaprì gli occhi e Astrid vide distintamente le iridi violacee che la osservavano con scrupolosa attenzione. «Non preoccuparti per lui, la sua sorte era già stata decisa dal Destino e...»
    La ragazza decise di avere già sentito abbastanza e troncò immediatamente la frase dell'altro. «Dimmi cosa gli hai fatto o... Anzi, chi sei, tu?» La spectre aveva concentrato il proprio cosmo di modo da poter creare una rosa rossa: il fiore si trovava ancora tra le sue dita, assolutamente inerte, ma era decisa a lanciarla per colpire quella strana persona.
    «Ti prego di perdonare le mie cattive maniere, guerriera, non ho avuto modo di presentarmi a te come si conviene. Psiche è il nome che la mia persona ha ricevuto in dono, e sono noto come Amorino del Dominio.» Dalla voce si poteva percepire il cruccio, come se il giovane avesse davvero a cuore l'etichetta: Astrid sgranò gli occhi senza aver capito nulla di quello che aveva appena sentito. O per meglio dire, era incerta e sospettosa. «Scusa se ti contraddico ma credo che Psiche sia un nome da ragazza, e a vederti così...»
    Senza volerlo arrossì, forse per via del sorriso che aveva appena ricevuto come risposta alle obiezioni appena sollevate; Astrid era convinta di avere di fronte a sè un ragazzo. Nonostante la sua tenuta fosse completamente bianca - indossava un lungo mantello che ricopriva un indumento del colore dell'oro, e pantaloni e stivali dello stesso colore candido -, lui era un maschio. Lo poteva capire dai lineamenti del volto che pareva perfetto, come porcellana finemente lavorata; anche la voce, per quanto dolce, aveva un timbro tipicamente maschile. La sola cosa scura su di lui erano i capelli: Astrid ammirò la lucente chioma corvina raccolta in una coda, con alcuni piccoli ciuffi che gli ricadevano gentilmente sul viso.
    Era perfetto e se avesse avuto con sè il necessario per dipingere, l'avrebbe ritratto senza esitazioni. «Non ricordo il mio nome da umano ma la mia Signora mi ha assegnato questo e lo uso senza alcun problema.» Psiche chiuse di nuovo gli occhi, ma dentro di sè stava cercando di osservare Astrid, come a volerne carpire i segreti senza che lei parlasse. «Non hai mai sentito parlare di me come guerriero ma non ne sono sorpreso: io sono il protettore più vicino alla mia Signora, la divina Afrodite, ed è proprio per lei che io sono qui oggi.»
    Psiche non aggiunse altro, consapevole di avere tralasciato alcuni punti importanti: non si trovava in una catacomba per caso, la sua vita si era conclusa molto tempo prima o, per spiegarla meglio, lui cessava di respirare nel momento in cui la Signora non aveva bisogno di lui, per riprendere istantaneamente non appena la situazione lo richiedeva. Non era umano, ma neppure morto: esisteva... Vegetava, ma era da sempre che era così e a lui andava bene. O meglio, da quel giorno...
    Forse perchè dopotutto non aveva scelta. Astrid continuò a rimanere in silenzio, cercando di memorizzare tutto quanto stava sentendo: non aveva capito molto se non di avere a che fare con un guerriero di Afrodite. Curioso, non ne aveva mai sentito parlare e a quanto pareva lui lo sapeva; la rosa che teneva sul palmo della mano era ancora inoffensiva, ma Astrid era certa che lui potesse percepirne i poteri.
    «Non sono qui per versare il tuo sangue, Psiche, perciò lascia liberi i miei amici e lasciami fare ciò che devo.» Di colpo Astrid ricordò la missione, Pandora e il fatto che lì, proprio nel punto esatto in cui Psiche stava in piedi, si nascondeva l'ingresso ai Cieli. La spectre si disse che ora capiva la ragione per cui quel luogo doveva essere sigillato, ma al tempo stesso non desiderava provocare uno spargimento di sangue inutile: per quanto non conoscesse bene Psiche - che le pareva alquanto strano -, non le sembrava aggressivo. Però entrambi i suoi amici erano stati annientati e lei in quel momento non li poteva neppure vedere.
    Tutto in lui lasciava denotare la calma, sia dall'aspetto fisico che dal modo di parlare e muoversi; fino a quel momento non aveva lasciato trasparire negatività, se non nel far sparire Thorfinn e anche Anastasia. In un lampo Astrid si rese conto che, invece, erano loro a trovarsi su un piano isolato, dove nessuno li poteva vedere.
    L'ambiente era cambiato senza che lei se ne fosse accorta e la ragazza si rese conto di trovarsi poco lontano dal territorio del Santuario, nei pressi della lapide solitaria che un tempo non molto lontano nascondeva le sue spoglie mortali; Astrid lo ricordò subito perchè era lì che aveva visto piangere suo fratello, disperato per la sua sorte.
    «Siamo in un'illusone, dico bene?» Il tono di Astrid divenne più rigido, come se lei non fosse altro che una guerriera piena di rabbia; Psiche aveva ancora gli occhi chiusi e sorrideva, come se sapesse qualcosa che lei ignorava. «Non esattamente, Pisces, siamo dentro di te. Volevo captare le tue sfumature prima che tu mi mostrassi le spine.» Poco dopo gli occhi del guerriero di Afrodite si aprirono parzialmente, gelidi e bellissimi nella loro immobilità: stava guardando la rosa che Astrid teneva ancora in mano.
    «Stupendo... Non conosco modo più bello di poter donare la morte: una rosa, simbolo d'amore, bellezza ed eternità. Sono lieto di poter essere io l'ostacolo alla tua missione, piccola.» Quelle parole furono pronunciate come se Psiche fosse un suo amico intimo, che la conosceva e vezzeggiava: neanche per un momento Astrid si sentì minacciata, solamente violata nella propria intimità. Chiuse a sua volta gli occhi, non voleva ritrovarsi a fissare quelli viola di lui, la stessa tonalità di colore della sua Surplice; si sentiva strana, proprio come se non fosse più sicura di sè stessa e di ciò che la circondava. «Come facevi a sapere del mio arrivo? E perchè sei qui, nell'antro della morte, in un luogo che dovrebbe essere di competenza di Hades?»
