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Kriøs → Teia

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    WHITE SPACEKriøs → Teia
    PROLOGO

    The white space is a lie,
    for when the light goes away
    you realize



    it's all a black void.





    Benvenuto nel tuo cambio.

    Questa non è la traccia...chiamiamola pure teaser :azd: la traccia vera arriva domani.
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    Oneiros l'eterno, Il Tessitore di Sogni.

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    maDR8pz


    L
    e forze del Re stregone sono alle porte. Avelorn brucia e persino Gaen Vale è ora sotto assedio oramai da settimane. I crudeli druchii, con le loro fiere mostruose e con il supporto di un esercito di demoni servi degli dei del Chaos, sta mettendo a dura prova la resistenza dei difensori. Nel silenzio della sala del trono osservi una grande mappa dell'Isola Bianca mentre le tua guardia personale sembra preoccupata e sfiduciata. Le Dame della Regina sono le migliori guerriere del tuo popolo, letali combattenti che per secoli hanno perfezionato ogni tipo di stile di combattimento, fino a trasformarsi in delle letali macchine per uccidere la cui forza era seconda solo alla loro sconfinata lealtà alla Regina Eterna. Una di loro scatta stringendo la lancia quando dei portali si spalancano nella sala. Dovrebbe essere impossibile, incatesimi antichi e potenti proteggono il palazzo da ogni tipo di spostamento dimensionale. Eppure, come in un'ondata di marea, torme di demoni cominciano a riversarsi fuori da quei varchi, seguiti da assassini ammantati da nere vesti. Le Dame combattono con onore, e cercano disperatamente di tenerti al sicuro. E' in quel momento che lo vedi per la prima volta. Arriva come un fulmine, come il sole che sorge. Un elfo dai lunghi capelli biondi e i profondi occhi del colore del mare. Brandisce una spada runica con forza e precisione e persino quella mostruosa orda sembra intimorita dal loro nuovo avversario. Ti afferra per un braccio e sicuro, forte ti guarda negli occhi cercando di rassicurarti:

    Altezza dobbiamo andare, la città è caduta, seguitemi. Vi porterò in salvo.



    Il suo nome è Galdro Manelvagor.


    *****



    Ulthuan, Avelorn, Palazzo della Regina Eterna. Oggi.

    Non sai perché questa notte, come nelle notti precedenti, nei tuoi sogni ci sia sempre stato Galdor. Sono passati anni da quando per la prima volta lo incotrasti, da quando arrivò a salvarti da morte certa mettendo la sua stessa vita a rischio. Da quei giorni tante cose sono cambiate ma non l'affetto che provi per quel guerriero che mai si è tirato indietro davanti ad una sfida. Quel guerriero che sai sarebbe sempre stato al tuo fianco, fino alla fine. Il tuo essere la Regina Eterna all'inizio ti aveva reso difficile comprendere quel cocciuto elfo ma alla fine, come tutti, sei finita vittima di quel carisma senza fine. Alcuni lo paragonavano al sole stesso, che accecante e bellissimo vegliava su tutta l'Isola Bianca benevolo e terribile allo stesso tempo. Persino Finubar, il Re Fenice in carica, lo considerava un amico e un confidente. Alla Regina Eterna non è concesso amare, lei è sposata con il suo ruolo. Ma se Finubar è come un fratello per te, Galdor ha un posto speciale nel tuo cuore e nei tuoi pensieri.
    Forse è per questo che non riesci a smettere di pensare a lui, a loro. Finubar era sparito e hai mandato Galdor a cercarlo. Ma oramai sono passate due settimane e non si hanno notizie di loro. Cosa potrebbe aver fermato due guerrieri così esperti? Cosa potrebbe mai mettere a rischio la vita di un cavaliere di Odino e del Re Fenice. La terra trema, come se tutti i vulcani del mondo avessero eruttato assieme per poi chetarsi. Eppure anche quando il suolo smette di vibrare il tuo cuore ancora batte all'impazzata. Senti qualcosa di sconosciuto ma familiare, incredibilmente familiare. Il sapore di qualcosa che non hai mai provato ma che conosci benissimo. I tuoi sensi vacillano, ti manca il respiro. Svieni.


    maDR8pz

    t4hXjbx
    nome ⦿
    robe ⦿
    casta ⦿
    fisicamente ⦿
    mentalmente ⦿
    riassunto azioni ⦿ //////


    Bene, cominciamo. Al momento sei Alarielle, la Regina Eterna di Ulthuan. Il post è diviso in due parti. La prima è il ricordo del tuo primo incontro con Galdor. La seconda si trova temporalmente alla fine del test per la blu di Galdor. Se hai domande chiedi pure, che posso capire che la lore degli elfi sia un po' intricata.



    narrato ⦿ parlato ⦿ pensato ⦿ parlato altri

     
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    I - Alarielle


    Le forze dei Druchii sembravano inarrestabili.
    Nonostante il valore e l'esperienza dei migliori guerrieri di Ulthuan, i numeri del nemico sbilanciavano le sorti della guerra a favore delle armate del Re Stregone. Non solo druchii, ma anche schiere di combattenti del Chaos e altre bestie: il vero problema era sostenere scontri continui senza il tempo di tirare il fiato.
    La Regina Eterna aveva ben chiara la situazione e cercava di combattere la negatività vagliando ogni opzione plausibile; le sarebbe bastato trovare quella dannata variabile, quel qualcosa che le stava sfuggendo e che fosse in grado di riaccendere un seppur flebile bagliore di speranza.
    Si trovava nella sala reale, adagiata sul trono ma tutt'altro che comoda e rilassata; le Dame - che recuperavano le energie prima di tornare sul campo di battaglia - erano ovviamente con lei, intente ad aiutarla nel formulare ipotesi e simulazioni sul da farsi.
    Non voleva nè poteva permettere che morte e sofferenza dilagassero più di quanto già non stesse succedendo, ma neppure scendere in campo in prima persona come avrebbe voluto fare sembrava essere un'opzione: non poteva contare su una potenza di fuoco grande abbastanza da fare la differenza contro le mostruosità che stavano invadendo Ulthuan, nè gli Alti Elfi versavano in condizioni tali da sperare che un rinvigorimento scatenato dalla sua discesa in battaglia potesse avere impatto concreto.

    Frustrata, strinse con forza i braccioli del trono e si alzò, dirigendosi verso il tavolo con la mappa di Ulthuan.
    Le sue guardie personali abbassarono lo sguardo mentre lei raggiungeva l'altro lato della sala.

    «Ascoltatemi.
    Via quei musi lunghi, non siamo ancora spacciati. Se solo mi venisse in mente un maledetto modo per guadagnare del tempo, necessario al ritorno del Re Fenice e dell'esercito... Odio chiedervelo, ma dovrete dare tutte voi stesse, esattamente come tutti quelli che sono già lì fuori, per proteggere i civili. E io verrò con voi.
    Andia-»



    Fu interrotta.
    Lirazel, una delle Dame, imbracciò per prima la lancia e iniziò a muovere freneticamente il volto qua e là, seguita a ruota da tutte le altre, compresa la Regina. Bagliori alieni fecero capolino nella sala del Trono, allargandosi sempre di più fino a diventare veri e propri portali e vomitare un'orda di demoni.

    Non aveva idea di come fosse possibile un evento del genere: protezioni mistiche ed incantesimi vari proteggevano quel luogo e lo schermavano da attentati simili, eppure eccoli là, un fiume di abomini pronti a reclamare la sua testa.
    Le guerriere iniziarono a battersi come leonesse per difendere la loro regina, ma esattamente come stava succedendo fuori dalla dimora reale, l'inferiorità numerica era un problema insormontabile. Alarielle, attorniata dalle sue guardie del corpo, assunse immediatamente una posizione di difesa e materializzò nella mano destra la sua staffa, sbattendola poi sonoramente sul pavimento.
    Cercò di diffondere a tutte le sue protettrici un po' di forza aggiuntiva, ma non sembrò sortire effetto sufficiente: stavano per essere sopraffatte.

    La disperazione iniziava ad impadronirsi della sala del trono: Regina Eterna e Dame sotto attacco diretto, per di più da una minaccia che sembrava incontenibile.
    Che fosse quella la fine? Era davvero stata così incompetente di fronte alla minaccia? A tal punto si erano spinte la sua presunzione di essere al sicuro entro le difese e la sua incapacità di opporre resistenza? Dov'era il Re Fenice? Perché non era ancora giunto? Persino le sue visioni l'avevano abbandonata, e nel momento peggiore, per altro?

    No, non era dipeso da niente e nessun'altra che lei, si trattava di una sua completa responsabilità. Aveva portato il Regno alla distruzione senza muovere uno stramaledettissimo dito.
    Tremava, furente con se stessa e cosciente di aver sbagliato tutto. Si era fidata, aveva riposto tutta la sua fiducia nelle sue visioni e nell'arrivo della forza principale di Ulthuan, nonché nelle protezioni della corte reale.
    La disfatta totale, il sangue, i cadaveri.
    Tutto ciò era colpa sua.

    Un urlo al limite del sovrumano squarciò il caos dello scontro, poi la Regina si mosse tanto velocemente da essere difficilmente rilevabile. Un battito di ciglia più tardi era addosso a un demone, inchiodato al muro dalla la punta della staffa che gli aveva appena penetrato la sua fronte.
    Gridò nuovamente, Alarielle, e una sensazione di calore si diffuse immediatamente tra le sue guerriere, che sembrarono riacquisire vigore e determinazione, tornando come da loro competenza a danzare tra i nemici facendone strage.

    La sovrana sorrise. Se doveva perdere il regno e la vita, li avrebbe quantomeno venduti cari.
    Non si accorse, però di ciò che aveva appena fatto. Si riebbe soltanto quando fu scossa dalla consapevolezza di un'ascia che le stava piombando addosso, brandita da un demone che con notevole velocità le si era fatto alle spalle.
    Si voltò di scatto, spalancando gli occhi e guardando letteralmente la morte in faccia, ma il colpo non arrivò mai.
    Mentre lei era rimasta imbambolata a cercare di processare cosa stesse succedendo, uno degli Alti Elfi si era fatto strada fino alla sala del Trono ed aveva iniziato, da solo, a fare strage, arrivando fino all'essere che qualche istante più tardi l'avrebbe uccisa.

    L'ascia precipitò con un tonfo, così come l'essere che la brandiva.

    «Altezza dobbiamo andare, la città è caduta, seguitemi. Vi porterò in salvo.»



    L'elfo dai lunghi capelli biondi impugnava una spada ricoperta di rune luminose. Subito dopo aver proferito quelle parole, la afferrò per un braccio e la trascinò via.

    Lei, dal canto suo, era frastornata a causa dei troppi eventi assurdi nel giro di pochi secondi: avrebbe voluto opporsi, rimproverare e farla pagare quel suddito che si stava permettendo di trascinarla via a forza, pur proclamando fosse per il suo bene; avrebbe voluto restare al fianco delle sue Dame. Non era contemplabile per lei sopravvivere in quanto Regina e lasciare al macello le sue guardie - le stesse che più di chiunque potevano vagamente avvicinarsi all'essere definite sue amiche - o il suo popolo, ma era in una sorta di shock.
    Lo scatto animalesco e incontrollato, la quasi morte, l'arrivo di Galdor.
    Sì, sapeva che colui che la stava trascinando al sicuro era Galdor Manelvagor: mentre il suo corpo impalava in un automatismo quel demone e rinvigoriva le sue guerriere, lei aveva visto qualcosa, aveva visto lui.
    Se ne stava rendendo conto istante dopo istante, mentre la sua mente si rischiarava: agendo in quel modo aveva ottenuto gli ultimi secondi necessari all'arrivo di quella figura che avrebbe risolto la situazione e il cui nome le era rimbombato nella testa, ma non l'aveva fatto volontariamente.

