Fluxus enim animarum

Anfitrione × Blu

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    VIII

    Con movimenti decisi e sinuosi, il cavaliere dell'equilibrio guardò la creatura. Accompagnando i suoi gesti simili ad una danza di fuoco, i pugni simularono una finta.
    Lasciando spazio ai femorali e i quadricipiti, mettendo in risalto l'enorme mole muscolare greca, colpì affondando con forza. Pavido, in una tempesta di calci intrisi di cosmo in quella pelle così vischiosa e allo stesso tempo ruvida. Fu così mefitica che la stessa armatura del Daimon vibrò a quel contatto, in modo anomalo.

    Di potenza scaraventò la creatura contro la parete di roccia, ferendola a morte.
    Facendola urlare forsennatamente nell'odio. Facendola urlare nella perdita dei piccoli schiacciati, e martoriare da quella pietra fatta cadere nella caverna.
    Caverna, che accolse le sue urla taglienti peggio di una lama. Con dolore indicibile, spingendola a contrattaccare d'impeto.
    Lo sentiva. Era pronta.
    Quando le voci del flusso che dapprima avevano aiutato il guerriero - sospingendolo e schermandolo - ruppero ogni barriera mentale e spiritica. Si unirono alle grida volteggianti, cozzando contro l'essenza stessa dell'abominio, e colpirono in mille sfaccettature non visibili. Culminando in un boato assordante, nell'ultima grande richiesta. Per finire.

    Spezzata da tutto ciò, la materia del corroto scemò, contorcendosi al suolo e sciogliendosi lentamente in una pozzanghera di putridume. Annientandosi.
    Ma l'urlo maledetto, quello stridolo acuto che si era infilato più volte nella mente di Anfitrione, non cessò con la sua sconfitta. Anzi, continuò ancora più alto di tono opprimendo i timpani. Immobilizzandolo. Facendo passare una linea bianca tra i suoi sensi, che lo portò a spegnersi completamente. Isolandolo fuori d'ogni realtà. E lasciandolo infine in piedi, con il corrotto sconfitto.

    Con lo sguardo fisso su ciò che ne rimaneva, Anfitrione riprese i sensi mentre il sangue continuava a sgorgargli dalla schiena.
    Non aveva riportato gravi ferite, ma la battaglia mentale lo aveva debilitato. La corruzione continuava a sfuggirgli: di una formazione criptica e di una essenza che nel tocco era intrisa di danno.
    Mentre era chino cercando di riprendere le forze, la terra cominciò ad echeggiare smuovendo un filo di timore. Percepiva, ormai, che il vulcano stesse arrivando al suo ciclo finale. Le pareti tremavano. Il vulcano gorgogliava.
    Sentiva il flusso che lo aveva spinto affievolirsi, e una forza molto grande e forte nella sua profondità che lo stava chiamando; egli non voleva sparire lì dentro. Il flusso non doveva perdersi.
    Come un gesto automatico - che usava nei momenti più difficili - guardò in alto in direzione del cielo. Il manto celeste del cosmo sopra di lui. Non c'erano le stelle che sempre lo avevano accompagnato, sorreggendolo. C'era oscurità. Dura oscurità.
    Dov'era la costellazione di suo nonno Perseo? Dov'erano le candidi e soffici stelle dei suoi avi che lo avevano sempre guidato?
    Quel tocco gentile e caloroso che per molto tempo non aveva veduto. La famiglia per cui aveva lottato, e che sempre gli era rimasto accanto.
    Si tramutava in una forza ancestrale antica, ben peggiore di qualsiasi cosa mai potesse calcare l'esistenza.

    Il Destino.

    Inspirando aria pesante, si rialzò poi irto in piedi. Contraendo i propri muscoli e avvinghiandosi al mantello, si addentrò nella caverna senza attendere oltre. Verso il centro del gigante.
    Pensava che ci volesse ancora molto per la strada, eppure i suoi calcoli furono sbagliati. Ben presto le pareti si assottigliarono, i cunicoli divennero via via più ampi fino a a lasciarlo nella più grande cavità che avesse lì veduto.

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    Il cuore del vulcano. Nelle profondità più austere di Eyjafjallajökull.