    La ragazza non aveva dimenticato le parole pronunciate da Psiche poco prima, ma il suo intento era anche quello di distrarlo mentre tentava di pensare al modo perfetto per rendere inaccessibile quel luogo. Come aveva detto Thorfinn durante il viaggio in treno, di sicuro dovevano accertarsi che la spazzatura fosse totalmente eliminata, pertanto Astrid cominciava a intravedere l'unico scenario possibile: una battaglia contro chi resisteva. E Psiche non era il solo, quella bella bambina era un altro ostacolo... Ma forse con lei non era necessaria la violenza, poteva essere allontanata in altra maniera... ma quale? Astrid non aveva idea di come agire, anche se la prima cosa da fare era liberarsi da quell'illusione che Psiche le stava proiettando.
    «Permettimi di fare una premessa: ti racconterò solo la verità, a patto che tu riesca a sconfiggermi e a liberarmi. Dopodichè ti seguirò ovunque vorrai, purchè il mio aspetto rimanga immutato.» Astrid riaprì gli occhi: quel tizio doveva essere completamente pazzo, come poteva pensare che lei fosse lì per liberarlo? Aveva una missione da compiere e l'avrebbe fatto, a qualunque costo: un duello contro di lui non la spaventava, anche se indubbiamente doveva prestare attenzione ai poteri insidiosi che possedeva. Le illusioni da sola la rendevano guardinga ma pure lei aveva un vasto campionario di abilità da sfruttare in una lotta; si limitò ad annuire, senza impegnarsi in una formale promessa ed ebbe l'impressione che lui lo sapesse.
    Lo capiva da come aveva mosso le labbra, quasi a disegnare un sorriso ironico e allo stesso tempo triste. «No, facciamo così... Io ti racconto il solo modo che hai per sigillare l'ingresso ai cieli di Hades, tu ci riesci e io non sarò più un ostacolo per te.» Il ragazzo chiuse gli occhi per celare il lampo di sfida che li aveva illuminati; aveva volutamente tralasciato il dettaglio della lotta.
    Perchè era impossibile evitarla, entrambi volevano trionfare: lei desiderava porre fine alla missione che le era stata affidata, e lo stesso voleva lui, solo che per ottenerlo serviva un tributo. Forse la vita della stessa spectre; dopotutto era nuova a quella condizione, non gli sarebbe servito molto per piegarla al proprio volere e non le avrebbe arrecato dolore.
    D'altra parte però Psiche non desiderava realmente battersi, lo avrebbe fatto perchè era suo dovere e per testare la ragazza; a una prima occhiata non gli era parsa tanto virtuosa come avrebbe immaginato, oltre a non aspettarsi una spectre. Aveva sempre saputo che sarebbe giunto lì qualcuno con lo scopo di proteggere quell'ingresso o distruggerlo, ma non avrebbe mai creduto che la realtà avesse la forma di un'adolescente dai connotati normali. Nella propria straordinarietà si era aspettato quasi una divinità, una donna nel pieno del proprio splendore e particolare proprio come lui.
    Dovevano completarsi secondo la leggenda. Invece le sue sensazioni erano mutate: l'aveva osservata parlare e muoversi, ed era ora convinto di aver sbagliato giudizio in un primo momento. Dopotutto il fascino e la bellezza si presentavano in molti modi e quasi gli piaceva di più sapere di essere stato ingannato dai propi pregiudizi. Astrid intanto lo osservava con più attenzione, aveva captato qualcosa che le sarebbe davvero tornato utile.
    «Perchè mai dovresti raccontarmelo? E chi mi dice che tu mi racconterai la verità e non una menzogna?» All'improvviso il cosmo della spectre era diventato più intenso, così come il colore che lo contraddistingueva: ora c'era la diffidenza che lo rendeva più pericoloso, del resto Astrid non aveva ragioni per fidarsi di Psiche anzi, semmai ne aveva per combatterlo e aveva ormai deciso che l'avrebbe fatto visto che era chiaro che non si sarebbe spostato da lì volontariamente.
    Di colpo la realtà riapparve e Astrid rivide la catacomba che ormai era diventata lo scenario di una battaglia sanguinosa: Thorfinn e Anastasia erano a terra e si stavano rialzando, coperti di sangue e ferite mentre la loro avversaria - la bambina che aveva guardato Psiche con aria adorante - si stava limitando a giocherellare coi propri capelli, come se tutto ciò che accadeva in quel momento non la riguardasse. «Rischieresti di perdere l'occasione di poter concludere la tua missione per un po' d'orgoglio?»
    Quelle parole colpirono Astrid più efficacemente di qualunque altro discorso o gesto; certo che era capace di parlare, quello strano avversario, riusciva a essere snervante e allo stesso tempo credibile. La ragazza non aveva mai sperimentato qualcosa del genere prima di quel momento ed era molto colpita, anche se non al punto da lasciarsi abbindolare dalla dolcezza mielata della voce di Psiche. «Il tuo giudizio non mi interessa minimamente: dimmi perchè sei qui, come sapevi che sarei arrivata e il modo per riuscire a completare la mia missione. Credo tu non abbia più molto tempo a tua disposizione, fossi in te comincerei a parlare...» Astrid lo disse tranquilla anche se cominciava a sentirsi seriamente irritata; il solo fatto di dover essere costretta ad affrontare dei nemici la snervava, avrebbe tanto preferito riuscire a concludere la missione senza farsi notare troppo. Di certo la loro presenza non era passata inosservata dato che già alla stazione avevano incontrato l'impetuosa Hysteria; il cosmo di Astrid divenne talmente intenso da dare l'impressione che la catacomba fosse pregna solo di quello.
