ally across time

cambio cloth per Lyga

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    ally across time | post VIII
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    Mentre la bruma della scogliera si infittisce, Anita ti fissa intensamente, i suoi occhi penetranti sembrano scavare nelle profondità della tua anima. La sua espressione è imperscrutabile, ma percepisci una corrente di comprensione e preoccupazione che si cela dietro quel velo di neutralità. Il suo nome, pronunciato con un timbro che evoca echi di un passato lontano, sembra portare con sé il peso di memorie perdute, sussurrate da una voce che ora tace nel silenzio dell'oblio.

    “Chi sono? Se un nome può soddisfarti te lo darò: Anita.” Le sue parole cadono nell'aria come pietre in uno stagno, riecheggiando con sottile tristezza. “Che tu non ti fidi è una cosa sensata, dimostra che in fondo hai imparato qualcosa dal rivivere la stessa scena migliaia di volte.”

    Le sue mani si muovono in un gesto rapido e sicuro, tessendo fili di luce che ti avvolgono in un tripudio di colori vividi. Non appena li sfiori, onde di sensazioni e visioni si abbattono su di te. Davanti ai tuoi occhi si materializza una scena potente: sei tu, Gaelle, che invochi i Loa con un rituale antico e potente. I loro volti, una volta benigni e guida, ora rivelano tratti contorti e oscuri, echi di una corruzione che non avevi mai percepito prima.

    “Vedi,” dice Anita con una voce che ora assume toni cupi, “avete chiamato qualcuno, ma non esattamente ciò che desideravate. Avete attirato l’attenzione dei servi di Hades, di uno in particolare estremamente fastidioso: Atavaka.”

    La visione cambia violentemente, mostrandoti scene di desolazione e morte. Corpi contorti e volti distorti da un dolore inimmaginabile si susseguono in una sequenza caotica e terrificante, troppo veloce e confusa per essere pienamente compresa. Poi, in un istante, tutto si dissolve e ritorni al punto di partenza, accanto ad Anita sulla scogliera.

    “Atavaka ama mangiare e divorare le anime per accrescere il suo potere. La tua anima, per qualche motivo, un motivo che poi ti spiegherò, non è riuscita a mangiarla e, da molti anni rivivi lo stesso incubo in maniera ciclica. Ogni volta mangia un pezzo della tua anima e non si fermerà fino a quando non avrà finito il suo lavoro.” Le parole di Anita sono un flusso di chiarezza glaciale in un mare di confusione.

    “Senti, muovere le tue chiappe e ballare non basta. Devi capire esattamente il peso che grava su di te, e perché un pezzo della Cintura Dorata ti ha scelto.” Mentre parla, noti qualcosa di straordinario: sul tuo corpo ebano cominciano a brillare punti di luce, come stelle che emergono dal firmamento notturno, illuminando la tua pelle con una luce quasi divina.

    Anita ti osserva con un misto di ammirazione e preoccupazione profonda. Il suo sguardo riflette la saggezza di chi ha visto cicli di vita e morte ripetersi innumerevoli volte, e ora, di fronte a te, si posa con la gravità di chi conosce il peso del destino.

    Che fai, Gaelle? Nel cuore di questo maelstrom di rivelazioni e poteri antichi, ti trovi alla crocevia di un destino che sembra più grande di te. Ma con la guida di Anita, forse, solo forse, potrai trovare il cammino per sfidare Atavaka e reclamare il controllo della tua anima e del tuo destino. La scelta è tua, e il tempo per deliberare è un lusso che non hai.

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    Note del Master
    Perfetto, ci siamo quasi alla parte succosa della quest. Come reagisce la giovane Gaelle a queste rivelazioni? Se credi a ciò che Anita ti fa vedere, fai le tue elecubrazioni e concludi il tuo post quando ti concentri sulle stelle che stanno billando sulla tua pelle. Forza CULONICA andiamo <3



     
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    Quante volte, in una vita, possiamo essere distrutti? Quante volte lo si dice che siamo arrivati al nostro limite? Che siamo spezzati? Che non abbiamo più nulla per cui vivere, lottare o sognare?
    Cos'è la disperazione?

    «NON CI SONO PIÙ»


    «MORTI»


    «DIVORATI»


    «PERCHÈ CREDEVANO IN LEI»



    Crollò.
    Accartocciata su se stessa. Svuotata da qualsiasi cosa. E urlò.
    Non era però normale. Era rauco. Che si graffiò le corde vocali, che sentì la gola bruciare eppure continuò. Fregandosene se non avesse più potuto parlare. Aveva perso le parole. Aveva perso il suo popolo. Aveva perso tutto.
    Era in ginocchio con le mani nella terra, mentre veniva bagnata da lacrime miste a saliva; i singhiozzi scuotevano quel corpo che un tempo era stato quello di Gaelle. Bello, sensuale, maledettamente femminile che tra donne e uomini riscuoteva un notevole successo, eppure ora non era nulla di più che di meno che un foglio accartocciato su se stesso, dove era stata scritta una storia di merda.
    Merda come lei.

    I'll build you back somehow





    E come?
    Ma soprattutto: voleva ricostruirsi?
    Cosa gli rimaneva? Non aveva più la sua casa, sua madre, suo padre, la sua famiglia.

    «NONNA!»

    Anche lei? Non era lì. Non era stata lì a salvarli. Non era stata lì a combattere con loro, a tenere le loro mani.
    Il pensiero che non avrebbe più potuto vedere sua nonna fu la spadata che non solo tagliò la sua anima, ma penetrò a fondo nel suo cuore spezzandolo e sentì qualcosa in gola. Un nodo. Non riusciva a respirare, si teneva il petto colpendo ripetutamente, ossessivamente il terreno. Voleva farsi male. Voleva scaricare quel dolore che, troppo pesante da sostenere, la stava schiacciando.
    Ora tentava di ricordare il volto si usa nonna, la sua voce, tentava di ricordare quando entrava a casa sua fischiando dalla strada e aspettando che lei uscisse dal balcone salutandola.

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    Credo che senza di lei non sarei la persona che sono oggi; senza di essi forse la mia vita non sarebbe riuscita a diventare più di un inesatto abbozzo



    Sua nonna era il centro del suo mondo. Sua nonna era sua madre. Sua amica, sua sorella era quella che cercava quando tutto andava bene, quando tutto andava male, quando si confidava, quando le portava la spesa e quando la andava a prendere per Natale.
    Quando litigavano e quando ridevano.
    Quando bevevano insieme davanti all'Oceano.
    Lei c'era sempre stata. Come fare a passare il resto della vita senza averla? Senza averle detto addio?

    I’ve been so lost since you’ve gone
    Why not me before you?
    Why did fate deceive me?
    Everything turned out so wrong
    Why did you leave me in silence?



    «NO»


    «NO»


    «NO»


    «NO»



    Non lo voleva accettare!
    Non era stata lì. Gli avevano strappato sua nonna. La sua famiglia. Lei pezzo a pezzo. Ma di lei non gliene fregava un cazzo!
    Il suo popolo, la sua famiglia, i suoi affetti dov'erano? Dov'era il tramonto sulle coste con i pescatori che tornavano, dov'erano le musiche e i tamburi rituali?


    «è tutta colpa mia»


    «non sono stata capace»


    «non sono degna»


    «NO»




    Tra i singhiozzi queste parole ripetute ossessivamente mentre rimaneva lì a terra stretta in se stessa, nel suo dolore, in quei stessi ricordi che ora la ferivano sapendo che non sarebbero tornati. Che non avrebbe più potuto danzare con loro, che non avrebbe più potuto aprire la porta di casa sua, che quello che era stato il suo mondo, fino a poco tempo prima, lo avevano distrutto e che la causa di tutto questo era solo e soltanto sua.
    Non poteva sopportarlo.
    Rimase in ginocchio, con il terriccio a sporcargli il viso, con le mani che affondavano nei muscoli delle cosce e lo sguardo per terra, assente, lontano.
    E sollevò infine lo sguardo...

    «Non ti credo...»

