Takachiho no Seishin

Kalego per Eletto di Ama-no-Iwato

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    TAKACHIHO NO SEISHIN
    VIII

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    C
    ome può la goccia comprendere la profondità dell'oceano? È nella sua natura essere parte del tutto ma non poterlo cogliere dalla sua prospettiva limitata, finita, effimera rispetto all'unità in cui è compresa. Il contatto con Ama no Iwato mi provocò la stessa sensazione ambivalente di inadeguatezza ed appartenenza quando le vene del Lifestream si unirono alla mia coscienza, al mio cosmo, alla mia essenza. Le voci non erano più confuse ed indistinte come in passato, vaneggiamenti insensati o sussurri lugubri che provenivano da tutte le parti e da nessuna, graffiandomi l'anima e divorando i miei pensieri per condurli alla deriva. Ogni voce, ora, era un aspetto della caverna sacra e raccontava la storia della sua formazione e del suo perdurare per l'intera lunghezza delle ere. Ricordai la mia vita passata, il mio lavoro, mia moglie e tutti i miei affetti, così come il giorno della separazione quando ancora abitavamo nella nostra piccola casa alla periferia di Takachiho. Un'unica mente che pensa agli opposti senza frammentarsi o perdere il senno, un crogiolo di mondi aperto alle possibilità dell'universo ed alla limitatezza dell'umanità, parimenti.

    "Io sarò la tua cura e tu sarai la mia"

    Ogni stringa del codice ceduto dalla caverna per essere protetto, rigenerava con cura e precisione impeccabili le ferite più profonde che i corrotti mi avevano inflitto; ogni stringa di informazione restituita come pegno, la nutriva dei ricordi di un pellegrino che aveva imparato a conoscere negli anni. Finalmente il gesticolare lento e monotono dell'individuo si interruppe e la stessa mano che aveva tentato di occultare l'essenza della caverna si ritrasse, tracciando nell'aria un movimento misurato e fluido. La presenza dell'estraneo era opprimente, diversa da quelle bestiali che avevo avvertito a Takachiho e molto, molto più pericolosa, come quella autoritaria di un comandante di legione. Le sue parole, aspre e sprezzanti, risvegliarono nelle mia mente risanata due istinti primitivi, diametralmente opposti eppure connessi per la semplice ragione del suo esistere lì, in quel momento, di fronte a me.

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    «Primo sovrano, Jinmu-Tenno, è un onore ammirare la vostra maestà»

    «Sangue della creazione, stirpe di Amaterasu, siamo grati per il pasto»

    Il cosmo dell'imperatore esplose con la stessa furia mostrata dal tiranno Orochi nell'antica regione di Izumo mentre mostrava, tolti i paramenti, il suo corpo senza età ed il suo stupendo arco d'onice. Estasiato dal suo aspetto regale e nauseato allo stesso tempo dalla sua razza, fui colto di sorpresa quando il suo piede nudo battè con forza il suolo imprimendovi una forza tale da creare delle crepe profonde pronte ad inghiottirmi. Riuscii ad evitare la prima bruciando il cosmo e saltando lateralmente, così da avere più margine di manovra una volta toccata terra, ma la velocità con cui la seconda spaccatura si aprì sotto di me fu ben più che esaustiva su quel che sarebbe accaduto. Atterrai pesantemente mettendo un piede in fallo ed avvertii un dolore acuto alla caviglia, mulinando le braccia in aria per ritrovare l'equilibrio ormai perduto. Il daimon, quello era il nome dell'orrore che reclamava il santuario, aveva già incoccato le frecce al proprio arco, scagliandole in una gragnola letale che si abbatteva impietosamente su tutta l'area.

    "Goccia di fango... esatto, imperatore!"

    Avevo pochi istanti per tentare di imbastire una difesa e sperare di sopravvivere alla violenza di Jinmu e, inspiegabilmente, fu proprio lui a fornirmi la soluzione migliore tra tutte quelle che avrei mai potuto escogitare. Quando una delle decine di frecce mi perforò il tricipite come fosse gelatina, richiamai il cosmo ed addensai i fotoni nelle immediate vicinanze per plasmare un takuhatsugasa, il cappello dei monaci erranti buddhisti soggetti alle intemperie più di chiunque altro viaggiatore, riparati soltanto dal loro spesso copricapo di paglia. Altre due frecce gonfie d'energia mi ferirono la coscia sinistra e l'avambraccio che prese a sanguinare copiosamente, ma la trappola era già scattata.

    "Non ho bisogno di una fortezza per difendermi da una moltitudine di frecce, perché sempre e soltanto una sarà presente in un certo momento ed in un determinato spazio. Il cappello farà il resto"

    Il takuhatsugasa risplendeva sotto la pioggia mortifera che continuava a martellarlo incessantemente, rovinandolo e rompendolo in più punti nonostante fosse sorretto dal cosmo di Ama no Iwato, così corsì in linea retta puntando direttamente all'imperatore e sfiancando le gambe per accorciare la distanza tra noi nel minor tempo possibile. Le ferite bruciavano oltre ogni dire ed il sangue spillato macchiava la terra e l'acqua del piccolo ruscelletto che continuava il suo corso fino al santuario. Un nuovo taglio, sebbene superficiale rispetto ai precedenti, si aprì sul sopracciglio costringendomi a chiudere appena la palpebra per evitare di essere accecato dalla bordo frastagliato dell'ennesima freccia. Ero a poco più di tre metri dall'imperatore ormai e l'istinto del predatore prese il sopravvento.

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    Dopo aver lasciata scoperta la testa, afferrai la tesa larga e luminosa del copricapo ridotto a brandelli e lo lanciai all'altezza del volto del daimon con l'intento, una volta raggiunta la meta, di rilasciare i fotoni addensati per generare un effetto acceccante in grado di distrarlo. Giunto finalmente a contatto con Jinmu, evocai l'oscurità profonda della caverna esalandola in una densa nube che iniziò ad espandersi in ogni direzione. Mancava solo il colpo finale.

