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Mefistofele per il Cielo di Urano

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    Mefistofele → Cielo di Urano

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    Oh, Mefistofele! Il più grande dei signori! Magnifico padrone! Noi lodiamo il tuo nome!

    A parlare è un vecchiØ panciuto dalla voce tremante, un esemplare scadente di quella strana specie di codardi. Si prosta a te piagnucolando. Non sai bene perché. Non che la cosa ti dia fastidio, ovviamente.
    Non sai chi sia, né cosa ci faccia ai tuoi piedi, per quanto sia qasi smaccatamente ovvio che la ragione non sia una sincera devozione nei tuoi confronti. Trasuda liquidi, nelle razze biologiche inferiori è segno di disagio, forse addiritura di paura. E come biasimarlo?

    Ma per quale motivo sei lì? Davvero ti annoiavi tanto da tormentare un vecchio tanto patetico solo per farti de risate prima di strappargli l'anima?
    Alle sue spalle vedi una femmina, vecchia pure lei, un'altra più giovane e due inanti, tutti stretti in un tremante abbraccio, fissando con orrore la scena, come se sapessero esattamente ciò di cui saresti capace alzando un solo dito.

    Forse perché hai già dato spettacoo? Forse perché te ne stai assiso su una montagna d cadaveri? Ah, tutto è possibile... e nulla è certo.
    Il che è qualcosa di profondamente sbagliato. Anche se avessi fatto tutto sovrappensiero, senza accorgertene, preso da uno dei tuoi momenti di euforia, dovresti essere in grado di vederlo.
    Non si tratta di possibilità, probabilità, strane eventulità, una marea di variabili per il movimento di ogni singolo quark, lo span decisionale applicato a movimenti privi di volontà o la pura, sempliƆe imprevedibilità degli esseri viventi che basano la loro vita sulle contazioni di un muscolo.
    Si tratta del tuo passato. Per una volta, pur nella tua completa libƎrtà, non sai. Non puoi sapere. Sei perso.

    Più i secondi passano, più ti accorgi che sempre più frammenti si sottraggono al tuo controllo, come se il tessuto di quella stessa timeline stia sgretolandosi. Oh no, non può essere così sempliƆe, così banale.
    Non è il tempo a sgretolarsi. Sei solo tu.


    6vgdAlI



    Note Master:

    Sorpresa! Che fai? Fermati pure quando Mefistofele capisce il da farsi. Il come sta a te.


     
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    "Oh, Mefistofele! Il più grande dei signori! Magnifico padrone! Noi lodiamo il tuo nome!"

    "Oh si, puttanella, loda ancora la mia perfezione! Quanto, quanto sei fortunato ad avere l'essere più splendido del creato dinanzi a te???"

    Finalmente qualcuno che riconosceva il suo splendore, alleluia! Da quando si era risvegliato aveva trovato solamente cafoni, buzzurri e ignoranti che non avevano saputo capire la sua gloriosa magnificenza! Kairos si godeva l'adulazione di quel patetico mortale, sospirando in estasi, disinteressandosi completamente del perché lo stesse compaicendo così grandmente. Anzi, del perché lo stessero compiacendo così grandemente, poiché oltre al vecchio c'erano altri umani lì presenti, una era altrettanto anziana, una più giovane e c'erano anche due adorabili infanti. Tutti quanti si prostravano tremanti davanti a lui, sudando copiosamente e tremando di purissimo terrore. Non era la prima volta che Kairos vedeva i mortali reagire così in sua presenza, era assolutamente NORMALE! Come dare torto a quei patetici omuncoli? Forse era la sua surplice, raro esempio di bellezza, o l'aura di indicibile orrore che lo avvolgeva, oppure la pila di cadaveri che stava usando come trono. Tutte ottime opzioni, nessuna meno valida delle altre. Miseri mortali, esseri dalla debolezza vomitevole, ripugnante, che dinanzi al vero orrore non possono far altro che crollare in ginocchio e pregare. Però, c'era da chiedersi una cosa importante: cosa faceva lì? O ancora più importante, come ci era arrivato? E, per Hades, come aveva ammazzato tutti quei miserabili animali? Magari si era mosso seguendo la sua totale e assoluta euforia, agendo senza seguire l'intelletto ma solo l'istinto e la GIOIA.

    "Ahah, si, è sicuramente così! Dovrei smetterla di muovermi sempre in modo così fanciullesco ahah!"

