Guida ai Titani e ai Giganti

Informazioni sui membri della Seconda Generazione e sulla loro civiltà

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  1. Gorthaur
     
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    Protogenos of Death

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    GUIDA AI TITANI E GIGANTI
    STORIA

    LA SECONDA GUERRA DEGLI ETERNI

    La storia dei Dodici Signori dei Titani inizia agli albori dell'era del mito, dopo ere incalcolabili di dominio incontrastato del Creatore, Phanes. Il Dio Antico che per primo aveva trovato il punto perfetto ove stabilire la Realtà era Urano, Signore dello Spazio, ed anche egli stava cominciando a considerarsi costretto dalle imposizioni del Creatore; più di ogni cosa contestava la necessità di dualismo tra Bene e Male che avrebbe garantito la sofferenza delle creature viventi tormentate da dolore e empietà. Sebbene avesse difeso la realtà dai Primi Maligni, Urano aborriva che uno dei fondamenti del multiverso fosse un marchio di agonia e infamia. Differentemente dai traditori che avevano scatenato la Prima Guerra degli Eterni, voleva preservare la Realtà e governare su di essa allo scopo di mantenerne l'eterna giustizia e stabilità. Nella Realtà che lui voleva vi sarebbero state pace e beatitudine per tutti i viventi, protetti sotto la sua egida e guidati al loro massimo potenziale. In questo suo desiderio, arrivò a considerare l'autorità di Phanes come nociva e dannosa per il multiverso.
    Al suo fianco c'erano Gea e Ponto, gli Dei Antichi che più di tutti avevano partecipato alla formazione del sistema noto come Vita e che, chi per il desiderio di proteggere la propria creazione e chi per perseguire i suoi oscuri e nascosti disegni, cooperarono con Urano per detronizzare il Creatore.

    Per fare ciò avrebbero avuto bisogno di un esercito per contrastare il dominio che i Daimon esercitavano sul piano materiale e, per poterli meglio combattere su quel campo di battaglia, Urano e Gea decisero di creare i Titani.
    Differentemente dai diretti servitori degli Dei Antichi visti fino a quel momento, essi erano unione perfetta di essenza superna esterna alla realtà e dei principi fondanti dell'universo che abitavano: non erano esterni al piano materiale ma nativi in esso, eppure nemmeno erano paragonabili a creature mortali. Nei loro corpi scorreva Ichor, il sangue divino degli Dei, e il loro Cosmo era la Dunamis dei loro creatori. Perfetti e armonici nelle forme e nel pensiero i Titani erano custodi di un potere sconfinato e paragonabile solo a quello posseduto dai Daimon più potenti e antichi, e comunque, rispetto a loro, disponevano del notevole vantaggio di poter esistere nella Realtà senza alcun problema, dove per i Daimon questa era nociva nel lungo periodo.
    Tuttavia, questo portava anche pericoli: voleva dire che, una volta uccisi, i loro creatori non avrebbero potuto riportarli indietro riformando la loro essenza. Ognuno di loro era unico e inimitabile, e ogni perdita sarebbe stata una tragedia. Inoltre, sebbene individualmente meno potenti dei Titani, i Daimon disponevano comunque di un impareggiabile vantaggio numerico, sufficiente per invalidare la forza dei loro nemici. Tra i Titani creati i Dodici più potenti, incarnazione delle forze supreme della Realtà, furono guide del loro popolo in quel conflitto: i Dodici Signori dei Titani. Essi, per compensare gli indubbi svantaggi che avevano, concentrarono tutto il loro ingegno e conoscenza nelle arti della tecnologia, della genetica, e nella creazione di potenti sigilli.