    Era arrivato al flusso intercettato, allo squarcio dimensionale che nella realtà stava sfarfallando.
    Luci rosse e difrazioni coloravano la roccia in quell'empia cavità, inserendo al suo centro un enorme abominio di spalle intento a comprimere il taglio coi suoi artigli.
    I suoi piedi e tutto ciò che lo circondava era ricolmo di quei corrotti minori, come il nido precedente, avvolto dal putridume.
    Solo la visione provocò nel vecchio Anfitrione una sensazione di disgusto, che mai gli venne nei suoi 3000 anni di vita:
    Cosa ci facevano lì? Erano sempre state altre creature ad interessarsi di flussi e anime. Cosa stava succedendo ora?
    Sapeva che era un morbo creato per convertire la realtà. Un'arma di attacco che sarebbe perdurata fino al compimento del suo scopo. Allo scopo di Ponto.
    Percepiva che l'equilibrio primigenio voleva essere cambiato. Da leggi, intrighi, azioni messe in atto da quegli esseri che non vollerò fin dal principio. Seguitando la loro natura per avere il controllo a favore.
    Per cosa? Bearsi del perché? Seguire un fine? Non gli comprendeva. Ma forse la risposta era molto semplice.
    Per egli tutti seguitavano gli stessi passi dei minori, degli Dei Olimpici insidiatosi nell'età umana.
    Negli stessi errori e nella stessa impronta. Di creazione e distruzione.
    E curiosamente, tutto permaneva in dualità e in equilibrio fin prima che esistesse questo principio.
    Era il culmine ultimo, il punto di partenza e fine senza scopo. Che di nulla creato si sa, né mai si era visto.
    Non lo vedevano, non se ne rendevano conto. Tutto ciò era, e sarebbe rimasto, anche se cambiato. Ananke forse lo sapeva. Sarebbe stato tutto inutile per loro.

    Silenziosamente, si avvicinò all'interno del vulcano non provocando il minimo rumore. A passo felpato, stringendo i pugni marmorei.
    La creatura non si era accorta del suo arrivo; era troppo impegnata nel proprio compito.
    Invece il nido sembrava traboccare di attività. La loro pace era molto fragile e aveva l'impressione che la minima azione gli avrebbe risvegliati. Pensò che difficilmente ce l'avrebbe fatta a fronteggiarli nuovamente. Erano troppi, ma sfruttando come prima l'ambiente forse poteva.
    Notò, anche grazie all'Ingegno, che strategicamente era in una posizione di vantaggio: poteva avere l'effetto sorpresa. E per di più, poteva sfruttare dei grossi massi nella zona di scontro, perfetti per nascondersi e attaccare. Quasi giocando a nascondino.

    Così decise.
    Celandosi dietro una enorme roccia sulla destra, portò saldo il piede all'indietro. Caricò il braccio e lanciò delle lance cosmiche verso il soffitto - sopra le creature come in precedenza - accellerando la sua distruzione con l'energia del Tempo. E impregnando del suo potere resistente, provò a fare cadere dei massi in direzione dei nidi.
    Mentre, con l'altro braccio, tirò un altro attacco. Lanciò altre lance cosmiche più potenti verso la schiena e gli arti dell'enorme corroto. Per fermarlo dall'azione e amputarne sopratutto gli artigli: l'incontro precedente aveva messo in luce questo potere pericoloso. La loro viscosità e velenosità perigliosa poteva essere fatale, e mettere fuori uso subito quelle armi che attaccavano la mente e la carne poteva forse avvantaggiarlo nello scontro.
    Infine si riabbassò cercando di non farsi individuare, acquattandosi più che potè sulla dura roccia lavica. Preparandosi.

    Le sue mani tremavano. La schiena bruciava per le ferite aperte, sul sangue ancora fresco amalgamato a quel veleno della corruzione. L'ardore umano non cessava.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Sanguinante e dolorante dietro la schiena. Ustioni sulle braccia e ferite su parti scoperte.
    MENTE Provato dallo scontro mentale precedente, ma ora ripreso.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Indossata [Forma Umana] - Danneggiata dietro la schiena, leggermente ammaccata sullo spallaccio sinistro.
    RIASSUNTO AZIONI
    Mi riprendo dallo scontro. Capisco che il vulcano sta per eruttare mettendo fine a tutto. Così mi rialzo e mi dirigo verso il suo cuore. Appena arrivo noto la creatura e i piccoli che non mi percepiscono. Così sfrutto un attacco a sopresa. Nascondendomi dietro una enorme roccia lancio due attacchi cosmici: delle lance in direzione del soffitto (come in precedenza) provando a distruggere e far cadere dei massi per schiacciare i corrotti minori. La loro rottura sarà accellerata con il potere del Tempo ed essendo toccati diveranno resistenti come Costrutti di Energia Rossa [AD + Tempo] Mentre con l'altro braccio lancio altre lance cosmiche in direzione della schiena e degli artigli del big mostrone, per interromperlo dal suo compito e amputargli gli arti [AF]. Infine mi riabbasso sperando di non essere visto.Editato errori di battitura.
    Anfitrione [IV]Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Tempo
    Organizza la mobile continuità di stati in cui s'identificano le vicende umane e naturali, ricollegandola a un'idea di successione e di evoluzione: il fluire, il passare, lo scorrere, l'andare, il variare d'affetti e di pensieri.
    Anfitrione potrà velocizzare, rallentare o spingere alla stasi selettivamente un essere vivente nelle sue azioni (ne consegue quindi processi biologici inclusi pensieri/stati mentali e spirituali) oggetti fisici e azioni personali.
    Potrà manipolare materia ed energia all'interno del proprio raggio di azione, provenienti sia da un attacco che presenti gia nell'area circostante (flussi d'acqua, elettricità, incendi ecc.). Inoltre ciò che verrà toccato da questo potere, se facente parte dall'ambiente, verrà considerato come costrutto cosmico di pari livello.
    La concentrazione per attuarla sarà necessaria, ma sempre meno dispendiosa di abilità provacanti medesimi effetti o abilità quali telecinesi; mentre la sua efficacia su altrui varrà sempre dalla differenza di livello energetico.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:52
     