    Ma nemmeno lui credeva a ciò che si stava dicendo. Per quanto si godesse il sole, l'aria frizzante, il profumo dei cadaveri su cui si sedeva, l'adulazione e il terrore altrui, si sentiva molto a disagio. Lui non ricordava come era arrivato lì, non ricordava di aver mietuto quelle vittime, non ricordava di aver evitato di ammazzare quelle povere anime perdute che aveva dinanzi, prostrate e imploranti, semplicemente non sapeva niente. E la cosa lo faceva stare fisicamente male. Non era uno che sudava freddo, non lo faceva mai, ma era davvero molto vicino al farlo. Anche quando agiva in modo totalmente allegro e privo di ragione, esisteva sempre un modo per ritornare sui suoi passi: guardare le azioni che aveva compiuto per giungere a un certo punto. Era una capacità standard, il contemplare il proprio passato, nulla di arcano o trascendentale, si trattava solo di gettare uno sguardo indietro e vedere le proprie azioni da un punto di vista esterno. Ma questa volta non era possibile, perché Kairos non vedeva assolutamente nulla. Era come se ci fosse un buco nel passato, come se la sua memoria fosse stata danneggiata da qualche cosa e contemporaneamente un qualche evento avesse asportato un pezzo del passato. Come se la struttura del tempo si fosse spezzata.

    Il diavolo serrò i pugni, facendosi sanguinare i palmi per le unghie conficcate in essi: egli, l'essere più libero e più sapiente del mondo, era come cieco. Gli mancava qualcosa, non riusciva a cogliere qualcosa di estremamente importante, e più cercava di sminuire la cosa più il suo intelletto superiore gli sbatteva in faccia la cruda realtà dei fatti, confondendo sempre più i suoi pensieri, portandolo sempre più lontano da una soluzione.

    "No, no,, qualcosa qui non torna. Manca un pezzo, ed è un pezzo che pur insignificante mi turba..."

    Respirava affannosamente, una singola gocia di sudore gli colò lungo il naso perfetto. Faticava a concentrarsi, c'era qualcosa di molto sbagliato in quella situazione, e il continuo piagnucolare degli umani, di solito così amato e ricercato dalla sua persona, in quel momento gli era diventato improvvisamente intollerabile, la loro impotenza sembrava scivolare su di lui, sembrava insozzarlo. Sembrava contaminarlo, oltre a distrarlo.

    "Silenzio."

    Disse piano Kairos, con una rabbia spaventosa nella voce. Aveva bisogno di pace, per la prima volta nella sua esistenza, doveva riflettere, doveva capire, cazzo! Mefistofele sapeva tutto, Mefistofele vedeva ogni cosa, eppure in quel singolo, vomitevole istante, il più grande di tutti gli Spectre era privo di qualsiasi idea su cosa stesse accadendo. Anzi, no, su cosa GLI stesse accadendo. Si, gli, perché ormai aveva capito che era una cosa che riguardava solo e soltanto lui. Quella sensazione era abominevole, lo faceva sentire così orrendamente normale! Lui non era normale, lui era speciale, lui era il più sapiente dei sapienti, e il più oscuro degli oscuri! Anche nella sua attuale debolezza, lui sapeva tutto, vedeva tutto, teneva tra le mani il destino di tutto il creato eppure, in quel momento, non sapeva nulla di quello che aveva fatto. Il suo cosmo ribollì con furia, i suoi occhi scrutavano in profondità, coglievano lampi della storia passata di quel luogo, ma non vedeva nulla che lo riguardasse: non vedeva il suo arrivo, non vedeva lo spettacolo che aveva compiuto in quel luogo benedetto dal suo arrivo, non vedeva assolutamente nulla! Il vociare delle sue vittime continuava e, questa volta, il Diavolo perse il suo classico aplomb ed esplose.

    "SILENZIO!"