    "Gli occhi soffrono di due forme di cecità e nessuna di queste è fatta per la battaglia"

    Con un ultimo scarto laterale alla sinistra dell'imperatore, feci fluire una grande quantità di cosmo in quella che stava prendendo la forma di una lama di luce tsurugi, dritta e affilata come la mia volontà. Impugnatala con entrambe le mani, attaccai il discendente di Amaterasu al fianco, scaricando tutta l'energia della torsione del busto e del movimento delle anche in quell'unico colpo mirato.

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    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Verde
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Tricipite perforato, taglio alla coscia sinistra ed al sopracciglio. Piccola distorsione alla caviglia.
    MENTE Concentrato/Estatico.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI La scossa tellurica con conseguenti crepe nel terreno mi fa perdere l'equilibrio e fare la bua alla caviglia. Utilizzo Cosmo+Elemento Luce per generare una difesa a foggia di cappello di paglia buddista [DIFESA] ed inizio a correre sotto il bombardamento di Jinmu ricevendo un certo numero di ferite che ho riportato nelle "condizioni fisiche". A qualche metro dal cattivone gli lancio il cappello luminoso per fargli fare un bel FLASH [DIVERSIVO], continuare a correre e soffiare una nube di oscurità, che ha lo scopo di indebolirlo tramite soffocamento leggero [AD] e di celare in parte il mio successivo scarto laterale alla sua sinistra. Una volta in posizione, creo una lama di luce e cerco di colpirlo al fianco [AF]. Questo è tutto :ehsi:

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Jinmu rimase impassibile e silenzioso.
    Le parole non servivano, ma solo pura determinazione e forza.

    La forza avrebbe conseguito chi fosse il degno possessore di Ama no Iwato, di forza lui non difettava. Daimon o meno, era sangue di Amateratsu, della Forza Creatrice.
    Imperatore che aveva generato con le sue gesta uno dei più importanti imperi storici, ma comunque guerriero.


    La luce lo abbagliò e per pochi istanti non poté vedere niente, ma non si fece prendere dal panico, freddo e calcolatore in ogni suo movimento. Usò una esplosione cosmica attorno al suo corpo una volta che avvertì le tue ombre infilarsi dentro ai suoi polmoni per dissolverle ma anche per deviare qualsiasi altro attacco attorno a lui.
    Tuttavia, la momentanea cecità gli impedì di calcolare correttamente i tempi e la lama di luce riuscì comunque a fargli una ferita al fianco, seppur poco profonda.


    Un’onta, per lui che era il primo, versare sangue divino.


    Ti puntò con la vista pienamente al suo massimo, e usando l’arco a mo’ di bastone mirò nuovamente alla tue gambe per colpirti con una spazzata diagonale alle caviglie ora che si trovava così vicino a lui. Un ulteriore tentativo di sbilanciamento, per poi muovere la sua mano verso il tuo viso come per volerti afferrare, ma con un rapido movimento si diede una spinta all'indietro, cercando di aumentare nuovamente la distanza e puntandoti quello strano terzo braccio, fonte del suo vero attacco.

    I suoi occhi si illuminarono di una luce biancastra e il suono di un battito di ali riempì le tue orecchie, quando dal palmo della terza mano l’immagine fantasma di un corvo con tre zampe si diresse a folle velocità verso il tuo viso pronto a banchettare con la tua anima.


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    Ricordo di Yatagarasu, il divino corvo che guidò la marcia del primo imperatore. Emblema di Amateratsu, ma ora solo ombra del Fato che mosse i passi dell’antico monarca.



    CITAZIONE
    Angolo Note:

    Il nostro amico Tenno si prende l'attacco ma riesce a minimizzare abbastanza. Tuttavia si arrabbia è va prima di una spezzata diagonale per tentare di farti cadere (ad), poi fa finta di afferrarti con la mano (div) ma invece si allontana e nel mentre ti lancia un corvo spirituale per tentare di colpirti direttamente l'anima (AF).[/color].

    Enjoy!
     
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    C
    on una semplice manifestazione di cosmo era riuscito a spazzare via la nube oscura che tentava di intossicarlo riempiendogli i polmoni, deviando parzialmente anche la traiettoria della tsurugi. Del mio assalto non era rimasta che una semplice ferita superficiale al fianco, appena sufficiente a spillare qualche goccia di sangue. Il suo orgoglio, invece, era stato intaccato ben più in profondità. Afferrò l'arco con entrambe le mani e vibrò un colpo in diagonale per buttarmi a terra, mirando alle caviglie già rese fragili dalla scossa tellurica. Sapevo quel che stava per accadere, ma il mio corpo non riuscì a stare al passo con la velocità d'esecuzione della sua spazzata e persi l'equilibrio, inesorabimente. La terza mano che, innaturale, spuntava dal trapezio, chiuse la distanza che ci separava ed artigliò l'aria per afferrarmi il volto. Questo fu quello che pensai, sgranando gli occhi, nel vedere il palmo di quell'orrenda appendice farsi sempre più vicino.



    L'intento dell'imperatore fu chiaro quando, con una torsione del polso, mi spinse con violenza per prendere di nuovo le distanze e mostrare l'altro volto del potere, quello che soggioga l'anima dei deboli. I suoi occhi brillarono per un istante della stessa luce che illumina i nembi durante le tempeste primaverili e per le mie orecchie non vi fu altro suono se non il battito d'ali del grande corvo reale. La presenza spettrale evocata da Jinmu non si limitava a volare, perché la sua velocità solcava il piano spirituale in cui il tempo era un frammento di realtà dalle sfaccettature incomprensibili. Soltanto accorgersi della sua presenza fu un'enorme fatica, mal ripagata dal dolore opprimente che mi squarciò il cuore.

    "Yatagarasu, il corvo divino che guidò la marcia del primo grande imperatore"

    Stasi. Il mondo aveva smesso di muoversi, le stagioni di avvicendarsi, gli uomini di vivere. La realtà per come la conoscevo era il risultato di un atto di forza che sempre si ripeteva secondo le vie del fato, un testo scritto le cui parole restavano incise nel grande libro del divenire. Chi ero io per mettere in discussione un ordito oltre la mia comprensione senza esserne il tessitore? La mia anima urlò di dolore in una stanza senza pareti, dove il suono era l'eco distorta di se stesso e nessuno aveva orecchie per ascoltare. Portai la mano destra alla gola, cercando nuova aria per riempire i polmoni svuotati d'ossigeno, incapaci di trarne altro dall'ambiente circostante.

