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† Shen771 †.
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Rumori persi nel vuoto, echeggiavano tra le mura ingrigite dalla furigine. Oscurità, luce dispersa da qualche fiaccola poco alimentata, il giusto per poter osservare le linee di scale assemblate finemente con pietre scolpite. Esse si susseguivano a spirale, avanzavano a perdita d'occhio, si distendendo con armonia, quasi fossero state progettate da un architetto sopraffino per arte e abilità. Impossibile determinare la fine di tanto percorso, nel tentar di volgere gli occhi in alto, unicamente il vuoto, il buio. Soffocante il senso di perdizione che padroneggiava in quel loco, soffocante certo per un essere comune, che ivi avrebbe immediato perso il senno. Lo stesso non si poteva dire per chi nella profondità delle lande avernale aveva radicato il proprio destino, per coloro che nel Sommo Hades rifugiavan l'ambizione di una purificazione totale della lorda razza umana. Deturpata dalla corruzione, morsa dall'affascinante veleno degli ozi e delle ricchezze, l'umanità aveva perso se stessa ed unicamente nella morte avrebbe ritrovato ragione della sua dignità. Era indi un bene portare l'eclissi eterna sulla Terra, le tenebre come un manto purificatore avrebbero riprogettato l'ordine naturale, inducendo col dolore l'espiazione di ogni peccato, sotto la misericordiosa guida di Hades. Non un suono ivi, non un brusio. Neppure l'aria pareva esistere, il totale annichilimento di ogni forma di vita; ove non ci sarebbe mai stato perdono sovrastava su tutto la sofferente perdita di ogni speranza. Non era concesso ad una comune anima dannata scontare il proprio contrappasso lì, ne ad anima magna perseguire l'imperitura riflessione di quanta tanta filosofia sul Supremo Bene non possa aver minimamente giovato agli uomini. Solamente all'élite dei guerrieri degli Inferi, gli Spectre, era concordato il permesso di poter accedere alla Giudecca, ultimo baluardo della discesa progressiva verso il trono del dio supremo. Era ovvia una precisazione però, la Giudecca, intesa come loco ove le anime dei traditori, di patria, amici e divinità, espiavano la loro pena, era in tutum suddivisa in due parti, quella superiore ove venivano eseguite le torture, e quella inferiore, dove risiedevano i campione dell'Ade. Si trattava dei guerrieri che per imprese e potenza superavano i guardiani delle altre 105 stelle demoniache, i prediletti indicati come Giudici del mondo dei vivi e non, maestri d'Oriente ed Occidente. I tre Giudici infernali: Garuda, Grifone e Viverna. Ad ognuno di essi era affidata una particolare legione, bilanciata secondo i parametri dei generali di riferimento, ed ognuna rispondeva unicamente ai comandi del diretto superiore e dell'Imperator.
La Mandragora, pianta mitologica capace di uccider col sol pianto, apparteneva alla legione del Garuda Infernale.
Camminava Fedor, con passo calmo e cadenzato percorreva la lunga scalinata. La sua figura appariva quasi invisibile, ammantata dalle ombre profonde; sfuggiva al tinebrio lenzuolo unicamente l'iride cerulea, rilucente di una nefasta luce propria, ricolma dell'oblio in cui annegavano il risentimento misto al desiderio di totale redenzione. Indosso lo bardava la Surplice sua, magnifica per linee e fattezze; riflessi soffusi risplendevano sotto le calde fiamme, il viso della dormiente ninfa, placida, immergeva l'animo dell'armigero di apparente calma. In realtà il di lui spirito ardeva. Non era sua abitudine spingersi a rendere ossequi, anche se si trattava di superiori, eppure qualcosa di ancestrale, forte, lo trascinava verso la residenza del generale. Ella forse, perchè di una donna si parlava, sarebbe stata in grado di chiarire questa inaspettata spinta motivazionale; in ogni caso ne sarebbe nato qualcosa di costruttivo, se non altro perchè lo avrebbe esulato dall'espletamento di una noiosa pratica burocratica. Le braccia, rilassate, si incrociavano all'altezza della nuca e le mani sorreggevano il capo, raccogliendo tra le dita ciocche dei neri e corvini capelli. Con l'indice sentiva perfettamente il nodo della benda che gli copriva l'occhio destro, quello non gli provocava dolore, eppure a volte era come se sigillasse la fonte di un enorme potere, e quel potere risiedeva nella scienza.