    Nelle prime fasi del conflitto i Titani furono sconfitti ad ogni scontro, soverchiati ovunque da numeri contro i quali era impossibile opporsi, e parve che la ribellione di Urano fosse destinata a morire prima ancora di diventare una minaccia. Tuttavia, si susseguì una serie di eventi che cambiò le sorti della guerra.
    Innanzitutto Urano, conscio del fatto di non poter più contare sul potere della Fiamma della Creazione, fonte di energia di Phanes e dei suoi alleati, diede ordine a suo figlio Ceo di creare un nuovo elemento costituente che potesse essere la base del suo potere ed egli ubbidì. Facendo ricorso ad ogni brandello del suo divino intelletto, in un rituale che mai era stato tentato prima di quel momento, il Titano fuse componenti arcane e sacre nell'elemento perfetto: il Keraunos, la Sacra Saetta, l'elettricità primigena. Questa strabiliante invenzione, oltre ad essere un'arma dal potenziale mai sperimentato prima, era perfetta per alimentare la superiore tecnologia titanica che, presto, divenne la più avanzata tra tutte le civiltà.
    Oltre a questo, i Titani erano maestri nell'arte dei sigilli, unico modo per fermare in maniera duratura dei nemici che altrimenti sarebbero sempre tornati: con essi riuscirono a compiere l'impensabile e catturare due Daimon, Adam e Lilith, il primo dello Splendore e il secondo dell'Oscurità. La diarchia tra Bene e Male era ancora tra le forze fondanti dell'universo, per questo esperimenti sui due portarono alla creazione della prima umana: Pandora.
    Pandora, come molte delle creazioni titaniche, era una cosa mai vista prima di quel momento. Un'entità mortale che disponeva dell'eredità superna di due creature aliene come i Daimon; ciò la rese suscettibile all'influenza dei due che la rivoltarono contro i suoi creatori. Occupatisi di Pandora, i Titani decisero di concentrare i propri sforzi su creature forse meno elaborate ma che risultassero impossibili da manipolare in quel modo.

    Sebbene una sortita dei Daimon riuscì a liberare Adam e Lilith, ormai era troppo tardi per negare ai Titani il loro scopo ultimo.
    I Dodici erano maestri dell'arte della manipolazione genetica, insegnata inizialmente loro da Echidna, emissario di Gea che li aveva affiancati fin dall'inizio, e, con le informazioni ricavate da Pandora, si misero all'opera. Usando come base di partenza i resti fisici di Daimon distrutti, i Titani crearono esseri che, come loro, erano nativi del piano materiale: differentemente da loro questi erano mostruosi nella mente e nella forma, ma leali ai loro creatori in maniera indissolubile. Fu la nascita dei Giganti, amici e compagni dei Titani più che schiavi o figli, un esercito il cui potere non aveva niente da invidiare a quello di Phanes.
    Il più potente tra essi era Tifone, e nella sua creazione i Titani avevano mostrato tutto il loro genio: egli era infatti potente come un Dio Antico, ma tutta questa forza venne al prezzo di essere incontrollabile. Più una calamità naturale incarnata che una creatura vera e propria, Tifone desiderava solo e unicamente distruzione. Tanto grande era il suo potere che solo Urano e Gea insieme potevano dirigerlo contro i loro nemici, e solo per brevi periodi di tempo.

    Con il loro nuovo esercito i Titani emersero dai sistemi loro base come una valanga, conquistando le stelle in ogni direzione, la loro rinnovata potenza colse le forze del Creatore completamente di sorpresa; la loro marcia era diventata implacabile e invincibile. Dove prima i Daimon godevano di un vantaggio numerico tale da invalidare il superiore potere dei propri nemici, ora orde senza numero di Giganti rendevano la forza dei Dodici decisiva; essi possedevano potere sufficiente da aprire buchi neri nel bel mezzo di eserciti, estinguere soli o renderli supernove, la distruzione raggiunse un livello che non può nemmeno essere concepito in tempi presenti.
    Ma i Daimon non erano certo indifesi: i loro primi scontri con i Titani li avevano indotti a ideare rituali che consumarono interi sistemi solari di fuoco empireo o altre altrettanto devastanti manifestazioni di potere mistico, e i più antichi e potenti tra di loro possedevano forza sufficiente per contrastare direttamente l'avanzata dei Dodici. Ma ora era sufficiente solo per trattenerli o respingerli, semplicemente non potevano manifestare potere sufficiente per vincere i loro nemici in maniera decisiva.