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    IX


    I minori vengono schiacciati dal tuo attacco a sorpresa e solo pochi sopravvivono - se così si può dire - alla caduta della roccia. Urla e ticchiettii animaleschi riempiono l'intera caverna, il mostro non riesce a reagire in tempo e le tue lance lo sorprendono abbastanza da distrarlo. Il flusso che cercava di sottrarre non soffre più quando smette di intervenire, si rilassa e comincia a fluire verso l'alto, verso quello che sai - per certo - essere l'Ordine giusto. La beatitudine dura poco, l'orrida creature si alza sulla coda attorciata (o sono delle zampe? non riesci a capire per certo la fisionomina di quell'essere) ed emette un fastidioso stridìo acuto e costante prima di cominciare a muoversi in cerchio attorno allo squarcio.

    Vattene. Devi salvarti. VATTENE DAIMON!



    Se ti rischi a vedere cosa succede, noterai come gli arti del mostro siano stati amputati dai tuoi colpi ma non sembra ancora darsi per vinto e comincia una danza circolare attorno alla base del Flusso che sembra funzionare, le anime rallentano la loro ascesa e vengono risucchiate verso il basso lentamente. A prescindere che ti veda o meno, lo stridìo di prima di fa più acuto e penetrante, ti logora all'interno e scarnifica ancora di più le tue ferite.


    Il vulcano continua a tremare, hai poco tempo.




    qNjfunR


    Note master:

    Il mostro ti lancia un generico attacco forte suono + influenza mentale a piena potenza di una rossa, il suo più impellente bisogno è prendersi ste anime.





     
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    L'opprimenza del luogo era senza eguali. I fumi che si erano alzati nell'aria mutarono quella cavità in una tomba austera. Con fuochi e colori accessi che risplendevano come riflessi.
    Lo stesso tanfo del magma salì così alto insinuandosi in ogni interstizione, ribollendo di odori acri e tanfi maligni.
    Il vulcano nel suo apice tremò ancora, facendo da sfondo ai colpi che arrivarono con estrema precisione.

    La roccia che già era in bilico per l'imminente eruzione, si ruppe sopra i corrotti. Con una grossa esplosione di boato, nella legge di un dio. Uccidendoli con la forza della natura. Con la forza del tempo intriso.
    E facendo allarmare la grande creatura di spalle, intenta con disgustosa voracità su quello squarcio d'anime che lo nutriva. Come una droga.
    Premendo successivanente con le gambe o la coda - in una anatomia aliena - la bestia si aiutò ad ergersi, voltandosi. Ma fu troppo tardi. Gli artigli che ne costituivano gli arti saltarono, guizzando con sangue purulento e carne maciullata. Le lance di cosmo dell'antico arrivarono squarciandole di netto, eliminando come voleva le due armi e bloccandolo dal risucchio d'anime.

    Ma poi qualcosa accadde. Qualcosa che non aveva minimamente preventivato; l'enorme nemico prese ad urlare.
    Di quelle urla simili a quelle affrontate. Che non potevano essere eluse tappandosi il sistema uditivo, né strappandoselo in qualche modo. Che colpivano dentro, superando le barriere della mente e del proprio spirito. E distruggendo il cosmo.
    La barriera dell'araldo era un cumulo di macerie ora, e le anime del flusso non c'erano più a dargli man forte. Perciò le urla di rabbia arrivarono dure e spietate come un attacco.
    Il vecchio Anfitrione si tenne la testa, l'anima e il cuore mentre quello stridio ancora una volta lo colpiva.
    Non riuscì ad emettere nemmeno una parola per quanto dovette concentrarsi per resistere e subire. Acuendo i propri sensi, fino a mostrarsi in bianche luci prismatiche.
    Le ferite si scarnificarono ancor di più, la schiena sanguinò come se lo stessero scuoiando sulle ferite aperte. Degrignando i denti, si aggrappò alla dura pietra stringendo i palmi sui sedimenti e tagliando la carne viva di cui era ancora fatto.
    Mentre la creatura ferita continuò, il flusso di anime ascese verso la salvezza. Scappando dalla prigionia imposta.

