Gli spiriti dell'isola

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    Gli spiriti dell'Isola



    #01



    Isola di Lefkada, Grecia

    Sei stata incaricata di una missione che sembra semplice sulla carta, ma l'aria carica di sale e il grido incessante dei gabbiani suggeriscono che le difficoltà potrebbero essere maggiori del previsto.

    Proprio vicino a Cape Lefkadas, dove le onde si infrangono con violenza sugli scogli, una comunità di cinquanta anime si è insediata nei pressi di un vecchio faro. Quest'area desolata e ventosa, a lungo ignorata per la sua apparente mancanza di risorse, è ora al centro di inquietanti rapporti: branchi di corrotti, creature dallo sguardo vuoto e movenze innaturali, si stanno avvicinando dal mare, spinti da una fame oscura e devastante.

    Con soli tre giorni a disposizione prima dell'arrivo dei rinforzi, il tuo compito è convincere i civili a spostarsi in un luogo più sicuro. Tuttavia, il tuo arrivo sull'isola non passa inosservato. Mentre ti avvicini al faro, una fitta nebbia si abbassa improvvisamente, inghiottendo la luce del giorno. Nell'opacità di quel velo grigio, un'orda di corrotti emerge dal nulla, circondandoti con una velocità spaventosa.

    Sebbene tu riesca a respingerli con destrezza, sostenuta dall'addestramento ricevuto e dall'armamento pesante, un senso di disagio ti pervade non appena la battaglia si conclude. La tua catena, uno strumento affidabile per rilevare presenze non terrene, inizia a girare freneticamente su se stessa, segnalando presenze invisibili in punti casuali attorno a te. Non ci sono emanazioni cosmiche, nessun segno visibile di minaccia, eppure l'aria si carica di un'oppressiva sensazione di pericolo imminente.

    Il faro si erge solitario davanti a te, un guardiano silenzioso di segreti antichi e terrore nascosto. Mentre ti avventuri verso la comunità per adempiere alla tua missione, ti rendi conto che l'isola di Leukade potrebbe nascondere enigmi molto più oscuri di quanto tu abbia mai immaginato.



    Benvenuta nel tuo up cloth! Ecco quello che c'è da sapere.
    - Descrivi liberamente il tuo viaggio e il tuo incontro/scontro con i corrotti. Decidi tu quanti erano, com'erano, come li hai sterminati in maniera abbastanza semplice. Anche il viaggio è stato pressoché tranquillo, ma sei partita da sola e sei arrivata da sola. Del resto, ti è stato detto che è una zona apparentemente libera dai corrotti.
    - Resta solo sul vago il modo in cui hai ricevuto l'ordine. Questo sarà importante più avanti.
    - Fermati nel post e dimmi cosa vuoi fare con la tua catena che sembra impazzita di sua spontanea volontà.


    Edited by ˜Kali - 2/5/2024, 11:57
     
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    erika o'shea ● andromeda {III} ● energia verdeGli spiriti dell'isola1 • ost

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    Le onde agitate del mare si infrangevano contro i pilastri di cemento che sostenevano quella che un tempo era stata un ponte sul mare. Il loro fragore assordante rimbombava nell’aria impregnata di sale e uno strano senso di attesa, di inquietudine. Esso non tardò a farsi largo anche nel cuore di Erika che, passo dopo passo sul cemento rovente della carreggiata sotto il sole del meriggio, si avvicinava silenziosa e vigile all'isola. Assottigliò lo sguardo, cercando di proteggersi con le lunghe ciglia scure daii raggi del sole che le ferivano la vista, per vedere meglio la strada di fronte a sé. Nell’aere, oltre allo scroscio dell’acqua marina, poteva udire soltanto i garriti striduli dei gabbiani che volavano sopra la sua testa, solerti sentinelle di quel luogo ritenuto desolato da tempo ormai. Portò avanti la gamba sinistra ma esitò un attimo prima di poggiare il piede a terra: il timore che l’arto cedesse sotto il suo peso era ancora insito nel suo istinto, che risuonava come un allarme di un imminente dolore. Erika si soffermò ad osservare la propria gamba mentre la mano andò distrattamente ad accarezzare l’inguine destro, persa nei ricordi di qualche giorno prima: era rientrata da Isso quasi incapace di reggersi in piedi da sola, il dolore delle ferite riportate nello scontro con lo spettro di Worm era insopportabile e ogni passo che aveva intentato era una sofferenza atroce. Grazie all’aiuto dei guaritori, era riuscita a ristabilirsi in pochissimo tempo ma era così strano trovarsi nuovamente in piedi e camminare come se nulla di tutto quello fosse successo. Era come se il suo stesso corpo non riusciva a realizzare di essere nuovamente in grado di compiere quei movimenti, così naturali e semplici, senza provare alcun dolore.
    Si voltò indietro e con aria disorientata aveva osservato il punto da cui era giunta. Era arrivata sulla Greek National Road 42 solo pochi minuti prima, apparendo dal nulla sulle soglie del ponte che collegava il continente all’isola di Leucade.
    Quando aveva letto la destinazione del suo nuovo incarico aprendo la missiva, aveva sospirato scoraggiata.