    Almeno si era fatto silenzio: senza rendersene nemmeno conto, lo spectre aveva fatto esplodere il suo cosmo, disintegrando quei patetici superstiti con la sola forza bruta dell'onda d'urto, senza nemmeno utilizzare i suoi poteri. Era puro e semplice potere grezzo, sparato a tale velocità e potere da annichilire ogni essere vivente e ogni cadavere, lasciandolo da solo al centro di uno spiazzo deserto. Con il silenzio a riempirgli le orecchie, Kairos continuò ad ostinarsi ad utilizzare la sua Vista per scrutare il proprio passato, ma anche così, era inutile. Anzi, sembrava peggiorare: come da una clessidra rotta, i granelli di sabbia della sua storia scivolavano via, rendendolo sempre più cieco, sempre più inconsapevole, sempre più incatenato nella propria libertà. Altri eventi recenti, ma sempre più lontani dal presente, sembravano svanire dai suoi ricordi, perdersi nella bruma degli eoni, dimenticati e cancellati come se non fossero mai avvenuti. Ma perché, perché accadeva tutto questo?!? Cosa stava provocando questa deriva? Sembra che il tessuto del continuum in quella timeline si stesse sgretolando, andando progressivamente in pezzi. Ah, questo si che avrebbe costretto i paladini dell'ordine a farsi in quattro, lui avrebbe potuto farsi quattro risate, nel frattempo. No? Alla fine, gli sarebbe bastato infiltrarsi altrove, giusto? Si, doveva essere così, ora avrebbe cercato una nuova timeline e vi si sarebbe fiondato, lasciando quella attuale al suo insulso e patetico destino. Però, egli non era così stupido da credere una cosa del genere, in realtà: ancora una volta stava provando a illudersi, a ignorare l'inevitabile, perché Kairos di Mefistofele aveva il dominio assoluto sul tempo, se fosse avvenuto qualcosa di così macroscopico e devastante da ferire il tessuto della realtà, provocando lo sgretolarsi del tempo, ne avrebbe avuto il sentore, con anticipo, addirittura, perché certi eventi risuonano letteralmente nel tempo, propagandosi come onde che possono essere carpite da coloro che hanno la sensibiltità per farlo. No, non era un grande evento, sarebbe stato troppo semplice, e comunque, se fosse stato così, mefistofele avrebbe perso la cognizione di ogni passato che conosceva, ma non era così, lui stava perdendo la presa semplicemente sul proprio. E questa cosa, oltre a riempirlo di rabbia, lo riempiva di paura. E di una morbosa curiosità. Perché se non era la timeline a venire distrutta, esisteva una sola, oscena spiegazione a ciò che stava accadendo: in qualche modo, in qualche perverso modo a lui sconosciuto, Mefistofele stava scomparendo. Lentamente, certo, considerando quanti miliardi di anni aveva vissuto, a quel ritmo ci sarebbe voluto del tempo, ma quel processo avanzava inesorabilmente.

    "No, è inaccettabile! Non è così che dovrebbe andare!"

    Ringhiò il demonio, scatenando la sua furia come una tempesta di cosmo che spazzò via i resti dell'accampamento umano che avevano resistito al suo primo assalto contro i mortali. No, no, doveva calmarsi, sprecare energie non avrebbe aiutato, avrebbe forse anzi peggiorato le cose, accelerando la disgregazione della sua stessa essenza! Tentare di calmarsi non fu facile, e anche se riuscì ad avere una mente momentaneamente più lucida, la furia e la paura rischiavano di prendere di nuovo il sopravvento. Ma che fare?!? Cosa poteva fare per salvare sé stesso dal nulla?!? Era qualcosa che dipendeva da lui? Dipendeva da fattori esterni? Non percepiva nulla che stesse interferendo con lui e con la sua essenza, però non percepiva nemmeno qualcosa di diverso all'interno della sua essenza. Qualcuno o qualcosa stava cercando di annientarlo, sicuramente per un validissimo motivo, Kairos era una delle forme più assolute e meravigliose del male, chiunque fosse stato abbastanza saggio e potente avrebbe dovuto tentare di cancellarlo dalla realtà, tanto grande era il pericolo che i suoi poteri rappresentavano. Doveva fare qualcosa, doveva trovare la causa dei suoi guai e porre fine a tutto quello. E, suo malgrado, si rese conto che esisteva una sola cosa da fare. Doveva mettersi in movimento e trovare la fonte del problema, una fonte che, probabilmente, era estremamente potente, e molto legata alla trama del tempo. Forse, e questo era orribile a pensarsi, perfino più legata di lui al tempo. Una cosa che gli metteva i brividi.

    Si, egli era conscio che esistesse una sola possibilità, la più spaventosa di tutte: osservare il passato in attesa dell'inevitabile non sarebbe servito, scrutare i possibili futuri si sarebbe rivelato una inutile perdita di tempo, e in quel momento Kairos, per la prima volta dalla sua liberazione, non aveva più tutto il tempo del mondo. Possedeva però un potere, un potere che normalmente non avrebbe mai e poi mai usato, l'unico potere di cui non abusasse perché anche nella sua follia era conscio dei rischi che egli stesso correva nell'usarlo.

    "Per avere ciò che hai perduto, passerai a ciò che ancora non hai."