    «Dopo averti ringraziato come si deve per avermi salvato, Galdor Manelvagor, dovrai scontare una pena per aver usato questi modi con me.
    Ma ci penseremo più avanti; ora: che diavolo è successo? dove stiamo andando? Che ne sarà dei civili? E delle mie Dame?»



    Le sue domande non ebbero risposta. Non subito, almeno.
    La priorità, in quel momento, era arrivare al sicuro.

    300_0



    Erano giorni che sognava Galdor, e la cosa la rendeva particolarmente inquieta.
    Più di due settimane prima gli aveva chiesto di andare a cercare Finubar, sparito alla ricerca del Nórui, e da allora non aveva più notizie nemmeno di lui.
    Nel profondo della sua mente sapeva che preoccuparsi per quei due era semplicemente uno spreco di energie, specie se fossero riusciti ad essere insieme, ma a dispetto di quanto ci si possa aspettare dalla Regina Eterna, il suo cuore era in pena. Il Re Fenice gli era caro al di là dei loro doveri di sovrani di Ulthuan e Galdor, colui che salvò la sua vita e l'intero regno durante la guerra coi Druchii.... beh, per lui aveva imparato a sviluppare un affetto profondo, nonostante il suo carattere non certo facile.
    La loro assenza la rendeva insicura, la riportava esattamente a quegli istanti terribili prima di incontrare Galdor per la prima volta.
    Era nervosa, trattava male persino le Dame, persino Lirazel, divenuta nel tempo Prima Dama. La situazione nelle sue stanze era insostenibile per chiunque.

    La verità era che Alarielle, sola alla guida del regno senza il suo pari ed il loro eroe guardiano, avvertiva lo stesso disagio provato anni prima: le sole Dame non erano sufficienti, per quanto più potenti fossero diventate negli anni, a garantire la sicurezza dell'intero regno. Se qualcuno o qualcosa avesse attaccato in quel momento, la storia si sarebbe ripetuta.

    Ogni fibra del suo essere era terrorizzata.

    Doveva cercare di scongiurare ad ogni costo che una situazione simile si verificasse e doveva riuscire a farlo staccando la spina alla sua preoccupazione.
    Con ogni probabilità, esclusa la grande guerra, si trattava del momento più critico di tutto il suo regno e lei come lo stava affrontando? Dando di matto?

    Contegno.
    Per Isha, per il regno, per tutti.



    Chiuse gli occhi lentamente e fece un lungo sospiro, cercando di calmarsi, poi si scusò con Lirazel per l'ennesima sfuriata gratuita. La Prima Dama era forse l'unica ad avere un legame con la Regina Eterna anche solo paragonabile a quello di Galdor e Finubar, aveva dunque la pazienza di non curarsene, conscia di non essere la diretta destinataria delle sue bizze. Accettò silenziosamente le scuse della sovrana e si congedò, raccomandandole di non strafare.

    Qualche minuto dopo essere rimasta sola, Alarielle fu testimone dell'evento più strano a cui si fosse mai trovata ad assistere: un terremoto tanto violento da far tremare l'intera Isola Bianca. Si trattò solo di qualche secondo, ma per le sue percezioni fu molto più a lungo.

    Quel violento sconvolgimento la spaventò più del dovuto, costringendola a terra ansimante, ma quando era arrivata alla finestra? Era comodamente seduta sul trono fino a pochi istanti prima. Lirazel era di nuovo al suo fianco ma non riusciva a ricordare da quanto fosse lì; conoscendola doveva essere tornata immediatamente indietro all'inizio del terremoto, ma lei non ne aveva memoria.
    Tremava, respirava freneticamente e percepiva soltanto alla lontana ed in maniera profondamente ovattata le rassicurazioni dell'amica.

    Nessuno avrebbe potuto capire, nessuno sapeva, nemmeno lei.

    Nemmeno Galdor o Finubar.

    Quel terremoto aveva riportato in superficie quel qualcosa che era in grado di prendere il controllo del suo corpo e muoverlo senza che lei potesse opporsi. Cercava di comunicarlo a Lirazel, ma non riusciva ad emettere suoni, era in pieno attacco di panico e realizzarlo ne aumentò l'intensità, fino a farla svenire.

    Lirazel, attonita, non potè far altro che mormorare tra sè e sè.

    «E' un disastro»




     
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    Eoni fa
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    98b0Hn4

    Vostra Radianza.

    La tua interfaccia si rivolge a te con morbidezza ed educazione. L'hai programmata così, in fondo, soprattutto per quei momenti in cui sei stanca. Sei così stanca, Teia. In un momento di debolezza, hai abbandonato le tue forme, in confronto alle quali tutto sembra buio, fra sete astrali e cuscini. I materiali più puri e perfetti, perché trovi nella bellezza e nella perfezione, nella simmetria, un balsamo per il tuo essere.

    Sei nello spazio profondo da fin troppo tempo. Fra voi, Crio è forse l'unico a sopportare agilmente viaggi così lunghi, solitudini così forzate. Lo hai visto da non molto, è passato a darti i rifornimenti. E uno dei tuoi dolci preferiti, solo lui sa dove trovare cose del genere quando si è circondati da assoluto nulla. Si è trattenuto poco, era solo di passaggio come al solito, ma avevi bisogno di contatto con qualcuno e Iperione al momento è troppo lontano per raggiungerti.

    C'è stato un altro attacco.

    E troppo impegnato in quella caccia che vi sta assalendo le menti e le energie da troppo tempo. È un nemico sfuggente, infido. Sembra colpire a caso, disperdendo concentrazione fra di voi e tu e Iperione vi siete sobbarcati il compito di battere ogni anno luce dei sistemi conosciuti finché non lo avrete trovato. Sembra colpire per lo meno solo all'interno dei vostri confini.

    Sei stanca.
    Ma devi continuare.

    E sbarchi su un altro pianeta, l'ennesimo colpito da quello sbaglio dell'esistenza che sta prendendo di mira i soli. Quelle fonti di vita e sostentamento per quelle poche specie in grado di trarne nutrimento e che si trovano improvvisamente al buio. Al freddo e al gelo.

    La maggior parte di essi non sopravvive quando sei arrivata, ma stavolta sei fortunata: la creatura pare essersene andata da poco, senti ancora calore residuo sul terreno sotto la tua Soma. Panico e paura ti circondano, gli abitanti di quel pianeta sono esseri piccoli e simili a uccelli magri, che vivono in una relazione di quasi simbiosi con una foresta lussureggiante.

    Hanno paura di te, ma forse hanno più paura di rimanere all'oscurità.

    Cosa farai, Teia della Balestra? Potrebbe essere la tua occasione di guadagnare terreno sulla creatura, ma probabilmente al costo di far perire questa specie. L'ennesima.


    Beh, buonasera! Perdona il ritardo :ciaone:
    Arriviamo subito al dunque, con le scelte che caratterizzano immediatamente Teia. Che fai?
    Sulla caccia: non hai intel su questa creatura. Sai solo che assorbe energia solare di specie che dipendono da un sole (o più di uno) per sopravvivere, lasciandole al buio - con tutta l'estinzione che ne consegue. Iperione sta battendo altri sistemi.

    Siamo in Epoca d'Oro dei Titani. Fichi, Some e tutto l'ambaradan :zizi:
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    II - Teia



    Era esausta, abbandonata sul meraviglioso letto che aveva straordinariamente sistemato all'interno di Galad per affrontare quella missione. Accarezzava il tessuto perfettamente liscio e giochicchiava con la mano tra quello e gli splendidi cuscini mentre fissava inespressiva il soffitto.
    Si sentiva svuotata, sopraffatta dall'isolamento prolungato e da quella caccia metodica che lei e suo marito avevano volontariamente intrapreso per stanare ed eliminare un errore nello Schema: una creatura che aveva iniziato ad attaccare sistematicamente i Soli delle galassie sotto il dominio Titanico.
    Era sola, separata da Iperione che come suo solito era partito di gran carriera, ansioso di sfogare tutta la furia su quella variabile impazzita che stava osando colpire i suoi adorati Soli. Aveva deciso poco dopo la sua partenza e comunicato ai suoi fratelli che lei avrebbe fatto lo stesso, seguendo una rotta che compiesse il giro opposto: a costo di battere ogni centimetro del loro dominio, uno dei due l'avrebbe catturato e distrutto, assicurandosi che il fatto non si ripetesse.

    Ciò per cui non aveva previsto una soluzione però era il peso opprimente generato da monotonia e solitudine: esclusa l'intelligenza artificiale che governava la sua nave, con cui intratteneva comunicazioni lavorative e qualche gioco mascherato da test intellettivo o a cui nei momenti più pesanti chiedeva informazioni sulla sua famiglia, non aveva altri contatti. Era in missione, ne era ben conscia e non si era aspettata certo chissà quale divertimento, ma dopo innumerevoli anni luce setacciati inutilmente e ormai da tempo fuori portata di comunicazione con gli altri, aveva iniziato a demoralizzarsi: ciò che stava inseguendo continuava ad estinguere Soli e con loro qualsiasi specie ne dipendesse, lasciando di volta in volta ben pochi indizi sul suo prossimo obiettivo ed impedendole quindi di raggiungerlo.

    Per fortuna Crio incrociava la sua rotta di tanto in tanto, fornendo approvvigionamenti per lei e per Galad e regalandole almeno qualche momento di sollievo per il morale. L'ultima volta l'aveva abbracciato così forte e con tanta foga da emettere un'intensità luminosa fuori scala, costringendo il fratello ad allontanarsi per proteggersi la vista. Si diede immediatamente un contegno e si scusò sinceramente, commossa non solo per la vista di un membro della sua famiglia, ma anche per il regalo che le aveva portato: un dolce tipico della galassia di Sestante per cui andava pazza.
    Centellinò quel manicaretto ed approfittò della presenza di Crio per ottenere quanti più aggiornamenti possibili prima che lui tornasse ai suoi affari, congedandosi fino al prossimo incontro.

    Quel ricordo le strappò un sorriso nel suo stiracchiarsi, proprio mentre l'interfaccia la disturbava per comunicarle la rilevazione di un nuovo attacco.
    Il sorriso si allargò ulteriormente per una frazione di secondo, prima di svanire mentre lei scattava in piedi.

    «D'accordo Galad, triangola le coordinate e piombiamogli addosso. Protocollo 808.
    Andiamo a estirpare questa oscenità che osa lordare le mie splendide creazioni!»



    «Agli ordini, mia Signora.
    Mi dirigo sul luogo utilizzando il protocollo 808, velocità massima impostata.
    Destinazione tra 10, 9, 8, [...] »



    Teia annuì, conscia che l'intelligenza artificiale avrebbe percepito la sua approvazione attraverso i sensori interni.
    Con un po' di fortuna, stavolta sarebbe stata lei a scatenare la sua ira, non Iperione, e le azioni oltraggiose della loro preda sarebbero giunte al termine: niente più soli spenti, creato al sicuro, ordine ristabilito e famiglia riunita.
    La comunicazione della sua fidata nave aveva risvegliato dal torpore l'animo della Splendente, che con un leggiadro movimento delle dita fu avvolta dalla sua Soma e pronta allo sbarco imminente.

    300_0



    Una volta a terra, fu testimone ancora una volta dello stesso terribile spettacolo: un altro pianeta era stato privato di ogni fonte di luce e spinto sull'orlo dell'avvizzimento.
    Mosse qualche passo, sorridendo sotto la Soma che lasciò sparire gradualmente, di pari passo al suo delicato avanzare. Stavolta, al contrario delle altre, c'era ancora speranza: qualche fotone era ancora presente, anche se ben nascosto, l'attacco doveva essere avvenuto appena qualche minuto prima del suo arrivo, perciò la bestia non poteva essere giunta troppo lontano.