    L’isola di Leukade? Ma… È molto lontano da qui. aveva pensato, ricordando la crociera intrapresa coi genitori per il loro 25esimo anniversario di matrimonio. Al tempo era solo una bambina ma ricordava chiaramente la bellissima escursione che avevano fatto in quei luoghi… Tre giorni prima di approdare con la nave nel porto di Atene.
    Se ci vado a piedi, ci impiegherò troppo… Contando anche il mio fantastico senso dell’orientamento, sarà già tanto se ci arrivo in tempo per Natale! sbuffò, lasciando cadere le mani lungo i fianchi, abbattuta. Non aveva proprio idea di come fare a raggiungere un posto così lontano.
    Una voce familiare la distolse dalle sue preoccupazioni, salutandola da lontano. Gli occhi scuri di Elaine, Gold Saint dell’Ariete, fecero capolino nei suoi, gioviali e vispi come sempre. Sobbalzò, non aspettandosi la sua presenza a Rodorio, e la salutò a sua volta. Era andata a pranzo dai suoi genitori, come era solita fare nelle giornate libere come quella e, notando la compagna d’armi così giù di corda, si era avvicinata per capire cosa stesse succedendo. Dopo averla ascoltata pazientemente, Elaine le aveva detto che aveva una soluzione al suo problema: l’avrebbe aspettata alla Prima Casa, il prima possibile, pronta con tutto il necessario per partire per la sua missione.
    Erika piegò la testa di lato, confusa: l’invito arrivava nel momento più improbabile possibile e anche piuttosto improvviso. Avrebbe invece scoperto, di lì a poco, che ciò che la giovane gold saint le stava offrendo sarebbe stata la soluzione di tutti i suoi problemi.
    Nel momento presente, Erika sbatté le palpebre ripensando al momento in cui Elaine aveva attivato il suo cosmo. In pochi istanti, come per magia, non si era più trovata tra le quattro mura del Tempio dell’Ariete, di fronte al viso sorridente dell’amica ma in quel luogo, teletrasportata a chilometri di distanza dal Santuario dal Cavaliere dell’Ariete con la sua capacità di teletrasporto.

    Quando mise piede sull’isola, tutto sembrava tranquillo: Leucade, capolinea dell’autostrada, era diventata una città fantasma, completamente diversa dal ricordo vibrante e radioso che aveva di quel luogo. Erika era ben conscia che doveva raggiungere Cape Lefkadas il prima possibile: c’era una comunità di circa una cinquantina di persone che avevano bisogno di aiuto, non poteva esitare.
    Tuttavia, la santa di Andromeda si sentì improvvisamente svuotata davanti a quella visione. Rallentò il passo e si ritrovò a soffermare più volte lo sguardo sulle case, dai muri slavati e le porte sigillate, e nelle strade, dove il vuoto e il silenzio incessante dominavano la scena.
    Ogni passo che faceva echeggiava nel vuoto, il suono stesso perduto nel labirinto delle vie deserte. Il tempo sembrava essersi fermato in quel luogo, lasciando solo il suo eco distante a ricordare ciò che era stato, eco che entrò in risonanza coi ricordi che Erika aveva di quel luogo. Ogni edificio raccontava una storia di vite interrotte, di speranze e sogni infranti e di catastrofe. Il silenzio che la avvolgeva come un sudario era la cosa che, più di tutto, la faceva sentire più sola che mai.
    Dodici anni prima aveva battuto quelle vie colme di risa e allegri schiamazzi di bambini che giocavano a pallone, di note strimpellate da bouzouki e fisarmoniche dei musicanti che intrattenevano con le loro melodie tradizionali i turisti, del profumo di pita appena sfornato e di melanzane arrostite. Le ombre dei suoi ricordi danzavano intorno a lei mentre il cuore le si stringeva nel petto e quella sensazione di nostalgia per quel tempo ormai perduto si fece sentire più forte che mai. Sentì le palpebre pizzicare, si sentiva come se fosse sull’orlo del pianto ma, strofinandosi gli occhi, si rese conto che i suoi occhi erano aridi, privi della benché minima lacrima.
    Non poteva continuare a rimuginare sul passato, era giunto per lei il momento di reagire. Socchiuse gli occhi e prese un respiro profondo, concentrandosi per trovare la forza di andare avanti, di lasciarsi alle spalle il pesante macigno dei ricordi e della nostalgia. Con il cuore pesante, Erika alzò la testa e, con la decisione di portare a termine quella missione nel migliore dei modi, continuò il suo cammino.