Arrivò al termine del lungo sentiero in salita, una grossa porta in assi di legno, decorata da un affresco ferreo rappresentante l'indiana fenice gli si parava innanzi, illuminata con fiaccole poste in serie circolare attorno al perimetro. Liberati gli arti superiori, pose ambe due le mani sulla fredda superficie delle ante e, con sforzo minore del previsto, le divaricò in maniera sufficiente da poter entrare senza ostacoli. L'ambiente era totalmente buio, non un raggio di luce lo penetrava, eppure la presenza di un'entità dalla potenza al di fuori del comune era palese. Fedor, alla sola percezione di quel cosmo, rimase interdetto per qualche istante, finché la confusione non si tramutò in eccitazione. Era fin troppo curioso di osservare colui che poteva fregiarsi della peculiarità di poter dar ordini nelle veci di Hades; nonostante non scorgesse alcuna figura umana, si addentrò per qualche metro e, come suggeriva buona educazione e lignaggio, si inchinò. Con calma e movenze nette, appoggiò il ginocchio mancino al suolo, la pianta del piede destro piantata a supporto, il busto leggermente chino e le sguardo rivolto temporaneamente al suolo in segno di riverenza dinanzi ad una donna, la destrorsa mano sul ventre per rispetto manifesto, se non dovuto.
-Fedor, Spectre della Mandragora. Onorato di essere al suo cospetto, milady Violate.-
Uno strano, amorfo, sorriso si dipinse sul di lui volto, deliziato dal bacio dell'oscurità. Intanto, silenzio.. -
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† Shen771 †.
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°Che voce sgraziata, eppure pensavo si trattasse di una donna°
Lentamente, le luci iniziarono portare colore in quell'antrone buio, rivelando un grosso stanzone circolare dalle mura in pietra, senza finestre o fonti di calore eccetto le poce fiaccole che un maldestro Skeleton si era affrettato ad accendere. Era in ginocchio Fedor, come ne conveniva ad un galantuomo del suo rango dinanzi ad una donna, eppure ben poteva osservare quanto gli si presentasse innanzi, almeno limitatamente alla struttura del luogo: alla sua sinistra erano arronzati una decina di strumenti dalle antiche fattezze, più simili ad oggetti di tortura che a ciò a cui erano stati preposti, ossia manubri e quant'altro utile allo sviluppo del corpo. Alla loro vista, quasi incontrollato, il sorriso dipinto sulle labbra dello Spectre si allungò ulteriormente; il pensiero di una signorina alle prese con la sua possente muscolatura lo divertiva e non poco, se non altro di novità in Ade non cessavano di essercene. Beh, il riferimento alle amazzoni era dunque palese, e forse una voce tanto sgraziata sarebbe stata molto avvezza ad urli smodati ed a brandire armi al di fuori della portata comune. Il sorriso si trasformò quasi in una risatina, trattenuta con estrema difficoltà. Era tempo che non riusciva a ridere così di gusto, forse da quando aveva trascorso l'ultimo natale mortale con le sue piccole figlie, fu il loro ricordo a trattenerlo dal continuare nel suo intento ludico.
-Beh, menomale milady Violate, per lo meno non dovrò ostentare un servilismo poco proficuo.-
Voltò allora il capo alla sua destra, notando un arrangiato mobiletto su cui erano adagiate, o meglio buttate, poche bottiglie di alcolici, consumate per la quasi totalità. A quel punto nemmeno le nefaste rimembranze poterono fermarlo, forzandolo ad una sonora risata che ruppe quell'aria di riverenza alla quale aveva noiosamente lavorato. Certo il suo modo di ridere non era oltremodo normale, ma non riuscì minimamente a fermarla, continuando per alcuni secondi, finchè, distese le gambe e raggiunta una posizione quasi eretta, portate le mani sulla pancia, la tenue luce gli illuminò il viso, svelando dei lineamenti che mai per lui sarebbe stato immaginabile vedere. Rideva, rideva di gusto. Per qual motivo? Era ovvio.