    La vedo. Gli occhi di Amaterasu sono puntati su di me. Il corvo deve essere nutrito.

    Movimento. Le foglie cadevano dagli alberi e marcivano ancor prima di toccare terra, morte sin dalla nascita. Il sole bruciava ogni cosa perché dell'ozono non era rimasto che un vago ricordo, una nota a piè di pagina in un libro di geofisica il cui autore era scomparso secoli addietro. Un'altra ferita al mio spirito mutilato dagli artigli implacabili del corvo. Perché continuavo a combattere? Cosa potevo offrire ad Ama no Iwato? Debolezza e fallimento, questi erano i miei cavalli di battaglia. In ginocchio, come i servi che piegano il capo dinanzi ai padroni, attendevo la mia fine.

    Lei ti ha abbandonato, ma tu non sei disposto a lasciarla. Questo luogo di appartiene e con esso i desideri ed i rimpianti di tutti quelli che hanno affidato le proprie preghiere alla grotta. Rialzati.

    Ero a terra, rannicchiato su me stesso, il volto bagnato di lacrime e le labbra secche, appena schiuse in una smorfia di dolore. Jinmu si era allontanato, il corpo ancora in tensione per l'ultima offensiva lanciata per spezzare la mia volontà appesa ad un filo estremamente sottile. Il santuario mi apparteneva ed io ero la sua espressione concreta, vivida, tangibile in un mondo piagato da mutamenti che superavano il semplice orrore. I daimon avevano portato la disperazione, ma c'era un modo per trasformarla nella più amara delle medicine. Le lacrime cessarono di sgorgare ed al loro posto una densa tenebra liquida si riversò a terra, dividendosi in tanti filamenti diretti ai piedi dell'imperatore. Più l'oscurità avanzava, più le propaggini s'ingrossavano, gonfiandosi di un risentimento antico ed inestinguibile. Se l'angelo della sorte voleva starmi lontano ad ogni costo, sarebbe stato il mio odio a raggiungerlo, foss'anche attraverso i piani dell'esistenza.

    Le lacrime degli uomini esprimono un dolore che è destinato a spegnersi con la morte del corpo...

    ... ma le lacrime degli dei continuano a perdurare per tutta l'eternità.

    L'area del santuario era immersa nella luce, così non dovetti far altro che chiedere il suo aiuto, sussurando ai fotoni la forma più adatta per punire quella disgrazia ammantata da sovrano. Tre cilindri sottili e luminosi si addensarono a circa quattro metri dalla figura del daimon, prendendolo come centro e punto di riferimento di un triangolo equilatero immaginario. Le loro basi smussate iniziarono a deformarsi fino ad assumere la conformazione delle spesse punte delle naginata. Tutte quante, seguendo la mia volontà ormai incrinata, saettarono verso il tronco ampio e muscoloso dell'imperatore cercando di trafiggerlo a morte.

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    FISICO Tricipite perforato, taglio alla coscia sinistra ed al sopracciglio. Piccola distorsione alla caviglia. Danno spirituale grave che mi costringe, per il momento, a terra.
    MENTE Addolorato, ansioso di chiudere lo scontro prima di crollare psicologicamente.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Mi becco la bastonata che mi toglie l'equilibrio e, per forza di cose, mi becco in pieno il danno spirituale da cui non posso difendermi. "Piango" oscurità liquida che si dirama in rigagnoli diretti ai piedi di Jinmu [diversivo] + [ad] per cercare di limitarne i movimenti, in modo da dare il tempo alle tre naginata di luce di bucarlo per bene [af]. Le naginata sono disposte con le punte rivolte verso il daimon, prendendolo come ortocentro di un triangolo immaginario in cui la base piatta delle aste tocca i tre vertici ed il "corpo" corre lungo gli assi di simmetria.

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    L’imperatore si allontana, ma le tenebre emesse dal tuo corpo con fatica, riescono a raggiungerlo. Non un vero pericolo, non un vero danno, ma ti donano un istante, un instante che anche nella situazione di totale disperazione e di differenza di potenza, riesce a coglierlo di sorpresa.

    Hubris forse, o semplicemente il fato che si mette all’opera… ma la sua reazione ti sorprende.


    Si fa infatti impalare dalle tue lance di luce, una volta compreso che non avrebbe potuto evitarle in modo completo, e li ti guarda fisso con i suoi occhi gelidi e ormai privi di umanità, completamente pieni delle innumerevoli vie dello sconosciuto passato e dell’imprevedibile futuro tessuto da Ananke.

    Poi, fece qualcosa di assolutamente non contemplato, ben più spaventoso di qualunque attacco, tecnica o mostro.

    Ti sorride, mentre un piccolo rigolo di sangue bagnava le sue labbra.


    Anche se sei a terra… anche se il pantano è mischiato al tuo sangue, ancora vuoi combattere?
    Ancora vuoi soffrire? Ancora vuoi farti carico delle voci?

    Se vuoi farlo, allora devi dimostrare molto di più, Goccia di fango...




    Vibrando e facendo esplodere il suo cosmo, puoi vedere come il suo corpo inizia a… mutare. Le sue membra si aprivano mostrando fibre di cristalli fluidi e metalli che risplendevano di innaturali bagliori color ossidiana, mentre iniziava a librarsi alto nel cielo sorretto da innumerevoli ali di corvo. Il suo cosmo ruggiva nelle note del destino.



    angel_yama


    … devi dimostrare di non essere più Uomo, ma Altro.





    Un Tengu Impossibile, l’Essenza Celeste che aveva lasciato la Realtà per le corti angeliche. Potevi sentire come la natura aborriva quella cosa, ma come in qualche modo riusciva a resistere al mondo. Non se né curava, eri tu il suo obiettivo. Volevo mostrarti contro chi stavi scagliando i tuoi colpi, farti capire quanto fosse futile tutto quello che stavi compiendo, mostrando la vera essenza che aveva anelato.