    Aveva attraversato l’isola con discreta facilità, incontrando ben pochi ostacoli sulla strada che portava al famoso faro. Si era lasciata alle spalle il monastero di San Nicola ormai in rovina da un bel pezzo quando lo notò. Era esattamente come lo ricordava: come ora, pure allora poteva distinguerlo chiaramente sulla linea dell’orizzonte. Sorprendentemente la struttura solitaria era ancora lì, integra e integerrima guardiana del promontorio.
    Ci sono quasi, ormai manca poco. sorrise speranzosa ma, all’improvviso, il paesaggio verde e soleggiato che la circondava si tinse di note tetre e incredibilmente fredde. Gli occhi color del cielo che fino a pochi secondi si erano fatti più grandi e luminosi per la contentezza di essere ormai prossima alla destinazione, si ridussero a due fessure fredde e calcolatrici. Un cambiamento così repentino del clima era tutto fuorché normale e ne ebbe la conferma definitiva proprio dalle catene che portava legate ai polsi. Fremettero e si sciolsero dai bracciali dell’armatura, cominciando a puntare irrequiete verso gli arbusti che delimitavano il sentiero. Era un chiaro segnale di pericolo, non era la prima volta che Erika assisteva a quel comportamento da parte delle leggendarie catene, col passare del tempo e delle battaglie ormai aveva imparato a distinguere abbastanza bene il comportamento delle sue armi. Un branco di Corrotti, con le loro guaste e minacciose sembianze saltarono fuori in massa, accerchiandola. I mostri, non più grandi di un pastore tedesco, si avvicinarono rapidamente a lei, cercando di attaccarla
    Dei corrotti? Così tanti tutti nella stessa zona? Ma come è possibile?! corrugò la fronte preoccupata, si aspettava di trovare degli ostacoli sul suo terreno ma non pensava in un numero così grande, le era stato detto che le probabilità di imbattersi nei pericoli della Corruzione sarebbero piuttosto basse.
    Probabile o meno, non posso certo starmene qui con le mani in mano. La risposta della ragazza all’assalto fu rapida e incisiva: le catene si mossero velocemente sul terreno, gli anelli crepitarono, intrisi di elettricità, e si insinuarono fra i corpi marci dei suoi nemici e colpirono repentinamente quando si erano fatti troppo vicini alla loro portatrice. Il triangolo metallico trafisse le carni putrefatte mentre la sfera li stritolò nelle sue spire metalliche, folgorandoli all’istante.
    La lotta si consumò in pochi minuti, fortunatamente per Erika i nemici non erano in un numero tale da metterla in un serio svantaggio e il rischio di finire in seri guai era piuttosto esiguo. Tuttavia, nonostante l’inaspettato pericolo fosse stato debellato, la catena continuava ad agitarsi fra le mani della santa di bronzo. Era tutto davvero sospetto: la ragazza non stava percependo alcuna particolare emanazione cosmica nei dintorni, non aveva senso per la catena di agitarsi in quel modo, come se da, un momento all’altro, dovessero subire un altro attacco
    La catena si comporta in modo strano… Che ci siano ancora Corrotti nei paraggi? si chiese fra sé e sé, avanzando guardinga sulla strana, pronta ad entrare in azione se necessario. Non poteva controllare la catena in situazioni come quelle, aveva una volontà tutta sua, completamente indipendente dal volere di Erika. Tantomeno poteva leggere e interpretare con precisione le reazioni che essa aveva: decise dunque di lasciarla agire, lasciandola libera di muoversi senza richiamarla a sé per farla riposare sui bracciali bronzei, a meno che i suoi movimenti non le avrebbero impedito di proseguire. Si fidava ciecamente della sua compagna di battaglia, l’avrebbe tenuta d’occhio per cercare di capire cosa stesse succedendo in quel posto.