    Eppure la bestia non si arrese. Prese poi a girare intorno alla scia dello squarcio, in una danza, attuando in qualche modo un processo di legame. Cosicché le anime che risalivano verso l'Ordine delle cose - di tutte le cose - ripresero a scendere. Consci forse della sorte infame, e del potere sotto cui erano soggiogate.
    I loro lamenti sopraggiunsero verso Anfitrione che opponeva più cosmo possibile resistendo. Inutilmente.
    Sopraggiunsero nonostante tutto, verso la sua anima dove egli potesse udire, intimandogli di scappare.
    Ma erano davvero loro?

    La litania funebre non si fermò, facendo continuare la creatura in circolo, mentre il flusso tornava a terra. Non fermandosi, non zittendosi.
    Lungeva da lui il volere. Fulgeva da lui la potenza. Si era frapposto così tante volte nella sorte che non poteva abbandonare ora. Lì, davanti quell'ultimo baluardo. Aveva promesso che avrebbe salvato coloro che avevano subito la sua stessa sorte. Nel bilico e nella condanna perpetua. Aveva avuto la forza di farcela, ma c'era chi - lì fuori - non poteva. E lui ne era l'unica speranza.

    Riaprendo gli occhi ed aumentando il cosmo, uscì da dietro la roccia. Le gambe si posizionarono nel duro magma, affondando nella fragilità e tensione. E avanzando veloce, si diresse verso il nemico.
    La mente fu presa da spasmi di scariche elettriche non rispondendo. Le ferite si aprirono più che mai, facendo bruciare ogni suo singolo movimento; se avesse subito un altro attacco mentale non ce l'avrebbe fatta più a muoversi.

    Poi, misteriosamente, delle parole risuonarono nella sua testa. Forse sbloccate o innestate dall'ultimo colpo subito. Palesandosi.

    Tu avanzi verso la fine, mio signore.
    Avanzi verso la terra scarna, verso l'incertezza.

    Chi più di te non dovrebbe?


    La voce era quella del vecchio che era comparso durante la liberazione di Tiresia, quando ruppe la maledizione contro la sua nemesi. Che non era altro che il potere del paradosso nel mito.

    Cammini nel mondo che cade. Dove ogni uomo si perde. Dove ogni uomo cede nella tentazione. Nei tempi bui governati dall'oscurità.
    Hai la tua bontà e la tua forza, nel compito.
    Non importa se nulla lo riconosce. Tu lo vedi. Ed è questo ciò che conta.
    Non la lasci andare...

    Appariva con quelle forme scarne. Sviando in contorni non definibili. Un vecchio con una barba lunga, ammantato da un saio bianco, puro come la rugiada.

    Con il sé e la forza, ora tu continui.
    Nella consapevolezza.

    Nello Sphraghisma...


    Eccole. Le tre dita. Le tre dita portatrice del colpo ultimo. Il sigillo, la firma che era stata posta in passato significando l'antico retaggio. La condanna e la potenza. L'unico che colpo che rimase in 3000 anni di intemperie e guerre: Lo Sphraghisma di Anfitrione.
    Flebili e irrompendo di moto circolare come astri, due sfere minuscole presero a crearsi sulle punta delle tre dita tese del guerriero. Cominciando a diventare sempre più grandi, mutando a galassie e potenti universi. Crescendo di dimensioni e potenza, nelle loro scie e colori dense di immenso potere.
    Il suo passo divenne ancora più veloce e, correndo allo scoperto verso la creatura, fece avvampare l'energia dorata con miasmi ed onde lucenti, illuminando quella cavita. Sconfiggendola per un tratto.

    Il magma e la terra continuarono a frantumarsi al suo passagio. Inchinandosi, lasciandolo inerme.

    Rendi onore a ciò che sei e resisti, antico Perseide.

    Il Fato ti guida solo se glielo permetti.
    Fa ciò ch'è necessario.


    Infine cadde il silenzio.

    Guardala.

