Saint Seiya Final  - I Cavalieri dello Zodiaco - Full Professional RpG by Forum

Posts written by Nanopod

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    Dormo tranquillo ogni notte sapendo di aver espanso il trend nomenclativo angelico di KSBD
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    Era qua :zizi:
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    Che enorme errore che avete fatto a postare Eurobeat
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    Spaziale Luke, strafigo
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    Daimon!
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    Mi ci butterò volentieri se finito l'add sarà ancora avviata
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    Jean-Michel Jarre walked so Daft Punk could run, and Justice could fly
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    Jqxt1hX



    La ruota incontrò carne e metallo, disintegrando entrambi all’impatto.
    Il nemico abbandonò la realtà con la stessa rapidità con la quale ci entrò senza invito alcuno.
    Il solo concetto irritò nuovamente 777. Quandò l’unione tra ruota e corpo si completò, il Daimon era ancora in volo, passando rapido nel distrutto cadavere dell’abominio, notando chiaramente visi umani in pace e tranquillità.

    Aveva fatto una buona azione, ma non gli interessava minimamente. Fossero periti tra le peggiori sofferenze o maledicendolo per le prossime mille vite non avrebbe cambiato minimamente la sua situazione o opinione della cosa.
    777 era un’arma e come tale non poteva permettersi di farsi vittima di concetti superflui come la redenzione, la compassione o l’altruismo. L’unica cosa che contava il completamento dell’obiettivo in ogni modo possibile e non. Nel caso non ci riuscisse avrebbe tranquillamente potuto definirsi inutile e pertanto prostrarsi a suo signore Polemos in attesa della più corretta e giusta punizione. Un soldato inefficiente è alla stessa stregua di una pericolosa zavorra nell’insieme degli eventi e avrebbe personalmente messo fine alla propria esistenza se tale premonizione si fosse mai avverata.

    Eppure, saltuariamente, si ritrovava a pensare, a fantasticare se ci fosse di più in quella vita. In quelle vite, in quelle numerose esistenze vissute, spesso della durata di pochi secondi o minuti, in guerre tanto antiche e numerose da essere dimenticate. Forse scoprire cosa si celasse oltre al solo uccidere e distruggere avrebbe in qualche modo contruibuito a migliorare le sue stesse capacità di uccidere e distruggere. Forse stava solo farneticando, o più semplicemente impazzendo.

    Decise in quell’istante che, nei limiti del possibile, avrebbe preso quella sua settecentosettantasettesima reincarnazione come l’unica e sola possibilità autoconferitosi per esplorare ulteriori concetti ed esperienze, per convincersi che tra bastone e carota era sempre e comunque il primo ad avere la meglio in ogni problematica o situazione.

    Atterrò con un paio di saltelli sul liscio pavimento, calando i giri motore e riassumendo mentalmente la situazione.
    Il cupo rombo del minimo del V8 riempiva la stanza con il suo suono caldo e rassicurante, precursore della furia di cui era tanto capace.

    Si accorse immediatamente dell’assenza del fratello. Subì un colpo importante sul lato del cranio, ma apparentemente si dimostrò più tenace e resistente del previsto, dileguandosi immediatamente dallo scontro per guadagnare terreno. In altri contesti gli avrebbe dato del codardo, ma 777 era più che sufficiente per eliminare il precedente problema. Soprassedette.

    Aumentò i giri, staccò la frizione e ripartì, procedendo in un lungo corridoio identico a tutti gli altri,
    lungo più degli altri e più irritante degli altri. Un’inquietante presenza cosmica cominciò ben presto a palesarsi nei recettori del Daimon, unita a quella più familiare del fratello, più intensa rispetto a prima e in chiara difficoltà.
    Arrivò rapido, dovendo frenare rapidamente e contro il proprio volere dalla sola presenza che gli si prostrò innanzi.



    Ebbe pochi attimi per raccogliere, processare e reagire alle informazioni che gli arrivarono al cervello come una cannonata.

    Al centro di una stanza enorme, grande quanto un colosseo, giaceva una blasfema sfera di materiale biologico sostenuta da nere e spesse catene. Tutt’attorno, eretiche fiamme dorate ad adornare una macabra scena completata dai cadaveri scheletrici di povere anime tanto deboli da lasciarsi soverchiare da una così infima entità.

    La stanza, adornata da intere colonne di apparecchi umani abbandonati da decenni, emanava un’energia soprannaturale e pericolosa, che non tardò nel concretizzarsi in un tremendo attacco al suo intero organismo.