    Dal suo corpo, una serie di frecce nere come le piume delle sue ali iniziarono a vorticare per dirigersi a mo di tornado verso la tua direzione. Oltre a bloccare la tua visuale, avrebbero tentato di sfiorare in continuazione la tua anima per indebolirti ancora di più, per farti cedere sempre più in preda alla disperazione, mentre una singola freccia di cosmo, ben più materiale, apparve in un arco mirata verso il tuo petto e partì sibilando...






    CITAZIONE
    Angolo Note:

    L'attacco è andato abbastanza in segno, ma come conseguenza il nostro amico si è un pochino alterato.

    Ha raccolto le energie per diventare un gundam angelico (vera forma) e volando in alto nel cielo ti ha prima lanciato una pioggia di piume-frecce per sboccare la tua visuale e dar fastidio alla tua anima (div + ad) e nel frattempo sta prendendo la mira per una freccia cosmica normale ma che se ti becca fa molto male (AF).

    Comunque è ferito,quindi continua a difenderti e menare!


    Edited by eden_ST - 23/12/2022, 12:02
     
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    L
    e naginata trafissero Jinmu contemporaneamente, penetrando la carne con facilità in un tripudio di luce che esaltava la scena immortalandone la crudele bellezza. Perché si era lasciato colpire così facilmente? La sorte di cui era aspetto parziale richiedeva, forse, un sacrificio per garantirgli la vittoria? La bocca del daimon era contorta in un sorriso ferale, le sue labbra bagnate di sangue che cadeva a gocce fino a raggiungere il suolo. Stava soffrendo? Era difficile interpretare le emozioni di un essere che aveva trasceso la condizione umana pur di dominare il creato secondo le proprire regole, eppure avrei dovuto farlo per cercare un punto debole in quel corpo che sembrava una fortezza inespugnabile.
    In risposta al mio pensiero fugace le sue membra si aprirono, le viscere presero a modellarsi secondo uno schema al di là della mia comprensione, amalgamandosi tra loro e dividendosi nuovamente fino a creare qualcosa di nuovo, di unico. Il cosmo dell'imperatore bruciava ed ogni atomo di quel vasto potere cantava la canzone di Ananke, sfogliando lo spartito del destino che lei stessa governava scorrendo le dita sottili sulle linee del pentagramma conosciuto come universo.

    "Finalmente mostra la sua natura. Anche noi faremo lo stesso"

    Il suo aspetto era mutato in modo così radicale da cogliermi momentaneamente di sorpresa, complice la debolezza del mio spirito provato e quella sottile ma persistente paura di perdere la vita. Le fattezze del Tengu, modellate dal metallo e da fibre di cristallo liquido, scrutavano ogni cosa e le grandi ali si aprirono percuotendo l'aria con una forza terrificante garantendo alla figura regale di Jinmu la vastità del cielo.

    Questo non è il posto per gli angeli...

    ... né per i demoni

    «Questo mondo è per chi riesce a rispettarlo. Non ha bisogno di essere governato da mani meno sapienti ed attente di quelle di Gea»

    Ero riuscito a rimettermi in piedi, a ritrovare la compostezza perduta nonostante avvertissi costantemente un profondo senso di solitudine e di vuoto, paragonabile all'accidia in cui indulgono tutti quelli che hanno perso la voglia di vivere e di lottare per una causa, qualsiasi essa sia. La grotta era a pochi metri dalla mia posizione ma capii ben presto di dover fronteggiare un nuovo assalto, molto più subdolo dei precedenti. Dal corpo del Tengu iniziò a formarsi una miriade di piume nere, unite in un tornado terrificante che mi raggiunse in pochi secondi; il rumore del vento sovrastava perfino il battito del mio cuore. Alzai entrambe le braccia incrociandole all'altezza del volto, istintivamente, proprio quando il calamo appuntito delle prime piume entrava in contatto con la nuda pelle. Provai a richiamare il cosmo ma, ancora una volta, la presenza spirituale di Jinmu raggiunse i recessi più oscuri della mia anima, rendendo vano ogni sforzo. Il trauma recente mi aveva gettato nello sconforto, ma una piccola porzione della coscienza, ancora intatta nonostante tutto, stava processando non solo il dolore patito ma anche quello che continuava a lambire, con una cadenza regolare, la mia anima già provata. Dovevo guadagnare una posizione sicura nel minor tempo possibile senza dare le spalle a Jinmu ed escogitare un contrattacco adeguato per riportarlo a terra prima che mi riducesse ad un colabrodo.

    "Non riesco a vedere cosa stia facendo... devo spostarmi prima che..."


    Vedere. Io non potevo vederlo con chiarezza a causa di quel tornado di piume che mi impedivano di reagire con lucidità e prontezza ad un possibile attacco del daimon, ma lui non doveva di certo versare in una condizione così diversa. Poteva sfruttare l'altezza per delimitare un'area da bersagliare col suo arco, eppure avere la certezza di colpirmi rimanere una mèta difficilmente raggiungibile. Serrai la mascella e corrugai la fronte per conservare quel poco di volontà combattiva che mi rimaneva senza annegare in un mare di disperazione diventando, così, un giocattolo nelle mani di una creatura che non sapeva stare al suo posto. Forte con i deboli e debole con i forti.

    Abbatti il corvo e spezza le sue ali. Usa catene leggere più dell'aria e pesanti più del piombo

    Ogni cosa ha un'ombra e per un'ombra ci sarà sempre qualcosa da nascondere

    Lo stratagemma degli uomini di paglia sarebbe stato perfetto per l'occasione. Mentre il tornado di piume continuava la sua opera di sfinimento, sfruttai la moltitudine di ombre generate dalle loro sagome, rese ancor più evidenti dalla luce intensa che illuminava l'area. Bastava una piccola manipolazione, un frammento del potere donatomi da Ama no Iwato, per sprigionare una bruma oscura che ben presto seguì il moto circolare del vortice occultando, forse, a sufficienza, la mia persona.

    Arriva!

    Arriva!