    Disse pensieroso, come rivolgendosi a qualcuno di diverso da lui, ma parlando sempre con sé stesso. La sua voce era cavernosa, inquietante, priva della solita ilarità e della vena crudele che la rendevano così blasfema e orripilante: la sua voce era seria, piatta, praticamente atona, una voce da incubo. E a buon diritto era tanto diversa dal solito: la soluzione che aveva scelto di adottare per risolvere ciò che stava accadendo, richiedeva il grado ultimo della manipolazione temporale, il livello che solo i maestri come lui possedevano: il Viaggio. Si, si, si può intuire cosa una persona scettica potrebbe pensare: viaggiare nel tempo è impossibile. Beh, gli scettici sbaglierebbero, come sempre, del resto. Il viaggio nel tempo è una realtà, ma ci sono due tipi di viaggio nel tempo, e sono naturalmente quello in avanti e quello all'indietro, le capacità cioè di muvoersi rispettivamente verso il futuro o verso il passato. Ma mentre il viaggio nel passato, pur con tutti i rischi ad esso legati, come il pericolo di creare nuove timeline e paradossi, la possibilità di alterare il normale fluire degli eventi e altre splendide amenità, è ampiamente praticabile, spesso con risultati MOLTO buffi e divertenti, il viaggio nel futuro è molto, molto diverso. Il futuro non è scritto, ci sono solo degli accenni, delle possibilità, che dipendono da troppe possibili varianti ed eventualità, imprevedibili decisioni e capricci della sorte: anche solo contemplare i futuri possibili è un'impresa notevole, ma viaggiarvi, beh, quello è tutta un'altra storia...

    "Per tornare indietro, andrai avanti.

    Kairos non poteva andare nel passato, rischiava di accelerare la sua fine, portando il suo presente troppo vicino all'inizio della sua esistenza, facendo avanzare ancora più rapidamente la cancellazione della sua storia, poteva però cercare di imbrogliare la storia, lanciandosi nel futuro, rubando del tempo e mettendsi alla ricerca di una soluzione continuando a posticipare la propria fine. Eppure, anche così rischiava molto con un'azione del genere, forse addirittura più di quanto non avrebbe fatto con l'altra opzione; questo perché per agire in fretta non poteva scegliere con attenzione come muoversi, avrebbe dovuto lanciarsi nelle correnti del tempo e vedere dove il fato l'avrebbe portato, e questo implicava che lo spectre rischiava di creare qualcosa di molto più grave di un semplice, volgare paradosso, poteva potenzialmente creare danni irreparabili nella struttura del continuum spazio-temporale, o peggio ancora, disintegrarsi nell'atto! Poteva finire in una timeline in cui la realtà stava collassando su sé stessa, poteva precipitare nelle fauci di un araldo della corruzione durante la battaglia finale per il controllo sul multiverso, o chissà che altro! Ma pur di evitare la propria dissoluzione, qualche rischio andava pur corso...

    "E per riconquistare il passato."

    Kairos elevò il proprio cosmo oscuro, afferrando la trama dello spazio-tempo come un sarto afferrerebbe un tessuto, procedendo a squarciarlo con una brutalità che superava di gran lunga quella provocata dalla stessa Real Marvelous, senza però che questo potesse provocare un danno percepibile nella realtà: nessun portale, nessun tunnel: il tempo procedeva su binari molto diversi da quelli dello spazio, pur essendo indissolubilmente legato ad esso, toccarlo senza manipoolare lo spazio non lasciava danni visibili. Apparentemente. Il potere dei tachioni lo avvolse come una sorta di vortice, riempiendolo di potere, facendogli digrignare i denti per il bruciore che perorreva il suo corpo mentre l'energia temporale che avrebbe dovuto far partire lo spostamento in avanti lo attraversava come una scarica elettrica da milioni di volt. Non sarebbe stata un'esperienza piacevole. Ma sarebbe stata necessaria. E, forse, anche molto, molto eccitante.

    "Aggredirai il futuro."


    t2enVHT
    narrato - parlato - pensato - telepatia
    NOME » Kairos
    ENERGIA » Blu
    CASTA » Spectre di Hades
    SURPLICE » Mephistophelès
    STATUS FISICO » //
    STATUS MENTALE » //

    NOTE » //

    ABILITÀ » //
    TECNICHE » //


    Layout realizzato da Sagitta per il Saint Seiya Final
     
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    I tachioni sembrano impazzire al tuo tocco.
    Rompere il normale scorrere del tempo è qualcosa che ormai fa parte di te. Il tuo corpo freme, godendo per quel potere che solo poche entità sono in grado di padroneggiare.
    Senti nel profondo la scintilla, ciò che è in grado di compiere il prodigio. Brucia, come se il tuo sangue fosse mutato in lava. Oh si, fa parte anche questo dei rischi: il tuo controllo sul flusso temporale è perfetto, ma il tuo corpo è ancora acerbo, ben lontano dal tuo massimo potenziale.

    Finalmente, qualcosa si muove. Il tempo è un mare in tempesta e tale tempesta ti travolge. Non ti spinge avanti, né tantomeno indietro. Non sta funzionando come vorresti. Il tessuto della realtà vibra, svincolandosi dal tuo controllo. Si avvolge su sé stessa.
    Ciò che avviene davanti ai tuoi occhi è un collasso rovinoso. Il continuum implode e sembra quasi andare a fuoco a contatto col tuo cosmo.
    Vedi cinque artigli tendersi da un pozzo di oscurità. Afferrano i lembi di spazio e li stracciano, per poi ritrarsi e diventare semplici dita. Colui che si sporge da quel portale è un uomo estremamente affascinante, dalle vesti ricche e decorate. Nemmeno ti guarda prima di prorompere in una risata sguaiata.