    Verità o menzogna che fosse, il dolore era qualcosa di palpabile. Vedere il suo popolo distrutto e divorato spezzò la sua volontà forse perché, nel profondo, lo sentiva.
    Forse lo aveva capito quando li vide su questa scogliera, spiriti silenti tra infiniti altri. Lo aveva sempre saputo.
    Eppure allontanò questo pensiero perché Anita, la scogliera, tutto questo potevadoveva essere falso.
    Non poteva essere reale.
    Non lo accettava.
    farlo significava accettare il suo ennesimo fallimento. Come Mambo.
    Resto così. Svuotata.
    Alzò i suoi sguardi ad un cielo che non esisteva.
    Quanto avrebbe voluto sua nonna ora. Le sue parole, la sua saggezza, la sua esperienza. Lei non aveva né la prima né tanto meno la seconda.
    Guardò Anita in quell'unico occhio dorato dove si riflette la saggezza di chi ha visto cicli di vita e morte ripetersi innumerevoli volte, e che ora si si posava con gravità di chi conosceva il peso del destino.
    Una gravità e un peso che quell'occhio dava anche a lei. Sua nonna cosa avrebbe fatto?
    Il dolore va accettato. Vita e morte sono il ciclo della Realtà, materiale e spirituale si fondano per concretizzare la Realtà e far si che vi potevamo essere.
    Vedere gli spiriti era un dono e una responsabilità. Vederli significava poter attraversare l'Invisibile per poter osservare lo scorrere della Realtà, capendo i meccanismi che l'animavano.
    Il Mondo Spirituale e quello materiale si sfioravano ma non potevano essere nell'uno o nell'altro. Gli Spiriti avevano il loro mondo e in quello dovevano restare, per potersi manifestare nel materiale avevano bisogno di un medium.
    un qualcosa che collegasse le due realtà per permettere di fluire o nel primo o nel secondo mantenendo coscienza di sé.
    E lo scorrere del tempo e dello spazio era sicuramente diverso tra l'uno e l'altro. Ma quanto di quello che diceva Anita poteva credere?
    E respirò.
    Gli insegnamenti di sua nonna tornarono come le onde dell'Oceano placide, dopo la tempesta del dolore.
    Ascoltare il proprio respiro, la propria anima in relazione con i Loa e la comunità. Tutti loro rimanevano uniti, tutti loro legati, la mambo garantiva che i fili del passato, del presente e del futuro del suo popolo non si perdessero mai; che il respiro dei Loa fossero per sempre con loro, che la spiritualità dei propri antenati restasse la malta con cui costruire la loro comunità giorno per giorno, secolo dopo secolo.
    Sentire il respiro dei Loa che si fa tutt'uno con il suo e al tempo stesso scoprire che il suo conteneva quello di tutti loro. E che nessuno era così diverso dall'altro.
    Sua Nonna le aveva detto che essere una Mambo significava custodire e proteggere.
    Ma soprattutto ascoltare.


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    Non devi vedere ma osservare.
    Non devi sentire ma percepire.



    Dovette respirare a fondo. Lo schiaffo che aveva ricevuto da Anita sotto forma di parole dure e taglienti le accesero qualcosa dentro.
    Atavaka. Cintura Dorata. Il peso che grava su di te.

    Si alzò con ancora le lacrime che rigavano il suo volto. Si alzò sotto il peso della sconfitta, sotto il peso della consapevolezza che non aveva fatto nulla ancora.
    Anita rimaneva un mistero eppure voleva crederle.
    Doveva vincere il ciclo. Spezzarlo e liberarsi.

    «Vorrei tanto non crederti. Vorrei prenderti a pugni così forte da spaccarti la faccia fino a quando non mi romperei le mani.
    Vorrei tanto non crederti...vorrei tanto sputarti in faccia a te e quell'altro. Vorrei tanto fare qualcosa


    Sputò quell'ultima frase con odio. Verso se stessa.

    «Ma troppo di quello che dici non mi sembra stupido.
    Perché anche se il tuo racconto è improbabile è l'unica cosa di sensata adesso e qui.
    Ho sentito più volte la mia anima come se si lacerasse. Ho visto quella cosa attaccarmi. Atavaka...uno dei servi di Hades...»


    Hades il dio greco della morte? Stupore? E di cosa? Quando esseri mostruosi avevano stuprato questo mondo continuando a marciare sul suo cadavere divorandone la poca carne ancora attaccata alle ossa, si stupiva di sentire Hades?

    «Quell'Atavaka assomiglia al Babako. Anche lui ha sempre fame...forse...»

    Scacciò il pensiero.

    «È mio.»

    I suoi occhi erano un misto tra rabbia, dolore, odio e ferrea volontà. Era una donna spezzata eppure continuava, nonostante i lutti e il dolore, nonostante i sbagli e la pochezza della sua anima, ad avanzare.
    Guardò gli spiriti, si ricordò della chiamata dei Loa.

    E non dimenticare, mia dolce acqua che scorre, che ogni lacrima e ogni onda porta con sé una lezione. Ascolta il canto delle acque, poiché in esse troverai la forza di superare ogni ostacolo e la pace per guarire ogni ferita.




    La Corona Dorata era la sua ricerca era quello per cui aveva iniziato tutto questo. In un mondo devastato una luce, seppur flebile, che si accendeva nell'oscurità più tetra.
    Ascoltare le acque. Ascoltare il respiro del suo popolo. Quel fiume che ora scorreva lontana da lei eppure vicino. Poteva sentirne il lento scrosciare ancora nei suoi pensieri, poteva vedere ancora i loro visi scorrergli tra i ricordi di quando il mondo non era una landa desolata e la vita, placida e sonnolenta, continuava il suo corso lontano dai clamori della Storia e da lotte di Eroi.

    «Io senza di loro non sono nulla. Sono solo una goccia nell'infinito. Ma mia nonna credeva in me, mia madre anche. Tutti loro. Mi hanno fatto mambo per una ragione. Vedo i loro volti eppure sembrano quieti nonostante l'orrore dei loro ultimi momenti.
    Forse potranno dimenticare io mai. Hanno creduto in me in tutti questi anni e hanno aspettato da soli mentre io ero qui.
    Avrei voluto parlarci un ultima volta. Avrei voluto dirgli che tutto quello che sono stati, le loro vite, le loro storie non finiscono ma sono dentro di me , vivranno con me accompagnandomi.»


    Consolazione di poco. Erano morti lasciandola sola. Ma il loro respiro sarebbe stato il suo. Queste erano state le ultime lacrime versate. Questi occhi si aprivano su questo mondo per l'ultima volta. Gli avrebbe tenuti per sempre per poter vedere il velo, per poter osservare la Realtà e poter vedere quando Atavaka si sarebbe mostrato di nuovo. E solo allora li avrebbe aperti.

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    PER POTERLO GUARDARE, PER OSSERVARE COME SI SAREBBE CONTORTO E VENDICARE IL SUO POPOLO



    Non avrebbe dimenticato. Il suo nemico peggiore. Il più odiato, il più detestato ma non era oggi la sua vendetta.
    Oggi doveva salvare se stessa da quello stesso nemico che la stava divorando. Oggi doveva divorare lei stessa questo Abisso. Lo doveva scacciare per sempre. Annientare con tutta la forza che poteva avere, con la sua anima a pezzi, con quegli occhi senza più lacrime, con la sua voce roca dalle urla, con il viso rigato dalle lacrime.

    «Ci sono ancora troppe cose che non capisco. I servi di Hades per esempio. Cos'è la Corona Dorata e perché ha scelto una come me. Troppe domande anche su di te. Ma al momento quello che mi preme e non farmi divorare perché io sono la depositaria delle anime e del popolo di Haiti. Io sono Gaelle la mambo di Haiti, come mia nonna prima di me, come sua madre prima di lei.»

    Lo disse con una convinzione che non pensava di avere.

    Qual è la ricchezza più alta di una persona?
    La convinzione è la ricchezza più alta di una persona.