    Si circondò di luce, sfruttandola per mutare il suo aspetto ed iniziando lentamente a disperderne abbastanza da rinvigorire ogni forma di vita ancora attiva. Un timido stormo di uccelli fece per avvicinarsi timidamente a lei mentre iniziava a donare nuovo colore a quel paesaggio spettrale, lasciando il riparo di una foresta che doveva essere stata rigogliosa e perfettamente in salute prima di venire privata del suo nutrimento primario.
    La Splendente tese un braccio per accogliere qualcuno di quei poveri volatili, ma tra quelli troppo deboli per giungere a destinazione senza scendere al suolo e quelli terrorizzati dal suo bagliore, soltanto uno giunse a posarsi sulla delicata mano dell'aspetto rassicurante che aveva scelto di assumere.

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    «Non temere, mia dolce creatura, rimetterò tutto a posto, il tuo mondo tornerà più meraviglioso di qualche minuto fa. Ora va', incoraggia i tuoi amici e preparatevi allo spettacolo.»



    Il suo cuore si era spezzato di fronte alla freddezza ed al pallore a cui quel pianeta era appena stato condannato, ma quel barlume - letterale - di speranza aveva permesso che l'entusiasmo la pervadesse, assieme alla sete di vendetta.
    Agitò leggermente la mano per far allontanare il piccolo amico alato, poi strinse il pugno fino a ferirsi con le sue stesse unghie.
    Da quel momento, un turbinio di luce e qualche goccia di Ichor presero a danzare attorno a lei per mezzo della sua Dunamis, in una sinfonia piena d'amore e di speranza.
    Ci volle qualche secondo, ma colori e luce tornarono padroni di quel piccolo e pacifico pianeta: non sarebbe bastato a lungo, tuttavia, senza una fonte di luce perpetua, a breve l'idillio si sarebbe nuovamente interrotto.

    Ecco quindi la magnificenza della Titanide manifestarsi nella sua pienezza.
    Non aveva affatto dimenticato di essere vicina alla preda, nè quanto avrebbe voluto porre fine alla quell'esistenza con le sue stesse mani.
    La verità era che le sue adorate creature, massima espressione della sua perfezione e del suo splendore, avevano bisogno di lei: questo veniva e sarebbe sempre venuto prima di qualsiasi altra cosa, ma stavolta non le avrebbe impedito di unire l'utile al dilettevole.

    Richiamò all'improvviso la Soma e spiccò un salto dopo l'altro, poggiandosi su accumuli di fotoni fino ad uscire dall'atmosfera, dove dovette fare lo stesso con le particelle di luce cosmica.
    Allargò gli arti come ad abbracciare il pianeta che ormai era sotto di lei ed iniziò a ruotare su se stessa a tutta velocità; chiunque l'avesse guardata in quel momento avrebbe giurato che stesse prendendo fuoco, ma stava solo emettendo costantemente particelle di luce da tutta la superficie del suo corpo, sedimentandole in una struttura sferica ad ogni rotazione.

    Stava creando quello che sarebbe stato il nuovo sole di quella galassia, sostituendo quello prosciugato da ciò che stava inseguendo e nel frattempo salvando innumerevoli esistenze. Nello stesso momento, però, stava tendendo una trappola a quella bestia: sarebbe rimasta all'interno del suo costrutto luminoso in attesa che la creatura tornasse. Era rischioso, poteva rimanere lì dentro per secoli prima che tornasse, eppure confidava che fosse abbastanza bramoso da tornare a controllare una fonte di energia luminosa in sviluppo tanto rapido e tanto vicino.
    Non era un Sole vero e proprio, mancava il tocco di suo marito per renderlo davvero tale, ma stava cercando di fare del suo meglio per avvicinarcisi il più possibile.

    Vieni, FECCIA, vieni! Guarda quanta luce ti metto a disposizione, è questa che vuoi, no?



    Avrebbe atteso.
    Nella peggiore delle ipotesi sarebbe stata lei stessa il sostentamento per quella galassia finché qualcosa non fosse cambiato e tutto il divertimento sarebbe toccato a suo marito, come sempre.
    Doveva ammetterlo però, stavolta era diventata personale.
    Stavolta voleva essere lei a godere dell'esecuzione.




    Edited by Kriøs - 24/3/2020, 19:11
     
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    U
    na sola cosa sembra poter superare l'abilità marziale del tuo guardiano: la sua capacità di dati sui nervi. Nessuno aveva mai osato trattarti in quel modo, darti ordini e sbraitare sul tuo modo di fare. Dovresti essere alla testa del tuo esercito, a rincuorare le truppe ma quel cocciuto Principe di Caledor si ostina a trascinarti lontano dalla battaglia. Attraversate foreste con il fango che arriva fino alle vostre caviglie e acquitrini contaminati dalla magia oscura dei vostri nemici. Dice che deve tenerti al sicuro, che senza di te la guerra sarebbe persa.
    Quando quella notte gli assassini vi sono piombati addosso si è battuto come un leone di Charce. Erano in otto, danzavano letali cercando di raggiungerti con le loro lame avvelenate. Ma ogni volta la spada di Galdor le intercettava, a costo di restare ferito a sua volta. Alla fine li aveva abbattuti tutti per poi accasciarsi a terra, il veleno che scorreva nel suo corpo copioso.

    Perché sto facendo tutto questo? Non lo so altezza. So solo che se voi moriste la luce su quest'isola si spegnerebbe per sempre. Il Re Fenice è il sole di questa terra ma cos'è un sole senza la sua luce.



    Hai passato i due giorni successivi a curare le sue ferite. Il suo corpo ne è pieno, molte più di quante credessi, molte più di quante pensavi possibile. Quel sangue scorre per te eppure mentre delira per la febbre sembra felice, come se stesse assolvendo ad un qualche compito superiore. Come se stesse assecondando la sua natura.

    *****




    Ulthuan, Avelorn, Palazzo della Regina Eterna. Oggi.

    Sogni, sogni qualcosa di strano. Sei nuda, al centro di una stanza vuota e gelida. Una notte eterna ti avvolge. Cerchi di muoverti ma attorno a te c'è solo quella infinita oscurità. Vaghi mentre attorno a te senti risate che ti scherniscono. La nobiltà di Ulthuan non ti ha mai amato. Non sei mai stata prona ai loro giochi di potere. La lunga vita degli elfi li rende annoiati, e l'intrigo appaga il loro bisogno di eccitazione. Per te invece la vostra razza avrebbe dovuto aspirare a qualcosa di più. Quando siete nati per volere di Asuryan, Isha e Freyr incarnavate la perfezione assoluta. Ma quello era solo un ricordo. Ridono di te finché non senti un grande calore sopra di te. Un grande sole brilla possente, scalda la tua pelle e inonda il tuo corpo di energie. Vorresti raggiungerlo, bearti del suo caldo tocco ma dura tutto pochi istanti. Il sole scompare come divorato da una forza inarrestabile e tu rimani di nuovo immobile nella fredda oscurità. Stringi tra le mani un pezzo di metallo nero affilato e che emana calore insopportabile. Ti fa un male infinito eppure non lo lasceresti per nulla al mondo.

    Ti svegli di soprassalto, le ancelle ti circondano. Sei stanca e affaticata e sulle tue mani sono ustionate e coperte da profondi tagli. La senti ancora quella sensazione, come se una parte di te stessa stesse ribollendo. Vedi la Stella di Averlon brillare sulla tua corona. Non hai mai fatto così. Brilla e pulsa cercando di guidarti verso un luogo. Vedi immagine distorte, il tempio di Isha.





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    Descrivi al solito il tutto e fermati quando sei alle porte del tempio di Isha.



    narrato ⦿ parlato ⦿ pensato ⦿ parlato altri

     
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    III - Stranezze


    Ormai lontani dal palazzo reale, Galdor ed Alarielle continuavano la fuga dalle forze nemiche tra la recalcitrante opposizione della Regina ed le conseguenti urla del guerriero.
    Lei era frustrata a livelli inimmaginabili a causa del suo voler ottemperare ai doveri di Regina, ma non non solo: non la vedeva unicamente come una responsabilità, lei desiderava con tutta se stessa essere lì e mettersi sullo stesso piano della sua gente; non riusciva a scendere a patti con il fatto che secondo Galdor la sua vita valesse più di quella di tutti gli altri, che chiunque fosse sacrificabile - persino lui - pur di preservare lei. Ne era lusingata, ovviamente, e riusciva in momenti più lucidi a comprendere che evidentemente si stava rivelando una buona sovrana se chiunque pensava prima che a lei che a se stesso, ma si sentiva davvero a disagio nel sapere che stava letteralmente lasciando tutti al loro destino, interdetta dall'essere lì al loro fianco a metterci la faccia.
    Per questo Galdor le dava sui nervi con tanta facilità: per lui sembrava essere tutto rose e fiori, in fondo l'aveva trascinata via dal campo di battaglia e la stava tenendo al sicuro.

    I loro battibecchi erano sempre molto accesi e lui sembrava talmente deciso a proteggerla da ignorare volontariamente e sistematicamente il fatto che lei fosse la Regina Eterna, a rivolgersi a lei come una sua pari o una qualsiasi damigella da salvare.
    Lei, dal canto suo, gli faceva pesare ogni volta la questione, sperando di far leva su un suo pentimento che però non arrivava mai: si limitava ad abbassare il capo e scusarsi, ma aggiungeva sempre che se per portarla al sicuro avesse dovuto attirarsi le sue ire lo comprendeva, ma avrebbe continuato.
    Era con le spalle al muro, quelle discussioni si ripetevano ciclicamente e si svolgevano sempre con lo stesso schema finché lei non si metteva l'anima in pace per qualche tempo dopo aver capito che non c'era modo di averla vinta.

    Doveva ammettere però che in fondo, sotto la superficie dell'ira nervosa e della frustrazione, apprezzava il modo di fare di Galdor: che fosse la situazione o la sua incrollabile dedizione nello svolgere il suo lavoro e quel compito in particolare, ma era forse l'unico ad affrontarla a viso aperto senza filtri. Discutere a quel modo, al di là di tutto, la aiutava a distogliere la mente dall'angoscia per le sorti degli abitanti del suo regno, delle sue ancelle e delle truppe.
    Ovviamente, questo lui non l'avrebbe mai saputo.
    Non presto, almeno.

    I due si allontanarono sempre di più da Avelorn attraversando acquitrini, terreni invasi dal fango ed ogni tipo di avversità naturale delle foreste di Ulthuan, senza contare i residui del passaggio delle forze nemiche, finché non trovarono un luogo che la sua fin troppo zelante guardia del corpo improvvisa decretò adatto per accamparsi.
    Di nuovo sopraffatta dai modi di Galdor, fu praticamente costretta a stendersi per riposare mentre lui sarebbe rimasto pronto a scattare al minimo sospetto di minaccia.

    Ubbidì, infine, soltanto per rivolgersi a lui dopo qualche minuto, dopo essersi decretata stanca di quella situazione:

    «Galdor, io... Mi dispiace.
    Comprendo le tue motivazioni e la tua determinazione ma ti prego, TI PREGO, cerca anche tu di comprendere le mie, quelle di Alarielle come individuo, oltre che Regina Eterna. Le mie ragazze, tutti coloro che ho giurato di proteggere in quanto sudditi, coloro che come te hanno fatto voto di proteggere gli altri e me con la loro stessa vita. Ho paura per loro, temo che vengano strappati via da me, dai loro cari, da Averlorn, come se fosse un evento qualunque in un giorno qualunque. Non dovrei in quanto Regina dichiarare di avere paura, lo so, ma non è solo questo, non è soltanto terrore: sono DILANIATA dalla mia incapacità di fare la differenza, vorrei essere lì a combattere assieme alle nostre truppe, dare attivamente aiuto in casi come questo. Non posso fare a meno di pensare che se soltanto fossi in grado di fare la mia parte tutto questo potrebbe andare diversamente, persino tu potresti essere lì con la tua spada a fare la differenza piuttosto che qui a fare da balia a me.»