    La freccia di Jinmu arrivò prima di quanto mi aspettassi squarciando le tenebre come se non esistessero, senza arrestare il proprio corso, pronta ad inchiodarmi a terra una volta per tutte. Avevo qualche frazione di secondo per cercare di oppormi al destino che l'imperatore aveva in serbo in per me, così lasciai fluire il cosmo nella sua forma più semplice, tentando di deviare almeno in parte la traiettoria del suo attacco. Plasmai una lastra oscura liscia, curva, assimilabile per concetto e struttura alla sezione longitudinale di un cilindro cavo e la lasciai stazionare a non più di due passi dalla mia posizione. La porzione convessa della lastra, rivolta appositamente a sinistra, avrebbe dovuto intercettare la punta della freccia e deviarne il corso così da impedirle di colpire i punti vitali e ridurne la capacità di perforazione.

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    La balistica era una scienza esatta, ma fare i conti con il potere del daimon era tutt'altra cosa. La struttura d'ombra andò in mille pezzi e riuscì soltanto in minima parte nell'intento di proteggermi dalla violenza del colpo che, nonostante gli sforzi, ricevetti in pieno. Sentii la testa dell'omero della spalla sinistra andare in frantumi e l'acido della bile bruciarmi la gola mentre cercavo in tutti i modi di non svenire per il dolore. La vista annebbiata ed il sangue che prese a scendere copioso dalla ferita aperta, ascoltai nuovamente le voci e mi feci carico della loro ira.

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    Modulai alcuni fasci luminosi in un costrutto a foggia di arpione la cui base era agganciata ad una catena avvolta intorno all'unico braccio rimasto illeso. Grazie alla rifrazione causata dall'aria e dalle fronde degli alberi che dominavano la sezione superiore del santuario, tentai di occultare l'arma alla vista di Jinmu, preparando un ulteriore diversivo per assicurarmi una linea di tiro pulita. Richiamai ancora il cosmo ed aumentai l'intensità luminosa nel punto in cui si trovava l'imperatore, così che focalizzasse la sua attenzione su quell'ennesimo tentativo di distrarlo. Solo a quel punto, quando avesse creduto di essere al sicuro, avrei scagliato l'arpione sperando di ferirlo per poi agganciarlo e riportarlo a terra. Il fulcro della strategia si basava su due punti fortemente interrelati: la possibilità concreta che l'imperatore interpretasse il mio schema d'attacco come ripetitivo e monotono da un lato ed il suo affidarsi esclusivamente sulla differenza di potere che ci poneva, effettivamente, su due piani diversi.

    "È il momento di giocare, sangue di Amaterasu. Forse, con la tua morte, guadagnerò il diritto di rivederla"


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    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Verde
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Tricipite perforato, taglio alla coscia sinistra ed al sopracciglio, testa dell'omero della spalla sinistra frantumata. Piccola distorsione alla caviglia. Danno spirituale grave.
    MENTE Concentrato.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Subisco il diversivo e l'attacco debole a causa dello shock spirituale precedente, poi cerco di utilizzare l'oscurità per tentare un diversivo fallendo miseramente. Richiamo una lastra di oscurità dalla foggia di un cilindro tagliato secondo il suo asse longitudinale e sfrutto la sezione convessa per deviare la freccia cosmica di Jinmu quel tanto che basta ad evitare la morte istantanea (vedere immagine e descrizione :zizi: ) ma non la rottura della testa dell'omero della spalla sinistra. A questo punto sfrutto la grande quantità di luce che illumina tutto il campo di battaglia per creare un arpione elementale della stessa sostanza e collegarlo ad una catena che si avvolge intorno al mio braccio sano, occultando il tutto tramite la rifrazione [div1]. Tento di indurre Jinmu a focalizzare la sua attenzione su un momentaneo incremento di luminosità nel punto in cui sta fluttuando [div2] e scaglio l'arpione di luce occultato per per cercare di agganciarlo e tirarlo giù una volta per tutte [af]

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Luce.

    Splendida, magnifica, opprimente, che si aprì nell’oscurità del Fato, distraendo quel minimo che bastava il sangue di Amateratsu che tentò di opporsi con un veloce movimentò in aria che però lo costrinse a lasciare indifese le sue ali, trafitte da colui che ormai si avvicinava sempre più al ruolo di custode.

    Puoi avvertire come ogni tuo respiro, ogni tuo volerti allontanare dal Fato per seguire le voci della terra, le voci di G.E.A. , è una preghiera e una benedizione in quel luogo. Il Sangue non sempre è più denso dell’acqua, non quando questa è melmosa, piena di fango, alghe, piccoli animali, vita capace di scavare nella dura roccia del pianeta effimeri santuari capaci di far tremare il cielo.


    Il tuo arpione di luce è andato a caccia di angeli, e ne ha portato uno a terra, sporcandolo di fango e costringendolo in ginocchio di fronte a te. I danni che dalle ali si espandono sulla gloria non possono essere semplicemente qualcosa che deriva dalla tua sola forza.


    Per qualche istante, vedi come la realtà stessa attorno a Jinmu continua ad attaccarlo sfruttando gli spiragli che hai generato, come se in quel punto la Grotta stesse lo stesse respingendo, facendosi forza della tua presenza. Siete letteralmente due contro uno.



    A quanto pare… la mia connessione non è solo fonte di autorità, ma anche di debolezza... - disse, mentre si rialzò sulle sue gambe, fissandoti con gli occhi metallici della gloria che rispendevano con la luce dell’iperuranio. Era ancora estremamente potente, ma ogni suo movimento sembrava doloroso, come se il semplice spostare il suo corpo nell’aria fosse muoversi in un cespuglio di rovi.

    Con un rumore metallico, le ali si staccarono dall’armatura, cadendo rovinosamente al suolo e sparendo in una polvere argentata.


    Ho autorità, ma come essa mi da controllo su tale luogo, anch’esso ora che ha un Guardiano può averlo su di me. Il Sistema ti ha scelto come suo protettore, e devo darne atto. Ananke ha già intravisto le linee di destino che si diramano da questo scontro e questa scelta e anche io vedo in te valore… ma non posso ritornale al Cielo senza aver prima dimostrato che tu sei davvero degno.



    Alzando la mano destra, tutte le sue energie si concentrarono in un bagliore scarlatto, e un cosmo enorme esplose tranciano la terra e l’aria, l’acqua e il vento.

    Una piccola lama dritta, ancora meno di un coltello era apparsa, brandita dal primo Tenno… una cosa così piccola eppure la realtà stessa tremava sotto la sua presenza


    futsonomitama

    Futsu-no-Mitama

    (Taglia Spiriti)




    Guerriero… non ho chiesto il tuo nome. Ti prego di dirmelo… e di resistere a questo colpo.