    Si era risposta da sola. La convinzione era la più grande risorsa che una persona potesse avere. Non convincersi di essere Bondye ma che sapere chi eravamo e cosa potevamo fare si poteva creare un miracolo.
    Per la prima volta si era chiamata Gaelle, La Mambo non solamente Gaelle. Per la prima volta accettava se stessa con una convinzione che non lasciava spazio al dubbio.
    Le lacrime avevano reso le sue ciglia lucide, si asciugò la bocca con il dorso della mano e raddrizzò la schiena.
    Ed è allora che qualcosa succede.
    Il corpo d'ebano di Gaelle è come la volta celeste che si poteva guardare alla sera dal peschereccio scassato, con quel motore che si ingolfava, vecchio come Baptiste che diceva sempre che le cose vecchie durano perché attaccate alla vita.
    Quel vecchio matto non lo aveva mai cambiato cercandone sempre i pezzi di ricambi con una perizia e una pazienza invidiabili.
    Eppure quando stavano lì, in mezzo all'Oceano, con il rumore delle onde, con il cielo stellato sopra di loro allora quel vecchio brontolone di motore sembrava un ruggito.
    E la pelle di Gaelle assomigliò al cielo notturno mentre brillavano punti di luce, come stelle che illuminavano le acque dell'Oceano ed ora brillavano sulla sua pelle con una luce quasi innaturale.
    La costellazione della Vergine.
    Sulla sua pelle comparvero le stelle di una delle più grandi costellazioni del cielo. Gaelle era quello stesso cielo dove brillavano Spica e le altre stelle che la formavano.
    Baptiste di solito faceva commenti sconci sulla costellazione della Vergine a lei non importava. Quell'uomo amava le donne non più della sua barca però, ma osservarla dalla sua barca, quando il cielo era sereno e il mare placido era una bella sensazione. Un ricordo che brillava dentro di lei come al pari di Spica.
    Miracolo, destino o chissà che cosa Gaelle aveva già fatto la sua scelta nelle lacrime e nella convinzione che le avevano dato la determinazione di spezzare questo ciclo assurdo che la vedeva prigioniera in questo limbo.
    Guardò le sue mani e quella costellazione sulla sua pelle e respirò così profondamente che cercò di accarezzare gli spiriti del suo popolo un ultima volta.
    Un passo avanti. I pugni chiusi.

    «Dove trovo Atavaka? »

     
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    ally across time | post IX
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    Il sguardo di Anita restava fisso sulla ragazza, assorbendo ogni sfumatura del dolore e della sofferenza che essa celava dentro di sé. Conosceva troppo bene quei momenti, quelle prove di passaggio. Gaelle era solo all'alba del suo viaggio, con tanto ancora da scoprire e comprendere su ciò che significava lottare per un ideale superiore, per salvare l'intero mondo.

    Non importava quale fosse la sua cultura o a cosa si aggrappava. Anita aveva osservato molti Gold Saints, aveva incrociato la strada di numerosi cavalieri; tutti diversi l'uno dall'altro.

    "Prima di tutto," disse Anita con voce priva di ogni emozione, "si chiama Cintura, non Corona. E per semplificare, rappresentano le dodici costellazioni dello zodiaco che proteggono la nostra realtà. Questo è quanto ti è necessario sapere." Il suo tono era freddo, quasi distaccato — un chiaro segnale di qualcuno che aveva affrontato la tragedia troppe volte per lasciarsi coinvolgere ancora.

    Anita alzò una mano e, come per magia, davanti a lei apparve l'armatura della Vergine nella sua forma totemica. L'armatura brillava di una luce dorata, irradiando un potere mai visto da Gaelle. Al suo apparire, il tatuaggio sulla pelle di Gaelle scintillò, emettendo una luce profonda e intensa, come se l'essenza cosmica dentro di lei entrasse in risonanza con quella dell'armatura.

    "Questa che vedi è l'armatura della Vergine," disse Anita, la sua voce un sussurro carico di segreti antichi. "Il suo precedente custode mi ha incaricato di consegnartela. Ti sarà di aiuto nel duello che stai per affrontare. Quando ti sentirai pronta, toccala. Il resto seguirà, come se fosse sempre stato destinato a essere."



    La figura incappucciata avanzava con lentezza, un passo dopo l'altro, fino a fermarsi e sollevare il cappuccio dalla testa, rivelando se stesso per quello che era veramente. Un uomo ormai quarantenne, dal viso non visto da tempo, eppure inconfondibilmente familiare, tornato per un motivo ben preciso. Da lui emanava un cosmo potente, forse pari al tuo, cosa non sorprendente, considerando che stiamo parlando di uno dei più grandi eroi del passato: Lelouch. Ma c'era qualcosa di più in lui, un dettaglio che ti faceva quasi trasalire: un'aura che potevi senza dubbio ricondurre ad Atena.

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    "Un vecchio saggio mi ha detto che avresti avuto bisogno di una mano, con tutto il caos che si è radunato qui ad Haiti," disse, la voce intrisa di quel tono irriverente che non aveva perso negli anni. "Dovrei forse moderare il linguaggio, ma fortunatamente la piccola Hope non è qui a sentire."

    Nonostante il tempo trascorso, Lelouch era rimasto lo stesso, sempre irrimediabilmente irriverente. Era così da giovane, e nulla, nemmeno gli anni, avrebbe potuto cambiare quella sua natura.

    Lelouch ti rivolge un sorriso, poi il suo sguardo si perde verso un punto indefinito davanti a voi. "Ah, ancora quel maledetto infame," mormora più a sé stesso che a te, la voce velata da una sottile preoccupazione. "Non sarà facile, ma Daya ha inviato l'armatura della Vergine a soccorrere una ragazza, e anche Anita è qui, sebbene sotto forma spirituale. Non so cosa ci attenda, ma dobbiamo agire prima che sia troppo tardi."

    Con un gesto deciso, estrae la sua spada, e solo allora capisci. No, non si tratta di Yggdrasill, la spada del Ragnarok, bensì di qualcosa di diverso. Senti, nel profondo dell'anima, che quell'arma è legata alla divina Atena, anche se non riesci a definirne i contorni esatti.

    "Sei pronto, Bart? Siamo carichi! Abbiamo qualche mostro da sconfiggere, e, se tutto va per il verso giusto — che non è affatto scontato — potremmo anche salvare qualche anima. Sarebbe un bel colpo, vista la situazione recente."


    Note del Master
    Bene, ci stiamo arrivando alla conclusione della storia.
    @Lyga allora, quando tocchi la cloth, ricevi una visione mistica, nella quale attraverso l'armatura, incontri Daya. Ti "mostra" come usare al meglio i tuoi poteri, e ti insegna i fondamenti per usare certe tecniche. Fai un post intenso, alla fine del quale hai l'armatura e, sei libero di usare tutta la tua scheda. Confrontiamoci per cosa scrivere durante queste visioni, ma considera come se, il tempo letteralmente si fermasse e tu passi "X" tempo con Daya, ad apprendere i misteri e le conoscenze.

    @Drake che dire? Quando vuoi posta pure te, che sta per arrivare qualcosa di VERAMENTE GROSSO


     
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    Capire tutto questo non era possibile. Lei voleva solo Atavaka in questo momento ma dimenticandosi di cosa comportava incamminarsi su questa strada.
    A dire la verità le sarebbe andato bene tutto, se solo questo avesse potuto stringere il cerchio portando quel figlio di una vacca incenerita sempre più vicino a lei.
    Male.
    Ma per capirlo doveva affrontare un altro tipo di viaggio.


    «Cintura, Corona sono tutti nomi uguali per me. Persino queste cose sulla mia pelle. Che t'aspetti da me?
    Le costellazioni ci proteggono? Ma che cazzo...»


    Si cazzo. E anche vaffanculo avrebbe detto. Era dentro un frullatore colmo di dolore, disperazione, odio, vendetta, volontà di fare qualcosa, il destino del mondo, forze così antiche da perdersi in ere prima di concetti basilari, una chiamata al dovere e a proteggere e infine quella cosa che apparve dal nulla.
    La luce che irradiava investì la figura di Gaelle che ne venne investita e colmata spiritualmente e fisicamente.
    La luce dorata accese la sua pelle d'ebano di toni caldi, mentre i suoi occhi si spalancarono alla vista di tale miracolo.
    Ma più che definirlo tale non lo poteva capire. Non riusciva a comprendere quanto vi fosse d'importante in quell'armatura, cosa significasse e quale ne fosse il peso di chi la indossasse. Per lei era un'armatura, con le fattezze di una donna in preghiera, che brillavano di una luce così intensa che dovette mettersi una mano di fronte al volto e solo allora notò le stelle sul suo corpo, che pulsavano di una luce profonda e intensa, come se l'essenza cosmica dentro di lei entrasse in risonanza con quella dell'armatura.
    Come se fossero un tutt'uno ed ora potessero ascoltare il cuore l'una dell'altra scoprendo che pulsavano all'unisono.
    Si guardò le sue mani sentendo l'energia scuotersi e divampare dentro di lei con una forza che non riusciva, ancora, a spiegarsi. Una forza che cresceva ancora d'intensità.
    Il suo respiro si fece più intenso, più profondo, gli occhi non bruciavano più per quella luce che sembrava quasi accarezzarla dolcemente. Sentiva quell'armatura nel profondo della sua anima, tra le pieghe più recondite quella luce illuminava Gaelle mettendola a nudo del tutto con i suoi difetti e pregi.
    Guardò prima Anita poi l'armatura che sembrava essere fatta di luce solidificata, tanto risplendeva, tanto si fondeva con essa e tanto brillava come se la portasse dentro di lei.