    Qualche lacrima le solcava il viso, ma anche in quel momento di debolezza, anche in quel pianto manteneva un contegno: il suo sguardo rimaneva fermo nonostante quelle goccioline si stessero scavando la strada lungo il volto. Aveva stretto il palmo aperto sul terreno, chiudendo la mano a pugno e stritolando ciò che aveva afferrato, l'altro braccio piegato sotto la testa a fare da cuscino.

    Galdor si era voltato per ascoltarla mutando visibilmente espressione, ma fu interrotto nella risposta dopo aver pronunciato soltanto un titubante «Mia Regina...»

    Il suo corpo scattò come una molla rilasciata dopo la tensione mentre un gruppo di otto assalitori sbucò all'improvviso, cercando di raggiungerla con le lame avvelenate, ancora gocciolanti liquido violaceo. L'elfo biondo danzava implacabile, focalizzandosi più che sull'attacco sulla difesa di Alarielle, a costo di venire tagliato e trafitto lui stesso. Accusava ogni volta il colpo ma riusciva sempre a trovare il modo per non permettere ai nemici di sfruttare l'occasione per finirlo, anzi: in una lotta estenuante riuscì a metterli fuori gioco uno dopo l'altro, come in una trance di battaglia che gli impediva di cedere al dolore o al veleno finché non avesse avuto la certezza che lei fosse al sicuro.

    Alarielle aveva osservato esterrefatta. Era riuscita soltanto a portarsi in posizione seduta senza che qualche urlo di Galdor le intimasse di non muoversi per non complicare la situazione, perciò si limitò a soffocare qualche urlo ogni volta che vedeva il suo campione temporaneo colpito dagli assalitori.
    Non appena furono fuori dai giochi, si precipitò addosso a Galdor, prendendolo tra le braccia.

    «NON TI AZZARDARE A MORIRMI SOTTO GLI OCCHI GALDOR MI SENTI!?!? NON TI AZZARDARE! NON ORA!»



    Cercò di ricordare quel poco che sapeva di primo soccorso e guarigione, sforzandosi di mettere a fuoco in mente quelle maledettissime sessioni di preparazione di antidoti, ma anche ammettendo che gli ingredienti fossero esattamente quelli che ricordava, non sembravano ovviamente essere in vista.
    Si assicurò che l'elfo respirasse ancora e si premurò di accaparrare foglie, rami e qualunque cosa possibile per nasconderlo meglio che poteva per esplorare le immediate vicinanze.

    In barba alla sua furia o alle parole che si sentì risuonare in testa anche se lui non poteva pronunciarle:

    «Non importa. Niente importa. Se cade lei, cadiamo TUTTI, vuole capirlo o no che la sua vita è FONDAMENTALE per far riemergere Ulthuan da questa guerra?!»



    Al diavolo. Non avrebbe permesso che morisse dopo aver fatto fuori otto tizi che volevano uccidere LEI.
    Regina Eterna, unica speranza del Regno, andava bene tutto. Ma non era una figurina politico-religiosa senza cuore: quell'elfo si era ridotto così per lei ed ora semplicemente era il suo turno di accollarsi qualche rischio per ricambiare.
    Non sarebbe stata di alcun aiuto o più probabilmente avrebbe intralciato in uno scontro armato, ma radunare qualche erbetta per creare un antidoto e fermare le emorragie salvando Galdor.... quello poteva, voleva e sentiva imperativo farlo.


    Un paio di giorni dopo, il guerriero era ancora febbricitante ma sembrava star migliorando. Lo accudiva meglio che poteva, cercando di non distogliere mai l'attenzione da ogni suo movimento o reazione, specie durante le medicazioni.
    Continuava a ripetere durante i deliri che senza di lei non ci sarebbe stata più luce sull'Isola, che Finubar era il sole ma che sole sarebbe stato senza la sua luce?

    Che diavolo voleva dire? Perché era così poetico nello stato in cui si trovava?
    Non poteva curarsene, doveva rimanere concentrata e traghettarlo fuori pericolo.
    Non era ancora salvo.

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    Buio, una sconfinata totalità di buio impenetrabile.
    Soltanto Alarielle al centro di uno spazio che non riusciva nemmeno a quantificare tanta era l'oscurità che lo riempiva interamente.
    Senza poter contare sulla vista, si affidò al tatto: non aveva nulla a portata di braccia, nè addosso per quanto avesse rilevato.
    Inusuale, per non dire bizzarro e assolutamente fuori luogo.
    Eppure le sembrava normale, come un dettaglio totalmente insignificante.
    Voltò la testa a destra e sinistra più volte sperando di cogliere qualche minimo cambiamento in quell'oceano nero, ma niente, almeno finché un insieme di voci iniziarono a risuonare dappertutto senza nessun vero punto preciso come fonte sonora.
    Ridevano a crepapelle, o anzi, ad un ascolto più concentrato stavano ridendo di lei, stavano DERIDENDO lei. Piano piano riuscì a distinguere tutti gli alti ranghi di Ulthuan che la reputavano un'inetta, un santino da esporre per placare il popolo ma null'altro. E a proposito, pare che neanche quello le sia mai riuscito così bene, secondo loro. Una Regina Eterna completamente incapace di inserirsi nella vita politica dell'Isola e nei suoi meccanismi rischiava di rivelarsi - e stava diventando a detta loro - un problema: un'istituzione arcaica ed avulsa da qualsiasi gioco di potere stonava con la loro indole da burattinai.

    «Come no, ora sarei io quella fuori luogo, non loro con le loro inutili trame d corte che si attorcigliano e ridistendono in un nulla di fatto di quando in quando. Incapaci, boriosi ed annoiati esseri fortunati per essere nati nella famiglia giusta. Isha, no, persino Asuryan o Freyr si rivolteranno nelle tombe a vedere cosa stanno facendo alla nostra meravigliosa razza.»



    Borbottava tra sè, cercando di aggrapparsi alle sue convinzioni piuttosto che ascoltare quelle risate che ormai sembravano pura espressione di sadismo.
    Aveva deciso di lasciarsele scivolare addosso barricandosi nella convinzione di essere migliore di loro, ma nonostante tutto riuscivano a infilarsi nei suoi nervi scoperti come degli spilloni arroventati: era sempre stata tormentata dal non essere all'altezza, perennemente costretta a dimostrare a se stessa prima che agli altri che poteva davvero essere un faro per il suo popolo e tenerlo al sicuro in caso di bisogno. Aveva persino chiesto a Galdor e alle Dame di insegnarle a combattere con la staffa a seguito della Guerra.
    Non potevano ridere di lei a quel modo quando gli unici fossilizzati sulle loro sfarzose poltrone a far nient'altro che giochetti per divertirsi erano proprio loro, nè tantomeno sfruttare i suoi punti deboli a quel modo. Per ottenere cosa, poi?
    Era ferita, delusa e confusa, ma non era ancora finita.

    Distinse anche la voce di Finubar.

    No.
    Non poteva,
    non anche lui,
    non col rapporto che avevano.

    Era come se avesse appena subito una frattura nel suo intero essere, sentiva di stare per crollare in un milione di pezzi. Sembrava che tutte quelle persone, FINUBAR, gli avessero sempre mentito, malsopportandola ma giocando a fare gli amichevoli per salvare le apparenze.
    Gli unici appigli in quel momento, in quella situazione irreale, rimanevano le Dame e Galdor, ma di loro ovviamente non c'era traccia.
    Di niente ce n'erano, in realtà. Solo quelle voci magistralmente calibrate per farle male.
    A quel punto sarebbe aspettata, anzi, di distinguere da un momento all'altro anche quella del Campione, o di Lirazel, o di Amenir o delle altre.

    All'improvviso però comparve una luce accecante, accompagnata da un'irradiazione calda che sembrò spazzare via ogni residuo di ciò che era appena successo, purificare il suo animo e ridonarle l'energia fisica e mentale per sostenere ciò che stava vivendo.
    Alzò lo sguardo e fece appena in tempo a cogliere un Sole ribollente solo qualche metro sopra la sua testa prima che venisse violentemente risucchiato dall'oscurità fino a scomparire così com'era apparso.

    Si ritrovò nella situazione iniziale, soltanto che tra le mani ora aveva un'enorme scheggia di metallo nero che non riusciva a lasciar andare, nonostante le stesse carbonizzando palmi e dita.
    Ci capiva sempre di meno. Le stava facendo un male indescrivibile, sciogliendo la carne, ma non soltanto non riusciva a lasciarlo, lei NON VOLEVA lasciarlo. Non l'avrebbe fatto nemmeno a costo di ustionare gravemente ogni centimetro del suo corpo.


    Si svegliò di soprassalto.
    Aveva il respiro affannato ed impiegò svariati secondi a realizzare di essere al sicuro in camera sua.
    Le ancelle erano oltre il paravento che girava attorno al suo letto come di consueto e come sempre erano scattanti ed ineccepibili nel loro lavoro.
    Amenir e Nayal si affacciarono da ciascuno dei due lati per controllare che stesse bene, preoccupate per il brusco risveglio e l'affanno non esattamente ignorabile, ma lei quasi non se ne accorse, intenta com'era a fissare le sue mani che riportavano piaghe e tagli, come trasferitisi dall'incubo alla realtà.
    Si voltò poi verso di loro e le guardò terrorizzata una per volta, per poi girarsi verso la corona appoggiata sul comodino più prossimo.
    Probabilmente era perché si sentiva letteralmente ribollire dall'interno, ma le parve che la Stella di Averlorn, il gioiello di punta della corona, stesse quasi pulsando di luce. Si avvicinò il più possibile ed osservò con più attenzione fino a scorgere delle figure, anche se distorte e tremolanti.

    E' una costruzione, no, aspetta, sì,
    Che diavolo...?
    Oh, il Tempio di Isha!



    L'incertezza e la paura la assalirono di nuovo e probabilmente come mai prima, ma tra lo svenimento della sera prima, quell'incubo e questa ennesima stranezza, c'era soltanto una cosa da fare con Finubar e Galdor dispersi da tempo.
    Posò la corona e si sforzò di dissimulare: si alzò, lasciò che le ancelle abbandonassero la stanza e di disponessero nel corridoio, di guardia, e nel frattempo si vestì, recuperò la sua staffa e si mise in testa la corona.
    Ad un leggero battito della staffa in terra fece seguire un ordine con voce salda ma senza alzare toni o volume.

    «Lirazel, Nayal, con me: è indispensabile che io raggiunga il tempio di Isha.
    Voialtre, ho bisogno che vi occupiate della difesa di palazzo: Amenir, sei tu al comando qui. Richiama anche quelle che hanno la giornata libera: senza di noi è necessario che siate tutte in servizio e a protezione del palazzo. Mi fido di ognuna di voi.»



    Udì il battito di piedi della squadra di Dame fuori dalla stanza e sorrise, non poteva chiedere un plotone di guardia e delle amiche migliori.
    Attese che la Prima dama e Nayal la raggiungessero e poi congedò le altre per dirigersi verso la sua destinazione.
    Lungo il tragitto cercò di rassicurare le due ancelle sul suo stato di salute senza sbottonarsi su quanto stava succedendo, ma era certa che avrebbe dovuto farlo di lì a poco; appena in vista del Tempio, infatti, insistettero per entrare prima di Alarielle per verificare in un eccesso di zelo che non ci fosse qualcosa che non andava nel sacro edificio.