-Ishishishishishishi. Perdonami Violate, ma l'idea di una donna che si sbronza mentre cerca di sollevare quattro pesi è davvero esilarante.-
Finalmente l'iride scoperta potè arrivare ad estendere il campo visivo sino alle forme del di lui generale. Una fanciulla, o sessualmente tale, mascolinamente accomodata sul suo trono, l'avambraccio poggiato sul bracciolo col pugno chiuso a sorreggerne il capo appesantito forse dal troppo alcol assunto. A bardarla aveva unicamente un'aderente tuta nera, lacerata in più punti, ai piedi degli anfibi sgualciti dal tempo. Le gote lisce facevano pensare ad una pelle tonica, nel complesso pregievole, il naso dalle linee morbile in contrasto con gli ispidi capelli lunghi e violacei. Sparse sulle braccia e sulla piccola porzione di petto visibile la marcavano profonde cicatrici, ma quelle più che imbruttirla lasciavano trasparire l'idea di una donna sulla quale bisognasse fare congetture che oltrepassassero le apparenze. Di certo una guerriera, gradevole nel suo totale, benchè non la canonica musa femminea descritta da tanti famosi artisti. Un personaggio interessante, da analizzare con maggior dettaglio.
-Non vorrei sembrarti scortese, ma I formalismi non son mai stati tra le mie pratiche preferite.-
Quel tono sarcastico, quasi irritante, eppure inquietante. Inquietante perchè del suo corpo, oltre ai prosperosi seni e le forme giunoniche, una particolare agghiacciante aveva catturato l'attenzione della Mandragora: gli occhi di Violate. Mai da quando aveva issato il capo I due aveva distolto gli occhi l'uno da quelli dell'altro, come se ingaggiati in una continua sfida d'intensità. Ma di ingegno Fedor era mestro, e da quegli occhi iniziò a carpire molto più di quanto il suo superiore potesse immaginare: malinconia, risentimento, terrore a tratti. Con passi composti egli si diresse verso la dirimpettaia, senza mostrare gestualità inconsuete , finchè, giunta a non più di un metro da quest'ultima, allungandole la mancina e distendendo il braccio, mostrando il tipico, amorfo, sorriso, sentenziò:
-Beh, direi che una stretta di mano sarebbe la soluzione migliore. Non sono venuto per nessun motivo particolare qui, signorina Violate, forse perchè mi annoiavo. Ma se proprio ci tieni, una richiesta da farla ce l'avrei: hai della buona vodka? E' tanto che non ne bevo.-
Signorina? Vodka? Quel tipo era davvero strano. Inquietante.. -
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† Shen771 †.
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Beh, di certo non si poteva dire che Violate non godesse di un'ottima preparazione in termini di diplomazia. Riusciva ad ottemperare ad i suoi doveri di generale ostentando una cortesia talmente ben costruita da apparire reale; ma ben presto quella maschera da dura guerriera senza macchia, con sottointesa ironia, e senza paura sarebbe crollata come un muro di sabbia infranto dalla marea. Ella era una donna dopotutto, e la genetica dava conferma che, celata dai tagli del tempo, nel suo spirito la sensibilità era radicata, che si fosse o meno mutata in astio quelli erano affari suoi. Ma forse per negligenza, forse per reale noia, Fedor non si dilungò molto ad analizzare il tutto e preferì ascoltare con leggerezza la sottile accusa di indisciplina che Violate gli aveva indirizzato. Preparazione, addestramento, maestro? Egli non aveva avuto nulla di tutto ciò, era stato strappato alla terra ed era stato costretto a piangere, ad urlare per aprirsi la sua strada di vendetta. Proprio come la Mandragora. Ancora una volta un sorriso beffardo gli si dipinse sulle labbra, rimandando la di lui mente al pensiero di quanto una donna, per quanto alta la carica di cui si era fregiata fosse, pretendeva di sindacare sfacciatamente sul destino e sulla condotta altrui, avanzando infondate pretese di superiorità. Ella era uno Spectre come gli altri, una guida certo, ma null'altro che un guerriero di Hades, e come tale avrebbe dovuto perseguire uno scopo, senza troppo lasciarsi distrarre dalle personali ambizioni di vanità. Quale che fosse la sua storia non era rilevante, la purificazione del mondo aveva la priorità assoluta. Apparenti glorie di guerra erano segni di un passato ormai andato, nessuno ne avrebbe fatto menzione dinanzi al Sommo Signore; bisognava operare nel presente, e che si presentasse un tornaconto personale ben venga.