    3jN7LlL


    Aaaaaaaaahhhhh! Finalmente! Ce ne hai messo di tempo!


    La prima cosa che noti di lui è il cosmo, così dannatamente simile al tuo da farti trasalire.
    Tuttavia non è proprio come il tuo. È come danneggiato, mancante. In termini di pura ampiezza ti supera immensamente, ma tu che lo possiedi e lo conosci così bene puoi quasi sentire l'oggettivo errore che ti sta di fronte.
    L'energia che proviene dall'essere che ti sta di fronte è spezzata, come se le sue componenti si rivoltassero al suo interno senza mai armonizzarsi.

    Finalmente l'essere ti guarda e i suoi occhi si accendono di desiderio, un solo fugace lampo di lussuria, mentre la distruzione causata dal suo arrivo si riassorbe e lo spazio-tempo torna alla sua naturale forma.
    Solo in quel momento noti che tiene in una mano quello che sembra un piccolo arto dalla pelle violacea. Notando la tua attenzione sbuffa sonoramente.

    Ovviamente, di tutti gli innumerevoli istanti che avresti potuto scegliere, dovevi interrompere proprio il mio pranzo.

    Noncurante di eventuali proteste, strappa coi denti acuminati un grosso pezzo di carne e inizia a masticare.
    Puoi notare come le vesti, per quanto regali, siano consunte e ricoperte di polvere. Anche la fine barba e i capelli argentati sono sporchi e lievemente disordinati.
    Non si degna di dire una sola parola finché non finisce di ripulire le ossa, sputando un grumo di peli verdastri e sangue.

    Questi cosi sono incredibilmente ricchi di fibre, dovresti provarli!

    Comunque, veniamo a noi: io non so quale casino tu abbia fatto per trovarti qui, esattamente dove stai. Non riesco a capire che stramaledetto schifo mi impedisca di vedere. Sono cieco, capito? Il diavolo non può essere cieco, non sta bene.


    Senza che tu percepisca il movimento, è su di te. Appoggia il palmo della mano sui tuoi occhi e un flusso di coscienza, ricordi, sensazioni e idee astratte ti attraversa il cervello.

    -


    Vuoto. Lo stesso vuoto che hai avvertito tu stesso, ma immensamente più grande. Sconfinato.
    Non mancanza di spazio, ma di tempo. Niente dietro di te, niente davanti. Solo un deserto di cenere che un tempo era una spiaggia nel centro di un oceano immenso, ora simile a catrame.
    Catene. Non catene fisiche, ma l'impossibilità di vedere attraverso i tempi e le probabilità come hai sempre fatto. E senza vedere non puoi spostarti. Puoi solo aspettare che il tuo piano funzioni, che qualcosa vada nel verso giusto e che tu possa tornare a quel punto, alla vergenza che è stata l'inizio di ogni cosa.
    E alla fine il momento arriva. Una via nel tempo che puoi seguire, di cui ti puoi appropriare. Uno dei tuoi fari ha attirato la giusta attenzione.

    -


    E quindi eccoci qui! O eccomi, oh insomma hai capito.
    Ma sai cosa? Ora devi andare. Devi trovarli tutti, tutti quelli che hai lasciato disperdere per il multiverso mentre te ne stavi in gabbia. Tutti. E poi dovrai riportarli qui da me... Da noi, volevo dire da noi.

    ...
    ..
    .

    SEI ANCORA QUI????




    6vgdAlI



    Note Master:

    Andiamo avanti, sisi. Alla fine puoi tentare di porre qualche domanda, ma ti è chiaro che tu debba agire al più presto. Sfruttando il potere dello strano Daddystofele hai la possibilità di compiere uno e un solo viaggio all'indietro.
    La destinazione? Bbbbbboh.


     
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    Il suo intero essere fremette, accarezzato dall'inebriante sensazione che gli proveniva dal violare le più sacre Regole della Creazione. Del resto, cos'erano le regole, se non limitazioni? Lui era l'essere più magnifico dell'intero creato, lui non aveva bisogno di regole e leggi, non aveva bisogno di codici e limitazioni: lui era Kairos, il Momento supremo, e quando voleva fare qualcosa lo faceva. Che venissero pure a lamentarsi con lui per le sue azioni, se volevano!