    Il ragazzo alzò lo sguardo e vide quello che stava accadendo. «Hai ragione... quanto mi resta? Dieci minuti? Forse mezz'ora se riesco a rallentare il tuo potere malefico...» Ma Psiche aveva parlato tranquillamente, senza alcuna traccia di risentimento nella voce, pareva semplicemente divertito: alcune rose rosse cadevano attorno a lui come se fosse stato investito da una pioggia scarlatta. Astrid notò con profondo stupore che una cupola rosata attorniava il corpo del suo avversario, lasciando che le sue rose ci scivolassero sopra prima di cadere a terra; non aveva previsto che Psiche si potesse difendere a quel modo, senza che il veleno arrivasse a intaccarlo. Teneva gli occhi chiusi e pareva profondamente concentrato; quando si mosse lo fece così velocemente che Astrid sobbalzò. Una sottile striscia d'oro l'aveva improvvisamente circondata e la ragazza vide che il suo avversario la teneva ben salda con la mano destra.
    La striscia - che si rivelò essere in verità una catena sottile probabilmente fatta di puro oro e finemente decorata con simboli di cui non comprendeva- l'aveva avvolta in una spirale rosata dal potere infinito; Astrid poteva percepire un cosmo enorme emanare dall'oggetto ma non si sentiva minacciata. La ragazza si accorse che quella catena era in realtà la cintura che poco prima era addosso proprio a Psiche, tanto che si chiese se non potesse avere qualche punto in comune con la catena di Andromeda che suo fratello deteneva.
    «Immagina un mondo in cui le divinità vivono assieme, ciascuna con i propri guerrieri, sogni e capricci da soddisfare. Io arrivo da questa realtà, un passato o forse un futuro... questo non te lo so dire in questo momento, non ho modo di capire in che epoca mi trovo.» Il ragazzo prese dunque a parlare, sempre continuando a tenere Astrid prigioniera di una catena che di offensivo non aveva nulla; la ragazza notò che pareva caduto in una specie di trance, come se non fosse totalmente consapevole dello stato in cui si trovava. «La ragione per cui mi trovo qui, in questo antro oscuro e cupo, è che mi sono ritrovato in mezzo alla furia cieca del tuo Dio, colui che ti ha mandata fin qui: la mia Signora - detta La Divina - gli ha rifiutato qualcosa e lui non l'ha presa molto bene.»
    La voce di Psiche si affievolì leggermente: per quanto stesse lasciando credere di trovarsi in una sorta di trance, poteva cominciare a percepire - anche se in maniera ancora del tutto irrilevante - il veleno delle Royal Demon Roses che Astrid aveva fatto cadere attorno a lui. La cupola era resistente ma non avrebbe sortito lo stesso effetto per molto tempo ancora, ed era consapevole che la situazione ben presto si sarebbe capovolta, anche se alla spectre aveva fatto credere di avere la situazione sotto controllo. E in un certo senso era così dato che la sua fida catena la teneva tranquilla, sondando il suo animo senza azioni invasive.
    «Ma non solo Hades è vendicativo, difatti La Divina mi ha inviato qui a distruggere l'accesso al Regno dei Cieli: come abbia ottenuto quest'informazione lo ignoro, ma tra i quattro prediletti della nostra Dea sono stato io a propormi per il compito. Credevo che sarebbe stato facilissimo farmi strada, e difatti così è stato... Almeno in parte...» La voce del ragazzo riprese parzialmente vigore mentre cercava di continuare a resistere, ma di colpo fu costretto a interrompere sia il monologo che il controllo che aveva avuto su Astrid fino a quel momento.
    Il getto di fuoco che sbucò all'improvviso lo colse di sorpresa, impedendogli di difendersi al meglio; Astrid riuscì a liberarsi dalla morsa della catena scagliando alcune rose nere contro di essa. L'oggetto non venne minimamente scalfito dal potere distruttivo del suo attacco, tuttavia quello e l'intervento imprevisto di Thorfinn le consentì di sentirsi libera dei suoi movimenti. La ragazza osservò lo spectre e vide che si trovava in condizioni critiche: aveva un profondo taglio sul volto ed era coperto di sangue. «Tutte queste chiacchiere non interessano nessuno, Conte delle Meringhe... Hai mai assaggiato una meringa, Astrid? Sono stomachevoli e ti fanno venire il diabete tanto in fretta che non fai neppure in tempo a pensarlo» prese a parlare Thorfinn con aria schifata rivolgendosi alla spectre, ma tenendo lo sguardo fisso su Psiche, come se fosse la sua preda.
    «Sta in disparte, questo duello è mio», disse Astrid all'improvviso, vergognandosi di essersi lasciata annichilire tanto facilmente. Il potere illusorio di Psiche era incredibile, doveva essere un maestro in quel senso, ma lei non aveva più intenzione di permettergli di avere gioco facile con lei. Dopotutto era una guerriera e nessuno si era mai permesso di sottovalutarla, e di certo non avrebbe permesso che si cominciasse proprio ora. «Non temere, io devo occuparmi di Stacy: quella bambina l'ha portata in un luogo strano, ma se non altro ha fatto in tempo a farla cantare. Secondo una leggenda antica, per sigillare l'ingresso ai Cieli di Hades non serve molto: devi bere una pozione e versare a terra il tuo sangue assieme al sacrificio di una parte di un tuo nemico.»
    Astrid comprese subito la ragione per cui Thorfinn stava guardando Psiche con sguardo quasi famelico, simile a quello delle belve mentre si apprestano a cacciare la loro preda; si rimise in piedi - era caduta nel tentativo di liberarsi dalla catena - con aria decisa. «Sbrigati, ti aspetto Da Gino, ci andrò con Stacy dopo averla liberata: mi hanno detto che fanno una pizza favolosa e non puoi certo perdertela... Addio, Conte delle Meringhe, presumo che la tua vita non sia più così lunga.»