    Ricorda, figlia del giorno e della notte, che ogni incrocio della vita porta in sé una scintilla di verità. Segui quella scintilla, poiché sarà la stella che guida il tuo cammino attraverso i labirinti del mondo.



    Adesso le parole di Kalfou Limyè apparivano chiare. Le sue dita danzarono tra la luce, cercando quasi di afferrarla, facendo si che le ombre che si formavano avevano forme indefinite.
    Forse voleva solo sentire una carezza sulla sua mano, forse voleva cercare di ricordare la mano di sua nonna, forse stava solo tergiversando davanti ad una scelta che, nonostante la luce, sembrava avere più oscurità e tenebre.
    Però...

    Scattò verso l'armatura toccandola.
    Non pensò a null'altro. Finché dal pensiero non fosse passata all'azione avrebbe ristagnato come una pozzanghera che si asciughi lontano dall'oceano della verità.
    Poi quella visione. Prese tutta se stessa.


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    Mediante l'elevazione interiore e la padronanza di sé, il saggio edifichi un'isola che l'alluvione non possa sommergere



    Cos'è capire se stessi?
    Cos'è il mondo?
    Cos'è trascendere?
    L'essere umano camminava su un sentiero sconosciuto, oscuro, non sapendo dove esso lo avrebbe condotto. Il male e il bene erano a fianco a lui, ogni strada poteva condurre all'uno o all'altro. Ogni strada condurre verso l'alto o in basso, ogni uomo divenire qualcos'altro oppure affondare sempre più in basso preda dei suoi istinti e della sua brama. Per un solo attimo nella sua mente risuonarono quelle parole e un immagine che, avvolta dalla luce, era lei stessa luce e guida.
    Un saggio.
    O qualcosa di più. La sua mente si era appena affacciata su un qualcosa che non riusciva a definire, né a spiegare né tanto meno a comprendere né con i sensi, né con lo spirito o la mente.
    Era come su di un fiore ancora chiuso che doveva aprire i suoi petali. La sua mente era ancora chiusa, il suo spirito accartocciato su se stesso, quella forza che sentiva montarle dentro a mò di Oceano doveva trovare il modo di essere incanalata, guidata, usata e i suoi passi sicuri anche nelle tenebre più fitte.
    La sua strada non era stata dritta, eppure l'aveva condotta fino a questo preciso istante, in un luogo lontano dai concetti di tempo e spazio, lontano da ciò che sapevamo percepire e spiegare.


    Non puoi viaggiare su una strada senza essere tu stesso la strada



    Una risposta ad una non domanda. Quel luogo era qualcos'altro. Come chi sedeva con le gambe incrociate, le mani poggiate sulle ginocchia, con il viso sereno e un aura che non era umana.
    Riconosceva gli spiriti, sentiva su di sé la loro presenza ma più si avvicinava a quell'uomo, o qualsiasi cosa fosse, più capiva che non lo fosse. Era immobile eppure in movimento. Tesi e Antitesi perfettamente bilanciate.
    Mai aveva sentito, percepito questo.
    Sua nonna era altro. Si. Anche sua nonna molte volte le sembrava lontana, distante, come se i suoi occhi vedessero cose diverse, come se la sua mente fosse su piani diversi, persino i suoi pensieri a volte le sembravano lontani, troppo lontani che poteva solo chiedersi se fossero reali.
    Ma erano momenti. Fugaci come l'aurora all'orizzonte, sua nonna in quei momenti le sembrava distante come galassie di cui non si potevano conoscere né il nome, né il dove, e poi tornava. Veloce come il Sula Fosca quando scendeva in picchiata per cacciare le sue prede.
    Un attimo.
    Il becco che si chiudeva, il pesce che si dimenava e di nuovo su nei cieli.
    Così faceva sua nonna: per un attimo si immergeva nelle profondità di pensieri e rivelazioni che portavano la sua mente ad essere in nessuno e in tutti i luoghi, ma poi quando riapriva i suoi occhi era sempre lei.
    Quell'uomo era diverso. Era la stessa sensazione che aveva quando sua nonna si immergeva in profondità nel mondo dei Loa e degli Orisha.
    Non era come loro...ma le sue mani potevano sfiorare i loro spiriti.

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    E invece di proseguire si fermò.

    «Gaelle benvenuta. Sono Daya per rispondere alla tua prima domanda.»

    Il silenzio tra i due. La donna voleva dire qualcosa, venne fermata ancora da quella voce.

    «Alla seconda ci troviamo in un luogo dove i nostri cosmi possano interagire e connettersi. È l'unico modo per far si che la tua strada ti conduca dove tutti quelli prima di te e che hanno ricevuto tale armatura, hanno percorso.
    Un percorso che l'uomo deve intraprendere senza paura alcuna.»


    «Quale percorso?»

    «Per scoprire la verità

    «Il capire se stessi e il mondo? Il tutto nel singolo e il singolo che fluisce nel tutto?»

    Un leggero sorriso su quel volto. Gli occhi continuavano a rimanere chiusi ma aveva la netta sensazione di essere nuda di fronte a lui. Che la sua anima fosse perfettamente di fronte a lui, che errori e virtù fossero in egual misura osservati eppure non vi erano incertezze nella voce, né rabbia, né ilarità.

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    «Molto di più di come l'hai spiegato, Gaelle.»




    E per la prima volta si mosse. O forse lo aveva già fatto? O forse aveva fatto entrambe le cose? Perché fu davanti a lei e le posò una mano sulla spalla.


    «Abbiamo tempo per la tua istruzione. Tua nonna ti ha insegnato molto ma si è fermata solo alla superficie dell'oceano. Tu andrai più in profondità.
    Ma c'è ancora tempo per questo. Una brocca si riempie goccia a goccia. Prima le risposte alle tue domande più importanti.
    Esatto importanti.
    Sono quelle che ti hanno condotto fino a qui. Mettiti seduta e ascolta.»


    Cos'era la parola in realtà? Cosa significava comunicare? Per la prima volta in vita sua lo stava facendo con se stessa. Quell'uomo le parlava con una tale intimità e profondità, come se le sue parole provenissero da una connessione cosmica profonda, una sensazione mai provata prima d'ora. Una sensazione che la portò a viaggiare nel tempo e lo spazio scoprendo più di quello che aveva chiesto, più di quello che si aspettava.
    I saint. Gli specter. Atlantide e Lemuria. Guerre per la supremazia e per la tirannia di contro uomini e donne votate ad uno scopo di giustizia e dovere, di proteggere chi non aveva la forza di farlo.
    Armature che proteggevano petti che facevano da scudo e da spada per l'umanità. Portavano la luce lì dove le tenebre cercavano di strisciare in questo mondo.
    Daya, Gold saint di Virgo, con voce tranquilla e grazie ai suoi poteri mentali, spiegò e mostrò le lotte di Athena contro Hades e Poseidone, dell'ideale di Lemuria e di come cadde Atlantide.
    Del potere degli 88 e di come le Dodici avevano in sé la forza del Sole, forgiate per essere non armi d'offesa ma di difesa, per guidare e servire mai per soverchiare o distruggere. Oltre all'armatura era il loro codice morale a brillare fulgido nel firmamento dell'infinito Universo: aiutare e sostenere l'umanità a elevarsi divenendo uno scudo contro forze oscure.


    «Questo è lo scopo dei saint quindi. Pensavo che fossero leggende. Certo c'è anche la classica frase che in ogni leggenda c'è un fondo di verità ma non questa verità

    «Anche se tu sei diversa come modi. Dì la verità. Non sono qui a giudicarti.»

    «Come faccio a proteggere il mondo se ancora sono legata alla vendetta? Al dolore che provo e alla sofferenza? Quando sono ancora egoista?»


    Una domanda da chi si accingeva a intraprendere una strada tortuosa. Infinita ma nel silenzio di quel luogo Gaelle avrebbe ascoltato se stessa per poi ritrovare quell'eco in ogni dove.
    Perché era questa la sua istruzione.
    Seduta davanti a quell'uomo si persero nel tempo e nello spazio.