    Tutti questi fattori combinati resero incerto il proseguire della guerra, pareggiando le forze delle due fazioni. Dopo un incalcolabile periodo di stallo, Phanes realizzò che solo la sua massima potenza avrebbe potuto sconfiggere finalmente l'esercito di Urano, ma questo avrebbe certamente portato alla dissoluzione della Realtà: un qualcosa di completamente contrario ai suoi obiettivi.
    Dunque diede ordine alle sue forze di ritirarsi, lasciando ai suoi nemici il dominio incontrastato sulla realtà. La Seconda Guerra degli Eterni fu vinta da Urano e dalla sua prole.


    LA FOLLIA DI URANO

    L'universo stava ancora recuperando dai postumi della terribile guerra che l'aveva attraversato sotto l'egemonia dei suoi nuovi sovrani, quando una nuova minaccia emerse proprio tra essi.
    Urano, ormai signore della Realtà, la rinforzò ulteriormente contro l'influenza degli Dei Antichi e iniziò a mondarla di tutto ciò che riteneva essere imperfetto e dannoso per essa. Presto, preso da un'inspiegabile follia, iniziò a considerare i suoi stessi figli come una minaccia e a muoversi per distruggerli. Inorriditi da questo orribile atto di tradimento, dopo che tanto avevano sacrificato per supportare l'ascesa di loro padre, i Titani chiesero aiuto a loro madre, Gea, per sopravvivere alla furia di Urano; Gea, non tanto per affetto verso le sue creazioni quanto per la consapevolezza che il Signore dello Spazio avrebbe distrutto la Realtà nel folle tentativo di preservarne la perfezione, acconsentì.
    Ella forgiò l'adamantite, il minerale più duro e resistente del creato e già usato dai Titani per le proprie armi, in dodici nuove Armature: le Soma. Ognuna di esse era un'arma collegata esclusivamente con il proprio portatore, un simbionte che incrementò di molto il potere dei Dodici e avrebbe permesso loro di contrastare Urano.

    Ma anche questo sarebbe stato insufficiente, infatti per vincere il potere di un Dio Antico serviva una forza uguale, forza della quale i Titani non disponevano. Gea dunque offrì ai suoi figli l'arma suprema, uno strumento così potente che neanche Urano aveva osato prenderne possesso, il Tempo: incastonato nella Megas Drepanon, la Falce del Tempo avrebbe conferito a chiunque la portasse controllo su uno dei fondamenti dell'universo, rendendolo simile a un Dio Antico. La Falce fu offerta a Oceano, il più antico e potente tra i suoi fratelli, ma egli sapeva che non sarebbe riuscito a controllare una forza così sconfinata e rifiutò; fu lì che Crono si fece avanti. Infatti il suo paradigma, il susseguirsi ordinato degli eventi, era ben più affine al concetto di Tempo e avrebbe avuto più facilità nel manipolarlo senza soffrirne effetti nefasti. Anche dopo aver preso la Falce ed essere diventato guida della sua famiglia, Crono dovette purificarlo da tutti gli elementi casuali e imprevedibili prima di poterlo controllare.
    Così armati i Dodici ingaggiarono loro padre in battaglia al centro del multiverso e, dopo un'aspra lotta, riuscirono a sopraffarlo e a rinchiuderlo per sempre al di fuori della realtà, senza più nessuna possibilità di influenzarla nuovamente.