    Qualcuno dei suoi numerosi occhi alzò lo sguardo al cielo, registrando rapidamente la triste scena di un’elegante figura angelica alle prese con una faccenda che non lo riguardava.
    Archaios, nella sua bella, bellissima e gloriosa vera forma, era intento in un ingaggio impegnato contro delle strutture tentacolari generatesi dalla sfera di carne. Secondo 777 era una scena patetica, ma ricordò ben presto che il fratello non nacque con lo scopo preciso del recare danno ad altri, ma con la nobile arte del sotterfugio e del raggiro nel sangue, tutti concetti collegati alla guerra ma esterni al suo crudo funzionamento.

    Gli bastò sentire il nome di Falid per tornare con la concentrazione ai massimi livelli. Se Falid fosse riuscito in qualche modo a risvegliare completamente il caduto, la questione sarebbe stata problematica non solo per loro due, ma probabilmente per qualsiasi entità dotata di coscienza cosmica e non su tutto quel emisfero terrestre, se le dicerie e i briefing sulle entità cadute erano in qualche modo veritiere o verosimili.

    Il tergiversare della sua primordiale mente venne immediatamente interrotto dal letterale assalto cosmico che inondò il suo cervello, destabilizzandone letteralmente la concentrazione e le funzioni motorie e cerebrali. 777 si sentiva alterato nel corpo e nella mente, non più in totale controllo delle proprie facoltà. Poi, arrivarono le bordate cosmiche, alle quali potè rispondere solo con una abbozzata difesa di grezzo cosmo di fronte a sé, che riuscì semplicemente a evitare di sbalzarlo come una foglia al vento o scaraventarlo contro i muri circostanti. La barriera resse, fino a un certo punto. Le successive ondate passarono con più facilità, impattando sul già provato corpo del Daimon, che subì la maggior parte del danno alle costole posteriori già compromesse, che spostandosi impattarono anche contro vertebre adiacenti e polmoni al loro interno. Un dolore simile non riuscì più a ignorarlo. Una parte delle costole spezzate premette contro le vertebre che di rimando inviarono segnali devastanti ai recettori neurali di 777, mentre l'altra, piegata all'interno dalle onde cinetiche, dirigendosi contro i polmoni, senza forarli, ma danneggiandoli a sufficienza da riversare leggere quantità di sangue al loro interno, che si tradussero quindi in leggere colate di prezioso liquido rosso dagli scarichi dell'antico motore.

    Non poteva perdere terreno, non in quel momento, non così vicino alla risoluzione del problema. Il fisico misterioso del Daimon cominciò a mostrare i primi segni di cedimento, ma il suo cosmo bruciava intenso, tanto quanto la sua determinazione. Non si sarebbe arreso facilmente. Anzi, non si sarebbe arreso proprio, a costo di portare il bersaglio con sé all'altro mondo, al tanto bramato e intangibile mondo.

    Sì, la sua vita non valeva minimamente tanto quanto la sconfitta di un vero caduto. Così decise. Il fratello avrebbe capito, e a lui si sarebbe unito o, sperò, spostato in tempo.

    E come per le precedenti settecentosettantasei volte, 777 mise la sua vita in gioco, in nome di un bene maggiore e di un Grande Gioco che in fin dei conti nemmeno lui aveva mai compreso appieno; perché non era suo compito farlo.

    “SMETTILA DI PERDERE TEMPO, FRATELLO. NON POSSIAMO PERMETTERCI QUESTO LUSSO. FUGGI ARCHAIOS, E CHE PHANES TI PROTEGGA IN QUESTA E NELLE PROSSIME VITE. È GIUNTO IL MOMENTO DI COMPIERE IL MIO SCOPO.”



    Anche morendo.

    La sua forma mutò tra ritrovati e intensi dolori, dal lato della ruota grossi costrutti metallici e cromati, cubici nelle forme, si generarono. Al loro interno decine di piccoli fori sviluppati in tubazioni scure. Dalla parte posteriore della ruota si sarebbero generati due rostri lunghi tre metri l'uno che andarono a conficcarsi nel terreno come basi di appoggio di una batteria di artiglieria.