    Lo spectre si allontanò in fretta e solo in quel momento Astrid si rese conto che il suo avversario non era in condizioni ottimali: da come sbatteva ogni tanto le palpebre era evidente che il veleno aveva cominciato a fare effetto, anche se era comunque molto più coriaceo di quanto non avesse pensato in un primo istante. Psiche le sorrise, nonostante le condizioni precarie. «Te l'avrei detto anche io ma non ha importanza, ormai non puoi più vincere: la mia catena d'oro - che mi ha meritato l'appellativo di Psiche della Cinta - ha sondato il tuo animo e il tuo cuore. I tuoi segreti sono i miei, e non esiterò a usarli contro di te. Inoltre il tuo amico ha dimenticato di dirti una cosa fondamentale: io sono il guardiano di questa catacomba - come punizione eterna per aver sbagliato il rito per la distruzione che voleva La Divina - e sconfiggermi prima di morire non ti sarà semplice. Anzi, al punto in cui siamo ormai è un'impresa che non ti sarà più possibile. Soprattutto perchè non ti basterà staccarmi un braccio per riuscire nel Sacrificio...» Psiche sorrise più ampiamente, e questa volta nelle sue iridi viola fu facile notare una scintilla di... follia? O forse di presunzione.
    Di colpo tutto mutò nuovamente e Astrid fu semplicemente spettatrice della scena che cambiava nuovamente i contorni; la spectre tenne gli occhi serrati per non lasciarsi ingannare dalla semplice vista, ma le pareva che persino all'interno della sua testa si susseguissero immagini differenti. Si trovò a osservare due bambini che correvano sul lungomare: Astrid riconobbe all'istante la figura di Nesyos, molto più giovane di com'era pochi mesi prima quando l'aveva visto per l'ultima volta.
    Non poteva avere più di undici anni e, di conseguenza, la bambina che era con lui - e che era proprio lei - ne aveva a malapena dieci, forse nove; in lontananza i genitori li osservavano per accertarsi che non si allontanassero troppo dalla casa. La spectre si vide ferma a osservarli, a molti metri di distanza aveva di fronte Psiche, ma era come se entrambi non facessero davvero parte di quel quadro; Astrid chiuse nuovamente gli occhi, cominciando a sentire una forte rabbia verso gli infimi poteri del suo avversario. Non c'era nulla di peggiore di un potere illusorio, soprattutto quando era così potente: la ragazza concentrò quindi il proprio cosmo - sempre attenta a non aprire gli occhi neppure per sbaglio - e poggiò i palmi delle mani sul terreno. Poteva percepire il freddo che saliva dal suolo - pur senza capire di cosa fosse fatto, se era solido oppure no, probabilmente un'altro trucco dell'illusione che Psiche le stava proiettando - tuttavia non si lasciò distrarre e lasciò esplodere il suo attacco: i propri amati rovi sarebbero spuntati dal terreno e avrebbero attaccato il nemico, cercando di spuntargli da sotto i piedi per agguantarlo. Astrid sapeva che in verità i rovi sarebbero sbucati a poco meno di un metro da lui ma ebbe la soddisfazione di vederlo in affanno: la cupola rosata che l'aveva difeso poco prima - e che aveva appena evocato - era stata perforata e il guerriero non aveva potuto evitare che il braccio destro venisse colpito.
    L'illusione si infranse come i vetri di un palazzo di specchi colpiti da sassi: Astrid sentì l'equilibrio venire meno come conseguenza, ma decise di non lasciare più spazio alla pericolosità di Psiche. Il suo cosmo era tanto potente da ridicolizzare quasi il suo, tuttavia non era un buon motivo per desistere.
    «Finalmente mi mostri l'altra tua faccia... Ti credevo davvero solo una povera piccola spectre dall'aspetto meraviglioso, ma senza reale potere...» Una potente esplosione cosmica distrusse gran parte dei rovi; Astrid fu costretta a gettarsi a terra per non essere investita dalla potenza devastante del cosmo di Psiche. Per lei era quasi inconcepibile che l'avversario ostentasse quella calma in un momento tanto pericoloso. «Ho commesso un errore nel sottovalutarti: tra veleno, rovi e rose direi che non potevi fare di meglio... dopotutto la realtà ha sempre almeno due volti, e la stessa cosa vale per la Bellezza. Prenderò esempio da te e ti mostrerò la ragione per cui io sono il detentore del Dominio, così come tu rappresenti il sublime fascino... Potente, seducente e pericoloso...»
    Astrid si disse che l'altro doveva essere completamente uscito di senno per fare un discorso del genere ma non glielo disse perchè aveva capito dove l'altro voleva andare a finire; una forte pressione circondò il suo corpo senza che potesse fermarla, e la spectre ebbe la terribile impressione che le ossa potessero cominciare a cedere sotto il peso di una forza invisibile. Astrid conosceva bene quel potere proprio perchè anche lei l'aveva posseduto ai tempi del Santuario; la psicocinesi non aveva effettivamente una difesa adatta - almeno lei non poteva difendersi -, neppure i rovi riuscirono a proteggerla visto che le ossa continuavano a scricchiolare. Sibilò una parolaccia prima di lasciar esplodere il proprio cosmo in maniera violenta: una pioggia di aghi rossicci si riversò sull'area e andò a colpire proprio il suo avversario. Sul corpo aveva delle piccole ferite da cui era riuscita a far fuoriuscire il proprio sangue così da colpire Psiche; Astrid aveva appreso quella tecnica particolare nelle settimane precedenti, nel tentativo di capire come riuscire a controllare il proprio potere venefico e il risultato era eccellente.