    Misteriosamente, senza nessun significato apparrente, cominciò a comparire dietro la sua figura imponente la forma di una donna. O di un qualcosa celato da vesti dal contorno sinuoso, che potevano essere ricondotti ad una meditante figura femminile. Avvolta da una luce mistica e vibrante, di uno splendente mai percepito, alzò il palmo scostando ciò che nascondeva al suo lato. Mostrando la mano dell'inevitabilità. Lei.

    fff

    Sembrò quasi che tutto prese ad andare a rallentatore. Sospeso, nei granuli di polvere che fluttuarono. Nelle movenze agili eppur lente. In un interminabile intermezzo dove ogni cosa poteva essere vista e studiata con attenzione, dove ogni dettaglio poteva essere percepito ed assaporato appieno.
    Lo sguardo deciso del guerriero che cadde sul nemico, e poi più nello specifico sul flusso che aleggiava, risucchiando e facendo gemere quelle anime intrappolate. Erano rintocchi di un orologio che avrebbero segnato la fine. La fine di tutto, mentre il vulcano tremava sempre più senza alcuno scampo.
    La sua corsa divvenne scatto. Gli occhi si spalancarono senza chiudersi. La bocca si serrò in una apertura non proferendo grido. Tutto accompagnò un solo gesto.
    Le due galassie divennero ingenti e, posizionandosi sopra il capo seguendo il braccio, Anfitrione le lanciò in direzione dell'enorme corrotto.

    La morte poteva avermi... solo quando mi aveva conquistato.
    L'unico filo di voce che si staglio come un antico ricordo pronunciato dal Daimon, mentre palesò la sua tecnica.

    Risucchiando l'aria, il moto elicoidale delle due galassie cosmiche collise per poi dirigersi verso il nemico. Appiattendosi e opponendosi alla stessa gravità, corsero portando con se tutto ciò che poterono: una si diresse ai piedi del corrotto, verso il terreno, per esplodere e poterlo sbilanciare. Mentre l'altra fu lanciata in linea retta, in direzione del petto e della testa. Per annientarlo definitivamente.

    Se avesse avuto più forza dentro di se, avrebbe saltato nel cercare di superare la creatura al di sopra e giungere, finalmente, sullo squarcio che gemeva. Per afferrarlo.
    Ma non ce la fece. Purtroppo il colpo subito era stato troppo forte, e la mente e il corpo provati si rifiutarono.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Sanguinante e dolorante dietro la schiena. Ustioni sulle braccia e ferite su parti scoperte. Ancora più sanguinante.
    MENTE Quasi sta per cedere. Riesce ancora a permettergli di muoversi parzialmente.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Indossata [Forma Umana] - Danneggiata dietro la schiena, leggermente ammaccata sullo spallaccio sinistro.
    RIASSUNTO AZIONI
    Il post è solo roboante. Non metto nulla di particolare. Resisto opponendomi col cosmo all'attacco [Suono + Influenza Mentale] del corrotto. Ma in gran parte mi colpisce e mi debilita tanto la mente e mi provoca ancora più dolore nelle ferite aperte. Poi notando la situazione decido di uscire e di correre verso di lui lanciando l'Amphytrion Spharaghisma. Sono due colpi: uno come [AD] verso i suoi piedi per colpirlo e destabilizzarlo, l'altro come [AF] dritto sul suo muso.
    Anfitrione [x] ✦ Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Amphitrýōn Spharaghisma
    In onore dei tempi immemori, questo colpo è un tributo al tragico passato.
    Anfitrione innalzerà il braccio destro con tre dita al cielo (pollice, indice e medio) convogliandovi tutto il suo cosmo. L'aura che ne fuoriuscirà si dipanerà dalle dita fino al terreno, come un miasma di luce e colori bianco/dorati. Alle sacre parole pronunciate, l'energia si libererà e fionderà sul bersaglio sotto forma di due ammassi di cosmo, che potranno impattare provocando una esplosione da danni cosmici.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:52
     
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    Tutto è frenesia, il tuo colpo impatta contro il mostro che cerca di difendersi giusto l'attimo prima. Ti scaglia contro qualcosa di solido e duro, sembrano denti e ti colpiscono solamente alla spalla sinistra conficcandosi lentamente nella tua carne provocandoti un dolore sordo. Ma questo è l'ultimo atto del corrotto, l'ultimo sprazzo di vita di quella bestia che ne imita la forma.

    In uno scatto di determinazione assordante le anime invertono il flusso e ti attraversano, dandoti un sollievo utile per quanto qualcosa sembra cambiare in tè. Non ti hanno guarito ma hanno fatto in modo che potessi rimetterti in piedi ma qualcosa non ti torna, c'è un prezzo da pagare per i favori degli spiriti, è risaputo.