    Tutto d’un tratto, il petto di Erika si fece pesante, come se i muscoli dell’esofago si fossero tramutati in pietra. Alzò lo sguardo per capire da dove provenisse quella strana sensazione e finalmente lo vide. Il faro di Cape Lefkadas era proprio di fronte a lei.

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    narrato • parlato erikapensatoparlato altrui
    CASTA • Athena | Bronze Saint di Andromeda
    STATO CLOTH • Intatta, indossata integralmente,
    FISICAMENTE • Sana come un pesce grazie ai guaritori del Santuario.
    MENTALMENTE • Tranquilla, un po' malinconica.
    RIASSUNTO AZIONI • La parte dove cito l'incontro di Erika con Elaine è stata concordata con Kalego, che ringrazio ancora per avermi dato l'assist del teletrasporto, se no Erika sarebbe arrivata a Leucade fra tre anni probabilmente. Per dare un riferimento temporale, ho deciso di ambientare la giocata dopo lo scontro con Erika con Worm, qui. Mi sono tenuta vaga sulla conclusione delle vicende narrate nel fight, non essendo ancora concluso. Per il resto, spero vada tutto bene <3

    Nebula Chain
    Abilità doppia - Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore. Con l’acquisizione di potenza ed esperienza, le catene sono in grado di estendersi ulteriormente, forti del vasto cosmo del santo di Andromeda, rompendo la barriera della Realtà e raggiungendo altre dimensioni, come ad esempio quelle materiali e spettrali [capacità sbloccabile ad Energia Blu]. Rispetto al resto dell'armatura, la catena risulta più resistente [grado armatura +1].
    Solo il Saint di Andromeda è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, potrà avvertire una forte scossa elettrica, qualora il Cavaliere di Andromeda decida di irrorare gli anelli metallici di energia elettrica, capacità questa, derivante dal proprio cosmo. Tale scossa tenterebbe di arrecare un danno secondario riconducibile ad una sorta di elettricità, nel momento le catene dovessero interagire con qualsiasi superficie [il danno è sempre dipendente dalla disparità di energie].
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Perdipiù le catene hanno, non solo la capacità di muoversi a loro piacimento, ma anche la capacità di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno [abilità con caratteristiche simili a Sensi Acuti]. Se interrogate dal proprio portatore, le catene possono allo stesso modo fornire simili informazioni sull’ambiente circostante.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa. Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida e la loro capacità di movimento non influenza quella del corpo del cavaliere, non potendolo assistere nei movimenti in caso di svantaggio.

    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.

    Tecniche ///
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    Edited by cloudjumper89 - 7/5/2024, 13:21
     
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    Gli spiriti dell'Isola



    #02


    Mentre cerchi di decifrare gli strani comportamenti della tua catena, l'aria intorno a te diventa tangibile, quasi solida. Ogni respiro si fa fatica, come se stessi cercando di aspirare una nebbia densa e umida. Guardi verso il cielo, notando che i suoi colori vivaci sono svaniti, lasciando posto a una tavolozza di grigi che si estende all'infinito. E poi, senza preavviso, il buio assoluto ti avvolge.

    Ti ritrovi immersa in una realtà sfocata, un sogno lucido che ha più l'aspetto di un incubo. Flash di ricordi iniziano a danzare nella tua mente: momenti in cui ti sei sentita persa, abbandonata, sola contro il mondo. L'ansia cresce dentro di te, un'ombra oscura che divora ogni filo di tranquillità. L'aria sembra farsi ancora più rada, la mancanza di ossigeno accoppia la tua angoscia, rendendo ogni piccolo sforzo un'agonia.