    E di prenderti cura di questa grotta, arcipelago e di Amateratsu, se riuscirai a sopravvivere.




    Detto ciò, incanalando ogni singola fibra del suo cosmo e della sua determinazione, l’imperatore si posiziono in posizione di attacco e con forza mosse la spada in un fendente orizzontale diretto verso di te.
    Dalla minuta spada, una immensa lama di puro cosmo e spirito si generò brillando di una luce composta da colori che non potevano essere compresi da mente umana, diventando un taglio che avrebbe determinato il destino di Ama no Iwato.


    Senti che la grotta è con te, che il mondo intero ora è con te anche solo per un attimo. L’avversario è immenso, magnifico, la fine della tua vita la conclusione di innumerevoli fini del destino, ma non c’è da pensare, riflettere, solo reagire.


    La fine della tua vita, l’inizio di qualcosa di nuovo?
    Urla il nome della tua anima, mostra la forza della Terra.

    Diventa un Eletto.






    CITAZIONE
    Angolo Note:

    L'attacco riesce, sei provato ma lo è anche Jinmu. Capisci che non sei solo tu, ma questo posto intero lo sta respingendo e a non volerlo nella realtà, e ora è arrivato a dare il tutto per tutto.

    L'attacco va considerato a Rossa+ ed è un singolo fendente di cosmo+spirito diretto su di te, ma riesci a sentirti cosi connesso e supportato dal tuo luogo di protezione che anche tu sei momentaneamente ad energia rossa.

    Siamo al momento di essere fighi, coatti, e pazzi.
    Vai!
     
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    L
    a caduta degli angeli dal Paradiso fu un giorno di rovina per il Signore, per le leggi dell’universo e per l’armonia prestabilita durante la Creazione. I dàimon avevano insegnato all’umanità che la luce più intensa non fa altro che generare il baratro delle tenebre più cupe, spingendo i deboli a trovare riparo dove i forti non possono raggiungerli. Per tutti quegli interminabili secondi che l’arpione aveva consumato percorrendo il tragitto che lo separava da Jinmu, i miei occhi non si erano mai staccati dalla figura dell’imperatore, incuranti di qualsiasi altro dettaglio offerto dalla violenza di quello scontro epocale. Dinanzi al volere di Gea che in quel momento si affermava attraverso i miei atti, la natura incalzò con una furia che, sola, incuteva un timore vero, ancestrale, ineluttabile.

    Il mondo segue il suo corso, che è quello del Codice

    Il Codice segue il suo corso, che è lo stesso del mondo

    Il fato, la necessità inalterabile egida degli angeli, ne incontrava un’altra che aveva lo stesso valore e procedeva secondo meccanismi di causalità e di ordine che non ammettevano deviazioni. La caverna di Ama no Iwato, i depositi pietrosi che formavano un piccolo sentiero il cui compito era quello di condurre i pellegrini all’omonimo fiume, gli arbusti e le foglie lucenti pronunciarono un verdetto unanime: esilio. Il crimine del sangue di Amaterasu era stato quello di ergersi al di sopra dell’equilibrio in nome di una discendenza e di un proposito che non potevano trovare accoglimento nel solco tracciato da Gea all’alba dei tempi. Le ali magnifiche della superbia caddero nel fango generato dagli sconvolgimenti della battaglia, disfacendosi fino a perdersi nell’aria in un effimero baluginio argentato. Dopotutto, anche i sovrani dovevano inchinarsi alla dura terra che li aveva generati.

    Noi siamo uno, molteplici nell’unità
    Divisi nella forma, mai nella sostanza

    Nel dàimon v’era ancora la scintilla di un potere che aveva contribuito a plasmare i pianeti, la vita che li abitava ed il dissidio degli opposti che regolavano anche la più piccola interazione della materia di cui erano costituiti. I suoi movimenti, però, tradivano uno sforzo che Jinmu non voleva assecondare, lui che tra tutti era stato un simbolo prima ancora di essere il primo imperatore del Giappone. Gli occhi celati dalla gloria che, imperterrita, continuava a proteggerlo, si posarono a lungo sul mio corpo martoriato, ardenti ed acuti come solo quelli di un figlio di Ananke potevano essere. Finalmente mi aveva riconosciuto come guerriero e come guardiano di quel luogo sacro.

    Si prepara a lasciare questo piano d’esistenza
    Infine, torna ad Ananke

    L’arpione di luce che avevo assicurato al braccio con le catene vibrò talmente forte da renderne possibile il controllo, finché non si disgregò completamente una volta che Jinmu iniziò a canalizzare tutte le energie nella mano destra, creando una frattura in quella stessa realtà che lo ripudiava. Istintivamente portai una mano al petto e mi accorsi, solo allora, di essere rimasto in apnea dal momento esatto in cui ero riuscito ad abbattere l’imperatore.

    Adesso comprendi come si sente la Madre quando feriscono il suo corpo
    Tutti si sentono in diritto di violarla, rimanendo impuniti

    Ero ferito nel corpo e nello spirito ma non era quello il motivo del mio dolore. Ogni zolla di terra ribaltata, ogni molecola di ossigeno scissa per la combustione del cosmo ed ogni goccia d’acqua evaporata per un atto di forza estrinseco al Codice, generava il tormento. Questo era il significato ultimo, l’essenza del guardiano di Ama no Iwato, la sua carne ed il suo sangue, la sua essenza imperitura che passava da ogni cosa per ogni altra in un ciclo continuo che il Fato non aveva il diritto di interrompere.

    ATTENTO!
    Il dono di Takemikazuchi sarà la tua fine

    Tutto il cosmo e la ragion d’essere dell’imperatore, infine, avevano preso una forma concreta, piccola ed insignificante ai più, terribile e degna del timore di ogni uomo per chiunque ne conoscesse la storia. La lama che mondava i corrotti era pronta a frantumare il mio spirito e disperderlo nell’etere finché non ne fosse rimasta più traccia.
    Sorrisi.