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    Il terreno si spacca, lasciando fuoriuscire gas e zolfo pressurizzato ma se alzi lo sguardo, il flusso delle anime ritorna a salire più velocemente verso la libertà e la pace. L'Ordine è stato ristabilito e sai perfettamente che l'unica cosa da fare è semplicemente uscire da lì.

    Semplice.

    Ma Non funziona.

    Il tuo dominio sullo spazio viene meno, è colpa del corrotto o forse è semplicemente la fatica che ti impedisce di manipolarlo? La ferita alla spalla sta cominciando ad infettarsi e un liquido denso e giallognolo sta cominciando a raccogliersi tra la tua carne, il calore sempre più alto non aiuta a pensare lucidamente. Il panico comincia ad assalirti ma devi trovare una soluzione, non cedere proprio all'ultimo.

    [...]



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    Vedi Anfitrione, quelle anime potevano essere mie.



    Apri gli occhi perché una voce familiare ti arriva alle orecchie, ricordi come sei uscito dal vulcano?

    Ma l'Equilibrio è una mia priorità così come l'Ordine delle Cose. Per questa volta non creerò problemi ma sei in debito.



    Il fumo di una sigaretta ti arriva alle narici, quando riesci a mettere a fuoco tutta la stanza ti sembra qualcosa di strano. L'oscurità lambisce l'Araldo, si avvolge attorno ad esso e rimane in attesa di un qualsiasi ordine. In lontananza senti degli stridii soffocati e sai per certo che l'esercito del Nero sta spurgando tutto ciò che è necessario dal tocco della corruzione.

    L'Araldo si alzò in piedi, solo seguendo i suoi movimenti riesci a capire dove ti trovi: è una tenda da campo solida e robusta, come quella dove ti sei risvegliato all'inizio ma è composta principalmente di cristalli e radici oscure e leggermente circondate da un'aurea verdognola. Il Nero guadagnò l'uscita e solo sulla soglia si fermò per guardarti da sopra la spalla.

    Per quanto possa valere, mi dispiace per la perdita ma le anime non danno mai nulla per nulla. Ti ci abituerai presto.

    Vattene quando sei pronto.




    qNjfunR


    Note master:
    PRIMA DI TUTTO SCUSAMI PERCHE' TOTALMENTE DIMENTICATA :fiore:

    Vinci il mostro e sei nel vulcano che sta per esplodere sempre di più, le anime di passano attraverso e ti danno un mini boster per non sederti li e spirare ma quando vai per uscire non riesci a usare le tue dimensioni (lel). Ti risvegli fuori da lì nella tenda base di Chernobog che ti da due info.

    Descrivi pure come fai ad uscire, il tuo reagire a questo cambio di poteri ecc tutto quello che ti pare. Abbiamo finito che porto in valutazione :fiore:





     
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    Accecante. Fu accecante come l'ultimo colpo portato in tutte le sue vite. In tutte le sue lotte.
    Fu accecante come quando giunse la sua fine sul campo di Tebe.
    Come quando cadde come Triangulum sotto il dominio di Athena, o di Acquarius, o sotto il dominio di Asgard e di Midgard. E come se stesso.
    Quando ancora la sua anima fu legata agli Dei della Grecia, risplendendo come Sacro Guerriero. Nero o puro.

    Una esplosione roboante spezzò il terreno sopra e sotto i suoi piedi. Portandolo a perdere l'equilibrio, non facendogli scorgere più nulla.
    Spezzato poi, percepì i movimenti serpentini di un predatore. Una morsa sulla sua spalla, avventata sulla Gloria fatta del proprio ardore, spezzarsi come sabbia. E dei denti aguzzi penetrargli nella carne fino a strapparla inossidando il proprio sangue in un colpo letale. Ma era soltanto l'ultimo atto di una forza. L'ultimo atto di una storia. Lì.

    In uno scatto, le anime e le essenze che era giunto per salvare dal destino, si espansero. Similmente ad un gas, acquisendo mole aldilà della sua comprensione. Invertirono il flusso rompendo lo squarcio dimensionale e, nel mentre che il luogo esplodeva, si gettarono a capofitto attraversando il corpo fisico di Anfitrione.
    Sollevandolo, un'ultima volta. Liberando l'ultima parte occulta.

    Un tonfo sordo successivamente, mentre prese a precipitare nelle profondità della terra. La roccia spezzata si frantumò definitivamente facendo collassare su se stessa l'intera cavità. Con il vulcano all'esterno eruttare gas e zolfo. La lava spense la luce, uscendo pressurizzato dalle pareti. Aprendo una enorme voragine dove cadde il vecchio guerriero. Senza scampo.