    I Titani avevano un'ultima minaccia da sventare prima di potersi dedicare completamente al consolidamento dei propri successi. Thanatos e Hypnos, dei Antichi che si erano per primi ribellati a Phanes, piagavano ancora la Realtà con l'aiuto del loro esercito di centotto abomini; essi erano un pericolo troppo grande per poter essere ignorato e dunque Crono impegnò la piena potenza del suo nuovo impero nella caccia di questi mostri.
    Uno dopo l'altro furono braccati e trovati, messi all'angolo e infine sigillati nel Vaso di Pandora, un ricettacolo costruito appositamente per contenere creature così maligne, prima di dirigere la loro attenzione contro i Gemelli. La battaglia che si svolse fu epocale e, sebbene i Titani fossero al massimo del loro potere, i primi traditori non avevano intenzione di rinunciare facilmente ai loro propositi; infine persino loro cedettero contro la forza combinata dei Dodici. I Gemelli non solo furono chiusi anch'essi nel vaso, ma su di loro fu impressa una seconda serie di sigilli che ne avrebbe limitato in maniera ulteriore il potere anche se fossero riusciti a liberarsi: addirittura Iperione il Nero sfregiò Thanatos con il marchio della croce solare, suo simbolo.

    Senza più la minaccia di Urano e dei centotto, Crono prese per sé lo scettro di Phanes e si sedette, finalmente, sul trono della Realtà. I Titani, da semplici soldati, erano diventati dominatori assoluti dell'universo, stabilendo il loro Impero Infinito.
    Sotto la loro egida gli umani, razza da loro creata, fiorì in una maniera che mai sarebbe stata concepibile. Iniziò l'Età dell'Oro.


    L'ETÀ DELL'ORO E L'IMPERO INFINITO

    Il regno di Crono è ricordato come il periodo più perfetto e pacifico nella storia umana; la sua durata è incommensurabile, il suo splendore irripetibile.
    Gli uomini, guidati dai loro creatori, raggiunsero vette impensabili per dei semplici mortali. Essi conducevano esistenze eterne, non erano infatti piagati dal terrore della morte e potevano dedicare il loro infinito tempo al perfezionare sé stessi, un umano poteva perire solo se ucciso o se, raggiunto un determinato punto della sua esistenza, si fosse semplicemente stancato di esistere. In questo contesto gli umani divennero straordinariamente abili nelle vie del cosmo, ognuno di essi nasceva consapevole e capace di manipolarne le sfaccettature in maniera istintuale, con una maestria e potenza mai eguagliate dopo l'Età dell'Oro. Insieme ai Titani questi colonizzarono le stelle, occupando pianeti lontani dalla Terra e espandendo i confini dell'Impero Infinito ad ogni angolo dell'universo.

    I Giganti, che erano stati strumentali nelle vittorie dei loro creatori, vennero ricompensati in maniera confacente: la stragrande maggioranza di loro decise di restare con i Titani, verso i quali nutrivano imperitura lealtà e eterno rispetto, alcuni invece presero ad esplorare le stelle, stabilendosi in pianeti lontani e vivendo in pace per la prima volta nelle loro esistenze e ogni tanto venendo venerati come divinità tutelari da civiltà intere, coloro invece che non potevano esistere senza un continuo stato di guerra accettarono di precipitare in un profondo sonno, pronti a esser risvegliati se ce ne fosse stata necessità.
    I Titani stessi si dedicarono sia al governo dei loro nuovi regni che al perfezionamento delle loro tecnologie e conoscenze; per loro mano venivano compiuti miracoli sempre più incredibili, davanti al loro genio e potere non pareva esserci niente di impossibile o limiti che non potessero superare. Sovrani e scienziati tutti, i Dodici portarono vera pace e stabilità nella galassia.

    Il sommo atto di creazione compiuto dai Titani in quel periodo fu la nascita di umani superiori rispetto ai loro fratelli, umani il cui corpo era perfettamente integrato con Ichor e il cui cosmo era radiante Dunamis: nacquero quelli che sarebbero diventati gli Olimpici. Del progetto fu principalmente coinvolta Rea, moglie di Crono, che, col tempo, arrivò a nutrire per i neonati vero amore materno.
    Questo progetto fu l'inizio della fine dell'Età dell'Oro.