    «Yamanazaki Junichi, imperatore. Guardiano di Ama no Iwato e custode dei segreti di Amaterasu. Potete tornare a riposare»

    Futsu no Mitama, la fendi spiriti, ruggì il suo verdetto di morte piegando la realtà nelle strette maglie del destino. Un tripudio di colori, vividi eppure indistinguibili, avvolse il mezzano dritto di Jinmu, il cui cosmo denso e distruttivo era sostenuto da un enorme nucleo spirituale.

    La fine della tua vita, l’inizio di qualcosa di nuovo?
    Urla il nome della tua anima, mostra la forza della Terra

    L’energia della caverna, del mondo e di Gea nutrivano le mie cellule ad un ritmo disumano, gonfiandole, dividendole e rinforzandole in un ciclo mitotico dove la fine e l’origine coincidevano. In un istante era stato creato l’universo ed un singolo istante sarebbe bastato per cancellare il dàimon dalla faccia della terra. Giunsi le mani al petto, palmo contro palmo, il rumore della pelle resa viscida dal sangue amplificato a dismisura fino a raggiungere e superare quello della risacca; i quanti di luce risplendevano sul capo dell’imperatore.



    Una colonna di fotoni concentrati, saturi di potere elementale benedetto da Gea si abbatté con la forza di un cataclisma nel punto in cui Jinmu aveva lanciato il suo colpo migliore. Il bagliore emanato da quell’espressione grezza di pura energia distruttiva fu tale da dare l’impressione, una volta esauritosi, di essere stato guidato da una miriade di gigantesche mani di tenebra. L’assalto del dàimon mi aveva colpito in pieno nello stesso istante in cui avevo deciso di rispondere al fuoco col fuoco. L’impatto fu tale da annichilire, almeno in un primo momento, la capacità dei miei organi recettivi di elaborare il semplice concetto di dolore, abbandonandomi in un limbo privo di sensazioni. Sapevo che quello sarebbe stato il preludio della vera sofferenza, di un tormento impossibile da spiegare al lume della ragione.




    Chiusi gli occhi e li riaprii dopo un singolo battito di ciglia. Mi trovavo in una stanza disadorna, austera, vuota se non per la presenza di alcune barche o, per meglio dire, della loro inteleiatura di metallo. Erano delle himi tenma, semplici imbarcazioni a vela utilizzate dai pescatori nel periodo Edo per attraversare brevi tratti di mare nell'ottica di un'economia di sussistenza. Tra una barca e l'altra si dipanavano centinaia di fili rossi che formavano un enorme, fitto reticolo il cui margine ultimo si agganciava all'ampio ed alto soffitto.

    Dolore.

    Fu come se una bomba mi fosse esplosa in testa, tanto da annebbiarmi la vista e costringermi a serrare la mascella tanto da frantumare i molari. Sputai un grumo di sangue in cui erano impastati schegge di denti. Istintivamente, mi ritrovai a fissare il pavimento della stanza. Nulla. Non v'era traccia della materia organica che vi avevo riversato qualche istante prima e lo scenario non era mutato in alcun modo.

    °Cosa sta succedendo?°

    Un'altra fitta di dolore, intensa, asfissiante, una morsa che mi chiudeva le viscere e tentava di squarciarle con la semplice e bruta forza della pressione esercitata sui tessuti intestinali. Guardai il mio addome. Nulla.

    °Sto impazzendo? Dove sono?°

    Fu la volta delle braccia e delle gambe, della sofferenza dei legamenti, delle ossa, dei tendini e delle cartilagini. I muscoli si tirarono fino allo spasmo, si strapparono e lasciarono esposte le fibre bianche. Nulla. Mi aggrappai ai fili rossi per evitare di rovinare a terra e mi accorsi che erano più duri dell'acciaio, perfettamente capaci di sorreggere il mio peso. Quel luogo che non esisteva, avulso dai piani dell'esistenza più remoti era lì soltanto perché c'era ancora un'anima da torturare, e tale sarebbe rimasto finché non avessi ceduto o piegato le circostanze a mio favore. Il Fato reclamava la mia vita come pegno per un ordito che non avrei mai conosciuto.

    °Non ho bisogno della tua rete per rimanere in piedi, o del tuo consiglio per muovermi nel mondo; i tuoi ordini, così come i tuoi piani, non mi interessano e non mi riguardano, Ananke°

    Cosa potevo fare per sottrarmi alla profezia di Jinmu? La caverna mi aveva già fornito tutto il potere a sua disposizione per sconfiggere l'imperatore, lasciando nelle mie mani l'esito di quel duello mortale. Rimaneva soltanto un'opzione, la più difficile e pericolosa che potessi prendere: cambiare la cognizione che avevo del mondo, operando direttamente sul Codice durante il processo. Lasciai i dubbi alle mie spalle, smisi di credere di poter fare ed iniziare a fare, rendendo ogni atto simile a quello della creazione, ogni movimento un fine invece di uno strumento per raggiungere la meta. Strinsi i fili tra le mani e questi iniziarono a cedere, decomponendosi in una melma scura che andò a formare una pozza disgustosa ai miei piedi. Senza più appoggi, caddi lentamente terra ed una volta toccata la superficie fredda e liscia chiusi, per l'ultima volta, gli occhi.



    L'albero muore quando le sue radici non trovano più nutrimento

    Le tue radici, però, affondano nel ventre di Gea

    L'aria, fresca e pulita, mi sussurrava parole di conforto, la promessa di un risveglio dal torpore che mi aveva reso schiavo della mia stessa umanità. La verità dietro il mio Io nasceva nella grotta di Ama no Iwato, durante la prigionia di Amaterasu e per tutto il tempo in cui i pellegrini si erano recati al santuario per innalzare preghiere e suppliche; le mie spoglie, dal grembo di una donna. Il mio compito era quello di difendere il luogo a cui appartenevo e, per esteso, il mondo plasmato da Gea, perché anche il più piccolo degli ingranaggi era essenziale per il funzionamento del più grande e complesso meccanismo che uomini e dei avessero mai concepito.

    Aprii gli occhi.

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    Accasciato al suolo, le membra insensibili ed il battito cardiaco lento, irregolare, quasi inesistente. Ero ancora vivo, anche se per poco.