Con movenze suadenti, in contrasto con un'apparenza rude e poco femminile, il Garuda si accostò al mobiletto poco distante ove erano rovesciate le bottiglie di alcolici e, scavando attentamente tra di loro, ne estrasse una ancora in buono stato, semi piena, segno che la Vodka non era palesemente uno dei drink graditi al Gigante dell'Ade. Quest'ultima la osservò per qualche istante, tentando di decifrare le diciture baltiche su di essa stampate, ma con scarsi risultati; rivolto un compiacente sguardo al sottoposto, aperta una delle dispense ai lati del comodino ed afferrato il primo bicchiere da liquore visibile, con tono divertito prese a raccontare dello Spectre di Harpy, che le aveva fatto dono di quella pregiata bevanda solo a seguito di una spietata corte a cui era seguita una lezione che di certo il soldatino avrebbe fatto fatica a dimenticare. Davvero patetico, lasciarsi andare a certe bassezze disonorava la casta nella sua interezza, il sangue che aveva versato l'arpia non era che un misero dazio dinanzi ad un animo tanto marcio da avvicinarsi ai difetti umani. Essi umani non lo erano ormai da tempo, la redenzione li aveva cambiati, qualsiasi emozione era dunque più pura, snaturata della sua radice deviata. Seguì poi un invito ad accomodarsi su una sedia posta innanzi al trono a cui era tornata la donna, invito declinato con un leggero gesto della mancina. Non intendeva sostare a lungo in sua compagnia, cose ben più importanti lo attendevano; ma il tempo di gustare il bicchiere ghiacciato di vodka che gli era appena stato servito l'avrebbe concesso volentieri, le sue ricerche avevan bisogno di tempo per portare in evidenza l'effetto degli enzimi appena scoperti e la noia non gli suggeriva nulla di meglio da fare. Almeno Violate si stava rivelando un soggetto degno di interesse, un passatempo utile. Ma l'aria sfrontata e accomodante della guerriera mutò improvvisamente, a seguito di un profondo respiro a cui seguì una domanda diretta e precisa: “Sei già morto?”. Perchè quel velo di profonda tristezza? Le sue iridi ora avevano aperto le porte di un oblio che, sebbene per un effimero istante, era entrato in risonanza con quello della Mandragora. Vuoti che si riempiono, rette parallele che si incontrano. Le pupille dello Spectre si dilatarono, degustato un ultimo sorso di freddo liquore e passate la lingua sulle candide labbra, egli mosse alcuni lenti passi verso la giovane amazzone. Gli era innanzi, quel suo sorriso lungo e sottile ora era più inquietante che mai; gli occhi rilucevano della luce delle tenebre più profonde del Cocito, mai Perdizione tale si sarebbe potuta pensare in un solo individuo. La mancina scivolò con delicata fermezza sul collo della donna, accarezzandone il mento, le guance dei due poi si incontrarono, Fedor le sussurrò qualcosa nell'orecchio.
-Morti sono coloro che abbandonando la vita cessano di essere, si perdono nelle nefandezze di un peccato indissolubile. Un termine bieco, non adatto a chi come me allontanandosi dall'esistenza impura ha trovato redenzione e rinascita. Io non sono morto, io ho semplicemente aperto gli occhi.-
Con altrettanta calma si distaccò, riassumendo la precedente posa, portando la mano prima pacata ora ferma sul freddo metallo dell'armatura, al fianco. Per un fugace secondo il suo viso era stato diverso, troppo, troppo simile a quello di qualcun altro. Ma di chi? La chiave nel gelido cuore del Garuda.. -
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† Shen771 †.
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Una donna. Per quanto si atteggiasse a dura, provasse a convincere se stessa e gli altri di possedere una tale forza d'animo da poter piegare al suo volere gli stessi dei, Violate rimaneva comunque, inesorabilmente, una donna. Lo si leggeva negli occhi, nei respiri prima trattenuti poi leggeri, nelle cicatrici che non segnavano il corpo ma l'anima. L'impavido Giudice del Garuda era solo un insieme di brutti ricordi mescolati ad uno scultoreo corpo che braccava ed imprigionava un caldo cuore di donna. Ella avrebbe ucciso a sangue freddo, ma per cosa? Per vendetta forse, non per piacere. Ella sarebbe scappata lontano, per qual motivo? Fuggire dall'oltraggiosa onta di non saper chiudere col passato. Non poteva dunque dirsi di lei che era la più spietata tra gli Spectre, ma della sua forza aveva fatto una maschera che ben sapeva coprire quanto secoli di dolore dipinsero sulla tela del destino. Lo si capiva facilmente che non seguiva una linea di condotta precisa, mancava forse di risoluzione, un motivo per cui combattere davvero; appariva più che altro come una nave che volge alla deriva, trasportata passivamente dalle onde della marea. Nei suoi occhi si leggeva il vuoto dei sentimenti, uno spirito scarno che non trova appigli. Aveva dunque perso così tanto? Perché allora affannarsi a vivere? Spectre per convenienza, era solo una donna ferita.