    Cos'era la mente?
    Prima domanda.


    Non lasciare che la mente sia turbata da oggetti esterni né che si perda dietro le proprie idee. Sii libero da ogni attaccamento e da ogni timore. Questa è la via per superare la miseria del nascere e del morire.



    Le loro menti viaggiavano l'una verso l'altra e di contro Gaelle combatteva contro un uomo che aveva trasceso l'umanità avvicinandosi alla Verità.
    La sua mente era un Oceano infinito contro cui Galle si scontrava per poter cercare anche solo di rimanere ancorata in superficie.
    Un Oceano che ogni volta la rigettava a riva. La sua mente era una zattera scassata.
    Doveva prima di tutto capire la sua mente.
    Doveva capire se stessa in un modo così profondo da riuscire a solcare le onde della mente di quell'uomo.



    Ci sono solo due errori che si possono fare nel cammino verso il vero: non andare fino in fondo e non iniziare.




    La sua mente diveniva più vasta. Si era gettata dentro se stessa per poi riemergere e scoprire che non era ancora arrivata alla fine, ma anzi ogni volta, ad ogni respiro, si immergeva sempre di più riemergendo diversa.
    Gaelle non era slegata dalle emozioni.
    Anzi tutt'altro. Erano due sentieri completamente opposti ma che portavano tutte e due a quella Verità Trascendentale che era il fine dell'essere umano.
    Il Nirvana, ossia il totale abbandono dell’illusione che ci sia un sé o anima durevole e indipendente. Una persona illuminata era chiamata Arahant.
    La verità del sentiero verso la cessazione della sofferenza: Samyak-sam-buddha.
    Ma Gaelle aveva un sentiero che la conduceva per una strada non di accettare il Nirvana,quindi slegarsi da carne e sofferenza, per raggiungere la Verità libera dalle catene imposte e dalle gabbie dei cicli di vita e rinascita.
    Gaelle era e rimaneva profondamenteuna mambo. Quella che nelle dottrine orientali veniva chiamata bodhisattva .
    Era un oceano che accoglieva, che spingeva in avanti chi si trovava sulle sue acque affinché raggiungesse anche lui un orizzonte che era del tutto proprio.
    Il cerchio che Gaelle aveva costruito con la sua mente racchiudeva tutti loro e le loro sofferenze.
    La mambo stava accogliendo in sé il dolore, non rinuncia ad esso, ma lo faceva suo facendosi garante e protettrice di chi non aveva ancora la forza per incamminarsi sul sentiero della Verità.
    Era la sua forza.
    Il dolore del mondo.
    Prima ancora il suo villaggio e Haiti, ma ora la sua mente stava accogliendo tutto il dolore, affinché la sua forza se ne cibasse potendosi scontrare con esso divorandolo pezzo a pezzo.
    La Corruzione dilagava ma Gaelle sarebbe stata l'Oceano con cui si sarebbe scontrata.
    Non il dolore, la sofferenza, la non vita, non l'essere umano privato della sua umanità e reso un qualcosa di terribile, ma un Oceano placido e tranquillo, fatto di brezze leggere, con il lento sciabordio delle onde a cullare ognuno di loro.
    Il dolore lo accoglieva come un vecchio amico.
    Così come Atavaka si cibava del dolore altrui, Gaelle lo prendeva su di sé per proteggere tutti loro e al tempo stesso per scontrarsi contro il suo Nemico. Il dolore era quello che voleva? Allora sempre il Saint della Vergine avrebbe trovato sul suo cammino.


    La sua mente si immergeva sempre più, a fondo e senza paura, nell'Abisso del Mondo. Ogni volta comprendeva meglio i meccanismi della Materia e della Realtà potendo interagire con essa, non assoggettandola ma divenendo parte di essa, potendola deformare, piegare, potendo distruggerla del tutto o modellarla.


    Rumorosi sono i piccoli torrenti, il vasto oceano è silenzioso.



    Le loro menti si scontravano su infinite scacchiere, di infinite partite a scacchi. Ognuno dei due cercando di vincere sull'altro. Le loro menti anticipavano le mosse dell'altra. Infinite mosse e contromosse.
    Gaelle perdeva sempre. Eppure sorrideva.
    Una consapevolezza di se stessa maggiore ma sopratutto di quello che aveva intorno a lei.

    «Stavolta ci hai messo solo un milione di mosse per battermi.»

    All'inizio la batteva con una facilità enorme. Più la sua mente lambiva nuove sponde più era una scoperta che faceva restringere il suo cerchio, affinando le sue capacità, percependo ad un livello sempre più intimo la materia e il singolo.
    Sentendo il Tutto che riverbera nel Singolo.

    Noi siamo ciò che pensiamo. Tutto quello che siamo sorge dai nostri pensieri. I nostri pensieri costruiscono il mondo.




    I suoi pensieri plasmavano la Realtà disegnando su di essa miraggi e visioni.
    Riconoscere il vero dal falso. Ma sopratutto riconoscere il falso sé.
    La sua mente sapeva discernere potendo scostare il Velo di Maya di questo mondo.


    Aum cinge passato, presente, futuro e tutto ciò che esiste oltre il passato, presente e futuro




    Gaelle stava pervenendo alla realizzazione conoscitiva dell'assoluto. I segreti del microcosmo e della coscienza espandendosi oltre i limiti della razionalità e del pensato, oltre i sensi e il conosciuto.
    Parlare con Daya e gli spiriti non era più a livello superficiale ma intimo e profondo che sembrava che gli uni si fondessero nell'altro senza conflitto. Come affluenti di un fiume che ne ingrossano sempre di più il corso per poi sfociare nell'Oceano Infinito.
    Raggiungere il Mokṣa, cioè la liberazione che la svincola dai legacci del corpo e della mente, per elevarla ad una condizione spirituale superiore non grazie a se stessa, né al suo talento - grezzo - ma alla comunità e alla responsabilità. Il potere, insegnamento datole da suo padre, non è mai da raggiungere solo per se stessi, perché significherebbe non fare null'altro che rimanere fermi senza miglioramento alcuno.
    Era la responsabilità a spingerla al miglioramento continuo, in un luogo dove e tempo e spazio non esistevano, in un luogo dove nell'intimità dell'Aum si fondevano le coscienze.

    Per la prima volta parlava con gli spiriti potendo sentire la loro forza e i loro pensieri con chiarezza. Poteva vedere il Mondo Spirituale aprirsi davanti a lei.
    Era in perfetta sintonia tra la sua mente e il suo spirito. Se con la mente comprendeva la Realtà e se stessa nella sua relazione con esso, era con il suo spirito che poteva immergersi nelle profondità più segrete dell'Universo.
    Accanto a quell'uomo, Gaelle parlava con Papa Legba in un modo che nemmeno sua nonna aveva mai fatto. Non aveva più bisogno di cavalcare, di sentire i tamburi e la musica, le bastava solo espandere il suo spirito e lo avrebbe trovato in ogni dove. Nella pianta. In una roccia.
    Nell'aria.
    Sentiva il loro sussurro ma non le faceva più paura come da bambina, non sentiva più la necessità di scappare, né li sentiva lontani da sé. Erano con lei sempre.
    E il suo spirito riusciva a connettersi con il loro potendo finalmente parlare senza più vincoli. E pianse ancora.
    Pianse e rise.

    «Vivere oltre la morte è possibile?
    La morte non è la fine di tutto, ma al più un cambiamento... »


    Parlare con Daya e i Loa le permetteva di interrogarsi su significati profondi.
    Ad ogni cerchio che superava, ad ogni passo che faceva su una scala infinita, restringeva sempre più le sue percezioni risultando chiaro il significato e la missione a cui era chiamata.
    Ma che sentiva ora suo.
    Chiamata e risposta si erano fuse insieme.

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    Il tuo compito è scoprire qual è la tua missione e dedicartici con tutto il tuo cuore.