    «No.
    Stavolta no.
    Restate qui e proteggete il Tempio. So bene che se dovessi averne bisogno basta un qualsiasi suono allarmante e sarete dentro in men che non si dica, ma questa è una cosa che devo fare da sola. Finubar e Galdor sono in cerca di un gioiello da giorni e giorni e la pietra più luminosa della mia corona mi mostra questo posto? C'è qualcosa sotto e credo di essere l'unica a doverci e poterci capire qualcosa. Valeva anche e soprattutto per voi due, ed è per questo che siete qui anche se non potete entrare. Mi fido di voi.»



    Sorrise loro, poi si voltò per colmare gli ultimi metri che la separavano dalle porte del Tempio di Isha.

     
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    Attendi. Circondata di luce, mentre il pianeta rifiorisce e prospera sotto di te, attendi che l'esca venga raccolta. Non sai quanto a lungo dovrai attendere, ma sei paziente e certa che la tua strategia funzionerà.
    Eppure...forse ciò che stai affrontando è più furbo del previsto. Non sai quanto tempo è passato, prima che qualcosa finalmente cominci a cambiare.

    Percepisci qualcosa osservarti, troppo lontano perché tu possa affrontarlo senza scoprire la tua trappola troppo presto, rischiando che scappi - o peggio, rischiando di sacrificare il pianeta che hai appena salvato. Lo senti fissare l'energia che emani con una bramosia quasi percepibile attraverso il tuo nascondiglio: ha fame, ma è troppo intelligente per lasciarsi dominare da essa. E così rimanete in quelle posizioni per un quantitativo di tempo incalcolabile, uno stallo che contende l'occasione giusta, quella frazione di secondo necessaria ad attaccare.

    Poi non lo senti più. La sua presenza è svanita, ma la connessione di Galad si fa strada nella tua mente:

    Radianza, ho una traccia!

    È il momento di ricominciare, ma stavolta i motori di Galad si accendono seguendo una pista precisa. Lo inseguirai finché non sarà costretto a muoversi verso la prima fonte di sostentamento disponibile, approfittando della stanchezza...eppure non sembra mai stancarsi! Lo insegui al massimo della velocità, passando pianeta dopo pianeta nel continuare la folle corsa all'inseguimento di quella massa oscura, quella macchia nella luce universale.

    Un paio di volte arrivi vicinissima, al punto tale da riuscire a riconoscere la minaccia caotica che lo compone, un'altra riesci a intravedere il suo aspetto. Non ti attacca, sa di non essere abbastanza forte da affrontarti mentre continua la sua folle corsa.

    Sta cercando di seminarti? Oppure di attirarti da qualche parte? Ormai sei sola in questa caccia e la porterai fino in fondo. Poco lontano da te vedi un pianeta gassoso disabitato, forse potresti portare lì la battaglia..

    Ma devi imbastire una strategia perfetta: se ti fermi ora e ti sfugge, potresti non poterlo più raggiungere.


    Divertiti a descrivere prima uno stallo fra cecchini e poi un bell'inseguimento spassiale a rotta di collo. Liberissimo di descrivere come e dove avviene, cosa fate nel cercare di seminarvi/prendervi, finché non arrivi nelle vicinanze di quel pianeta disabitato.

    È una decisione da frazione di secondo. Potresti anche continuare a inseguirlo per capire qual è il suo scopo...
    ▼ DM's Corner
     
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    IV - La Caccia


    Rimase in quel punto circondata della sua luce per un tempo che non sarebbe mai stata in grado di quantificare.
    La pazienza non le mancava, specie quando il suo unico scopo in quella circostanza era quello di eliminare l'abominio che stava deturpando le sue creazioni, privandole di ogni barlume di brillantezza, colori: della vita stessa.
    Fortunatamente per il piccolo pianeta subito sotto di lei era riuscita ad arrivare in tempo: il suo bersaglio si era sì fermato per il suo spuntino, ma lei era sbarcata abbastanza in fretta da ripristinare ciò che era stato indegnamente rubato, riavviando il ciclo dell'esistenza con nuove fonti di luce.
    Riuscì a scorgere la vita prendere di nuovo possesso di quel piccolo angolo di universo e ciò fu sufficiente per sollevarle l'animo durante quell'attesa indefinita.

    La creatura mangia-luce si rivelò molto più astuta del previsto, non si avvicinò mai abbastanza da permetterle di raggiungerla con certezza e porre fine a quella caccia. Quasi riusciva a percepirne la volontà di gettarsi a capofitto sull'emanazione luminosa, ma non si azzardava a farlo.

    Vieni a fare merenda, cucciolo, la mamma ti aspetta, su.



    Se lo ripeteva ciclicamente in testa ad intervalli regolari, specialmente quando il suo bersaglio tornava a fissare l'astro fittizio e sembrava voler cedere ai suoi appetiti prima di lasciar perdere.
    Ormai era una guerra di nervi: se Teia si fosse scoperta troppo presto avrebbe buttato al vento tutta l'attesa accumulata, mentre il criminale non trovava il coraggio di agire, insospettito.
    Arrivata a quel punto la Titanide si trattenne a stento dall'andare all'assalto nonostante la distanza non fosse ancora quella ideale, ma la sua preda parve scomparire all'improvviso.

    Fu allora che Galad intervenì, riferendole direttamente in mente di aver trovato una traccia e decollando in autonomia.

    «Tutto tuo, mia cara.»



    Tornò a bordo e lasciò che l'intelligenza artificiale gestisse tutto, l'unica cosa di cui si preoccupò fu alterare le particelle luminose sulla superficie esterna della sua nave, in modo da celarne, almeno visivamente, l'avanzata.
    Quell'essere sembrava capace di percepire la luminosità perciò poteva trattarsi di un buon modo per evitare che conoscesse perfettamente la loro posizione, a meno che non rilevasse direttamente l'energia.

    «Ascoltami, qualsiasi cosa succeda non mollarlo.
    Sei riuscita a ricavare una probabile meta o uno schema dei suoi movimenti?»



    «Tranquilla, mia Signora, non ho intenzione di lasciarlo andare.
    Quanto alla sua rotta non ho ancora proiezioni plausibili e temo che possa cercare di confonderci proseguendo in maniera abbastanza casuale.»



    «Non preoccuparti. Preparami uno degli incrociatori leggeri, lo sfiderò apertamente mentre tu procederai celata dall'invisibilità della rifrazione. Scalda il cannone radiante, servirà che sia pronto al momento opportuno: lo metteremo alle strette.
    Si va a caccia, Galad!»



    «Ricevuto: incrociatore in avviamento e caricamento del cannone inizializzato.
    Stia attenta, Splendore. »



    Teia sorrise.

    Corse a recuperare il mezzo leggero e si sganciò da Galad, iniziando a rincorrere a tutta velocità il suo bersaglio.
    L'inseguimento nello spazio fu esattamente come chiunque si sarebbe aspettato: l'essere era veloce e riusciva ad evitare gli ostacoli in modo da complicare la vita alla signora della Luce, che imperterrita riusciva a tenergli il fiato sul collo.
    Più volte fu costretta a generare delle piattaforme di fotoni su cui darsi lo slancio per non perdere terreno in seguito a manovre complicate mentre Galad faceva il giro lungo per tentare di chiudere la tenaglia, purtroppo sempre senza successo.
    In altre occasioni scagliò una serie di raggi laser per forzare i movimenti della preda, riuscendo sporadicamente ad avvicinarsi abbastanza per percepirne l'aspetto.
    Si trattava di un essere che avrebbe definito fumoso: un ammasso di materia nerastra con più di un paio d'arti superiori ma dalla forma cangiante e instabile.

    «Dovrai fermarti prima o poi. Lo so che hai bisogno di nutrirti. Continuerai fino allo stremo o stai cercando di condurmi in trappola? Attento, bastardo, non sei l'unico dotato di intelligenza!»



    Parlava tra se e se: dopo tutto il tempo passato ad aspettare, finalmente stava provando del genuino divertimento.

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    Galad, arma il cannone. E' l'ora dello show. Inchiodiamolo su Yikritan.



    La caccia andava avanti da ore, avevano già attraversato tre sistemi diversi ed erano appena entrati nel quarto. In quel particolare angolo dell'universo esisteva un piccolo pianeta disabitato costituito soltanto da un ammasso di gas e materia primordiale. Il fuggitivo poteva avere in mente qualsiasi cosa, ma lei era convinta che ormai dovesse essere quasi al limite della sopportazione. Considerando la quantità di energia che aveva assimilato dal pianeta degli uccellini e aggiungendo all'equazione quella che doveva aver speso a causa della lunghezza e complessità della fuga, la sovrana dello splendore decise che era il momento di incastrarlo.

    La nave titanica era ancora celata dietro la rifrazione e stava ancora una volta cercando di superare l'ammasso di fumo nero da traiettoria diversa, ma una volta ricevuto l'ordine mentale della sua proprietaria continuò ad accelerare prendendo ancora più spazio.
    Si allontanò dalla rotta che stava seguendo per posizionarsi perpendicolarmente al pianeta indicato in attesa che Teia spingesse il bersaglio in posizione.

    Teia illuminò la sua chioma e lasciò partire dai fluenti capelli una serie di fasci di luce che stavolta non avrebbero dovuto colpire il bersaglio ma soltanto superarlo.
    Yikritan si avvicinava, a breve l'avrebbero raggiunto e se lo sarebbero lasciato sulla sinistra durante la corsa, ma la Splendente non avrebbe permesso che ciò accadesse.

    Una volta lasciati indietro sia la preda che il pianeta, i fasci di luce sembrarono fermarsi e crescere fino ad assumere la forma di uno squadrone di cloni di Teia stessa: cinque entità distinte che iniziarono a scagliare contro il bersaglio in avvicinamento una selva di dardi luminosi.

    Se le previsioni della cacciatrice spaziale fossero state esatte, la cosa più ovvia da escogitare sarebbe stata lasciare che quegli stessi dardi raggiungessero lei, costringendo l'entità divora-luce a dirigersi direttamente sul pianeta (magari cogliendo l'occasione per ricaricarsi) oppure sulla sua destra, andando incontro a Galad ed al cannone radiante.

    ORA! Fuoco, mia cara.



    «BOOM.»



    Fu quella la conferma della nave che l'energia era stata rilasciata.
    Tutti i tasselli si erano incastrati perfettamente, la creatura avrebbe dovuto essere ormai inchiodata: Teia la inseguiva alle spalle, di fronte aveva i costrutti luminosi a sparargli addosso, il pianeta da un lato e la bordata di Galad dall'altro, senza escludere la mobilità di tutte le parti in causa ad eccezione del pianeta per chiudere ogni via di fuga.
    Sperare che quella seccatura si dirigesse volontariamente sul pianeta era probabilmente troppo, almeno quanto il fatto che venisse scagliata lì dal cannone radiante, ma la Titanide, le sue emanazioni ed il suo mezzo di trasporto avrebbero coperto ogni altra possibilità, pronte com'erano a scattare.

    Ormai stava solo all'inseguito decidere cosa tentare per salvarsi.

     
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    II

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    I
    l tempio di Isha è sempre imponente, gli obelischi runici fluttuano a pochi centimetri da terra, l'energia arcana che fluisce a loro interno con un sibilo appena percettibile. I sacerdoti della dea si inchinano al tuo passaggio, riverenti nei confronti della Regina e al contempo sorpresi dalla tua presenza. Di recente non ti sei recata in quel luogo sacro troppo di frequente, preferendo una contemplazione solitaria nel palazzo. Quando arrivi nella sala principale la stella della corona sembra indicarti una stanza laterale, dove solitamente vengono lasciati riposare i feriti e gli infermi in attesa che le cure abbiano effetto.