    Rotolò giù. Sbattendo ritmicamente il proprio corpo rotto. Mentre pezzi della Gloria volarono, frantumate, e si persero nella terra. Dove non c'era più nulla.

    Ma non era la fine. Cadde per del tempo non quantificabile finché - prima della fine - la sua mano si erse ed afferrò una sporgenza.
    Una breve scossa accompagnò il gesto, con un boato distruttivo: schricchioli dei sedimenti e della magma all'interno dell'enorme vulcano islandese.

    Hmpf

    Grugnì quando tese la muscolatura e i tendini del braccio. Per opporsi alla gravità che lo spingeva giù, al dolore della carne e della mente ormai spenta. Sfinita.
    Si issò piano, verso una posizione stabile meno in bilico, da non continuare nelle profondità di Gaia.

    Le anime lo avevano aiutato una ultima volta, lui, il guardiano adibito a liberarle. Infondendogli l'ultimo barlume di forza per non morire. Interminabili furono i respiri per riprendere il controllo dalla confusione. Poi guardò su, sporgendosi in alto, verso l'uscita: le anime erano ora libere. Salirono una ultima volta verso il cielo, compiendo una piroetta su loro stesse e scomparvero nell'ordine di tutte le cose. Finalmente salve.

    Anfitrione era riuscito nel proprio compito. Lo squarcio era stato chiuso e il corrotto era stato sconfitto; ormai non vi era più nessuna traccia.
    Ma cosa lo attendeva, ora? Cosa avrebbe fatto?
    Era giunto il momento di andarsene, essendo ancora vivo. Doveva richiamare i poteri del Panarmonium, i portali con cui egli e coloro dei Protogenoi si muovevano nelle realtà. Piegare lo spazio e fuggire da quel luogo nefasto.
    Usando i piedi per stabilizzarsi, facendo perno un po' di più, provo a richiamare il potere. Ma non accadde.
    L'occhio tumefatto e un rivolo di sangue si accentuarono per lo sforzo, ma non si arrese. Riprovò ancora. Ma il potere non funzionò. Tutto tacque.
    Cosa stava succedendo? Era il luogo ad interferire con lui?
    Non riuscì a comprendere, i portali avevano sempre funzionato in caso di necessità. Poi un lampo gli attraversò il cervello. E capì.
    Gettando via i pensieri nefasti e issandondosi completamente sulla sporgenza dove era aggrappato, con un ultimo sforzo di frustrazione, si gettò supino sulla roccia.

    Ansimando per il dolore e la fatica, si tenne il braccio sinistro inerme e non più utilizzabile. Spezzato e coperto di sangue, sulla spalla dilaniata. Cominciò ad infettarsi dal colpo ricevuto, secernendo un liquido giallognolo innaturale che si stava ingrandendo pian piano. Come tumore. E provocandogli un male atroce che lo stava portando sempre più nella linea invalicabile della fine.
    Il calore del luogo, oltretutto, non aiutava. La roccia continuò a cadere, e i boati a intermittenza continuarono a frapporsi con la lava che sgorgava fuori e dentro Eyjafjallajökull.

    Ancora accecato - forse dal sangue e la fuliggine che gli coprivano il volto - provò a girarsi non riuscendo a pensare agevolmente, faticando persino a sollevare il diaframma per il respiro.

    Non era in astio ad opporsi alla fine. La accettava serenamente, dopo tutto.
    Strinse la mano ancora intatta. Qualcosa era comparsa nel suo tocco.
    Come quando morì 3000 anni fa nell'origine, come Re di Tirinto. Su quel campo di battaglia ove il fato cadde. Ove la fine cominciò.
    Qualcosa era tornato.
    Poi buio e acqua che venne.

    Un Botto assordante e Anfitrione rinsavì nella penombra, alzando la testa su di un giaciglio, con il vento della sera che gli accarezzava il corpo. Ansimando. Nel silenzio.

    Cercando di capire dove si trovasse, riabbassò il capo ristendendosi. Osservando del fumo levarsi provenire da una figura al suo fianco.

    L'araldo Chernobog era lí, fumando in quella che doveva essere una stanza o una tenda di un accampamento. Ne faceva da padrone, avvolgendo il luogo di oscurità. Anfitrione si trovava disteso, circondato da radici e cristalli neri fino ai piedi. La tenda del Nero era stata messa a disposizione per egli, rinsavito dopo la dura lotta nel vulcano. Ma come era finito lì?
    Non ricordava. Rimembrava solo un rombo e qualcosa che lo trascinò via.