    LA FOLLIA DI CRONO E LA TITANOMACHIA

    Improvvisamente, qualcosa ruppe la pace che i Dodici avevano così faticosamente costruito.
    Crono vide nello scorrere del futuro una minaccia che avrebbe divorato ognuno, un'inevitabile oscurità che avrebbe ghermito ogni cosa. Per debellare questo ineluttabile destino si decise a compiere l'impensabile: sacrificando i nuovi umani che avevano creato, gli unici che disponevano del quantitativo di Chaos e potere giusto per sfaldare le ferree regole dell'universo materiale, egli sarebbe stato in grado di accedere alla matrice dell'universo e modificarne le regole come meglio credeva. Ciò era una blasfemia inenarrabile, in diretto contrasto con tutto ciò che i Titani avevano rappresentato.
    Ceo, Crio, Iperione, Giapeto e Mnemosine si unirono a Crono nella sua follia, mentre Teia, Rea, Temi, Febe e Teti decisero di seguire Oceano e opporsi a questo piano scellerato. Per la prima volta, i Dodici erano divisi e in disaccordo.
    A dispetto dell'opposizione che affrontava, Crono era ben consapevole del fatto che i suoi fratelli non l'avrebbero contrastato direttamente: sia per il profondo amore che, a dispetto di ogni cosa, ognuno di loro nutriva per gli altri, e sia perché uno scontro diretto tra queste due fazioni avrebbe certamente sfaldato la Realtà. Un esito che nessuno desiderava. Se avesse catturato questi umani nessuno avrebbe potuto fermarlo, e così fu. Con l'aiuto dei suoi fratelli riuscì a trovare e rinchiudere nel suo laboratorio cinque di questi umani, ma solo uno mancava alla lista: Zeus. Il più giovane dei suoi fratelli, affidato da Rea al potente Daimon della Sorte Adrastea affinché lo proteggesse dallo sguardo di Crono finché non fosse stato pronto per contrastare direttamente il suo folle creatore.

    Addestrato dal gigante Chimaera e da Radamante, uno dei più grandi guerrieri e strateghi dell'era, Zeus era pronto per compiere il suo destino.
    Dopo aver eluso la cerca dei suoi nemici e con l'aiuto di Metis, una figlia di Oceano che aveva disubbidito all'ordine di suo padre di restare neutrale in questa disputa, Zeus riuscì a introdursi nel laboratorio di Crono e a liberare i suoi fratelli e sorelle. Riunitosi con loro, guidò le forze a loro fedeli nella terribile guerra che fu la Titanomachia.

    In questa ribellione umani, attratti alla causa degli Olimpici chiamati così per la loro base sul monte Olimpo, si opposero al dominio dei loro creatori e li ingaggiarono in un feroce conflitto che durò secoli e secoli. Differentemente da tutti gli altri conflitti, questo si svolse principalmente sulla Terra, per il controllo delle sue risorse e la fedeltà degli umani, invece che in tutto l'universo.
    Per quanto potenti, le nuove divinità non potevano giungere alla forza e all'esperienza che ognuno dei Titani aveva accumulato nel corso delle loro eterne battaglie, dunque cercarono aiuto: su suggerimento di Rea si rivolsero ai Ciclopi, creazioni di Urano scartate per la loro apparente imperfezione ma che erano tremendamente abili nel creare armi da guerra, e, una volta dimostrata la loro forza, questi forgiarono per loro nuovi strumenti, simili alle Soma, ma programmate per interagire perfettamente con il Cosmo umano dei portatori. Furono create le prime Kamui, in un procedimento che sarebbe poi stato imitato dalle varie divinità di ogni Pantheon.
    Con il potere della propria Kamui, un elmo in grado di celare la propria presenza, Ade guidò coraggiosamente una sortita nel pieno del territorio dei Titani e, in un rituale che impegnò tutto il suo ingegno e conoscenza arcana e metallurgica, compì l'impensabile e separò i Titani dal potere delle loro Soma. Non solo questo, Ceo fu addirittura privato della sua somma creazione, il Keraunos, che fu dunque preso da Zeus e divenne simbolo del suo dominio.