    In una piccola sala riposa una ragazza umana, lunghi capelli biondi e una veste da ancella poggiata sul corpo. Ti spiegano che una nave di profughi è affondata al largo della coste dell'Isola e una delle navi di pattuglia ha recuperato alcuni sopravvissuti. Stanno tutti bene tranne lei, che dorme ininterrottamente da diversi giorni. Non ha segni di malattie o altro, semplicemente la sua coscienza sembra altrove. La gemma pulsa lentamente mentre ti avvicini a lei, più pacata rispetto a prima ma comunque in cerca di qualcosa. E' solo allora che vedi con la coda dell'occhio delle tenebre strisciare verso di te per poi prendere una forma vagamente umanoide.




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    riassunto azioni ⦿ //////


    Descrivi tutto fight incluso. Si autoconclusivo. Tu hai sigilli e luce come poteri. Il mostro che ti attacca ha oscurità e veleno. Siete entrambi ene viola.



    narrato ⦿ parlato ⦿ pensato ⦿ parlato altri

     
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    V - Intruso


    Una volta dentro, la Regina fu accolta come ogni volta che aveva fatto visita al Tempio: i sacerdoti che si inchinavano uno dopo l'altro al suo passaggio, quel lieve ronzio generato dall'energia che faceva fluttuare gli obelischi, e soprattutto quell'atmosfera contemporaneamente tanto intima e tanto in grado di far sentire in soggezione persino lei.

    Era parecchio che non tornava in quel luogo: ultimamente la situazione del regno era così in bilico da rendere una cattiva idea persino lasciare il Palazzo. Ulthuan non poteva permettersi di perdere anche lei, non dopo le sparizioni del Re e di Galdor.
    Quel giorno però era diverso: gli incubi, la strana roccia e la Stella di Averlorn erano segnali inequivocabili. Il tempo di mantenere lo status quo ed attendere che i due uomini riuscissero a ribaltare la situazione era finito, toccava a lei ora fare la sua mossa.

    Mentre a braccia aperte lasciava scorrere le mani in modo tale da sfiorare le teste chine dei sacerdoti, la Stella iniziò a pulsare leggermente dal centro della corona, emanando un'energia a lei chiaramente percepibile e che aumentava pian piano in maniera inversamente proporzionale alla distanza che la separava dal fondo della navata principale.
    Una volta superati i religiosi e giunta di fronte all'altare centrale, Alarielle si inginocchiò portando le mani giunte sotto il mento e poi chinò la testa per poggiare la fronte su di esse.

    Dopo una breve preghiera di ringraziamento - ma anche un po' per chiedere assistenza - ad Isha, riprese una posizione eretta e regale, scivolando verso la più grande delle stanze laterali.
    Le pulsazioni del gioiello si facevano più intense e frequenti man mano che si avvicinava all'entrata, come in sovreccitazione per la vicinanza a ciò che stava indicando alla Regina, ed infine lei varcò la soglia della sala interna.

    «Oh Santo Cielo.»



    Mormorò tra sè e sè.
    Non era di certo all'oscuro che in quella stanza di solito si prestasse assistenza ai malati o a chi in generale avesse bisogno di cure o soccorso, ma quel giorno c'era soltanto una giovane, apparentemente umana, raggomitolata su se stessa.
    Indossava quella che aveva tutta l'aria di essere una veste da ancella e sembrava completamente abbandonata ad un sonno profondissimo.
    Uno dei sacerdoti, avendo seguito a breve distanza la Regina Eterna, si prese la briga di raccontarle l'accaduto: una nave di profughi sembrava essere affondata poco lontano dall'Isola ed individuata dalla pattuglia giornaliera. Un gruppo di sopravvissuti era stato tratto in salvo: tutti in condizioni accettabili tranne quella ragazza, che a detta degli altri sembrava essere in quello stato da qualche giorno.

    «Un naufragio? Traffici illeciti dei nobili? Oh, Isha, ti prego di fornirmi le risorse per riportare un po' di tranquillità in questo paese.
    Ad ogni modo, farò di tutto per andare a fondo della questione, ma ora vorrei poter controllare di persona la giovane.
    Permettete?»



    Educata come si conveniva ad una Regina ma sottilmente perentoria: voleva che il vecchio religioso si levasse di torno e tanto ottenne.
    Mentre azzerava la distanza da quel corpo immobile ad esclusione di lente e regolari contrazioni del petto appena percettibili, la Stella rallentò i suoi input, prendendo un ritmo più tranquillo ma un'intensità diversa. Evidentemente era proprio la ragazza ciò che doveva trovare, ma... perchè?

    Stava proprio facendosi questa domanda nella sua mente, quando qualcosa catturò la sua attenzione: con la coda dell'occhio aveva notato un movimento fin troppo repentino e si voltò di scatto, certa che nessuno dei presenti avrebbe osato comportarsi così in sua presenza.

    Quel movimento fu ciò che le salvò la vita.
    Un grumo di tenebre avanzava verso di lei e si agitava su se stesso fino ad arrivare a prendere una forma vagamente umanoide appena a pochi centimetri dalla sua persona.

    Con un movimento a metà tra una zampata e uno sgambetto tentò di colpire la gamba sinistra di Alarielle, ma gli stivali che la Regina Eterna indossava erano stati preventivamente tempestati di sigilli a rilascio di energia in reazione ad eventuali minacce, attutendo e respingendo di fatto il colpo.
    Mentre accadeva questo, l'elfa ricoprì immediatamente la staffa di un compatto strato di fotoni, illuminando all'improvviso intensamente la sala ed utilizzando l'arma cerimoniale ora incantata per deviare quanto necessario uno spuntone che si era espanso dalla testa dell'assalitore allo scopo di infilzarle la gola.
    Il movimento costrinse il colpo nemico a infrangersi di striscio sulla zona in alto della clavicola destra, strappando nel punto interessato la veste e portando via una minuscola quantità di carne della regina.
    Non avrebbe potuto accorgersene in quel preciso istante, ma Alarielle era appena stata infettata con una prima dose di veleno nascosta nella protuberanza oscura ormai ritirata.

    Sconvolta da quello che aveva tutta l'aria di essere un attentato se non qualcosa di peggiore e direttamente legato alle sparizioni di Finubar e Galdor, Alarielle mutò espressione. Assieme ad una nuova luce negli occhi e ad un indurirsi improvviso dei lineamenti del suo volto, si verificò un altro cambiamento: la staffa iniziò a pulsare intensamente, diventando accecante. Iniziò a brandirla in velocissimi e quasi ipnotici movimenti mentre dalla sua lunghezza veniva espulsa una quantità indicibile di raggi altamente concentrati e quasi incandescenti, in parte destinati a raggiungere la creatura d'ombra seguendo la più diretta delle traiettorie e in parte seguendo parabole più ampie volte a bloccarne la fuga nelle varie direzioni.

    L'entità che aveva portato l'assalto a sorpresa, distratta ed intimidita dalla danza luminosa, fu letteralmente trafitta da parecchi dei raggi luminosi nonostante un visibile ispessimento della sua forma corporea.
    Solo allora, mentre osservava i danni inflitti al suo presunto carnefice, Alarielle si rese conto che qualcosa non andava nel punto in cui era stata colpita, indolenzito più del previsto: buttandoci un rapido sguardo, notò che un alone violaceo con sfumature vergine si era allargato attorno alla ferita.

    °Oh no, veleno.°



    Portò la mano opposta sulla ferita e la utilizzò per canalizzare l'energia necessaria ad imprimere sulla parte un sigillo di purificazione, eliminando le tossine dall'organismo prima che potessero diffondersi troppo.
    Nel frattempo l'essere aveva usato la sua fisicità e le sue capacità per chiudere i fori con nuovo materiale oscuro e tornare all'attacco: espanse il buio su tutto il pavimento e da esso emerse ovunque una selva di tentacoli di tenebra, iniziando a frustare indiscriminatamente in ogni direzione.

    «NON. OSARE.
    Non importa cosa tu sia o cosa tu voglia.
    Non avrai nè lei,
    nè me,
    nè questo regno!»



    In preda ad un comportamento di cui neanche lei stessa si capacitava fino in fondo, stava agendo e pensando quasi in automatico, come se non dipendesse totalmente da lei, ma come già successo poco prima che Galdor le salvasse la vita, dall'esterno sembrava perfettamente cosciente di cosa e come fare.

    Con un semplice sguardo proiettò energia verso l'umana e la circondò di una gabbia di sigilli protettivi. Avrebbe evitato ad ogni costo che venisse coinvolta in quell'orrore oscuro, ma questo le costò: venne scaraventata contro il muro più vicino dall'impatto con uno dei tentacoli durante la breve distrazione necessaria a portare a termine quel compito.
    Lo schianto le tolse il fiato per un istante e finì a terra.
    Si rialzò, non in forma ma tutt'altro che malconcia, e la prima occhiata fu nuovamente per colei che intendeva proteggere: la fortezza di sigilli reggeva, perciò potè spostare le due braci dorate che ormai aveva al posto degli occhi sull'obiettivo.

    Per un breve momento lei stessa sembrò illuminarsi velocemente, ed era soltanto l'inizio. Battè la staffa in terra e assieme al suono, un'esplosione di pura luce invase l'intera stanza, sgretolando i tentacoli e idealmente investendo la creatura con l'intento di danneggiarla e minarne l'equilibrio. Nel mentre, diventando un tutt'uno con la sua stessa luce ed ottenendo il favore dell'intensità luminosa, riuscì scattare non percepita a tu per tu con la cosa che l'aveva assalita, piantando un palmo su quello che avrebbe dovuto essere un petto.

    Mentre il flash precedente si diradava, una luce sfavillante passò dal palmo di Alarielle alla materia oscura di cui era composto quel mostro, pompata e contemporaneamente imprigionata all'interno del nemico da un sigillo autoalimentante che continuava ad espandersi a vista d'occhio seguendo il flusso del cosmo luminoso all'interno della bestia.
    In pochi istanti, dal nero impenetrabile l'entità passò a un bianco giallastro quasi totale, fino a cominciare la disgregazione progressiva nell'area come fotoni indipendenti.

    Alarielle franò in ginocchio con lo sguardo terrorizzato ed un fiatone incontrollabile: quella sorta di trance era svanita così come era sopraggiunta.
    L'unica cosa che riuscì a fare, prima che le Dame si palesassero trafelate al suo cospetto, fu gattonare verso la ragazza e cingerla in un amorevole abbraccio, appoggiando la testa alla sua.

    «Maestà!!»



    «Sto bene... Per ora.
    Non è di me che dobbiamo preoccuparci, ma di come svegliare questa persona.
    Credo sia quantomai necessario ed urgente, nonché l'unica pista per capire che diamine stia accadendo ad Ulthuan.»



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    WHITE SPACEKriøs → Teia
    III

    Una manovra spericolata. Senti quasi la risata calda di tuo fratello Crio nella testa quando gli racconterai di questo, il sorriso orgoglioso di Iperione prima di stringerti finalmente fra le braccia dopo tutto questo tempo passati separati.
    La creatura emerge dalle ceneri del pianeta. È in trappola e finalmente ha deciso di attaccare...o no? Il tuo cuore quasi salta un battito quando dopo tutto questo penare, dopo tutto questo tempo, esita.

    Riesci a distinguerlo meglio per un istante, il cuore pulsante dell'energia che ha rubato fino ad ora. Lo vedi ferito, per quanto sia impossibile stabilire l'entità dei danni a quel tipo di creatura. Il nucleo che brilla nel suo petto fa quasi male a guardarlo, quella luce così carica di vita e potenza. Insaziabile.

    NmmNPlQ




    TEIA!


    Urla, ma è un urlo ovattato come se giungesse da mille sistemi. Ti preme una barriera così distante dalla tua mente che non fa altro che causarti fastidio. Rabbia. Furia. Come oosa chiamare il tuo nome? Appellarsi a te con quel richiamo così intimo, quando non è altro che una bestia, un ladro...un'aberrazione?
    Una piccola parte di te riconosce la fibra disperata dietro quel richiamo. Sembra volerti con una determinazione immane, un'avidità senza fondo. Ti ha attirata qui apposta. Questa corsa è stata solo un modo per lui di cibarsi di te, di avere attenzioni...