    Interminabili silenzi dove il guerriero cercò di riprendere se stesso, conscio della prova. Assaporando il silenzio curatore: il sangue non era più presente tra i suoi denti, come anche altro.
    Quando fu attraversato dalle anime prima di cadere, aveva dato qualcosa in cambio della salvezza. Senza tentennamento.

    Non sono io che devo decidere a chi spetta l'ordine delle anime. I Protogenoi mi hanno incaricato soltanto di salvarle, per ristabilire il giusto ordine. Per non far sfaldare l'esistenza nella rovina.
    Per non farla soffrire. Aiutandole. Come successe a me.


    La guardò.

    No... non c'è perdita che possa temere.
    Ho già sacrificato tutto ciò che ho avuto per dei valori che non eran reali.
    Perfino me stesso, per finire imprigionato da coloro che seguivo.
    Quando l'unica cosa che contava, erano le persone che mi avevano amato davvero. E soprattutto io.


    Scrutò nelle profondità Chernobog. Forse adesso vedeva. Forse adesso un potere era stato amplificato. Riusciva a vedere qualcosa nel pilastro di Gea.

    Qualunque sia il debito che io abbia con un Araldo della Terra, non saprei quantificare.
    Quando vorrà prenderlo, io mi farò trovare pronto.

    Oltre a ciò, l'unica cosa che mi spetta è solo la fine. Se per mano vostra questo non so, ma quando finirà tutto riabbraccerò la famiglia che mi ha sempre sostenuto e per cui ho sempre lottato.

    Salirò sugli scranni dei miei avi degno, senza timore, senza vergogna per tutto ciò che cadde.
    Senza vendetta per coloro che già hanno avuto dal Fato ciò che spettava loro.
    Senza risentimento per gli errori commessi. Ma come via di una redenzione e uno scopo, che mi ha portato fino qui.
    Forse non in questa forma, tornando e divenendo altro. Ma alla fine sarà così.


    Si rialzò lentamente, facendo forza sulle gambe. Sentì che le ferite erano state curate. E stava bene.

    L'Equilibrio e l'ordine delle cose lo lascio volentieri nelle vostre mani e a quella di altri, mia signora.
    Io rimango soltanto un guardiano in questi giorni ultimi, per ciò che mi ha salvato e fatto ricredere nel giusto. E soprattutto in me stesso. Quando nessuno, perfino io, non lo vedevo.
    Combattendo contro l'odio, la malattia, l'insicurezza, contro tutti quelli e in tutto ciò che ancora non capiscono.

    Per l'universo, per le anime come la mia che spettava aiuto, per le persone con cui ho lottato fianco a fianco che hanno amato credendo in qualcosa di meglio. Nell'essere migliori.
    La mia storia è stata raccontata.

    Ora sarà altro e voi decidere come sarà conclusa. Io sarò solo un non più antico umano guardiano che guarderà la conclusione e, se potrà, aiuterà.
    Prima di un'altra pagina che forse altrove, dovrà essere scritta.

    Ora, in quelle forze spetta decidere.

    Sei mai ci rincontreremo per il debito, grazie.
    Fino ad allora, addio Chernobog. Araldo della Terra.


    Infine la guardò andarsene. Scomparendo. Mantenendo la mente libera, senza pensieri.

    Dopo aver ripreso abbastanza forze, uscì, abbandonando il campo e dirigendosi verso la radura aperta antistante.
    La notte era calata. La luna era alta in cielo illuminando maestosamente la terra.
    Quando fu lontano egli alzò il braccio, come per richiamare qualcosa. Una lancia.
    Non più di cosmo come quelle che lanciava, ma dura e di fattezze naturali, decorata con motivi della Grecia. Che gli ricordava la sua maestria con le armi, gloriosa e appuntita, come ai suoi tempi. Svolazzando con un drappo rosso, rosso come il suo ardore di guerriero. Come la forza del suo amore che non cedette a tutto.
    Di un uomo.
    Che alla fine ce l'aveva fatta.

    Insieme al gesto, un lampo si intromise nel manto celeste facendo comparire una creatura, che uscì dalle stelle splendenti. Man mano che si avvicinò divenne sempre più grande. Fino col suo volto alieno riempire l'intero cielo visibile.

    Erano venuti a prenderlo.
    Nel suo passaggio per il ritorno.
    Verso casa.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Curato e di nuovo in forze.
    MENTE Ora di nuovo bene.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Indossata [Forma Umana] - Frantumata in molte parti.
    RIASSUNTO AZIONI
    Concludo anche io la Quest.
    Anfitrione [x] ✦ Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:52
     
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19 replies since 8/7/2021, 17:36   1021 views
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