    Il suo corpo parve bruciare, acceso dal furore di quella blasfemia, troppo debole per contenere la sua formidabile e ineffabile perfezione. Si odiò per un breve istante, odiò quell'essere così vomitevolmente debole che era diventato. Solo per un'istante, ovviamente, non poteva davvero odiarsi, era troppo meraviglioso per farlo. La scintilla che componeva il nucleo della sua essenza, il potere del tempo che aveva dominato con tanta fatica, esplose in un parossismo di energia e chaos, disintigrando le barriere del tempo e dello spazio che separano il prima dal dopo, l'avanti dal dietro, e iniziò la complessa e meravigliosa procedura che gli avrebbe permesso di traslare nel futuro. Una procedura che, tuttavia, fallì. La realtà reagì in un modo inaspettato, comportandosi come non aveva mai fatto prima al suo tocco: stava turbinando come impazzita attorno a lui e presto, senza alcun preavviso, iniziò a collassare, come se l'intero continuum spazio-temporale stesse implodendo verso di lui. Kairos si sforzò, utilizzò tutta la sua perizia nel manipolare la realtà, accumulata in interi eoni di pratica, per cercare di riprendere il controllo,per cercare, paradossalmente considerando che si trattava di lui, di portare armonia nel chaos strisciante che era diventata la trama della realtà, di giungere al perfetto equilibrio che gli avrebbe concesso di portare a termine il suo scopo ma era come se un potere superiore stesse opponendosi a lui, forzando la realtà a rivoltarsi contro di lui. No, peggio, forzando il suo stesso potere contro di lui! E a peggiorare il tutto, quello sforzo sembrava aver danneggiato qualcosa dentro di lui, perché ora le sue percezioni e i suoi poteri sembravano essersi affievoliti. L'ira lo pervase, un'ira diabolica che s'innalzava oltre i confini della realtà, un ruggito gli fuoriuscì dalle labbra mentre la surplice che lo avvolgeva parve muoversi come metallo liquido sul suo corpo perfetto. Cosa diavolo aveva sbagliato? Tutto era stato perfetto, il modo in cui aveva piegato la realtà era stato magistrale, il tessuto spazio-temporale si era piegato attorno a lui come avrebbe dovuto, però all'improvviso era andato tutto storto e c'era stato un collasso che lo aveva precipitato lì. Già, lì, ma dov'era lì? Attorno a lui erano solo tenebre e un gelido silenzio, nulla di male per lui, intendiamoci, se avesse potuto avrebbe reso la realtà un cupo cimitero esattamente identico a quello, però esserci finito in modo casuale e soprattutto perché un suo piano era andato storto non gli andava proprio giù. Iniziò quasi a tremare per la rabbia, cercando di raccogliere le forze per provare a compiere un altro balzo in avanti o indietro, per muoversi da quel luogo in cui si sentiva ancora più debole e patetico di prima.

    Proprio mentre cercava di sfruttare ciò che restava del suo potere per agire, si aprì un buco in quel luogo tetro, un buco ancora più oscuro delle tenebre lì attorno. Anzi, definirlo un buco era volgare e improprio, poiché quello era un portale, un portale identico ai suoi, per di più. E, in quell'istante, un lampo di consapevolezza lo attraversò, disciogliendo istantaneamente l'ira e aprendogli un sorriso enorme sul volto perfetto: aveva infatti capito, da quella lesione nella trama e dal cosmo che da lì proveniva, chi era la causa dell'interferenza, e chi lo aveva portato lì. Sciocco era stato, patetico perfino a non comprenderlo prima! Nessuno nel multiverso, al di fuori di due entità, avrebbe potuto interferire con il rituale che aveva compiuto, e una di quelle due entità se ne stava chissà dove al centro di tutto, probabilmente troppo presa dal suo ego titanico per occuparsi di lui. Si, solamente LUI avrebbe potuto interferire, soltanto LUI avrebbe potuto osare tanto: perché solo Kairos aveva i poteri e la sfacciataggine di prendersi gioco di tutto. Compreso sé stesso.

    Dal portale fuoriuscirono artigli bestiali che squarciarono definitivamente la realtà, artigli che si ritirarono con la rapidità di una serpe, e dal buio comparvero delle semplici mani, mani bianchissime e curate, seguite da un corpo affascinante e... inaspettato.


    "Aaaaaaaaahhhhh! Finalmente! Ce ne hai messo di tempo!"


    "Quella è la mia battuta!"