    TEIA!







    E svanisce. Qualcosa lo ha portato via, strappandoti la preda che tanto hai cercato per tutto questo tempo. È inaccettabile. La cosa ti riempie di rabbia cieca, irrazionale: come osa? Ti rendi conto di essere lontana anni luce da ogni posto a te conosciuto, ormai. Le rovine del pianeta sono ancora intorno a te, brandelli di gas che al suo interno celava vita, una volta.
    L'echeggiare di quel richiamo disperato ancora nella mente, a causarti un fastidio immane.

    Sei stanca. Forse ti riposerai qui, rimettendo in sesto questo piccolo angolo di universo prima di tornare a casa.

    Su4sahH

    Questo maledetto animale è sparito e sembra averti perculata fino ad ora :zizi:

    Sei LONTANISSIMA da casa e dalle risorse più vicine. Se mandi un messaggio a Crio o Giapeto, gli unici che potrebbero raggiungerti in tempi ragionevoli al momento, non ricevi risposta (e la cosa non è strana di per sé, ma essere da sola a fanculonia e non poter contattare nessuno non è piacevolissimo). Puoi rimetterti in sesto e ricreare il pianeta, far vedere cosa puoi fare, puoi andare un po' in Teia demiurga per questo post. Passa del tempo prima che tu sia in grado di sistemarti, rimetterti le risorse e riparare Galad da eventuali danni.
    ▼ DM's Corner
     
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    VI - La Crisi


    Quella che per la Splendente non era nulla più di una bestia criminale ed irrispettosa fu investita in pieno dalla potenza devastante del cannone radiante.
    Di Yikritan era rimasta soltanto una porzione circondata da un'ampia nube di detriti, ammassi rocciosi e gas, tra i quali al lento dissiparsi del pulviscolo, dovuto alla mancanza di gravità nello spazio aperto, emerse infine la creatura.

    Era riuscita ad incastrarla e danneggiarla; finalmente, dopo quell'inseguimento durato ben più del previsto, erano talmente vicine da permettere a Teia di scorgere il nucleo pulsante che quell'aberrazione nascondeva al suo interno, composto di sfolgorante energia luminosa.
    In quel preciso momento le sensazioni di Teia avvamparono in un turbine agitato, un marasma in cui i confini tra uno stato d'animo e l'altro erano talmente labili da non esistere nemmeno più.
    Era soddisfatta ed il suo ego stava esultando per essere riuscita a mettere all'angolo la preda dopo il lungo inseguimento, ma era solo la punta dell'iceberg: provava un divertimento inadeguato alla situazione mentre immaginava i commenti dei suoi fratelli riguardo alla manovra appena eseguita ed inoltre era pervasa da un'incontrollabile furia nei confronti della creatura, di quel mostro che aveva avuto la sfacciataggine di sfidarla apertamente e di essersi cibata delle sue creazioni.

    Si sarebbe aspettata un assalto disperato come risposta a quanto appena successo, una dimostrazione pratica di quel meccanismo noto come istinto di sopravvivenza, e invece restò inebetita nello scoprire che l'entità non aveva alcuna intenzione di opporre resistenza.
    Ciò che fece, al contrario, fu rimanere apparentemente quieta nella sua posizione e urlare con una foga sinistra il nome della Splendente.

    Sentir profanare il suo nome con quel tono e da quell'essere peggiorò ulteriormente l'uragano emotivo di cui era preda la Titanide, aggiungendo benzina sul fuoco che era l'avversione nei suoi confronti. L'ira più profonda stava prendendo il sopravvento sulle altre emozioni e non solo, stava iniziando a destabilizzare l'intero essere della Signora della Luce.
    Era come se l'interezza della sua mente fosse stata conquistata da immagini di distruzione, dal desiderio irresistibile di ridurre quella becera esistenza in cenere. Per i suoi figli che aveva razziato e ferito, per la minaccia che poteva essere per quelli non ancora raggiunti, ma soprattutto per se stessa: voleva ottenere la sua vendetta, voleva rimettere al suo posto quell'essenza criminale (o meglio rimettere se stessa al posto infinitamente superiore che le spettava), voleva semplicemente cancellarla dall'esistenza.

    Era già in procinto di partire all'attacco quando, dal nulla e per un infinitesimo di secondo, un pensiero attraversò l'inferno che aveva in testa.

    Che mi abbia portato qui di proposito?



    Con una velocità di elaborazione completamente aliena ricamò attorno a quell'idea, giungendo a chiedersi se fosse possibile, quale fosse idealmente lo scopo di un piano del genere e soprattutto chi ci potesse essere dietro.
    Quella creatura si era sì dimostrata scaltra durante l'inseguimento, ma la catena di pensieri quasi inconsci di Teia aveva decretato che non potesse essere così tanto competente da aver organizzato tutto e poi rimanere lì impalata ad urlare. Che fosse anch'essa vittima? Che fosse una pedina in uno scacchiere ben più ampio e pericoloso?

    Oh no...
    Sto davvero empatizzando con quest'abominio dopo tutto quello che ha combinato e a cui mi ha costretto?
    Se lo merita? E' realmente vittima a sua volta? Sta davvero soffrendo al di là di quanto sia ovvio dopo la cannonata di radiazioni?



    Sospirò visibilmente.
    Fu un sospiro che metaforicamente era paragonabile ad un macigno espulso dal petto, un sospiro che portò con sè ogni traccia di quel momento così autentico di preoccupazione, di quella compassione mostrata persino per il nemico di cui avrebbe reclamato l'esistenza fino a un attimo prima.
    Quel sospiro aveva interrotto quel filo di ragionamenti ed aveva rimesso la mente della Titanide sui binari che viaggiavano dritti verso la vendetta più violenta possibile.

    Un nuovo urlo, più intenso del precedente, risuonò nella testa dell'incarnazione della sacra luce creatrice, un urlo che rese definitivamente incontrovertibile il dominio che la furia più cieca aveva instaurato su Teia.


    «N̴̳̓͂̆́O̴̗̙͉͇̅̍̅̂͘͜͝N̸̳̲͈͚̊̒̊̆̓ͅ.̷̭̒́̂͑̉̉̕ ̴̡̨̛̝̙̻͔̮́́͑̈́́͠͠T̸͎̬̰̙̓́̑̑̌͆͝͝ͅÎ̷̖̦̲͕̅͛̀̈͆̓.̸̺̳̼̗̝̯̀̏̂̓́̑ ̵͈̱̯̼̜̝̃͂̐͒͗ P̴̡̡̩̑̀̚͜͝E̴̤̱̥̰͓̫͐̏̾͆R̸̼̻̆͛̇̍̽̓̏M̸̜̗̪͙̃̂̒͒̾̒É̵̢̻̯͉̙̲͇T̵̖͐̿T̵̗̼̝͍͈͉̦̆͝ͅĒ̴̦̱͇̟͕̗͎̕͜R̸͍͔̮̻̲̼̜̲͌E̸̛͓̠̒!̶̢̨̢͔̦̰̙͊!̶̳̱͉͚̮͔̀̃̾̓̔͝!̵̢͎̎»




    Il suo fu quasi un ruggito, i suoni che aveva emesso sarebbero probabilmente stati incomprensibili per la stragrande maggioranza degli esseri viventi.
    Era la dimostrazione che ormai non avrebbe accettato altro pensiero, altro esito, altro successivo evento che non fosse l'estinzione di quella creatura e/o di ciò che stava osando prenderla in giro in quel modo sfruttando quella "cosa" divoratrice.
    Non importava più nulla, né quanto fosse stata voluta lì, né perché, né tantomeno se da ciò che aveva di fronte o da altro: non avrebbe tollerato oltre di essere manovrata e presa in giro come una perfetta marionetta imbecille.
    Non lei.

    Peccato che durante il seppur breve tempo necessario ad attivare la sua Dunamis ed arroventare la sua intera figura in una luce sfolgorante pronta ad estinguere il bersaglio, quest'ultimo era svanito nel nulla.
    Non ve n'era più traccia.

    Un nuovo boato tanto incomprensibile quanto carico di ira e frustrazione emanò dalla Titanide, spargendosi nello spazio aperto come una goccia di colorante in un bicchiere d'acqua.

    I cloni luminosi svanirono nel nulla come se fossero stati effettivamente disgregati da quel suono terrificante mentre la Splendente si accucciava su se stessa tremando spasmodicamente in maniera nervosa.

    Rimase lì, nel bel mezzo dello spazio e in compagnia di null'altro - fatta eccezione per Galad - che detriti rocciosi e gassosi, visibilmente sconvolta e quasi in lotta con se stessa per non lasciar esplodere tutto il suo potere assieme alle sue emozioni.
    I secondi si rincorrevano e la sua mente stava per andare in corto circuito a causa delle innumerevoli ipotesi che si accavallavano riguardo quanto appena accaduto e dell'instabilità emotiva che stava sperimentando a seguito della colossale presa per i fondelli di cui era stata bersaglio.
    Si era trattato di una plateale sfida alla sua autorità, alla sua perfezione in quanto creatrice e protettrice. Un attacco personale che, anche a causa della stanchezza, non riusciva a metabolizzare.
    Se non avesse trovato un modo per fermare quel processo, avrebbe rischiato di distruggere quell'angolo di universo da un momento all'altro.

    Non sono lucida, non posso resistere in questo modo, rischio di peggiorare la situazione.
    Devo trovare un modo.Devo uscire dal loop. Devo... DANNAZIONE!
    Se solo fossi qui, amore mio, se solo gli altri miei fratelli sapessero dove diavolo sono arrivata...



    Oltre alla furia, il panico.
    Ormai era questione di istanti e non sarebbe più riuscita a combattere la sua stessa fisiologia e contenere il proprio potere.
    Era al limite.

    Fu allora che Galad si avvicinò in reazione alle fluttuazioni energetiche ormai esagerate che la Titanide stava emettendo e comunicò con lei attraverso i sistemi di comunicazione telepatica installati da Mnemosine su tutte le navi.

    «...Radianza.
    Perdoni l'intromissione, ma il protocollo impone che ogni volta io la trovi in questo stato abbia il dovere di ricordarle per conto del sommo Iperione quanto lei sia la luce dei suoi soli



    Nonostante i dolori lancinanti ovunque e gli spasmi ormai incontenibili, Teia combattè con i suoi stessi muscoli per abbozzare un sorriso.
    Iperione aveva colto nel segno, come sempre. Modificando i protocolli d'emergenza di Galad, aveva fatto sì che la sua fidata compagna le ripetesse quella frase, l'unica cosa che avesse il potere di farla sentire onnipotente ogni volta che il contatto con la realtà veniva meno e la spingeva a sentirsi insensatamente inerme.

    Era sola, certo, era inquantificabili anni luce lontana dalla sua famiglia e dal loro supporto, ma era tutt'altro che inerme.
    Quella bestia e chi l'aveva sfruttata, ammettendo che quel pensiero corrispondesse a verità, potevano aver vinto la battaglia ed essere riusciti a ridurla in quello stato, ma quello non era altro che l'inizio della guerra.

    Teia non era un burattino, non era un'essere con cui giocare e di cui prendersi gioco a quel modo.
    Teia era incline ad essere benevola e protettrice, ad essere la madre orgogliosa e pronta ad accudire le sue creature con tutto l'amore ed il calore di cui fosse capace.
    Ma Teia era anche quella che aveva la stessa facilità nel creare quanta ne avesse nel distruggere.
    Teia non aveva limiti nè mezzi termini quando necessario.
    E qualcuno aveva appena fatto sì che fosse necessario.