    E pericoloso. La ragazza digrignò i denti sentendosi improvvisamente più debole di poco prima; dopotutto gli effetti collaterali potevano essere solamente quelli, e si chiese subito se non avesse compiuto una mossa autolesionista nel voler per forza colpire Psiche a quel modo. Di certo il suo avversario non si era aspettato nulla del genere e l'espressione sorpresa che portava sul volto ne era la conferma: il Crimson Torn lo aveva letteralmente investito, e anche se si era protetto con la sua difesa, era chiaro che non era riuscito a impedire che tutto fosse fermato prima di ferirlo. «Sai, anche con quella goccia di sangue sulla guancia il tuo fascino non è intaccato in alcun modo, anche se non posso certo dire la stessa cosa per la tua vita... Avresti fatto meglio ad abbandonare quand'era ancora tempo, forse ti saresti salvato... Ora non più.»
    Astrid era certa che il veleno avrebbe finalmente messo fine a quella battaglia - lo sperava dato quel senso opprimente di affaticamento che cominciava a farsi sentire, oltre alla forte confusione mentale che provava a causa del martellamento subito - e per la prima volta vide sul volto di Psiche qualcosa che la inquietò. Era un sorriso talmente perfetto da risultare fuori posto, pregno forse di una crudeltà che non aveva per lei precedenti; solo in quel momento la spectre riuscì a osservare il campo di battaglia e vide che la catacomba era stata semidistrutta, ma se non altro sembrava che le illusioni di Psiche fossero definitivamente cessate.
    «Ti ho già parlato del mio potere massimo, Astrid? Forse no... Ma non ha importanza, ormai il tempo è cessato per entrambi: alla fine nè tu nè io potremmo dire di poter davvero vivere. Il mio corpo cesserà di vivere e la tua mente sarà alla mia mercè... ma il ricordo che il mondo avrà di noi resterà bello, questo nulla potrà impedirlo. La mia missione è compiuta... e la tua?» Psiche parlò lentamente, cominciando ad avvertire acutamente il senso della realtà: il veleno che era rimasto nell'aria era stato purtroppo respirato, inoltre quell'attacco così diretto lo aveva fortemente debilitato. La vista lo stava lentamente abbandonando e persino la testa sulle spalle cominciava a farsi più pesante; ad aggravare la situazione c'era il formicolio che provava su tutto il corpo, segno che il tatto stava cominciando lentamente ad anestetizzarsi. Non aveva previsto che il suo avversario fosse portatore di un potere tanto difficile da bloccare, tuttavia ricordava il compagno Safirio che lo utilizzava a sua volta seppure non avesse il sangue avvelenato.
    In un certo senso lui sapeva che Astrid avrebbe vinto, se non altro sarebbe riuscita a batterlo; non aveva nessuna paura della morte anzi, vista in un altro modo poteva essere una benedizione per il suo spirito. La sola cosa che lo lasciava sconvolto era che difficilmente avrebbe potuto tornare dalla sua Signora, sarebbe stato costretto a lasciar marcire il proprio corpo in una comune tomba, preda della decomposizione che lo avrebbe annientato. La sua bellezza sarebbe andata completamente persa, senza rimedio. A meno che... Una luce improvvisa illuminò le sue iridi e Astrid la vide distintamente, proprio mentre la spectre avvertì il braccio destro divenire preda della devastante potenza di Psiche e la ragazza concentrò il proprio cosmo per liberarsi da quella morsa.
    Era quasi come giocare a braccio di ferro, solo che il tentativo di liberarsi sembrava impossibile: pochi istanti più tardi fu certa di sentire l'inquietante rumore di ossa che si spezzavano senza potersi difendere, e il braccio ricadde molle lungo il fianco della ragazza. Astrid gemette di dolore, lasciandosi sfuggire un'imprecazione che fece sorridere l'altro con indulgenza. «Le tue chiacchiere sulla bellezza cominciano a stancarmi... Ma se proprio ci tieni a morire bello, ho giusto un regalo per te!» Di rado Astrid si era mostrata tanto determinata a combattere qualcuno: fare del male non era nella sua natura, preferiva sempre concludere i duelli con meno sangue versato possibile. Eppure era già la seconda volta che si scontrava con qualcuno che la spingeva al limite; dopotutto era in missione e le esitazioni potevano costare caro, lo sapeva bene... Ma non poteva fare a meno di pensare che - almeno in un certo senso - il suo pensiero e quello di Psiche della Cinta era lo stesso: per quanto non ossessionata dalla bellezza come invece era il suo avversario, anche a lei non piaceva sfigurare ciò che poteva essere ammirato. Mentre combatteva aveva avuto la prova tangibile che entrambi portavano in trionfo quello strano pensiero, e che fossero tutti e due determinati a mostrare i mille volti nascosti del fascino e dei sentimenti.
    Ora capiva che cosa voleva intendere Psiche parlando di Dominio, lo aveva provato sulla propria pelle e soprattutto nella propria testa: un avversario poteva essere distrutto anche solo dai propri pensieri, dai sentimenti che provava... Sentiva ancora la testa girare, anche se non al punto di non riuscire a distinguere la realtà; l'immagine di lei e del fratello continuava ad apparirle di fronte ma sapeva che era un'illusione che lei stessa credeva di vedere. Concentrò il proprio cosmo lasciando che una vera e propria tempesta di rose ricoprisse l'intera catacomba.
    Erano rose di tutti i colori ma lei era la sola a sapere che si trattava di semplici fiori, e grazie al veleno che era rimasto nell'aria poteva tranquillamente ingannare il suo avversario che infatti parve disorientato. Astrid aveva già notato che per quanto Psiche fosse un maestro delle illusioni e della psicocinesi, a livello fisico portava numerose pecche: le uniche sue azioni si limitavano alla difesa, per il resto non aveva fatto che tenersi a distanza per essere meno esposto al rischio. Invano. Lo vide aggrottare le sopracciglia, perplesso e anche parzialmente deluso. «Non vedo il mio regalo, l'hai forse nascosto?»