    Non aveva modo di mirare con cura, non aveva modo di selezionare correttamente il bersaglio; complice l'influenza cosmica del nemico, complice il principio di stanchezza e i danni fisici subiti. Non aveva tempo, voglia e pazienza. Non gli rimase altro che distruggere semplicemente tutto. Cento razzi di cosmo compattato sarebbero detonati dalle tubazioni generate, proiettati in aria in traiettorie casuali dal fuoco compresso in un ugello posteriore in ognuno di loro. In volo avrebbero cambiato direzione nei limiti del controllo al proprio cosmo e alla limitata cinesi applicata al fuoco suo servitore. I razzi avrebbero potuto colpire le catene, le colonne alle quali erano ancorate, i tentacoli, i computer, la sfera malefica, il suo stesso fratello o non colpire niente di tutto ciò. Una parte di sé sperò persino che colpissero tutti il soffitto, gettandosi definitivamente il mondo addosso, seppellendosi assieme al abominio. Come avrebbe spiegato a Etere di aver sotterrato vivo un suo servitore in danni collaterali dei quali non aveva nessuna colpa? Visse ognuna delle proprie numerose vite senza causare mai disagio o delusione ai propri superiori e non avrebbe sicuramente cominciato in quel momento. Non riuscì tuttavia a rimuovere dai propri pensieri la possibilità, ritrovandosi quindi a sperare con tutto sé stesso che Archaios fosse più forte, resistente o quantomeno più rapido nel dileguarsi di quanto sembrasse.
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    Jqxt1hX



    L’enorme pugno di Vanant impattò col terreno causando un ribaltamento paesaggistico totale. La terra divenne cielo e il cielo divenne terra.
    Zolle. No, isole di manto terrestre si sollevarono in aria mescolando completamente la conformazione del campo di battaglia, trasformandolo in una zona di combattimento a quattro dimensioni.
    Turbinii di vento e fulmini di cariche statiche cominciarono a dipararsi in tutta la zona.

    Quando le sinapsi del Traxysdaimon tornarono a connettersi regolarmente e a processare le informazioni audiovisive successive all’impatto, il cosmo mefitico era sparito. O meglio, traslato.

    Il nemico, visibilmente danneggiato ma lontano dall’essere in pericolo di vita, si era riposizionato lontano, come il migliore dei codardi.
    E come il migliore dei codardi cominciò immediatamente a mutare con innominabile blasfemità la sua forma, trasformandosi in una bestia deforme di fauci e pelliccia scura come la fine del tutto.
    La cosa peggiore per 777 fu però riconoscere uno degli abomini di Erebo nel miasma di cosmo putrefatto e oscuro.

    “FRATELLO È…”
    Vanant espirò, bloccato nello stesso momento dall’immediato contrattacco nemico.
    Percepì chiaramente un incremento pericoloso di emanazione cosmica proveniente dal cavaliere in nero, riattivando immediatamente i sistemi della controparte angelica.

    Sentiva nella propria carne lo splendente cosmo di Vanant, tanto acceso quando esausto, riprendere con ritrovata tenacia una potenza misteriosa, dettata solo dalla determinazione che contraddistingue la Stella dell’Ovest.

    In quel momento, mentre la devastante onda anomala di cosmo distruttivo stava per raggiungerli, 777 venne invaso dal turbinio di concetti e sensazioni che gli ricordò definitivamente il motivo per il quale aveva così tenacemente recuperato la libertà e la capacità combattiva.
    Liberare la Terra. No, l’universo intero, da ogni tipo di macabra feccia che avrebbe anche solo provato a minacciare lo scorrere degli eventi, il corretto processo di inizio e fine delle cose, del tutto e del nulla compreso.

    Perché 777 Ardent Wheels Outspeed The Wicked era tornato nella dolorosa realtà e a costo di soffrire per l’intera eternità ci sarebbe rimasto fino a lavoro concluso.
    E assieme al fratello avrebbe messo in gioco nuovamente la sua integrità, spirituale e corporea, per lanciare un chiaro messaggio a chiunque fosse stato all’ascolto.

    I figli di Phanes erano tornati, a voi la scelta da quale parte stare.

    “PER PHANES. PER ETERE, PER POLEMOS E PER OGNI NOSTRO FRATELLO CHE FORZA CI DONA E TENACIA CI GARANTISCE. PERCHÈ NON ESISTA UNA SOLA ENTITA’ IN QUESTO UNIVERSO CHE NON TEMA L’INDOMITA ONDATA DISTRUTTIVA DELL’AXIS MUNDI. PERCHÈ SIAMO GLI ARALDI DELL’ORDINE E DELLA CONTINUITA’, PERCHE’ SIAMO IL PEGGIOR INCUBO DI CHIUNQUE OSI OSTACOLARE IL PIANO PERFETTO DI NOSTRO SIGNORE. SIAMO LA FURIA E LO SPLENDORE. SIAMO I MESSAGGERI DEI PROTOGENOI E LE ARMI IN LORO POSSESSO.”