La fievole luce dell'androne avvolgeva i due interlocutori, ognuno appariva coinvolto eppur distante, manteneva ancora barriere che solo la confidenza figlia dal tempo avrebbe forse abbattuto. Ma dal canto suo di tali costrizioni Fedor non ne risentiva affatto, anzi appariva divertito, mentre il suo comandante raccontava con quell'aria ancora un po' basita di chi ha appena scoperto di non esser riuscita ad esser spietata come pensava la sua filosofia circa quanto in tutto quel tempo aveva guidato il suo operato. Si parlava di un trionfo delle tenebre non particolarmente atteso, per cui combatteva ma che non agognava. Si parlava di una sorte che bisognava accettare con apatica rassegnazione, pur di evitare gli affanni delle pene avernali. Era dunque davvero una guerriera lei? Impensabile che potesse contare su così poca determinazione, non degna certo di chi si accingeva a guidare un esercito verso la gloria. Un tedioso senso di ribrezzo verso quell'individuo che mancava d'amor proprio afflisse la Mandragora, l'empatica consapevolezza di quanto l'esistenza potesse togliere ad ognuno non era sufficiente a giustificare tanta afflizione, ma il senso di nausea non poté che mutarsi in un nuovo, beffardo, sorriso di circostanza. Non era abitudine del guerriero degli inferi rimuginare per lungo tempo su cosa gli veniva detto, ma per una volta provò ad analizzare con maggiore attenzione i risvolti che quell'incontro stava portando: un generale ferito, qualcuno di cui carpire i punti deboli per poterli agevolmente riutilizzare ogni volta che ne sarebbe giovato ad un personale tornaconto. Idea stimolante, ma come vagone di coda a quel treno di pensieri si aggiunse un'inaspettata componente: e se quella persona dall'animo tanto smarrito possedesse un enorme potenziale, se si potesse insomma plasmare quella donna facendola divenire il pezzo di terra che da secoli mancava alla voragine del suo Io. La sua metà insomma. Una fugace sensazione, a cui lo Spectre ovviò con un violento ritorno alla realtà della situazione, aiutato da un inaspettato gesto di Violate che, docile e passionale come mai si sarebbe creduto possibile da una come lei, poggiò con lente movenze la destrorsa sulla di lui Surplice, carezzandola all'altezza della maschera che portava sul pettorale opposto. In quell'attimo gli occhi della donna si velarono di un sentimento tangibile, che vago nei ricordi di Fedor riaffiorò poi con amarezza. Era triste, proprio come lo era la Mandragora. Nel suo sguardo non vi era pietà, non vi era commiserazione, ma solo un profondo dolore, quasi fosse stata in grado di comprendere il tormento che scuote la Mandragora al suo risveglio, quell'orribile strazio che le causa il pianto, che la rende essere veicolato al supplizio dei condannati a morte. E difatti con un riferimento all'armatura, ma che rimandava con chiarezza al grave onere di cui si era fatto carico il suo possessore, il Garuda riprese a parlare. Le sue parole risuonarono nella mente del carnefice, una dopo l'altra esse si dispersero tra l'eco di quel luogo tanto oscuro. Lo Spectre chiuse gli occhi, portando ambedue le mani su quella della ragazza, afferrandola senza forza, ma spingendola con gentilezza sull'intera superficie del volto metallico, così da poterle far quasi sentire le disperate urla di coloro al cui collo si stringe inesorabile il cappio. Era quello il peso della purificazione, il macigno di cui Fedor si era fatto carico per poter adempiere al volere del Sommo Hades.
-Tu sbagli, Violate. Il dono di cui ci è stato fatto dono è finalizzato a qualcosa che probabilmente il nostro animo non potrà mai comprendere, ma che la nostra fede deve accettare incondizionatamente. Ogni parte di questo corpo che tu vedi è devoto al nostro Sommo Signore Hades, per lui sarei disposto a dare ogni molecola di me stesso. La purificazione è ciò per cui siamo stati creati, null'altro; redimere la razza umana estirpando il seme dell'ingiustizia e dei vani dolori che essi stessi si auto infliggono. Faremo ciò battezzandoli col loro medesimo sangue. Sia chiaro, per adempiere al mio dovere...-
Quel viso, prima sadicamente superbo, divenne improvvisamente serio, l'iride ardente di fiera determinazione,
-sono disposto anche a creare legami di terrore e sottomettere i miei stessi alleati. Non esisterà nessuno in grado di ostacolare il mio percorso di morte.-
Legami di terrore, devozione. Quell'uomo aveva qualcosa di estremamente puro in se, qualcosa che lo avvicinava terribilmente al dio a cui tanto di se aveva votato.. -
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† Shen771 †.