    Senza più la possibilità di contrastare gli Olimpici in un diretto conflitto di potere, Crono e i suoi fedeli trovarono rifugio ad Asgard presso gli Aesir, loro amici fraterni e storici alleati, per recuperare le forze in previsione di una ripresa della guerra. Zeus tuttavia era perfettamente consapevole della pericolosità dei suoi creatori e, dunque, estese loro un'offerta: in cambio della loro resa, se si fossero consegnati a lui senza combattere, egli avrebbe garantito loro perdono e la possibilità di trascorrere l'eternità nei beati campi dell'Elisio. Crono probabilmente sapeva della trappola che gli stava venendo tesa, ma aveva ormai capito che la guerra era perduta e comprese che c'erano modi migliori per assicurare il suo dominio.
    Accettò l'offerta e, appena uscito da Asgard, Zeus e i suoi seguaci ruppero la loro promessa e precipitarono i Titani in un sonno eterno nelle tenebre del Tartaro, guadagnandosi l'antipatia e inimicizia degli Aesir, che più di ogni cosa detestano gli spergiuri.
    Dopo poco tempo anche coloro che avevano seguito Oceano, che pure erano rimasti neutrali nella guerra, furono sigillati insieme ai loro fratelli.
    La Titanomachia si concluse, e l'Età dell'Oro giunse al termine.


    LA GIGANTOMACHIA E IL RISVEGLIO DI TIFONE

    Dopo la Titanomachia e le conseguenti purghe subite dall'antico popolo, i Giganti sopravvissuti si nascosero su ordine degli ultimi re dei Titani - prima Oceano, poi Atlante - al fine di custodire e portare avanti le conoscenze e l'eredità del loro impero. Quando però Zeus tradì i Titani imprigionandoli nell'eterno orrore del Tartaro alcuni Giganti si infuriarono e, chiedendo aiuto a Gea, riformarono le proprie fila e diedero l'assalto all'Olimpo. La guerra fu più breve della Titanomachia, ma fu più devastante per gli Dei dell'Olimpo, non preparati ad affrontare una simile minaccia. Grazie all'aiuto dei figli degli Dei, tra cui Ercole, i Giganti furono sconfitti e ricacciati nell'ombra, lasciando numerose ferite nel regno di Zeus.
    Furente, il Signore dei Cieli, cercò di attaccare Gea in persona.

    Nemmeno lui poteva immaginare l'immenso potere della Dea che si limitò a respingerlo con un sol pensiero dal suo regno. Per punirlo della sua impertinenza e per far comprendere ai nuovi dei che già troppo avevano fatto per portare squilibrio nella creazione, esaudì le preghiere di Echidna, che desiderava il ritorno di Tifone. Il mostruoso Gigante si levò dal sonno e diede la caccia agli dei. Uno a uno li sconfisse, spingendoli alla fuga. Persino Zeus si nascose, protetto dagli Dei Egiziani.
    La punizione era giunta e Gea ordinò a Tifone di ritirarsi ma egli, ormai privo di controllo a causa del suo stesso immenso potere, rifiutò.
    Gea allora inviò uno dei suoi più potenti campioni, Pan, ad aiutare Atena che sola ebbe il coraggio di rimanere in difesa degli uomini e dell'Olimpo. Zeus tornò, spronato dalla figlia, ed insieme a lei affrontò il Gigante, che di nuovo ebbe la meglio. Questa volta intervenne Pan, che con la sua immensa forza e la sua furia senza pari diede il tempo agli Dei di abbattere Tifone e rinchiuderlo al di sotto del monte Etna.
    Il Signore dell'Olimpo non osò più levare la mano su Gea e cessò di perseguitare i Giganti.