    Poi, all'improvviso, la realtà si fa strada attraverso il velo del sogno. Ti svegli con un sussulto, accolta dal suono confuso e vivace di voci che si mescolano. Una pezza umida e fresca ti rinfresca la fronte. Ti ritrovi distesa su una brandina, all'interno di un ambiente circolare dalle pareti bianche: sei dentro al faro. Rumori di passi frenetici riecheggiano su per le scale e intorno a te le persone chiacchierano animatamente.

    Un giovane uomo si trova al tuo fianco, il viso segnato da un misto di preoccupazione e sollievo. "Ehi, ciao. Come ti senti?" ti chiede con un sorriso timido. "Io sono Christoforo, ma puoi chiamarmi Chris. Ci hai fatto prendere un bello spavento!" La sua voce è calma, e il suo tono amichevole sembra voler scacciare i residui del tuo incubo, offrendoti un ancoraggio sicuro in questo improvviso ritorno alla realtà.



    Vai pure a mano libera per quanto riguarda il tuo trip mentale con oggetto: abbandono. Può essere un episodio che hai vissuto, un flashback, o anche cose che non si sono realmente verificate ma che sembrano così vivide nella tua mente.
     
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    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia verdeGli spiriti dell'isola2 • ost

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    Quando alzò lo sguardo per scrutare i dintorni, Erika realizzò che il proprio respiro non era stata l’unica cosa a farsi pesante in quegli istanti. L’aria grigia e opprimente che aveva permeato l’atmosfera non si era dileguata una volta sconfitti i Corrotti, anzi, era addirittura diventata più tetra e densa, come se volesse inghiottire la giovane saint nella sua oscurità. La catena continuava ad agitarsi, percependo un misterioso pericolo senza però darne la precisa ubicazione e questo era un fatto alquanto strano, visto il suo formidabile potere. Mano mano che Erika veniva circondata da quella strana bruma, sentiva il respiro farsi sempre più rado, come se la nebbia stesse, in qualche modo, inglobando dentro di sé l’ossigeno, soppiantandolo completamente. La sentiva scivolare sulle sue membra, bloccando i suoi movimenti e schiacciandola con la sua massa, impregnando le lunghe ciocche candide della chioma fino a macchiare il suo viso. Bocca, orecchie, naso, occhi vennero completamente inondato da essa ed Erika si sentì improvvisamente prigioniera del buio più totale.


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    Riaprì gli occhi e un improvviso boato la fece sobbalzare. Istintivamente, portò le mani alle orecchie e si voltò verso l’origine di quel rumore, spaventata. Un enorme aereo di linea aveva appena spiccato il volo dalla pista ed era passato sopra la sua testa. Sulla fusoliera riconobbe subito il simbolo della compagnia aerea con cui suo fratello aveva prenotato il viaggio verso Londra. Solo in quel momento, stando lì ferma immobile sul ponte che dal terminal delle partenze portava al parcheggio, realizzò concretamente cosa stava accadendo: suo fratello se ne era andato di casa, partito alla volta della grande metropoli inglese per inseguire i suoi sogni… Lasciandola lì, sola come non lo era mai stata.
    Le labbra di una Erika bambina, vestita con il grazioso vestitino verde, quello che indossava nelle occasioni speciali, tremolarono vistosamente e le gote si rigarono di lacrime che non accennavano a fermarsi. Perchè? Perchè Aiden se ne stava andando via? Perchè la stava lasciando lì, da sola? Non diceva sempre che lei era la sua sorellina, la persona che amava di più sulla faccia della Terra, l’unica che poteva capirlo e che sentiva di poter parlare di qualsiasi cosa?
    Il viso paffuto di Erika si contrasse in un’espressione piena di rabbia, di rancore, di odio verso suo fratello, lo stesso che le aveva detto di essere lei la cosa più importante per lui. Perchè se ne stava andando? Per inseguire la sua passione per la musica? E lei? Lei cosa avrebbe fatto? Che ne sarebbe stato di lei? Un inusuale isteria prese possesso del suo corpo, esplose nella sua mente, annebbiandole la vista e inibendo i suoi sensi per qualche istante e, all’improvviso, lo scenario intorno a lei era mutato: non era più all’aeroporto ma nella camera di suo fratello, davanti a sé la chitarra di Aiden, la stessa con cui avrebbe imparato a suonare negli anni successivi. Gli occhi azzurri si sgranarono spauriti nel notare che le corde erano state brutalmente tagliate.
    M-Ma… Ma che è successo? C-Chi le ha tagliate?!