    La forma di 777 mutò nuovamente, bruciando fino al massimo suo potenziale il cosmo antico cui composto. La massa di carne e tendini si allungò nuovamente in uno sforzo che Vanant avrebbe percepito fino all’ultima sua fibra muscolare. Superò l’avambraccio enorme del fratello, inglobando la spalla, la scapola e la schiena ricoperta di reattori.

    777 era al limite della sua estensione, ma non si sarebbe fermato, non poteva permetterselo.
    La carne mutò in antico materiale metallico, aggiungendosi agli ugelli dei reattori di Vanant, ingrossandoli e reindirizzandoli con più precisione, agevolando l’emissione cosmica del fratello.

    Il raggio devastante della Stella dell’Ovest esplose dal suo enorme corpo, dilaniato dalla fatica espressa da un urlo infinito e liberatorio al quale 777, in simili condizioni, si unì con forza.
    In quei momenti, rari come l’aurora, le due essenze dei Daimon divennero una cosa sola.

    Esiste una leggenda, tra le cinque sezioni dell’Axis Mundi, che descrive cosa si manifesta quando le potenze di due Daimon di Phanes raggiungono livelli di sincronia tali da avvicinarsi pericolosamente alla perfetta concezione che ebbe di loro il loro creatore.

    Al raggio di Vanant una serie di esplosioni, numerose quanto le stelle nel cielo, si aggiunse al formidabile attacco. Spinte da tali esplosioni, getti di cosmo scarlatto e incendiario andarono a potenziare ed accelerare la luce distruttrice di Vanant, detonando all’impatto in una tempesta di fiamme e distruzione.

    Una nuova creatura si materializza per un solo istante, generata dalla potenza e dal perfetto controllo necessario a crearla. Non importava quali Daimon la generassero, ma solo la completa fiducia che uno deve avere nell’altro e viceversa, il completo abbandono reciproco alla fusione delle due energie e dei due corpi.

    Questa entità ottiene il nome dell’unica affermazione possibile ed enunciata da chiunque avesse la fortuna, o meno, di esserne testimone.

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    RRRRRRRRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA



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    E tutto svanì nel nulla, perché il nulla tutto riempì, sostituendosi alla materia, ai concetti, al tutto.
    Sentì la presa allentarsi dal corpo del fratello, abbandonandolo in un futile tentativo di salvaguardare la sua incolumità. Lo avrebbe sgridato per averci anche solo pensato; ma in quel momento Vanant era spinto da meccanismi più basilari e primordiali del pensiero senziente.

    I corpi dei due Daimon vennero sbalzati di centinaia di metri. Terminata la rovinosa caduta e recuperata la forma consueta, 777 scattò nuovamente in piedi, spinto da una memoria muscolare antica quanto il tempo.

    Fu in quel momento che notò che la carne del braccio destro, fulcro concettuale utilizzato per la trasformazione in enorme tirapugni, era quasi completamente assente.
    Non diede nemmeno il tempo al dolore di palesarsi, picchiettando con uno scatto dell’indice trattenuto dal pollice della mano sana sull’attaccamento dell’arto distrutto, staccandolo di netto.

    Col palmo dell’unica mano funzionante cauterizzò la ferita gocciolante per bloccare la copiosa emorragia.
    Non grugnì, non emise un verso. Le menomazioni erano all’ordine del giorno e parte anch’esse della complicata trama che componeva il concetto di guerra, non si sarebbe fatto certamente abbattere da qualcosa di così banale.

    Alzò il cranio, osservando il devastato orizzonte con le due cavità oculari in un teschio rosso privo di caratteristiche facciali.
    Appurata l’effettiva sparizione del nemico, si voltò verso il fratello, riverso a terra e non più capace di combattere. Ordinò quindi alla Ruota di seguirlo, riagganciandola con un tendine dalla schiena.

    “SUFFICIENTE, VANANT. SEI CONGEDATO. È TEMPO DI ESTRARRE.”



    Enunciò freddamente, inginocchiandosi accanto al suo corpo con evidente ma stoica fatica.
    Lo raccolse in un solo movimento del braccio sano, appoggiando il corazzato corpo della Stella dell’Ovest sulla propria apparentemente fragile e minuta spalla.

    Uno sfrigolio e un piccolo portale dorato si aprì nello spazio e nel tempo, mostrando le brulicanti strade del centro di Empireo.
    Un passo e il portale si chiuse alle loro spalle. Attorno a loro una attonita folla di cittadini di ogni epoca e razza, specie e tipologia.