    Astrid ebbe l'impressione che Psiche parlasse con un tono tipico di chi si rivolge a un'amante e rimase confusa per un paio di istanti: persino l'amico Suikyo le si era rivolto con toni rabbiosi e pieni di rabbia, mentre questo guerriero di Afrodite... No, lui era diverso. Ma non al punto da capire di avere detto precisamente ciò che era accaduto...



    rose-iconTerza Parte: nessuno passerà
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    Psiche della Cinta ricadde a terra in ginocchio, più per la sorpresa che per il reale dolore che provava. Posò una mano sul cuore e rimase inorridito: macchie vermiglie gli macchiavano le dita e i vestiti candidi che portava, e quando abbassò lo sguardo vide una rosa ancora candida che sembrava essersi posata quasi per caso proprio all'altezza del cuore.
    Alzò lo sguardo su Astrid: la spectre si era tenuta a distanza soprattutto per essere certa di poter mimetizzare bene quella particolare rosa. Avrebbe potuto devastarlo di nuovo con le rose nere, ma era necessario finire a quel modo, soprattutto perchè a sua volta non riusciva più a sostenere la lotta; non aveva dimenticato la missione che le era stata affidata e quello era un buon momento per farlo.
    «Spero tu sia disposta a esaudire un mio ultimo desiderio...» La voce di Psiche si era fatta improvvisamente debole e affaticata, tanto che Astrid decise di avvicinarsi; il proprio equilibrio fisico era notevolmente minato, un braccio era quasi del tutto fuori uso ma finchè avesse posseduto un soffio di vita, non si sarebbe arresa. «Thorfinn ha parlato di una pozione, dove la trovo?» La ragazza fece finta di non aver neppure udito quelle parole, e si guardò attorno per non vedere lo spettacolo di Psiche che agonizzava: la rosa era ormai avviata a divenire scarlatta, il tempo era ormai limitatissimo.
    «Guarda nel sarcofago di Benedetta...» Astrid volse lo sguardo meccanicamente in direzione del feretro in cui solo mezz'ora prima riposava il corpo della bambina; non aveva idea di quale fosse il suo nome ma credeva che Psiche intendesse proprio lei parlando di Benedetta. «Ma quella pozione non ti servirà a nulla se prima non mi avrai strappato il cuore.»
    La voce di Psiche era divenuta improvvisamente aspra, come se rimproverasse alla ragazza quelle parole, come se non fosse stato lui a pronunciarle; Astrid lo osservò pietrificata dalla sorpresa, anche se i lineamenti rimasero immobili. Come se non avesse sentito nulla: Thorfinn aveva detto che doveva sacrificare una parte del nemico per riuscire nel rito, tuttavia non aveva immaginato che intendesse un cuore. Era una parte vitale, e del resto in fondo lo poteva capire: per rendere inaccessibile un luogo, era necessario che la vita venisse brutalmente distrutta, del semplice sangue non poteva bastare. Tuttavia decise di dare priorità al ritrovamento della pozione, poteva aspettare che Psiche fosse morto fisicamente per agire, se proprio doveva compiere un'azione simile.
    Inaspettatamente il sarcofago era scomparso, al suo posto c'erano sette ampolle colme di un liquido: ciascuna aveva un colore differente, come se avessero proprietà differenti. Astrid entrò nel panico: qual'era quella giusta? Erano tutte allineate, tutte colme, tutte così maledettamente anonime e senza apparente differenza; all'improvviso la spectre si ritrovò avvolta da un'energia potentissima, il corpo completamente schiavo di una forza che non poteva combattere. Si vide piombare davanti lo stesso Psiche, forse impegnato in quello che poteva essere un ultimo assalto; Astrid cercò di concentrare il proprio cosmo nel tentativo di resistere, ma ciò non le permise ugualmente di fermarlo. Si sentì afferrare con violenza dalle braccia del guerriero, l'espressione di rabbia che solcava i suoi bei lineamenti. «Non ti ho sentita rifiutarmi un ultimo desiderio, pertanto che tu lo voglia o no te lo imporrò, come mio atto ultimo.»
    Il cosmo di Psiche pareva essere aumentato in potenza anche se forse - così pensò Astrid - a renderlo tanto temibile era il furore che trasudava da ogni gesto di quell'abbraccio così simile a una morsa; la spectre detestava essere costretta a fare qualcosa, soprattutto se ciò rientrava in un contatto fisico più o meno ravvicinato con qualcuno. Finchè lui aveva utilizzato i propri poteri mentali per combattere e ferirla le era anche andata bene, ma così non aveva intenzione di tollerarlo: era una lotta tra cosmo che cercava di imporsi e cosmo che tentava di impedirlo. Le pareva di essere quasi trafitta dalle dita simili ad artigli del ragazzo che la teneva bloccata dalla schiena. Inaspettatamente lui posò le labbra su quelle di Astrid, in un gesto che non aveva nulla della violenza con cui le impediva di scostarsi.
    La ragazza si disse che doveva essere il suo destino, quello di non prevedere mai quando essere baciata da un uomo: era accaduto con Julian tanto tempo prima - anche se non l'aveva certo disdegnato, al contrario - e ora l'atto si ripeteva. E forse in fondo c'era un reale desiderio anche da parte sua, scoperta che l'avrebbe spaventata non poco se si fosse trovata nelle condizioni mentali di ragionare come una normale adolescente: Astrid decise che quello era il momento adatto, ora che la pressione psicocinetica si era fatta meno prepotente e che lei poteva muoversi.
    Non si staccò ma la sua mano agì ugualmente, concentrando tutto il proprio cosmo nello strappare brutalmente il cuore a Psiche; la rosa che gli aveva lanciato aveva ormai solo un petalo ancora candido, perciò Astrid sapeva che non gli avrebbe sottratto nulla. La sua vita ormai era già spenta dato che non aveva potuto - o voluto? - togliersi la Bloody Rose dal cuore, il resto era solo un dettaglio.