    «Tutti possono raggiungere la verità, quindi. Era la tua filosofia Daya? La mia missione sarà anche questa. Non ho più il mio popolo anche se sono sempre con me, qui accanto a me, intorno a me, ma sarà l'umanità il mio popolo. Li aiuterò a giungere alla verità, li difenderò, accoglierò i loro dolori e sofferenza per darmi la forza necessaria di affrontare il Male.
    Ho perso ad Haiti, ho perso il mio popolo ma non voglio più perdere nessun altro. Le mie mani non perderanno più nessuno. Lo giuro



    Sentire nel fruscio d'erba lo spirito di Olorun, viaggiare tra i campi di grano illuminati dal Sole. Accogliere dentro di sé la Vita nelle sue molteplici forme, sentire il respiro di Tutto farsi suo.
    Far si che il suo spirito sia ovunque e al tempo stesso in nessun luogo.
    Esplorare mondi spirituali così diversi, osservare mentre Daya la riportava da quest'altra parte ogni volta che il suo spirito si avventurasse in luoghi troppi oscuri.
    Avere il controllo su se stessa significava avere il controllo sul proprio spirito e sulla morte stessa.
    Atavaka la stava distruggendo a poco a poco, il suo spirito era cibo per quel maledetto eppure era totalmente suo. Ora lo capiva. Non respirava più con il corpo. Respirava con la sua anima e i suoi occhi erano aperti su mondi invisibili che ora gli apparivano chiari
    Nessuno poteva averne potestà.
    La morte le aveva fatto sempre paura, vivere per poi morire, per poi spegnersi del tutto dimenticata da tutto e tutti. La sua casa venduta, altre persone avrebbero camminato nelle sue stanze, usato la sua cucina, forse avrebbero buttato giù i muri creando altri spazi, la sua macchina venduta, lei dimenticata su di un comodino in una foto di famiglia che poi sarebbe andata dentro uno scatolone a prendere polvere in qualche cantina o soffitta.
    Ma la morte era cambiamento.
    Accettare il cambiamento che viene dalla fine? Ma se questa non fosse la fine ma solo una via diversa? Se il corpo non fosse nient'altro che un anticipazione di quello che si potrebbe fare?
    Gaelle meditava su concetti e insegnamenti mentre il suo spirito si fondeva con il Tutto, accogliendo in sé il dolore più intimo e segreto degli spiriti.
    La sua anima, prima divisa nel grande angelo guardiano e nel piccolo angelo guardiano, ora erano completamente sue. Non più divise ma un tutt'uno. Non più slegate dal suo controllo ma in suo pieno possesso. Nessun bokor avrebbe potuto rubarla, imprigionarla, avere su di lei possesso.
    Daya era divenuto il suo met tet. Una guida. Una protezione.
    Su sentieri invisibili l'accompagnava per poi lasciarla andare libera quando fu pronta.
    La meditazione era dentro di lei. La parola di Daya l'aveva colmata ma al tempo stesso l'aveva resa vuota. Perché solo così avrebbe potuto fare il suo viaggio libera da preconcetti e dogmi, dal potere della vista o da quello della parola.
    Il suo spirito era in comunione con i Loa e gli Orisha e da essi traeva forza e sostanza.
    Richiamava la loro forza, danzava con loro per la prima volta. Ne sentì le parole che erano ruscelli che scorrevano nella sua anima e nella sua mente mentre lei si tuffava in loro facendo viaggi nel tempo e nello spazio.

    Ora vedeva con gli occhi di un gatto.
    Mentre rimaneva a gambe incrociate con le mani rilassate sulle cosce. Non aveva bisogno di null'altro per essere felice. Ora era sulle coste della sua terra e sentiva la brezza dell'Oceano.
    Era felice.
    Ora si tuffava in dimensioni sconosciute guardando al di là del conosciuto, andando oltre al di là dello spazio conosciuto, come se le galassie si restringessero sempre di più divenendo biglie tra le sue dita, scoprendo porte invisibili che la conducevano in regni e mondi così diversi da loro da non riuscire a descriverli, ma solo a sentirli con l'animo e la mente.

    «Chi sei tu?»
    «Mi sono posta la stessa domanda. Sono la nipote di una mambo? Sono una donna? Un allieva? Un insegnante? Sono un Saint? O solo un essere umano? Chi sono?
    Alla fine, sono tutto questo. E non lo sono.»


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    Sono Gaelle






    Seduti l'uno a fianco all'altra i loro cosmi risuonavano per aule e luoghi silenziosi. I loro spiriti erano in armonia assoluta tra di loro, con loro e insieme al Tutto.
    Le loro menti si scontravano su piani d'esistenza diversi entrambi senza proferire parola alcuna.
    Una lotta silenziosa.
    Le loro menti. Il loro spirito. Non c'era né sconfitta, né vittoria. Ad ogni scontro entrambi continuavano a salire su questa scala infinita di perfezione.
    Gaelle riusciva a comprendere sempre più in profondità i meccanismi e le regole della Realtà e come queste interagissero con il corpo, nostra prima funzione con cui poter essere in questo mondo.
    Capì come spezzare questo legame potendo annientare corpo e sensi, gettando la mente prima e poi lo spirito in un buio totale.
    L'una di fronte all'altra l'Inizio e la Luce si scontravano con la Fine e le Tenebre.
    Nei loro cosmi risuonavano il Suono dell'Inizio ma anche il Silenzio della Fine.
    La Tesi e l'Antitesi che si scontravano creando lo Yin e lo Yang con loro due ad essere i punti diversi, equidistanti, di pari forza e d'intensità.
    Interdipendenti, origine reciproca, l'uno non può esistere senza l'altro. Così come Gaelle confluiva in Daya, così faceva quest'ultimo con i loro cosmi che dialogavano in una comunione profonda e indissolubile.
    La loro meditazione non era possibile descriverla, perché nulla poteva essere letto dai loro volti ma solo i loro cosmi e la loro mente viaggiavano acuendosi sempre di più, affilandosi sempre di più compenetrando i misteri del mondo e di se stessi scoprendo la Verità. Ma ad ogni gradino fatto, subito un altro appariva.
    Perché camminavano senza fermarsi mai in questo ciclo perenne di perfezione continua lì dove Daya lasciava le emozioni, Gaelle le accoglieva.
    Entrambi esempi.
    Entrambi con lo scopo di far giungere la Verità all'uomo schiavo di se stesso, incarcerato tra gabbie e sbarre invisibili. Una missione.
    Lì dove Daya mai si era inchinato ad Athena ma collaborando affinché l'umanità potesse tutta giungere alla verità, Gaelle si fa forza dei deboli e di chi non aveva la forza per affrontare questo percorso. Continuando a salire diveniva come l'onda che solca l'Oceano. Diveniva corrente con cui far partire la nave – mente – dell'uomo in questo viaggio che lo avrebbe visto protagonista di se stesso, libero e pronto a giungere non alla fine ma ad un perpetuo inizio.
    Gaelle non era l'arrivo. Gaelle era il punto di partenza.
    Athena un esempio non l'obbiettivo.
    E insieme continuavano a salire.



    Daya la colpiva. La gettava nel Rikudo Rinne, la trasportava su galassie sconosciute, ai confini dell'Universo eppure lei ritornava. Più forte. Più matura. Consapevole.
    L'una accanto all'altro le loro menti si scontravano.
    Tempo e spazio si piegavano intorno a loro, ormai meri accessori con cui interagire piegandoli alle loro esigenze e ai loro scopi.
    Più non domandava quando e se fosse pronta.
    Più non domandava.
    Meditava osservando e ascoltando.

    In un mondo al di la di tempo e spazio, al di là di luogo e dove, al di là di Tutto, uniti dal cosmo e dall'Arayashiki, Gaelle continuava a meditare su se stessa. Sempre più si liberava dal ciclo di vita e rinascita facendo si che la sua Ottava Coscienza si espandesse all'infinito.
    La sua anima fluiva costantemente nella Vita in un legame continuo con tutti gli altri esseri viventi. Atavaka era lontano.
    Lontano come le stelle. Lontano come le galassie che ancora si dovevano formare.
    Non era più importante.
    Il tempo sarebbe giunto.
    Non vi era fretta, non vi era ansia, vi era solo il lento respiro mentre il suo cosmo si faceva sempre più quieto e vasto.



    E in un determinato momento Gaelle si alzò. L'armatura d'oro era su di sé semplicemente come lo fu alzarsi. Lo era sempre stata su di sé oppure era comparsa nel momento in cui, alzandosi, aveva compreso che il suo tempo fosse giunto?
    Si alzò e respirò mentre l'armatura brillava. Stava su di lei alla perfezione così come perfetto era l'atto del respirare.
    Un semplice atto, naturale e mai scontato, così quell'armatura stava su di lei e ne sentì la forza pervaderla come un secondo respiro intenso quanto il suo.
    L'armatura e Gaelle erano unite. Così come la sua mente con il Tutto.
    Si alzò perché sapeva che era il momento di farlo. Adesso e non prima.
    Ora e non dopo.