    Poggiò delicatamente il corpo di Vanant ai piedi dell’enorme statua di Etere al centro della piazza principale, sedendosi accanto a gambe incrociate al centro della Ruota sua Arma, poggiando la mano sul proprio ginocchio. Il petto si gonfiò, la mascella si aprì e un ululato si espanse nella zona circostante, vibrando palazzi e bancarelle.

    “CHIAMATE UN CURATORE, UNO DEI MIGLIORI. CHIUNQUE TENTERA’ DI AVVICINARSI VERRA’ DISINTEGRATO DA ME MEDESIMO.”



    Un attimo di confusione negli occhi dei pochi agenti di sicurezza vicini, che si guardarono incerti l’un l’altro.

    “MUOVETEVI. ORA.”



    Tuonò, avviando una macchina di soccorso inattiva da secoli, fino a quel momento.
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    CITAZIONE (Dr. Stein @ 24/4/2024, 21:37) 
    Che gioco è?

    Ispirato al libro Picnic sul Ciglio della Strada, sei in una station wagon in una zona circoscritta vicino a Seattle dove la realtà è alterata e piena di anomalie
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    sto gioco non può permettersi di avere sta ost
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    L'impatto con il terreno fu a malapena registrato dal cervello di 777. Le spire, gli spuntoni affilati e cromati che adornavano tutta la circonferenza della ruota affondarono nel terreno come un coltello rovente nel burro fresco.

    Non seppe nemmeno se in qualche modo il suo attacco avesse avuto in qualche modo effetto sul nemico. Anzi, non seppe ancora nemmeno chi o cosa fosse il nemico. Il dato non era importante, ovviamente, ma conoscere la natura dell'attuale antagonista lo avrebbe aiutato sicuramente ad affrontarlo meglio. Forse no, forse non sarebbe cambiato nulla.
    D'altronde la sua tattica non era nota per mutare o adattarsi alle diverse situazioni; non ne era capace e non ne aveva bisogno. Era un soldato. No, era un'arma. Le armi non pensano, colpiscono.
    In quel momento esatto, suo fratello Vanant aveva bisogno esattamente di quello, un'arma.

    Era ormai a qualche decina di metri in profondità mentre combatteva con strati di argilla e terreno morbido e viceversa nell'immediata risalita che sentì la chiara scintilla della speranza riaccendersi nel cuore della Stella dell'Ovest.

    L'avrebbe punito, o quantomeno riportato nei ranghi nel limite delle sue possibilità e poteri decisionali dettati dalla sua posizione per aver anche solo pensato all'opzione inapplicabile della totale perdita di speranza. Nessun Daimon è solo, volente o nolente. Non ebbe ben chiara la situazione in superficie, combattere contro la spinta cinetica da esso stesso generata si rivelò un'azione ad intenso dispendio energetico e consecutivamente temporale. Perdendosi gran parte dell'azione alla luce del sole realizzò solo che il nemico non perde un solo secondo per contrattaccare.

    777 era felice di scoprirlo. Un nemico resiliente e capace preannunciava un protrarsi della sana e sacrosanta violenza che tanto lo caratterizzava, plasmava e definiva.

    Il picco di consumo cosmico generato dal misterioso assalitore diede qualche succoso dettaglio alle curiose sinapsi angeliche. Un Black Saint, forse? Non ne vedeva uno da tanto, tanto tempo.

    Una realizzazione. Non vedeva parecchi guerrieri da troppo tempo. Saints di Atena, blasfemi Black Saints senza Dio, Marines di Poseidone, maledetti Spectre di Hades..
    La lista era lunga e molti di essi, soggiogati dalla futile e fallace aspettativa di vita umana, avevano sicuramente abbandonato quel piano terreno complice il loro lavoro, la malattia o il più semplice e banale deperimento cellulare causato dal più noioso e basilare deperimento genetico.
    Alcuni li avrebbe potuti chiamare persino amici, in particolari e singolari circostanze.

    Troppi pensieri gettati all’indifferente vento del destino. Troppi attimi dedicati a ragionamenti sfuggenti e inutili.

    777 Ardent Wheels Outspeed the Wicked si trovava in guerra, e in guerra avrebbe combattuto.

    Un picco di consumo cosmico, una chiara e costante emissione controllata, il terreno che cedette gradualmente sotto il peso di qualcosa di troppo grosso e troppo pesante da supportare in così poco spazio e tempo.