    Per un momento la ragazza pensò che il mondo si sarebbe estinto proprio in quell'istante: il proprio cosmo si espresse in tutto la sua potenza lacerando le carni dell'avversario, un urlo disumano che riempiva l'aria. Astrid non lo sentì neppure, mentre con gli occhi chiusi cercava di estrarre quel cuore. «Sono sicuro che in un'altra vita ci ameremo quanto e più di come abbiamo fatto oggi... Ma non è un...» Psiche non riuscì a finire quella frase; ci fu un'esplosione violentissima - l'impatto dei cosmi di entrambi i guerrieri che erano entrati in collisione - che mandò a gambe all'aria Astrid, facendola sbattere con violenza contro il pavimento.
    Entrambi i bracciali della surplice si spezzarono - in precedenza avevano subito qualche incrinatura, dovuta alla pressione psicocinetica del suo avversario - e l'elmo ricadde a vari metri di distanza dalla sua padrona; Astrid impiegò circa cinque minuti per capire di essere ancora viva, sentiva dolori su tutto il corpo e recava macchie di sangue, e il cuore del suo avversario era ancora tenuto saldamente tra le mani. Attorniata dai petali delle rose che aveva evocato, Astrid si sentì quasi parte dello splendore di cui aveva parlato proprio Psiche: non vide il suo corpo, probabilmente era esploso dato che si era privato di quella debole Veste che non si poteva neppure definire armatura.
    Soffocò un gemito di dolore: adesso poteva sentire interamente le fatiche della battaglia e non aveva neppure finito, perciò alzandosi in piedi cercò di trovare le ampolle per decidere quale bere. Una sola era giusta, almeno stando alle parole dello stesso Psiche.

    Una ti uccide e una ti annulla,
    mentre l'altra ti congela e un'altra ancora ti incenerisce.
    Ma tu lo sai qual'è quella che ti eleva, e guardati bene dallo scegliere quella che ti divorerà l'anima e dall'altra che ti toglierà tutti i poteri.



    Sembrava quasi una filastrocca e Astrid rimpianse che non fosse apparsa prima, quando ancora poteva ragionare a mente fredda; la ragazza osservò le ampolle e scartò quella nera - sicuramente quella che uccideva - e anche quella grigia - colore di cui non si era mai fidata -. Cercò di ragionare sul significato dei colori e eliminò quella color ghiaccio e anche l'ampolla che conteneva un liquido scarlatto; la spectre vide il proprio sangue cadere copiosamente a terra ma cercò di non badarci.
    Ne erano rimaste tre: quella bianca poteva essere in grado di togliere i poteri e forse quella viola... Astrid guardò l'ampolla contenente un liquido argenteo, chiedendosi se fosse quella giusta. Poteva correre il rischio? «Fai presto, piccola... Non hai più molto tempo...» La spectre si guardò attorno ma non c'era nessuno, anche se aveva avuto la curiosa impressione che quella voce provenisse da dentro di lei. Riportò lo sguardo sulle ampolle e le parve per un momento che il liquido argenteo la chiamasse, come se volesse indurla a prenderla e berla.
    Mosse cautamente alcuni passi concentrando il proprio cosmo e posò a terra quel cuore, sentendo un brivido gelido percorrerle la schiena; mai aveva fatto una cosa del genere e si sentiva tremare tutta. Con ancora le dita macchiate del sangue di Psiche afferrò l'ampolla e la bevve tutta d'un fiato, proprio un attimo prima di lasciarla cadere a terra; si disse che aveva commesso un errore, che certamente la pozione le avrebbe causato qualcosa di irreparabile impedendole di portare a termine la missione.
    La terra vibrò ma lei non cadde: Astrid rimase a osservare incredula ciò che accadeva. Proprio sotto i propri piedi apparve una luce innaturale e un simbolo, che raffigurava i Pesci, per poi essere sostituito dalla stella a cinque punti che era il simbolo di Hades. La ragazza lo riconobbe subito ma non riusciva a capire; il cuore venne letteralmente assorbito, al pari delle gocce del proprio sangue velenoso che macchiavano il terreno. Astrid sbattè le palpebre più volte finchè non vide la stella assumere consistenza e, irradiando un cosmo violaceo potente, far scomparire tutto. Anche lei.
    Astrid non capì nulla di quanto accadde, forse perchè era fortemente provata dalla strenua lotta che l'aveva ridotta quasi in fin di vita: il cosmo avvolse tutta l'area delle catacombe, plasmandole con la propria forza e rendendole praticamente inoppugnabili. C'era tutto: il sangue di un servo, un pezzo vitale del nemico e la volontà di adempiere alla missione che era stata provata nel bere una pozione pur non essendo certi delle conseguenze.
    Il rito avrebbe reso davvero inaccessibile l'ingresso al Regno dei Cieli di Hades: gli umani non avrebbero potuto neppure avvicinarsi perchè il sangue versato da Astrid li avrebbe tenuti lontani soprattutto per via della sua particolare pericolosità. Ma la ragazza non avrebbe visto nulla di tutto questo, era stata allontanata poco prima che tutto accadesse.




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    «Tsk... Meno male che l'abbiamo trascinata via in tempo, ci sarebbero stati dei problemi se quegli incivili italiani le avessero messo le mani addosso.»
    Astrid sentì una voce rude pronunciare quella frase ma non vide nulla; sentiva ancora la testa pesante e non riusciva a focalizzare nulla di ciò che aveva attorno.