    IL PIANO DEI TITANI

    La sconfitta subita contro gli Olimpici non aveva fatto altro che mostrare ai Dodici una verità: per l'unica volta nelle loro esistenze in cui erano stati in disaccordo e si erano divisi, rovina era giunta per ognuno di loro. Dunque nelle fasi finali della Titanomachia Crono e i suoi seguaci si riconciliarono con Oceano e le Titanidi e, insieme, formularono un piano che avrebbe preservato la loro stirpe e assicurato il loro futuro avvento.
    Gli Olimpici erano troppo potenti, un conflitto diretto contro di loro avrebbe solo danneggiato in maniera irreparabile l'impero e reso vana un'eventuale vittoria, ma i Titani avevano previsto che la forza e l'unità dei loro nemici sarebbero venute meno. Mnemosine, la più abile tra i suoi fratelli nell'arte dei Sigilli e unica tra le Titanidi ad aver seguito Crono, giunse da Zeus e finse di tradire i suoi fratelli, offrendo agli Olimpici di sigillare loro, e poi sé stessa, nelle profondità del Tartaro. Tuttavia i sigilli che avrebbero costretto i Titani, per quanto potenti e impossibili da spezzare, avevano una scappatoia: quando il tempo sarebbe stato giusto si sarebbe formata una crepa in essi, permettendo al potere e all'essenza del Titano di prendere di possesso di un contenitore confacente, il tutto mentre il loro spirito sarebbe rimasto al sicuro nel Tartaro, trasformato da prigione a rifugio della stirpe di Urano, luogo dove avrebbero potuto passare lo scorrere dei millenni in sicurezza dalle tenebre che si sarebbero abbattute sul mondo.
    Nel frattempo, per assicurare la sicurezza del mondo in assenza dei suoi veri signori, due figli di Giapeto, Prometeo e Atlante, sarebbero intervenuti direttamente. Il primo avrebbe istruito Atena nelle sue vie, insegnandole il valore di giustizia, libertà e compassione, mentre Atlante avrebbe preso Poseidone come suo discepolo: alle ideologie del fratello avrebbe opposto disciplina, fede e una ferrea cultura militare. Il loro piano, oltre che di dirimere la fraterna rivalità tra i due tramite questo esperimento, era che l'ideologia più adatta tra le due sarebbe perdurata e avrebbe difeso il creato fino al ritorno dei Titani.

    Nel frattempo Pandora, che in quella disputa era rimasta fedele a Oceano, e il marito Epimeteo avrebbero avuto un compito estremamente importante: infatti loro era il dovere di proteggere il Vaso di Pandora, creato dal figlio di Giapeto e chiamato così in nome della sua amata, che conteneva gli Dei Gemelli e il loro abominevole esercito. Come misura di sicurezza ultima nel caso in cui il Vaso fosse stato aperto, Epimeteo vi pose un barlume di speranza, un frammento della Fiamma della Creazione, per preservare il potere e l'eredità dei suoi padri.
    L'ultimo fratello, Menezio, avrebbe protetto gli altri a costo della vita.