    Un altro respiro.
    Intenso non come il primo. Unico.
    un passo davanti all'altro. E chissà quanti altri ne sarebbero seguiti.
    Chissà quanti altri gradini vi sarebbero stati.

    «È sempre stato così bello respirare?»




    CITAZIONE
    ENERGIA: ?

    STATUS CLOTH: Integra e Indossata [Grado 7]

    STATUS FISICO:

    TECNICHE UTILIZZATE:

    ABILITÀ:

    FASE DI COMBATTIMENTO E NOTE:
    è stato difficile...e non so se potevo fare meglio di così. Ma ogni versione dello scritto, ogni immagine, ogni descrizione, non mi soddisfaceva mai appieno.
    ma credo che questa sia discreta, credo. ai posteri la sentenza ma mi sono davvero divertito a ruolare così e in questo modo.
    Ty zi
     
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    Bart avrebbe quasi voluto andare a prendere di peso la figura incappucciata che si stava avvicinando.

    Dai dai, su su.

    Il Toro non era famoso per la sua pazienza, specialmente quando era in missione, e quella persona – chiunque essa fosse – si stava prendendo tutto il tempo del mondo per coprire la distanza che li separava. Il gigante mantenne comunque il sorriso, perché la sua attesa stava per essere premiata.
    Dopo qualche ennesimo passo a rallentatore, colui che si celava dietro quel mistero si rivelò qualcuno di conosciuto. Bartolomeo sapeva esattamente chi fosse, anche se non era stato un guerriero con cui aveva combattuto direttamente in molte occasioni. La sua fama, in ogni caso, lo precedeva e il suo cosmo era inconfondibile.

    Oh oh oh, ciao Lelouch.
    Ti trovo in forma!


    Era Lelouch Rarglove, ex Cavaliere dello Scorpione, il figlio dell’ancora più leggendario Gazka. Ed era vero che lo trovava estremamente in forma, perché non ricordava quanto fosse forte quel ragazzo, ormai diventato un uomo adulto e vissuto. Il suo potere era simile a quello del Toro, cosa di per se già sconvolgente, ed emanava una chiara traccia nel suo cosmo. Non sapeva come, ma era impossibile non notare quanto Atena fosse presente in quel luogo e in quel momento. Non solo perché il suo attuale Gran Sacerdote era lì, ma anche perché Lelouch sembrava connesso alla Dea da un legame speciale, un po’ tutto suo.
    Bart era assolutamente felice di vederlo, perché significava che lui avrebbe potuto in qualche modo aiutarlo a capire dov’era finito e perché era stato attirato in quel luogo in modo così impossibile da rifiutare. In realtà il ragazzo non fu poi così preciso nelle spiegazioni, ma poco importava. Il Toro non era certo un guerriero dalle grandi pianificazioni, e gli piaceva improvvisare. Aveva sentito quello che gli serviva: erano a Haiti e c’era la Corruzione da prendere nuovamente a cazzotti. E tanto gli bastava.

    Non so ancora di preciso per che cosa, ma una mano è sempre gradita.

    Il suo sorriso divenne quasi ferale, assumendo quella sua solita espressione di quando era a un passo dallo scatenare la sua furia guerriera. Per aggiungere una ciliegina sulla torta, Lelouch gli parlò anche di una ragazza, una nuova potenziale guerriera della Vergine. E non solo. Parlò anche della cara Anita, con cui Bart aveva condiviso momenti importanti della sua vita da Cavaliere, e persino il biondo fu tirato in ballo. Dannazione quanti ricordi e, come sempre, quanto gli faceva male ripensare all’amico Daya.

    Armatura della Vergine? Anita? Daya?
    Non so se mi stai prendendo in giro, perché potresti davvero ferire il mio animo sensibile, ma adesso sono proprio curioso.


    Mentre parlava, buttandola sul ridere per nascondere la sua reale sensibilità verso certi temi, prese con la mano destra uno spallaccio del suo box dorato e lo lanciò in aria. L’Armatura Divina del Toro si palesò a forma di totem, con un bagliore che avrebbe potuto eguagliare quello del sole, per poi scomporsi e ricomporsi sull’immenso corpo del gigante. In quel momento, anche Lelouch sfoderò l’artiglieria pesante, impugnando una spada che Bartolomeo non aveva mai visto. Anche quell’arma emanava un incredibile legame con la Dea Atena, così come lo stesso guerriero.
    Che cosa poteva essere? Difficile dirlo, ma non c’era nulla di più rassicurante di quella presenza divina, e non c’era bisogno di spiegare esattamente ogni cosa. O, per lo meno, a Bartolomeo certo non serviva per convincerlo a scendere nuovamente in campo contro la Corruzione.
    Poi, Lelouch cercò di spronare ancora di più un Gran Sacerdote già carico come una molla, che prese quelle parole come una sorta di sfida, di gara a chi avrebbe annichilito più nemici. Bart rise di gusto, perché non chiedeva altro e, soprattutto, perché forse il ragazzo si era dimenticato il carattere di quel matto di omone.

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    Tu chiedi a me se sono pronto?
    Oh oh, cosa stiamo aspettando figliolo?


    Era stato come sventolare davanti agli occhi del Toro un drappo rosso per dirigere la sua furia su un obiettivo ben preciso. Era rischioso svegliare la bestia che era rinchiusa tra le sbarre dell’animo del Gran Sacerdote, perché avrebbe potuto essere difficile da riportare in gabbia. Ma ne valeva assolutamente la pena, specialmente se il gigante era assolutamente lucido per sfruttare tutta la sua forza in modo mirato e cosciente.

    4ZFBQ5m
    BARTOLOMEO - GOLD TAURUS [VIII] - ENERGIA SUPREMA
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    Riassunto:
    Chi dobbiamo picchiare? :kuku:

    Condizioni:
    Ottime.

    Tecniche:
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    Abilità:
    -

    NARRATO - PARLATO - PENSATO - TELEPATIA - BAMBINI - ELENA

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    La realtà attorno a te, muta improvvisamente.
    La presenza spirituale di Anita, che era stata li fino a qualche istante prima svanisce improvvisamente. Senti, anzi riconosci adesso un cosmo oscuro e malefico, desideroso solo di divorare ogni cosa: Atavaka. Ti rendi conto che le tue percezioni sono cambiate, che tutto quello che vedi e percepisci ha degli aspetti e dei colori completamente differenti. Ti guardi, e senti una calma infinita, eppure davanti a te, c'è la causa di ogni tuo dolore, di ogni tua sofferenza.

    A T A V A K A



    0oXVFmv



    Lo guardi.
    Lui alza lo sguardo verso di te e ti sorride. Non dice nulla.
    Atavaka è li, davanti ai tuoi occhi, seduto su dei comodi cuscini, che ti aspetta.

    Ha 21 braccia.



    Lelouch fa un singolo gesto con quella spada, come se stesse tagliando l'aria.

    Uno squarcio si apre davanti a voi due, e sentite una pressione devastante, quasi opprimente. Se non fosse per la spada che lui porta, verreste schiacciati da questa presenza oscura e terrificante.

    Ma tu la riconosci.
    Forse non la temi, o forse si?



    Note del Master
    Per Lyga. Bene, siamo alla fine ma manca un ultimo passo. Hai davanti Atavaka, che vogliamo fare? Gli concediamo il resto della tua anima, giusto per fargli finire il lavoro, oppure che dici? Proviamo ad ammazzare questo adorabile bastardo?

    Per Drake. Ti chiederò giusto un altro paio di post, ma prima dovrai aspettare l'arrivo di qualcuno. Li capirai/capirete tutto.

    Buon divertimento.


     
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    GHOST

    I suoi occhi rimanevano chiusi ma erano aperti quelli della sua mente e del suo spirito.
    Tra lei e Daya non vi fu nessuna parola, nessun addio, nessun ringraziamento. Avevano comunicato ad un livello così profondo da far perdere significato alla parola coscienza.
    Dove iniziava quella di Gaelle e finiva quella di Daya?
    Ma poteva ancora dirsi coscienza? Le loro coscienze vibravano con l'armatura d'oro della vergine.
    E questo bastava.
    Si sarebbe incontrati alla fine. O all'inizio di questo viaggio ma quello che aveva imparato, quello che ora portava dentro di sé era qualcosa di nuovo.
    Si erano incontrati alla Fine e all'Inizio.