    Fu Thorfinn a osservare le iridi della spectre, sbalordito: gli sembrava di ricordare che fossero castane, come mai allora adesso brillavano di un colore tanto inusuale? E non era solo quello... No, c'era qualcosa di diverso nella stessa ragazza ed era una sensazione che lo aveva colto anche quando si trovavano ancora vicini al luogo del combattimento. «Ma non dovevamo andare a mangiare quella pizza...?» Astrid si mise seduta dopo mezz'ora dall'iniziale risveglio, e dopo essersi resa conto di essere stata curata probabilmente da Anastasia che portava dei guanti per non essere intaccata da quel veleno. Lo spectre si limitò a dirle che se non fosse stata così pigra, sicuramente avrebbero potuto trovare ancora aperto, ma dato che aveva fatto il suo numero non era stato possibile.
    Astrid rise ma si sentiva ancora molto stanca; lo sforzo era stato notevole e si era quasi convinta di averci rimesso la vita - di nuovo. Invece si guardò attorno e riconobbe il luogo: era a Thorvaldsen Manor, quella che ormai era casa sua, e secondo le parole di Anastasia, si erano serviti di uno spectre che si trovava nei paraggi per portarla lì, e che era dotato di teletrasporto così da non dare troppo nell'occhio. La ragazza si limitò ad annuire prima di essere lasciata sola dato che i due dovevano ritornare al loro posto di comando in Germania ora che erano certi che si sarebbe salvata; la stanza era buia, illuminata solo dalla luce dell'alba nascosta dalle nuvole che rifletteva i propri cupi colori all'interno. Niente di tutto ciò era nuovo per Astrid, che ormai le sembrava di vivere in un mondo composto solo di quello; dopotutto le tenebre non erano male, almeno nel suo caso le sembravano accoglienti come non mai.
    Si rese conto che c'era qualcosa di differente nella stanza anche se non capì subito di cosa poteva trattarsi finchè non si alzò dal letto... e inciampò, come se non avesse potuto farne a meno.
    «Starei attento con quei capelli, se fossi in te...» Per un momento Astrid si limitò a guardarsi attorno, cercando la fonte di quelle parole ma la stanza era vuota, a parte per il box dell'armatura posata su un tavolo di cristallo viola; si alzò in piedi e lanciò un gridolino stupefatto: sembrava che i capelli le si fossero improvvisamente allungati ed erano adagiati a terra, coprendo una buona porzione della stanza. La ragazza rimase a osservarli con occhi sgranati chiedendosi da dove fossero spuntati; la sorpresa le fece dimenticare persino quella voce, almeno per alcuni istanti. «Per ogni azione c'è un prezzo da pagare, ero curioso di vedere che cosa sarebbe capitato a te... E non dire che non sai chi sono e dove, hai tutte le risposte dentro di te...»
    In quel momento Astrid decise che ne aveva abbastanza; raccolse con le mani quella chioma spropositata per non inciampare e si avviò verso l'unico specchio prente nel Manor, che si trovava nelle Torre Est. A prima vista sembrava sempre la solita Astrid, ma guardandosi la ragazza capì tutto: le iridi erano diventate viola e non le ci volle molto per capire che quella voce - che era quella di Psiche, l'avversario a cui aveva strappato il cuore -... arrivava veramente da dentro di lei. Deglutì nervosamente ma non si sentiva minacciata, nè in qualche modo differente dal solito; forse era solamente più tranquilla e - incredibilmente - non più sola.
    «Vedi di non scocciarmi troppo o ti faccio ributtare fuori da qui, chiaro?», borbottò la ragazza mentre tornava nella stanza, sempre stando attenta a non inciampare in quei capelli. Quasic ertamente era stata colpa della pozione presa... Beh, meglio un po' di capelli più lunghi che altre sorti raccappriccianti; chiuse gli occhi nell'esatto momento in cui, a contatto con il morbido giaciglio, le forze l'abbandonarono mentre il sole cominciava a fare capolino.









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    Note finali:

    INnanzitutto spero che la lettura sia stata di tuo gradimento :zizi: Chiedo scusa per il ritardo ma ho avuto un blocco imprevisto sullo sviluppo della trama e ho vegetato per un po'. In ogni caso ecco qui :zizi:
    Dunque la scelta dell'elemento artistico non è stata semplice perchè volevo usare un quadro - dato il bg di Astrid - ma non son riuscita a concludere nulla perciò ho cambiato^^
    Sui vari png le info sono nei link che ho messo(per evitare di appensatire troppo il post), ci tengo a dire che la cata a cui appartiene Psiche della Cinta era esistente ai tempi del Rev e che era stata regolarizzata, in ogni caso mi serviva proprio un guerriero del genere da usare^^ Tutto è un po' vago sulla sua origine soprattutto ma il risultato mi piace.
    Il resto spero piaccia, mi sono impegnata e spero di essere riuscita se non altro a creare qualcosa di gradevole ^__^
    Le tecniche usate per Astrid sono quelle della mia scheda, mentre per quelle dei png alleati e nemici sono le loro originali :zizi salvo per Psiche che ha una scheda a parte.

    Attendo serena il responso. Ah, il cambiamento dei capelli è dovuto alla pozione :asd: ma l'avevo già previsto, questa è stata un'occasione per metterlo in pratica^^ La stessa cosa per Psiche: la sola differenza in questa "unione" nel corpo di Astrid, non cambia molto, solo serve per maturare la mentalità della pg che altrimenti è troppo coccolosa xddd




    Credits.
    Pg. Astrid Elektra © * Violet *

    Si ringrazia.
    Idee e elaborazione WOA. Mie
    Appunti sulle Catacombe. Wikipedia
    Png:
    Psiche della Cinta, Hysteria Despard e Anastasia. Miei. La sua scheda(di Psiche) è stata guardata da Aioros per essere certa di non scrivere delle boiate.
    Thorfinn. Mio. Il nome appartiene a J.K.Rowling e la caratterizzazione alla mia amica Enide di efp che saluto caramente.
    dra31 per il magnifico adattamento grafico e Sixter per la correzione del codice.


    rose-icon


    Edited by » Pisces no Astrid - 10/7/2012, 12:01
     
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