    Dopo un’iniziale fluttuazione cosmica del fratello, la successiva e copiosa emanazione dimostrava chiaramente che Vanant era passato al contrattacco.
    Virò duramente, aumentando i giri motore e bruciando ad alti ottani il suo antico cosmo per recuperare metri dal freddo sottosuolo, diventato rovente al suo rapido passaggio.
    Il motore rombava, vibrando il terreno e causando un costante moto tettonico percepibile a chilometri di distanza. D’altronde, un’enorme ruota di metallo alieno aveva appena impattato dalla termosfera terrestre a velocità inenarrabile per colpire un bersaglio più piccolo di lui, più agile e in posizione nettamente più agevolata alla manovra.

    Salì, sempre di più, fino a sentire la terra cambiare di densità e finalmente sparire dalla sua buia visuale. Il cielo, plumbeo, faceva da sfondo all'enorme figura della Stella dell’Ovest che glorioso piombava con un pugno grosso come lo stesso 777 sul nemico sconosciuto.
    La spinta del Traxysdaimon lo portò a guadagnare quota velocemente, incontrando l'altitudine del pugno rapidamente, complice anche la direzione opposta dei due elementi.

    Ma un figlio di Etere, per quanto agguerrito, non poteva essere un'arma efficiente quanto un soldato di Polemos. Questo 777 e Vanant lo sapevano, ma sapevano anche che la somma di due Daimon, così antichi e così diversi, avrebbe potuto portare risultati e distruttività ineguagliabile da qualsiasi meschino sotterfugio inscenato dall'ospite in nero.

    Non si chiese nemmeno in che modo il nemico avrebbe potuto contrattaccare o evitare ciò che stava per piombargli addosso; non era nella sua natura preoccuparsi delle conseguenze delle proprie azioni in quanto sempre giuste e corrette agli occhi dell'unica entità che contava qualcosa, Phanes.

    Il resto, solo rumore di fondo.

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    "FRATELLO VANANT, PRIVARTI DI QUESTA VITTORIA SAREBBE PER ME UN REATO PEGGIORE DELLA CODARDIA. HAI LA TENACIA E IL CORAGGIO PER RENDERE FIERA ETERE TUA SIGNORA, MA NON HAI L'ARMAMENTO ADATTO PER CONCLUDERE L'OBIETTIVO."



    Con uno stridio metallico la forma dell'enorme V8 cominciò a mutare in aria, perdendo contorti e densità, riducendosi a un ammasso di tendini e muscoli sanguinolenti.

    "LASCIA CHE SIA IL MIO SACRO CORPO AD OVVIARE AL PROBLEMA"



    La ruota barcollò a mezz'aria, roteando su se stessa supportata da grossi fasci muscolari. In volo essa si incastonò davanti alle nocche chiuse del precipitante ed enorme pugno del braccio sinistro di Vanant, fornendogli di fatto un gigantesco, corazzato, appuntito, incendiato e sacrosanto tirapugni angelico.
    La massa di carne del corpo di 777 andò ad avvolgere il polso e l'avambraccio del fratello, ancorandosi con fasci muscolari e spessi tendini biancastri alla Gloria del fratello. Immediatamente, una serie di micro esplosioni calcolate di fiamme e cosmo compresso avrebbe ricoperto la carne del Traxysdaimon. Indirizzandole verso il basso, avrebbe di fatto generato una tremenda e continua spinta discendente atta ad amplificare, raffinare e potenziare un già devastante attacco in corso nei confronti di un Black Saint nel posto sbagliato al momento sbagliato.

    "MOSTRAMI COSA SAI FARE FRATELLO MIO, VOGLIO SENTIRLO NEL MIO SANGUE, NELLA MIA CARNE E NEL MIO COSMO. VOGLIO PORTARE IL TUO VERBO NEL PANOMOTEION COSICCHÉ OGNI SOLDATO DI POLEMOS SAPPIA QUAL È IL VALORE DI VANANT, L'INDOMITA STELLA DELL'OVEST.


    VOGLIO PROVARE CHE SAPORE HA LA TUA FURIA"



    Urlò telepaticamente solo al fratello, parlando più al suo martoriato corpo che alla sua incendiata anima.
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    Il Panomoteion fluiva nel suo cangiante ordine di notte e giorno quasi guidato da una volubile e indecisa volontà propria.
    La Ruota del Carro di Dio sedeva nella sua vera forma, discostata dalla ruota che ne fungeva da sacra arma, a gambe incrociate sull’ornato pavimento della sua dimora.