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    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Rossa
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Braccia rotte, emorragie diffuse in tutto il corpo, tricipite perforato, gambe rotte e muscoli strappati. Trauma cranico, molari esplosi, bradicardia e danno critico allo spirito. Sono davvero ancora vivo?
    MENTE White Space, a malapena presente a me stesso.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Vado in contrattacco e prendo mazzate incredibili al corpo e allo spirito. Colonna di luce sparata con le energie che mi restano e (si spera) con la benedizione di Amaterasu che mi guarda da lassù :fiore: . Sono ufficialmente K.O. e non ce la faccio neanche ad alzare la bandierina bianca.
    :well: ... forse

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Apri gli occhi, e l’immagine dell’Imperatore si erge davanti a te, con la corta spada ancora stretta nella sua mana, puntata al tuo viso. Ti guardava con una espressione illegibile.



    Così dunque il Destino è stato tracciato...



    Nel centro del suo petto, si aprì un foro che istantanemanete fece cadere metà del corpo dell’angelo, lasciandolo colo con il braccio che reggeva Futsu-no-Mitama, le gambe e la sua testa, con il volto visibile grazie alla gloria che iniziava a frantumarsi in polvere.



    ….e la Terra ha battuto il Cielo.

    Ama no Iwato … Te la affido non a nome degli angeli ma di Jinmo-Tenno. Che la tua essenza sia legata a essa e che il fato del pianeta sia deciso dalle tue gesta, Yamanazaki Junichi.




    Dandoti le spalle, iniziò ad allontanarsi non prima di mostrare con il suo sguardo rispetto sincero e fiducia, mentre a ogni passo il vento dell’oriente fa disperdere la sua figura e lasciandoti solo. Corpo e anima ferita, ma mai così vivo, mai così unito.


    Non deludere il tuo imperatore e la madre terra... o la collera del primo sovrano celeste ti seguirà in eterno.





    Con la solitudine, avverti come anche se immobile il luogo intero inizia ad abbracciarti di infinite sensazioni. Le luci, le ombre, l’umidità del muschio, la ruvidezza delle rocce. Uomo e Natura non sono più divisi ma uniti.
    Con una esplosione strisciante la darian, la tua armatura sacra appare al tuo fianco, pronta per essere indossata.



    Come vetro in frantumo la coltre imposta dagli angeli si spezza, e messaggi dal cuore della Terra stanno arrivando alla tua mente, chiedendo spiegazioni su cosa sia successo, chiedendo chi è il nuovo eletto che è sorto.


    E invitando Junichiro, Custode di Ama no Iwato, ad Agharta.




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    Angolo Note:

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    L
    a sagoma affilata di Futsu no Mitama, salda nelle mani di Jinmu, oscurava il sole, ma non emanava più alcuna aura di minaccia. L'imperatore ed il guerriero videro finalmente le loro strade dividersi.

    «...»

    Deludere le aspettative non rientrava nei miei piani, che si trattasse dei miei nemici o della Madre Terra, ma non potevo fare a meno di pensare a quel che era accaduto nell'arco di pochissime ore. Ero stato un emarginato, un uomo invisibie agli occhi della società, un individuo che sopravviveva alla catastrofe con gli avanzi che riusciva a racimolare dai superstiti della città o da quel poco che la natura occultava ai caduti e ai mostri partoriti dal flagello della corruzione. Ora, inaspettatamente, vestivo i panni di un custode, un guerriero forgiato dalla purezza della luce che risplende sui giusti e gli empi allo stesso modo, governato dall'istinto violento dei predatori che non accettano il dominio degli estranei sul proprio territorio. Il sapore metallico del sangue in bocca mi ricordò che ero ancora ad un passo dalla morte.

    Di nuovo solo, entrai in comunione con la caverna e con il santuario giacché il potere degli angeli e della loro barriera che rivestiva l'intera area stava venendo meno. La Terra chiedeva spiegazioni e lo faceva a suo modo, entrando in risonanza con la porzione di Codice in comunione con la mia essenza, parlandomi dal reame di Agartha, chiedendo spiegazioni sull'accaduto, sincerandosi delle mie condizioni e verificando l'identità del nuovo eletto pronto a rispondere all'antica chiamata. Esausto ed incapace di formulare frasi di senso di compiuto, mi limitai ad assentire esponendo il mio spirito all'abbraccio materno di Ama no Iwato e ad ogni forma di vita che popolava quel luogo sacro. Una brezza leggera al mio fianco mi avvertì che anche l'armatura sacra, la Darian di adamantio, era pronta a servirmi per le battaglie future così che il mio corpo, ancora mortale, soffrisse di meno i patimenti della carne.

    È finita
    È soltanto l'inizio

    "È tempo di andare"

    Il Bosco Sacro attendeva il mio arrivo perché se molto era già stato fatto, tanto altro v'era da fare, con le parole o il pugno di ferro quando queste non fossero state sufficienti. Il principio della creazione conteneva, parimenti, interi segmenti votati alla morte ed alla distruzione, tanto che nulla può vivere se qualcos'altro non decade, nutrendolo.
    Per tornare ad Agartha avrei dovuto utilizzare la Via Dorata, richiamare le Api che ne custodivano l'accesso ed abbandonarmi agli splendidi sentieri di pura energia, un labirinto per chiunque fosse al di fuori delle grazie di Gea. Il mio desiderio fu ascoltato ed accolto da Ama no Iwato che chiese alla foglie dei grandi cipressi di tornare alla terra, agli insetti di riposare, sollevandoli dalle lore fatiche e al vecchio corso d'acqua di evaporare e salire al cielo. L'energia donata fu sufficiente a compiere il miracolo e la Via Dorata, infine, si spalancò di fronte ad Ama no Yasukawara.



    «Casa...»



    u3RWw9c


    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA ?
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Braccia rotte, emorragie diffuse in tutto il corpo, tricipite perforato, gambe rotte e muscoli strappati. Trauma cranico, molari esplosi, bradicardia e danno critico allo spirito.
    MENTE Rinfrancato
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Non avendo più cosmo a disposizione chiedo un piccolo prestito ad Ama no Iwato giusto per aprire la Via Dorata ed andare a leccarmi le ferite ad Agartha :azd: Grazie di tutto, ci vediamo in game :riot:

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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