    Disse scioccamente Kairos, che rimase imbambolato per alcuni istanti dinanzi alla variopinta figura che si era profilata dinanzi a lui: era un uomo di altezza media, più basso di lui di una spanna abbondante, con corti capelli e una bella barba d'argento, occhi gialli da gatto e poi quelle mani, splendide ma orribili al tempo stesso, eleganti e adunche, come se facessero fatica a contenere la loro reale forma d'artigli. L'intera figura era ricoperta di macchie verdastre e graveolenti, che, solo a guardarle, gli trasmettevano una sensazione di profondissimo fastidio. Un po' come Amaterasu o Pan. Forse erano tracce di un loro parente, un qualche araldo di chissà cosa. Quel corpo era totalmente diverso dal sembiante che indossava, e da esso proveniva una pressione cosmica gargantuesca, infinitamente maggiore della sua. Non che dovesse stupirsi più di tanto, per gli spectre il sembiante umano era un semplice involucro da cambiare a oiacereFu così, in quel luogo tetro e buio, avvolto nelle ombre del collasso dimensionale, che si compì l'elegante e sublime arte del paradosso, un'esperienza che non aveva ancora avuto modo di provare in maniera estensiva.

    Fece una risata malevola, sistemandosi i capelli lontano dagli occhi neri, cercando il contatto con quelli gialli dell'altro sé stesso, che però sembrava cercare di evitare in qualsiasi modo di fissarlo.


    "Il celebre dottor Brown aveva torto, dopotutto, non sta andando tutto in vacca! Un po' ci speravo, ho provato tanti tipi di distruzione cosmica, ma quella per paradosso sarebbe stata assolutamente SUPERBA! Non trovi, meraviglioso Me? Cosa ho fatto di così perfido da meritarmi l'attenzione di me stesso?"


    Il Kairos che non era lui continuò a masticare qualcosa allegramente, prima di rivolgersi a lui in modo scanzonato, ignorando le sue parole.


    "Comunque, veniamo a noi: io non so quale casino tu abbia fatto per trovarti qui, esattamente dove stai. Non riesco a capire che stramaledetto schifo mi impedisca di vedere. Sono cieco, capito? Il diavolo non può essere cieco, non sta bene."


    "Non mi piace quando non mi ascoltano..."


    Ignorando anche quell'ultima frase, Kairos alternativo balzò su di lui con un'espressione di gioia selvaggia sul volto splendido. La mano del suo alter ego artigliò gli artigliò il volto senza che lui nemmeno si accorgesse del movimento, coprendogli completamente gli occhi mentre gli graffiava dolorosamente i lati della testa. Il suo corpo tremò, come se stesse venendo calamitato verso quello dell'altro Kairos, ci volle un grande sforzo da parte sua per controllare le reazioni fisiche del suo sembiante, così debole e fragile, che sembrava volersi avvinghiare all'altro, fondersi addirittura con esso. Ma presto quelle sensazioni divennero nulla, in confronto a ciò che colpì la sua mente e la sua anima. Il potere oscuro del Kairos anziano si riversò attraverso il Kairos presente, irradiandosi e riempiendolo, paradossalmente, di vuoto: Mefistofele, che aveva sempre avuto il potere di vedere tutto si trovava immerso ora in un oceano di niente senza fine. Uno sconfinato oceano di pece e desolazione senza alcuna spiaggia, senza fari a indigare la via: il multiverso era un gorgo di nulla in cui nessuno poteva orientarsi, nemmeno lui che quello stesso multiverso lo aveva letteralmente stuprato. Il vuoto assoluto che aveva percepito era ora stato amplificato di miliardi di volte. Era totalmente privo di vista, non aveva modo di orientarsi in quel caos tenebroso. Si, il Diavolo non poteva essere cieco, perché da cieco il Diavolo era anche incatenato: si, incatenato, perché senza poter vedere Kairos non poteva muoversi: quello era il limite e il prezzo dell’assoluta immanenza.


    "E quindi eccoci qui! O eccomi, oh insomma hai capito. Ma sai cosa? Ora devi andare. Devi trovarli tutti, tutti quelli che hai lasciato disperdere per il multiverso mentre te ne stavi in gabbia. Tutti. E poi dovrai riportarli qui da me... Da noi, volevo dire da noi."


    Dunque era questo il problema, la sua antica frammentazione. Era logico, tutto sommato, un meccanismo di difesa momentaneo non valeva come garanzia per la sicurezza eterna: lui aveva generato centinaia di migliaia di miliardi di sue varianti, e nel corso degli eoni alcune le aveva anche trovate e riassimilate, ma non tutte, naturalmente, erano troppe. E così, in un futuro, questo lo avrebbe compromesso, portandolo alla cecità e alla sconfitta, incatenandolo, infinitamente potente e cieco, incapace di sfruttare il suo potere perché troppo frammentato per farlo. Si, Kairos che era un Kairos più evoluto aveva ragione, dove trovarli, doveva andare! Si, andare, ma dove doveva andare? Non poteva muoversi senza qualcosa a mostrargli la via, senza punti di riferimento era ancorato lì insieme a sé stesso. E anche se avesse avuto dei riferimenti, gli mancava comunque la forza per attuare a breve un nuovo tentativo di viaggio.