    Il terreno, biancastro ma ricoperto da lussuosi tappeti, non era altro che il pavimento cranico di un’innominata divinità defunta da troppi eoni per essere ricordata, tantomeno venerata. Se il solo teschio aveva la dimensione di un piccolo paese, il resto dell'ammasso di ossa del triste e dimenticato cadavere giaceva ingombrante per il resto della regione, presto inglobato nelle numerose cittadine crogiolanti di culture e stili architettonici.

    777, anch'esso inquietante nel vero aspetto (confrontato coi banali e primordiali canoni estetici umani) respirava in religioso silenzio con il dorso delle mani poggiati sulle ginocchia, i palmi rivolti al cielo. Meditava tranquillo, recuperando nella sua fugace memoria i dettagli dei suoi ultimi scontri, sia dei vittoriosi che dei non. Non amava la parola perdere, così come la parola sconfitta. Non le comprendeva, non fu creato per farlo.

    Come era consono ripetere e ripetersi
    “Non perdo mai, imparo.” E forse fu grazie anche a tale forma mentis che il suo numero di incarnazioni non aveva ancora raggiunto le quattro cifre, rimanendo comunque di numero vergognosamente elevato. Non era interessato a ciò, nella sua calcolata mente era convinto di aver sempre dato la vita in favore della causa del suo signore Phanes, e nessuno avrebbe mai contraddetto la cosa, non se avesse voluto continuare a vivere, ovviamente.

    Il volto, meglio, il cranio privo di caratteristiche facciali, rosso come il fuoco, puntava fuori dall'orbita oculare destra dell'enorme teschio sua dimora. Il Daimon osservava la valle, butterata di agglomerati urbani perfettamente integrati ai resti dell'antico dio defunto. Centinaia di velivoli e navi dalle forme e dimensioni più varie oscuravano il cielo col loro traffico incessante. 777 si ritrovò a ragionare su quanto fosse fortunato a dimorare in un luogo così silenzioso, così lontano da quel inutile e confusionario chaos sociale, maledicendosi subito dopo per aver manifestato un'emozione così terrena ed egoista.

    Il silenzio venne interrotto dall'improvviso crepitio dell'aureola scarlatta che si manifestò involontariamente sopra la testa del Daimon.
    L'aureola, araldo comunicativo tra i mondi, era solita manifestarsi solo in casi di elevato consumo cosmico o di emergenza. Il fluire di informazioni nel fiume cosmico che tesseva le basi della realtà del Panomoteion colpì il Traxysdaimon come una valanga.
    Nessun dettaglio, nessuna situazione, suono o immagine. Solo sensazioni. Sensazioni e un nome.

    “VANANT.”



    Tuonò da solo. La stanza, una delle numerose della sua dimora, stracolma di trofei di guerra di ogni tempo e luogo, tremò vistosamente, assieme al preziosissimo arredo.

    “LA STELLA DELL'OVEST SI È RISVEGLIATA. INTERESSANTE.”



    Commentò a caldo, come l'intera teiera stracolma di tè rovente che calò in gola spalancando inelegantemente le fauci. Odiava sprecare foglie preziose.

    Scattò in piedi, senza mai scostare lo sguardo dal curioso panorama.

    Aiuto.
    Qui è Vanant, rispondete.

    Non necessitava di nient'altro. Non aveva bisogno di approfondimenti o istruzioni. Non era compagno d'armi agli ordini del suo signore Polemos, ma non si sarebbe mai permesso di abbandonarlo a un certo e meschino destino; soprattutto avendo le capacità e la possibilità per intervenire.

    Sentì l'enorme fatica fusa a uno spesso strato di solitudine nel tono del fratello, convinto che i tempi dei figli di Phanes stessero giungendo al termine, ignaro invece di tutto il contrario. I recenti risvegli erano un chiaro segnale. Una chiara e cristallina comunicazione di chiamata alle armi alla quale 777 trepidava di partecipare.

    Scagliò il braccio all'indietro, allungandolo ed estendendolo tra le stanze per decine e decine di metri, fermandosi solo una volta aver raggiunto l’hangar centrale, al centro del quale giaceva lucida e perfetta la Ruota sua arma. La agguantò deciso, ritraendo il braccio con energia. Una volta raggiunto, in una sola mossa il suo corpo perse nuovamente forma, ricongiungendosi perfettamente all'interno della circonferenza di metallo da guerra.

    Un attimo di assestamento, tempo necessario a generare i lunghi condotti di scappamento cromati necessari alla locomozione, a generare il volano, i pistoni, cilindri, bielle, valvole, punterie e alberi a camme.
    Una pausa prima che la scintilla d’accensione arrivasse alle candele, incendiando il cosmo nelle camere a scoppio, sfiammando dagli scarichi in tutte le tonalità dei colori dell’alba.