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Prorompente. Forse l'unico aggettivo adeguato a descrivere la terribile forza che risiedeva nelle mani della giovane Violate, qualcosa con cui, allo stato attuale, Fedor non avrebbe potuto competere. Il potere di un Giudice Infernale, delizia alla quale l'amibizione faceva lusinghe insistenti, un mezzo decisamente prospero di potenzialità per poter soddisfare i propri desideri pianificati. Ciò nonostante, la figura di quella ragazza, bardata da una maschera fragile e irrisoria volta a nascondere le incertezze di ogni donna, non incuteva in lui più del reverenziale rispetto che si deve ad un superiore di rango.
Ogni suo gesto, inconscio o meno, analizzato con puntuale distacco dalla mente della Mandragora, rimandava ad un passato sentimentalmente tormentato; se la sola vicinanza di un uomo dai tratti somatici troppo simili a quelli della sua vecchia fiamma poteva scatenare in lei reazioni così irrazionali, allora di certo non ci sarebbe voluto molto a far crollare la sua psiche. Non che avesse premura di farlo, ben inteso.
Fedor, seppur preso dal filo logico dei suoi pensieri, prestò attenzione alla storia che la giovane soldatessa iniziò a narrare, mostrando particolare interesse per la figura del giovane a cui egli faceva riferimento: Aiacos, la mitologica figura del Giudice Infernale di Garuda, la cui immortalità dell'anima è terminata nel momento in cui il suo posto è stato preso da una donna. Il suo spirito era probabilmente perso all'interno di qualche anfratto dell'Ade, eppure, se Hades aveva deciso che un ruolo tanto importante dovesse esser gestito da una signora, probabilmente doveva avere le sue buone ragioni. Certo ignote, ma incontestabili.
-Aiacos di Garuda, un nome decisamente altisonante da queste parti.-
Si rimise eretto, massaggiandosi la spalla indolenzita a causa della precedente spinta. Gli occhi della Mandragora si assottigliarono, mostrando una criptica espressione non assimilibale a nessuna di quelle classicamente umane. Le labbra si inarcarono, svelando una dentatura bianca e perfetta, dai canini acuminati ed affilati. Nuovamente, con passo cadenzato, lo Spectre si avvicinò a Violate; il rumore della Surplice riecheggiava nel silenzio del grande salone, accompagnando l'uscita di un bieco intruso che per qualche attimo aveva fatto capolino. L'aveva ignorato, perché tali soggetti non benestavano di neanche un secondo del suo interesse.
-Deve essere un compito arduo per un cuore tanto pesante, immagino.-
Il tono era afono, così che non si potesse discernere l'ironia dalla serietà. Ma Fedor non era né ironico né serio, egli era solamente se stesso; uguale al se stesso di sempre. Le iridi bicromate, fino a quel momento fermamente ancorate a quelle dell'astante, per un attimo si poggiarono sulla Surplice del Garuda, ordinatamente ricomposta nel totem dell'animale.
-L'animo di una donna è un meccanismo complesso, più intricato del labirinto leggendario di Minosse. E tu ne sei la prova, Violate.-
Gli era nuovamente di fronte, i due visi erano separati da solo una manciata di centimetri. La mancina scivolò sul fianco della guerriera, senza mai toccarlo, arrivando sino all suo collo, fermandosi all'infossature della mascella, laddove si delinea il perimetro delle gote. Le sfiorò la pelle, con estrema delicatezza, così da non irretirla nuovamente.
-Eppure, in quanto guerriero di Hades, sai bene che è mio dovere servirti. Non avrei beneficio nel tradirti se non quello di far adirare il mio signore, cosa per me certamente non conveniente.
Il sol fatto di mostrare questo tuo lato emotivo costituisce un punto debole davvero importante, ma immagino tu lo sappia. Per cui, magari potresti provare ad esternare questo tuo oneroso fardello, non ti pare? Potrebbe giovarti.-
Sussurrò, portando l'indice sulla punta del mento della ragazza. Il silenzio terminò il suo intervento, sebbene fosse certo che nella mente della donna ben altre parole urlavano generando il caos.. -
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