    Zac Zac

    Le pupille si ridussero a un puntino minuscolo che per poco non spariva nelle pozze turchine. Il viso si voltò verso la fonte di quel rumore e vide che nella mano destra aveva delle forbici.
    S-Sono stata… I-Io?!
    Si… Una voce simile alla sua rispose alla sua domanda, seguendo con una risatina tanto cristallina quanto inquietante.
    Se lo meritava! Ci aveva promesso che non ci avrebbe mai lasciato, che ci saremmo sempre stati l’uno per l’altro e guardalo ora, ha infranto la promessa! Ci ha abbandonato per inseguire il suo stupido e impossibile sogno di diventare un musicista famoso! La voce si era deformata, tramutandosi in un grido stridulo e pieno di collera, di odio… Ma percepiva anche una profonda solitudine in quella voce… Una solitudine che Erika conosceva molto bene…
    C-Chi sei tu... ?
    Un sorriso deforme lampeggiò davanti a lei e sogghignò maligna.
    Ma non l’hai ancora capito, sciocchina?! Non sono sorpresa però, sai? Del resto, non fai altro che continuare a ignorarmi, a zittirmi dentro di te, ad esiliarmi nel profondo del tuo animo sperando che sparisca... Per sempre.
    Un brivido la scosse e la bambina cadde in ginocchio, sconvolta da ciò che stava vedendo davanti a sé: sé stessa ma in una versione distorta, corrotta dal dolore e dal rancore.

    Io sono te, Erika. Sono quella parte di te che sta male per la partenza di tuo fratello, ferita dal suo volontario abbandono. Ti avverto, se continuerai a ignorarmi e non mi affronterai, non finirà bene...

    Wn5nIVO


    Sbatté le palpebre, interrompendo il contatto visivo ed Erika si ritrovò ad osservare quella scena non più dai suoi occhi di bambina ma da quelli della sé stessa presente, ormai cresciuta e bardata delle sacre vestigia di Andromeda. Non riusciva a capire, si ricordava perfettamente il giorno in cui Aiden, certo aveva pianto e si era sentita incredibilmente sola ma arrivare a tagliare barbaramente le corde dell’amata chitarra del fratello… Che cosa significava tutta quella visione? Aveva veramente provato quelle sensazioni? Sembrava tutto così reale...
    Improvvisamente la stanza si riempì di nebbia, la stessa che l’aveva circondata pochi… istanti? Minuti? Ore? Non riusciva proprio a raccapezzarsi su quanto tempo fosse trascorso da che aveva finalmente avvistato il faro… Erika si sentì nuovamente soffocare e, prima che potesse realizzarlo, il buio l’aveva ancora una volta avvolta nella sua morsa fredda e angosciante.