    Espanse il cosmo, connettendo il proprio subconscio al flusso informativo del Panomoteion, affidando a fratelli all’ascolto il compito di condividere il messaggio a tutti i settori dell’Axis Mundi.

    “A TUTTI I FRATELLI LA CUI COSCIENZA È CONNESSA A QUESTO PIANO NEURALE, QUI 777 ARDENT WHEELS OUTSPEED THE WICKED. VANANT, LA STELLA DELL’OVEST, SI È RISVEGLIATO.
    COLGO IO LA SUA CHIAMATA DI AIUTO IN QUANTO SERVITORE DI POLEMOS, DI FIGLIO DI PHANES, IN QUANTO RUOTA DEL CARRO DI DIO E IN QUANTO INVASORE DELLE TERRE BLASFEME. DISCENDO DAL CIELO CON FURIA E DECISIONE E CON CERTA VITTORIA RIPORTERÒ L'ARALDO DELLO SPLENDORE AD ETERE STESSA SE NECESSARIO.”



    L'avrebbe fatto, sia perché dovere suo sia perché non partecipava a una missione di soccorso da troppi secoli per lasciarsi sfuggire l'occasione.
    Aumentò i giri, completando la checklist di tutti gli organi di combattimento. Era pronto.

    Avanzò lentamente, arrivando piano sul ciglio dell'enorme orbita oculare, lasciandosi poi abbandonare alla gravità della lunghissima caduta sottostante. Centinaia di metri di cascate naturali, faraglioni e minuscoli villaggetti assemblati sugli alberi lo videro sfrecciare verso il basso seguito da una scia di fiamme e colori.

    Lunghissimi secondi dopo, a pochi metri dall’alieno terreno, il portale si aprì sfrigolando nella realtà, palesando il globo dell’umana Terra nel buio dello spazio.

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    Nello stesso istante nel quale la massa di 777 venne in contatto con la termosfera terreste, essa prese prevedibilmente e ulteriormente fuoco, inglobata da un guscio di fiamme, trasformandosi in un proiettile orbitale che aumentava la propria velocità terminale sempre più, sempre oltre il limite previsto.
    Qualche rapida correzione resasi necessaria dalla curvatura terrestre, dalla diversa intensità dei diversi strati atmosferici e dalla stessa gravità del pianeta. La palla di fuoco angelica appariva come una minacciosa meteora agli occhi dei malaugurati spettatori al suolo.

    Dal canto suo, 777 non riusciva sicuramente a distinguere chiaramente forme o colori, così distorti dall’altitudine e dalle condizioni atmosferiche. Riusciva però, chiaramente, a distinguere le due tracce cosmiche sottostanti. Una familiare, più debole ma tenace, quella di Vanant. Un'altra sconosciuta, neutra ma oscura, insapore, inodore, pericolosa. Non sapeva chi fosse, non gli importava minimamente. Saoeva solo di doverlo distruggere in quanto minaccia all'incolumità del neo risvegliato fratello.

    “FRATELLO VANANT. NON ESISTE DIMENSIONE…”



    Attraversò un cumulo di dense nubi scure, detonandolo letteralmente e trasformandole in fine pioggia fresca, subito riversatasi su tutta la zona.

    “EPOCA O LUOGO…”



    Il suolo si avvicinava sempre di più, la sua velocità aumentava ulteriormente, così come la sua sete di guerra. Aumentò i giri motore e di conseguenza quelli della ruota, fendendo l'aria con un sibilo acuto causato dal taglio rapido degli aculei nello spazio circostante.

    “...IN CUI SARAI ABBANDONATO. POICHÉ PHANES VIVE, PHANES OSSERVA E PER SUO ORDINE IO COMBATTO. SONO 777 ARDENT WHEELS OUTSPEED THE WICKED…”



    Nulla di complicato, mancava tempo, spazio e margine di errore. Avrebbe impattato con tutto il suo incendiato peso sulla figura vestita di nero, l'avrebbe travolto con gli spuntoni, l'avrebbe travolto con la sua mole, il suo metallo, il suo cosmo e la rotazione della sua arma. L'avrebbe colpito col suo odio e con la sua furia. L'avrebbe colpito con la forza di Polemos e la fermezza di Etere, ribaltando l'intera zona dall'impatto, se fosse stato necessario.

    “...E SONO QUI PER AIUTARTI..”





    Ciao Anfi, tranquillo è tutto in accordo con Gorth :asd:
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