    Crossroads



    All'incrocio tra due vie, Gaelle aveva scoperto l'Illuminazione stessa, al centro del quale era emersa spiritualmente rinnovata.
    Non ha più una tunica tinta con i colori del bianco e del rosso, non ha più la musica e la danza intorno e con sé.
    Il ritmo lo scandiva lei. Con respiro, battito e un piede davanti all'altro.
    Era come ascoltare B.B King. Caldi, incisivi, il mondo aveva un suono del tutto diverso, i colori erano di tonalità più vive e calde e nella sua mente risuonava Lucille con le sue corde pizzicate.
    Persino quando di fronte vi fu il suo grande nemico nulla scosse l'animo caldo e quieto di Gaelle.
    Il sorriso di rimando.
    Rimane seduto su morbidi cuscini, aspettando la sua preda. Sorride conscio che nessuno avrebbe potuto toglierla dalle mani.


    «21 mani. Per 21 pezzi della mia anima?»


    Ogni volta una mano diversa aveva strappato un pezzo della sua anima per potersi sfamare. Quelle stesse mani avevano trucidato il suo popolo.
    La rabbia non era nient'altro che una goccia. Vederlo seduto su quei cuscini le dava solo tristezza.
    Per la condizione abbietta in cui si trovava. Per l'illusione della vittoria, della depravazione, del potere, di credere di stare seduto beatamente tra guanciali di seta mentre invece erano solo pezzi di sterco di una cloaca.
    Papa Legba era con lei.
    All'incrocio tra i mondi, dove il terreno sfiora lo spirituale, Gaelle avrebbe portato la giustizia dell'editto degli spiriti su suo nemico


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    Papa Legba ouvre baye pou mwen, Ago eh! Papa Legba ouvre baye pou mwen, Ouvre baye pou mwen, Papa Pou mwen passe. Le’m tounnen map remesi Lwa yo!



    Il suo popolo era sempre con lei. Come con lei erano le anime di coloro che non si erano arrese al destino impostogli da quelle mani.
    E la sua mente si sarebbe fatta ancora più vasta. Una mente capace di creare illusioni e miraggi, di poter confondere, far perdere il proprio nemico su strade invisibili e condurlo ovunque per far si che la sua mente si perdesse in un limbo dove ci sarebbero state solo le sue mani a guidarlo.
    La sua mente si espanse per costruire la quinta teatrale perfetta: sulla fronte della mambo sarebbe comparso il simbolo di Ogun, l'Orisha della guerra e del ferro.
    La mano di Gaelle avrebbe indicato Atavaka e dal veve sarebbero sorti decine e decine di macheti illusori ricoperti di psicoplasma che avrebbero nascosto al loro interno il potere di teletrasportare il suo avversario contro la sua volontà.
    Il Machete era l'arma di Ogun che si usava nei riti per propiziarsi il favore del Dio della Guerra
    L'intento era di nascondere nell'illusione il reale intento: se avessero colpito lo avrebbero teleportato in ogni direzione, continuando a traslarlo in direzioni che non seguivano nessuno schema, totalmente caotiche per tentare di fargli perdere la cognizione del sopra e del sotto, del destra e della sinistra, non dandogli più riferimenti visivi.
    Poi entrambi le mani si sarebbero alzate.
    La sua mente si sarebbe fatta forza telecinetica. Una forza capace di manovrare la materia.
    Di manovrare persino la mosca Atavaka.

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    Running, on our way
    Hiding, you will pay
    Dying one thousand deaths
    SEEK AND DESTROY



    Cercarlo.
    Distruggerlo.
    Tentare di afferralo, torcere il suo corpo e poi sbatterlo a terra, tentando di schiacciarlo come si fa con una mosca su di un vetro.
    Con tutta la forza che possedeva. Con tutta la violenza necessaria.
    Ma soprattutto con il segreto desiderio di poterlo continuare a distruggere.
    21 mani per 21 pezzi di anima.
    21 mani per 21 torture.
    21 mani per un popolo.
    Due mani per farlo essere mosca.




    CITAZIONE
    ENERGIA: ?

    STATUS CLOTH: Integra e Indossata [Grado 7]

    STATUS FISICO:

    TECNICHE UTILIZZATE:

    ABILITÀ: Teletrasporto, Psicoplasma, Illusioni Ambientali, Psicocinesi

    FASE DI COMBATTIMENTO E NOTE:
    nessuna frase, nessuna chiacchiera solo botte.
    Uso illusioni ambientali + psicoplasma per creare il veve di Ogun e formare l'illusione di decine e decine di macheti - arma sacra dell'Orisha - per ricoprirli di psicoplasma e caricarli dell'abilità teleport.
    Li faccio partire a mitraglia con l'intento di colpire il caro atavaka e tpparlo a random nello spazio come una pallina da flipper[AD].
    Ricorro a piscocinesi per acchiapparlo, stritolarlo per poi sbatterlo a terra, a mò di SLAP VIOLENTO, a tutta forza[AF]
     
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    Nell'istante in cui la tua presa si stringe su di lui, in cui il tuo potere psionico ruggisce feroce, anche il suo cosmo si espande; il potere del Daeva è soverchiante, si estende nell'area che occupate come una coltre opprimente che risuona dell'eco delle infinite anime da lui divorate. La tua anima ha rischiato di finire sua preda, eppure, sebbene tu ora posso ergerti dinnanzi a lui, la sua forza e maestria sono palesi.
    Nell'istante in cui i machete partono verso di lui, Atavaka si avvolge delle sue braccia estendendole a coprirne i punti vitali; le armi formate da semplice cristallo psichico potenziato impattano contro gli arti della Surplice, infrangendosi contro di essi e cessando di esistere. Quando la tua stretta psicocinetica lo raggiunge, lui raggiunge comunque il suolo, eppure la forza con cui si oppone al tuo potere è tale da consentirgli di resistere ai tuoi intenti più dannosi.

    E così scegli di combattere come una barbara.
    Per un momento la sua voce è quella di mille, milioni, innumerevoli anime che non conosco e non conosceranno mai pace, rese parte della sua essenza. Un fato che anche il tuo spirito ha rischiato di vedere inflitto.

    Così sciocca. Incapace e ignorante, senza l'aiuto altrui saresti già mio pasto.
    Il suo disgusto per te è palese, le sue braccia si aprono nell'oscena parodia di un fiore e le dita prendono ognuna una posizione perfetta e precisa. Un segno di pura energia psionica che venendo accumulata in lui e poi, quando giunge le mani, viene scaricata ovunque.

    Tutto questo interesse per te... che follia.


    Ebyaf9G

    [CHAKRAVARTIN]


    L'intera area viene ricoperta di innumerevoli mani, intrecciate l'un l'altra in modi e sensi che la tua mente non riesce nemmeno a concepire; la tua psiche viene assaltata da onde invisibili, nelle percezioni viene instillata l'illusione di star cadendo senza controllo, persa nell'oscurità, circondata da ogni direzione dalle mani di coloro che sono stati divorati dal Daeva.
    Anche se dovessi liberarti da questa prigionia, scoprirai che l'influenza che ha esercitato si estende anche nel mondo circostante, un folle agglomerato di arti nel quale lui è completamente impercettibile.

    Occultato, una delle mani del Daeva si estende e guizza verso di te raggiungendo la velocità della luce con grande facilità. Questo pugno chiuso mira a impattare contro il tuo petto, distruggendo il tuo corpo, dilaniando la mente, e divorando la tua anima.
    Questo colpo mira ad affievolire la connessione tra spirito e corpo, sopprimendo in una volta sola due dei tuoi sensi.

    CITAZIONE
    Note: ma ciao. D'accordo con Gaz, sarò io a elargire violenza con il nostro simpatico mangia anime.

    Atavaka si difende dalla tua psicocinesi, poi fa un po' di cose carine. Innanzitutto investe sia l'area che te di un'illusione in cui lui è totalmente impercettibile (AD + Div, Illusione Ambientale + Mentale) di te che stai cadendo senza controllo in un mondo con tante mani pazze. Anche se esci da quella mentale, c'è anche l'ambientale che fa comunque casino per infastidire le tue percezioni.
    Mentre sei presumibilmente ancora impegnata ti tira un singolo cazzottone con una delle sue manine (AF, Arma Impropria + Spirito [Annientamento] + Danno Mentale). Questa manata danneggia corpo, mente e spirito oltre a toglierti Vista e Udito.

    Lui è a Nera.
     
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