    ***

    Riaprì gli occhi di scatto, la sensazione di soffocamento non era svanita. Annaspò disperatamente alla ricerca di aria mentre provò a muovere le braccia ma non nulla di tutto ciò riuscì. Qualcosa di incredibilmente forte e robusto la stava schiacciando a morte. Il rumore delle sue ossa spaccarsi sotto la pelle era terribilmente familiare, insieme alla sensazione delle estremità che le trafiggevano le carni, perforando vene, arterie e organi. Era tutto così intenso e terribilmente veritiero che poteva provare tutto il dolore effettivo della situazione, piano piano la sensibilità sul suo corpo stava venendo meno. Sembrava che i polmoni le stessero per scoppiare da un momento all’altro come fragili palloncini, contratti violentemente da quella morsa letale.
    Con tutta la forza che le era rimasta, aveva volto lo sguardo stralunato di fronte a sé, posandosi sulla figura che la stava torturando crudelmente. Degli occhi azzurri brillarono nel buio, iniettati di una malsana eccitazione. Improvvisamente, si trovava di nuovo a Isso, fra le mortali spire dei tentacoli dello spettro di Worm.
    Una rabbia cocente le scoppiò in gola, ricordando le vicende a cui aveva assistito a Isso: una comunità di anime disperate e indifese soggiogate da un profeta arrogante e bugiardo che, con la promessa di una vita senza sofferenze e dolore, li conduceva alla morte più atroce che si potesse concepire. Le violenti immagini di quella sanguinosa lotta le passarono davanti agli occhi, fino ad arrivare al momento in cui, per la prima volta, aveva invocato l’aiuto di Athena, pregandola di concederle la forza necessaria per sconfiggere lo Specter. Era stato un atto disperato, Erika era rimasta preda della paura di non sopravvivere e della rabbia di doversi piegare contro un nemico che, la infastidiva ammetterlo visto l’ipocrisia rivelata dalle sue parole, era più forte di lei. Si era aggrappata a tutto ciò in cui credeva, alla lotta a cui aveva deciso di prendere parte quando si era presentata nell’area di combattimento del Santuario per addestrarsi e diventare una santa di Athena.
    La fede non era l’unica cosa che la spingeva a chiedere aiuto alla dea: Erika voleva davvero fare qualcosa per quel mondo in rovina, per quelle persone che avevano sofferto e soffrivano, voleva farsi strumento per garantire loro la giustizia e la pace che meritavano e restituire una vita migliore.
    Erika era arrabbiata con quel Destino che aveva all’improvviso tradito coloro di cui tesseva il fragile filo della vita, arrabbiata per l’ingiusta tragedia di cui lei e tanti altri erano stati vittime, avvenuta la notte dell’Armageddon. E la rabbia non era che aumentata nel momento in cui aveva realizzato che non c’era solo il Caos e la Corruzione che volevano estirpare la vita dal Creato, altri esseri, ben più crudeli e meschini operavano nell’ombra per mietere vite e speranze, assecondando un contorto e maligno gioco di potere. Non poteva lasciarlo andare così, era troppo pericoloso: sentiva che doveva fare qualcosa, che doveva riuscire a trovare un modo per rallentare quei nemici, mettergli i bastoni fra le ruote quanto più possibile, non essendo in grado neutralizzarli da sola per il momento. Aveva riposto la sua fiducia nella dea Athena e nel suo messaggio di libertà e voleva dare tutta sé stessa a quella causa.
    Tuttavia, a differenza del suo ricordo, le catene non reagirono alzandosi in cielo e attaccando con tutta la loro potenza. Con la coda dell’occhio le vide accasciarsi sul terreno, come fossero dei semplici pezzi di metallo senza anima. Erika sgranò gli occhi impanicata da quella visione.
    Oh, che succede, piccola santa? Non hai più la forza di contrattaccare?
    La voce di Worm risuonò nella sua mente, lo Specter non aveva aperto bocca, tutto preso com’era dal godersi il suo spettacolo di morte e violenza. Perchè? Perchè non riusciva a reagire? Perchè aveva la sensazione che il suo cosmo si fosse improvvisamente spento?
    Non lo capisci? La tua dea non verrà in tuo soccorso, non senti che il tuo cosmo ti ha abbandonato? Sentì nuovamente un’altra risata maligna risuonare fra i suoi pensieri e Erika rimase completamente spiazzata da quell’insinuazione. Provò a richiamare il suo cosmo ma non ci riuscì.
    C-Cosa?! P-Perchè?! pianse dentro di sé mentre sentiva il respiro farsi sempre più difficile.
    P-Perchè n-non riesco a… Athena, perchè? Perchè mi stai abbandonando, Andromeda?
    Che provare rancore contro il Destino fosse sbagliato? Che stesse combattendo dimenticando qualcosa di più importante? Che stesse proiettando i suoi traumi e le sue sofferenze sugli altri e, cercando di salvarli, stesse in realtà cercando di salvare sé stessa? Che abbandonarsi alla rabbia e al risentimento fosse cosa di più sbagliata che ci fosse per un cavaliere di Athena?

    Vedi questa distruzione, questo odio? È questo che desideri? Non c'è giustizia qui, solo il vuoto che stai cercando di colmare. Ora, lascia che tutto il tuo odio, tutto il tuo rancore, tutte le tue ombre emergano. Mostrami il peggio di te, rivela quel desiderio oscuro che ti spinge a combattere così disperatamente.

    Erika, ora come allora, non seppe rispondere a quelle parole. Socchiuse gli occhi e si abbandonò al vuoto, sentendosi veramente, per la prima volta, sola al mondo.