    Fu Prometeo a portare avanti la seconda fase del piano, infatti Zeus temeva che gli umani potessero diventare troppo potenti e, eventualmente, scalzarlo come lui aveva fatto con Crono; aveva infatti posto una maledizione sull'umanità, condannandola a perdere lentamente la propria consapevolezza cosmica. Prometeo si operò per fermare quello che riteneva essere uno scempio contro i suoi figli.
    Quando il signore degli Olimpici scoprì il piano del figlio di Giapeto si mosse per contrastarlo, ma fu fronteggiato direttamente da Menezio; egli infatti aveva tenuto nascosta la sua vera forza in previsione di questo momento, un potere così vasto da poter rivaleggiare con quello di Zeus e affrontarlo alla pari. Lo scontro fu feroce e vide vincitore figlio di Crono, con Menezio precipitato nelle profondità del Tartaro, ma la sua interferenza diede al fratello il tempo che serviva per ultimare il suo rituale.
    Prometeo fece ardere il Fuoco della Speranza, tenendo vivo il potere delle stelle negli umani che però, da quel momento in poi, sarebbero stati mortali e piagati dalle infinite incertezze della loro condizione; non fece solo questo, Prometeo preservò le informazioni genetiche dei Dodici e di tutti i Giganti e le sparse nell'umanità. Al momento giusto i Titani sarebbero rinati, mortali e inconsapevoli della loro natura e vero destino, ma, in congiunzione con i sigilli di Mnemosine, avrebbero presto recuperato le proprie memorie e poteri originali fino al completo dissolversi del sigillo, e la totale liberazione del Titano.
    Il mortale sarebbe stato il Titano, ma il Titano non sarebbe stato il mortale.

    Prometeo fu barbaramente punito per aver preservato il potere degli umani, ma la sua opera con il genoma della sua famiglia fu perfettamente nascosta.

    Tuttavia gli inganni di Zeus indussero Pandora ad aprire il Vaso, liberando il Male in esso contenuto, e Epimeteo stesso fu rinchiuso nei recessi più oscuri del Tartaro. Tuttavia questo innescò la misura di sicurezza ultima del Titano, liberando il sacro Fuoco nell'umanità e, in congiunzione col rituale di Prometeo, permettendo ai mortali di aspirare al divino. Il suo fato, così come quello di Menezio, è ignoto e nascosto anche alle più abili divinazioni.

    L'ARMAGEDDON E IL RITORNO DEI TITANI

    L'avvento della Corruzione è stato l'imprevedibile fattore che rese di difficile sviluppo i piani dei Dodici, ma questi, nelle difficoltà, trovarono il modo di perseverare. Con le macchinazioni di Esmeralda e Lelouch, risvegliatisi Eos e Helios, si realizzarono due eventi fondamentali: il risveglio del Labirinto di Crono, la nave ammiraglia del Re dei Titani, e della piena forza della loro superiore tecnologia e il risveglio di Prometeo.
    Quest'ultimo, incarnatosi nel Gold Saint di Libra di nome Ismael, una volta recuperate le sue memorie e nella piena consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto fare, si diresse al Labirinto per riaccendere il Sacro Fuoco della Speranza e preparare il ritorno del Re dei Titani. Differentemente dai suoi fratelli e sorelle, il potere di Crono era troppo grande per consentire un'incarnazione usando tramiti mortali, dunque si rivelò necessario infrangere il suo sigillo e assicurarsi il suo ritorno nel pieno del suo antico potere.
    Durante l'Armageddon Prometeo unì le forze con il leggendario Gazka, contrastando così il potere della Corruzione e dando all'umanità tutta la possibilità di vincerla.

    Con la liberazione della Torre Nera da influenze del Chaos a opera di Giapeto, Crono guidò le forze a lui fedeli al centro del multiverso e reclamò la torre come seggio di potere dei Titani; gli ultimi sigilli di Zeus vennero infranti e, con questo, il ritorno dei Dodici non avrebbe più incontrato ostacoli.
    Ora liberi di attendere il proprio risveglio, i Dodici e i loro fedeli Giganti sono nuovamente in grado di prendere possesso dell'universo che spetta loro di diritto: uniti nel loro scopo, senza più distrazioni e divisioni a separarli, sono pronti a istaurare una nuova Età dell'Oro.




    Edited by Luke¬ - 17/4/2024, 21:13
     
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3 replies since 23/4/2014, 23:10   1745 views
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