    Il suo corpo si sgretolò in un'esplosione di luce talmente intensa da non essere neanche lontanamente descrivibile.
    Per qualche istante in quell'angolo del multiverso non ci fu altro che luce. Luce che poi diminuì lievemente d'intensità ed avrebbe permesso ad eventuali o ipotetici spettatori di distinguere qualcosa.

    ff11039bfb56f4ecf3be54fc1409cc81



    Una figura dalle dimensioni spropositate e i cui limiti non erano neanche percepibili a causa delle particelle luminose che diffondeva dalle estremità brillava ineguagliata dove prima si trovava il corpo umanoide della Titanide.
    La vera ed a tratti indistinguibile forma di Teia.

    «Perdonami, Galad.
    Ho lasciato che le emozioni e la stanchezza avessero la meglio su di me.
    Ricordami di ringraziare mio marito e di darti una bella sistemata in segno di gratitudine anche verso di te, ma tutto questo dovrà aspettare.
    Ho del lavoro da fare.
    Ti prego, allontanati, sarà ampio»



    Le sue parole furono una dolce melodia rilassante e rilassata, non c'era più traccia del tumulto di pochi secondi prima.
    I fotoni vorticavano ovunque attorno a lei, creando giochi di luce meravigliosamente ipnotici.
    Galad si allontanò senza aggiungere altro, e Teia iniziò a creare.

    Sono stata separata dai miei affetti e messa in difficoltà



    Le particelle luminose iniziarono ad addensarsi e creare moti armoniosi e ordinati.

    Ho ceduto come una povera stolta ad una provocazione bella e buona



    I flussi particellari abbracciarono quasi letteralmente l'intera area, andando a convergere istante dopo istante attorno alle rovine di Yikritan.

    Ma tutta questa macchinazione ha avuto una clamorosa falla.



    I gas, le rocce e ciò che restava del pianeta vennero avvolti da un turbinio di luci sfavillanti e ne rimasero alla mercé per lunghi momenti.

    Essere sola mi rende più debole? Mi rende bisognosa della mia famiglia per essere - semplicemente - me stessa?



    Aumentando prodigiosamente di velocità, il vortice luminoso sembrò sul punto di perdere stabilità, ma non fu ciò che successe.

    Sbagliatissimo. Essere sola mi permette di brillare ancora più ardentemente senza paura di mettere in ombra i miei fratelli.



    Con una magistrale concatenazione di effetti simili ai fuochi d'artificio, il vortice si dissolse per poi iniziare a disperdersi in tutte le direzioni, coprendo l'intera area con giochi di luce dalla bellezza inenarrabile che accompagnavano il potere di creazione stellare proprio della Splendente.

    Io sono Teia.
    Non sono la mia famiglia.
    Sono la luce dei Soli di mio marito.
    Sono la migliore amica o la peggior nemica che qualcuno possa mai avere.
    Qualcuno oggi mi ha reso la sua peggior nemica.
    Fossi anche costretta a curare, distruggere o ricreare corpi celesti milioni di volte per farlo, giuro che troverò e punirò il responsabile.



    Yikritan era di nuovo integro ed appariva più pieno di vita che mai, così come tutto lo spazio circostante.
    Quell'anfratto dell'universo era stato rivitalizzato e reso molto più ospitale di quanto non fosse in partenza dal potere demiurgico della Splendente, che una volta finita l'opera con un'ennesimo sfavillante spettacolo di fotografia riprese la propria forma precedente e arrancò verso Galad, sfinita per il grande stress e per il dispendio energetico che le aveva richiesto risistemare e migliorare il settore intero.

    Una volta a bordo, prima di collassare a letto, si rivolse un'ultima volta alla propria nave.

    «Galad, imposta la rotta verso casa.
    Io... credo di aver bisogno di dormire per... MOOOLTO tempo.
    Al mio risveglio, quando avrò di nuovo le forze per essere efficace, sistemerò sia te che l'incrociatore malmesso, te lo prometto.
    E sarà solo l'inizio, non basteranno una banale riparazione o due paroline per esprimere la mia gratitudine.
    Per il momento, grazie ancora Galad.
    Buonanotte.»



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    Edited by Kriøs - 24/3/2021, 00:35
     
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    C'
    è un gran caos attorno a te, rumore di uno scontro? Ma dove ti trovi? Non ricordi nulla se non il freddo dell'acqua e questa sensazione, come se una forte luce ti attirasse verso di essa. Ti bruciava, ti faceva male, così hai cercato di mandarla via e forse a quel punto che sono cominciate le urla e il combattimento.

    Apri gli occhi e sei in quello che sembra un tempio, torce bruciano attorno a te e diverse ancelle guerriere cercano tra le ombre possibili minacce mentre una aiuta una donna bellissima ad alzarsi. Le lunghe orecchie a punta, il vestito tutto sembra urlare che si tratta di qualcuno dal sangue reale. Provi a parlare ma non hai voce, solo un forte dolore alla testa. Un fischio nelle orecchie. E' paura quella che provi? Perchè ti si stanno avvicinando. Tendi la mano, e ombre si alzano attorno a te. Affrontano le ancelle, attaccano l'elfa dal sangue reale. Troppe domande e poche risposte. Una su tutte. Chi sei?




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    Prospettiva ribaltata sei la ragazza che si trova sull'altare. In sto post fammi sentire tutta la sua confusione e paura. Poi combatti contro le ancelle e la regina. Hai costrutti e veleno come poteri. Riesci ad abbattere alcune ancelle prima che i sigilli della regina ti blocchino.



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    VII - Cambio di prospettiva


    La giovane aprì gli occhi.
    Era visibilmente spaesata e terrorizzata, oltre che apparentemente debole.
    Riuscì a distinguere dopo qualche attimo di vista appannata le figure che la circondavano: un manipolo di elfe, tutte vestite d'abiti tra il cerimoniale e il marziale. Tutte tranne una, l'unica che spiccava tra tutte: era stata aiutata ad alzarsi e sembrava provata, ma anche in quelle condizioni faceva trasparire tutta la sua raffinatezza.
    Anche le vesti erano ben diverse da quelle del resto delle presenze nella stanza, di un bianco candido e arricchito da particolari dorati.
    Doveva essere una nobile, senza dubbio, ma quello fu un pensiero che la ragazza riuscì a partorire soltanto in seguito.

    Nei primi momenti, dopo aver esaminato velocemente ciò che aveva intorno, era riuscita soltanto a malcelare tutta la sua paura: tremava vistosamente e per quanto provasse a muoversi, doveva usare molte più energie di quanto preventivato a causa dei tremori stessi e della confusione che turbinava nella sua mente.

    Dove sono?
    Come sono arrivata qui?
    Chi sono queste pers--no, sono elfe? Credo.
    Perchè ho così freddo?



    A stento riuscì a stringersi come ste stesse abbracciando se stessa, cercando di scaldarsi come poteva.
    Non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo, le uniche certezze erano la scena davanti ai suoi occhi delle elfe che si stringevano attorno all'unica diversa e si accertavano delle sue condizioni, e quella sensazione residua di freddo pungente e totalizzante interrotta solo da una luce così intensa da stravolgere le sue percezioni e causarle la sensazione di stare quasi bruciando.

    Come se stesse rivivendo quei momenti risalenti a chissà quando, iniziò ad urlare a pieni polmoni:

    BAASTAAAA!
    NON VOGLIO, VI PREGO TOGLIETEMI QUESTA ROBA DI DOSSO, FA MALEEEEEE!!



    Eppure nessuna delle presenti sembrava prestarle attenzione.
    Era così atterrita da quei ricordi che si stavano riaffacciando alla sua mente come fossero allucinazioni da non rendersi nemmeno conto che non era stata in grado nemmeno di emettere suoni.
    Provò e riprovò ma non ottenne alcun risultato: il suo panico aumentava istante dopo istante, facendo sì che non scollasse gli occhi di dosso dalle altre presenti.
    Nella sua mente scossa avrebbe potuto succedere di tutto da un momento all'altro, perciò prese a rimbalzare lo sguardo ed il minimo sindacale di attenzione che fosse in grado di prestare tra le figure femminili.

    Gli accertamenti sulle condizioni della più elegante tra le elfe continuavano, ma qualcuna di quelle che con maggior senno avrebbe potuto definire ancelle finalmente iniziarono a perlustrare la stanza con più attenzione, notando il suo essere tornata cosciente - più o meno.

    «Maestà! E' sveglia!
    Ehi, tu, va tutto bene?
    Chi sei?
    Che ti è successo?»



    Dallo sgomento lei strabuzzò ulteriormente gli occhi, se solo fosse stato possibile, e percepì distintamente il suo cuore esploderle nel petto in preda ad un incremento folle della paura che già stava provando.
    Quelle parole le rimbombarono in testa con prepotenza, aumentando in lei non solo il terrore ma anche la confusione, scatenando contemporaneamente una fitta alla testa e un'esplosione di fischi nelle orecchie.

    Tra i big prolungati che si amplificavano nel suo cervello, la sua attenzione fu catalizzata da una in particolare delle domande rivoltele dall'elfa:

    Chi sei?
    Chi sei?
    Chi sei?



    Qualcosa si ruppe in lei nel momento esatto in cui una consapevolezza si cementava e una risposta le si materializzava tra i pensieri.
    Tentò nuovamente di urlarla senza successo mentre perdeva il controllo.

    Io..
    NON LO SO!!!!!



    Mosse per quanto possibile il braccio e la mano destra verso l'elfa, apparentemente tendendogliela in cerca di aiuto, ma quello che successe fu ben altro: dallo spazio dietro di lei emersero due lunghi e sottili tentacoli che si avvolsero attorno al collo e al busto dell'ancella, immobilizzandone anche le braccia prima di effettuare una torsione, spezzarle il collo e lanciarla via lontano dalle compagne.
    Un'altra serie di appendici si formò nei lati più ombreggiati della sala, dove altre erano rimaste a controllare, agitandosi e frustando lo spazio per cercare di ghermire quante più possibile di loro ed applicare veleno a contatto con le ferite.
    Lei osservava il tutto, alimentando la forza di quegli attacchi randomici istante dopo istante grazie al suo stato d'animo sempre più instabile e sull'orlo del collasso mentale e fisico.

    Fissò per qualche istante l'infuriare la battaglia, inebetita: parecchie delle ancelle erano state colpite ed avvelenate dalle appendici di varia forma e genere spuntante ormai un po' dappertutto, faticando sempre di più a resistere.
    Una dopo l'altra sembravano destinate a cadere tutte quante, due o tre l'avevano già fatto.
    Lei si voltò verso quella che aveva ritenuto la più nobile ed importante, quella che le altre si erano affannate a soccorrere e di cui erano preoccupate in maniera così viscerale e senza neanche una volontà lucida, uno sguardo di sfida si manifestò sul suo viso proprio verso quella figura.

    Le protuberanze generate dal suo tumulto interiore stavano iniziando a convergere verso il bersaglio, ma a quel punto tutto cessò.
    Sia quelle creazioni inconsce che furono come congelate sul posto, sia la sua follia da panico.
    Ovunque c'erano strani disegni luminosi, specialmente sul pavimento sotto il suo corpo e tutto attorno alla sua figura.

    Come se quello fosse stato un rimedio a tutto, gran parte delle sensazioni che la tenevano prigioniera di se stessa si smorzarono all'improvviso, continuando ad affievolirsi secondo dopo secondo in piena sincronia col crescere in lucentezza di quei disegni.
    Non sapeva se calmarsi o provare un terrore ancora più viscerale di quello provato fino a quel momento.
    L'unica cosa che ritenne aver senso fare fu inchiodare lo sguardo in quello dell'elfa nobile.
    Era ormai assodato che non sarebbe riuscita a parlare, ma pensò intensamente, quasi come se volesse farle arrivare un messaggio.

    Salvami.
    O uccidimi.
    Per quanto ne sappia le due cose potrebbero essere collegate.



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