    ***

    Quando aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu un anonimo soffitto bianco. Delle goccie d’acqua sfuggirono dal tessuto del fazzoletto, finendole negli occhi. Sbatté stancamente le palpebre, più sorpresa che infastidita. Piano piano riprese coscienza di sé, del suo corpo e, soprattutto, del suo respiro. Mosse con titubanza la gamba sinistra, temendo di provare ancora quel dolore lancinante ma, con suo grande sollievo, constatò che le ossa erano tornate tutte intere. I dintorni si fecero sempre più nitidi: colori, suoni, odori colorarono il mondo intorno a lei.
    Si alzò, sentendo un chiacchiericcio piuttosto animato non molto lontano da dove si trovava. La brandina su cui era stata distesa cigolò in maniera stridula sotto il suo peso e, una volta seduta, realizzò che c’era qualcuno vicino a lei. D’istinto rabbrividì nel momento in cui incrociò lo sguardo con quello azzurro del ragazzo sconosciuto: le ricordavano molto quelli dello spettro del verme.
    «Ehi, ciao. Come ti senti?» Erika esitò nel rispondergli, ancora confusa dall’incubo - o almeno, credeva fosse tale - avuto pochi istanti prima. Il dolce sorriso dello sconosciuto, però, la rassicurò, facendole ritrovare un minimo di serenità.
    «B-Bene, credo…» rispose infine, con la voce roca per il lungo inutilizzo.
    «Io sono Christoforo, ma puoi chiamarmi Chris. Ci hai fatto prendere un bello spavento!»
    «... Io sono Erika. Mi spiace ma…» balbettò e tornò a guardarsi intorno, confusa. Ma come aveva fatto ad arrivare lì? Erano dentro al faro?
    «... Che cosa è successo? Come sono finita qui? Ricordo che avevo appena lasciato la zona del monastero quando…» continuò laconicamente, cercando di ricordare cosa era capitato di preciso ma era tutto così confuso. Quello che aveva visto… Era stato davvero tutto un sogno? Eppure, sembrava tutto così reale, tanto da farle dubitare della sua stessa memoria.
    Il sorriso di Christoforo, così caldo e confortante, spiccava su tutto e tutti, era difficile per lei rimanerne indifferente. Rimase a fissarlo per troppo tempo, in maniera anche abbastanza evidente e quando si rese conto della cosa, arrossì per l’imbarazzo e scostò lo sguardo.

    hmbt2ep

    narrato • parlato erikapensatoparlato altrui
    CASTA • Athena | Bronze Saint di Andromeda
    STATO CLOTH • Intatta, indossata (tranne l'elmo).
    FISICAMENTE • Sana come un pesce grazie ai guaritori del Santuario.
    MENTALMENTE • WTF is happening here?!
    RIASSUNTO AZIONI • Eeeeh buongiornissimo Chris, spero di non aver sbavato mentre sonnecchiavo! Sdrammatizziamo perchè i trip sono stati troppi ahahaha

    Nebula Chain
    Abilità doppia - Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore. Con l’acquisizione di potenza ed esperienza, le catene sono in grado di estendersi ulteriormente, forti del vasto cosmo del santo di Andromeda, rompendo la barriera della Realtà e raggiungendo altre dimensioni, come ad esempio quelle materiali e spettrali [capacità sbloccabile ad Energia Blu]. Rispetto al resto dell'armatura, la catena risulta più resistente [grado armatura +1].
    Solo il Saint di Andromeda è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, potrà avvertire una forte scossa elettrica, qualora il Cavaliere di Andromeda decida di irrorare gli anelli metallici di energia elettrica, capacità questa, derivante dal proprio cosmo. Tale scossa tenterebbe di arrecare un danno secondario riconducibile ad una sorta di elettricità, nel momento le catene dovessero interagire con qualsiasi superficie [il danno è sempre dipendente dalla disparità di energie].
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Perdipiù le catene hanno, non solo la capacità di muoversi a loro piacimento, ma anche la capacità di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno [abilità con caratteristiche simili a Sensi Acuti]. Se interrogate dal proprio portatore, le catene possono allo stesso modo fornire simili informazioni sull’ambiente circostante.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa. Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida e la loro capacità di movimento non influenza quella del corpo del cavaliere, non potendolo assistere nei movimenti in caso di svantaggio.

    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.

    Tecniche ///
    scheda
    oTWdjfk


    PS: Nel post precedente mi ero dimenticata di cambiare la ost e l'immagine del layout. Ho modificato anche il messaggio precedente nello stesso modo.


    Edited by cloudjumper89 - 10/5/2024, 09:48
     
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3 replies since 2/5/2024, 10:29   232 views
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