    Però…


    "Capisco. In questo caso..."


    La forma umana di Kairos tremò sotto l'apocalittica pressionde del suo cosmo montante, arricchito dalla potenza di quello dell'altro sé stesso, anche se solo per pochi istanti. La surplice si fuse col suo corpo, che divenne nero e orribile, come se fosse stato bruciato, le mani mutarono in grinfie e i denti in zanne, i piedi divennero zampe caprine, con gli occhi che si accesero di una fiamma di malizia e perversione. Si, aveva compreso tutto: Kairos era il signore di infinite trame e riflessi, uno specchio spaccato in miriadi di frammenti, che coglieva ogni visione, e ora aveva colto pienamente l’intento del suo Io di un’altra epoca. Il suo cosmo bruciò oscenamente, spingendosi ai limiti estremi, ponendo a rischio la sua stessa integrità, ma facendo così riuscì a ridare una parvenza di luce alla sua vera vista, quella che poteva scandagliare la struttura stessa del continuum e scovare l'ago nell'infinito miliardo di pagliai. Questo perché, toccandolo, si era passato abbastanza potere e consapevolezza per agire e cambiare il futuro dal futuro stesso, alterando il passato immettendo informazioni e risorse che non avrebbero dovuto esserci: non è MERAVIGLIOSO il potere dei paradossi???


    "Si..."


    Quanta energia, tremava e bruciava internamente al solo plasmarla per ottenere l’effetto voluto, l’infinità vastità del nulla innominabile prese a scorrere e fluire, generò onde e e gorghi, anche se forse paragonare quel nulla all’acqua sarebbe improprio: il suo stato di immobilità totale lo rendeva più simile ad un immane deserto, composto dalle inerti sabbie di tutte le clessidre infrante. Poetico. Ma non era la poesia a interessare a Kairos, Kairos cercava una guida, o meglio, un indizio, qualcosa di minuscolo anche, che potesse indicargli verso dove indirizzare tutto il suo potere. Ci volle un’eternità, o forse un miserabile secondo, due facce della stessa medaglia quando il tempo non vale nulla e al tempo stesso è tutto, ma, alla fine, eccola! Piccola, fioca, lontanissima, ma era lì, come una lucciola nel catrame, una perla in un porcile! Indietro, molto indietro, lontana infinite vite di infinite entità, eppure era lì, il suo faro, la sua ultima risorsa, la sua luce guida. Da essa, fioca, molto fioca, giungeva a chiamarlo la sua stessa, intima essenza vitale, ma drbole, tremendamente debole. Era una fiammella pronta a morire, una breve candela in procinto di spegnersi, ma non doveva accadere, oh no, lui, loro, avevano bisogno che quella fiammella diventasse un incendio.


    "Si! Eccolo lì, il mio diamante allo stato grezzo!"


    Spalancò le braccia, lasciando che l'energia oscura fluisse all'interno del vuoto che lo circondava, tentando di collegarsi a quella singola scintilla pallida, di creare un sottile legame che gli permettesse di spalancare una via sicura attraverso il tempo E lo spazio. Sfortunatamente per loro, i suoi io era maledetti, presto o tardi morivano in modo orribile e atroce. Poveretti. Avrebbe dovuto fare in modo di arrivarci al momento giusto. Il lavoro da fare era meticoloso, prevedeva di creare una sorta di sintonia spirituale tra il frammento e lui, in modo che le “note” di cui erano composti entrassero in sintonia, vibrando alla stessa intensità per permettere un allaccio, creando anche solo per meno di un battito di ciglia l’unione delle due parti. Digrignò le zanne nello sforzo di mantenere la concentrazione, ma quando vi riuscì, la più perfida e gioiosa risata mai udita esplose dai suoi polmoni demoniaci.


    "Non temere, mio tesoro, farò in fretta! Il fiume del tempo mi guiderà! Fa che il tuo bel culo sia ancora qui, così da attendere il mio ritorno. Andrò a prendere i frammenti, e lì porterò indietro per me! Oh, scusa, volevo dire..."


    Sorrise malignamente.


    "Per Noi!"


    Spalancò le braccia, assaporando nuovamente il momento che lo separava dall'ennesima violazione delle leggi di natura.


    "Dividetevi, sabbie del tempo! Aprite la via verso colui che è la chiave dell’enigma!"


    Il vuoto parve tremare un'ultima volto sotto l'influsso del suo cosmo, poi giunse l'esplosione, e la trama della realtà già pesantemente danneggiata si avvolse attorno a lui, avvolgendolo in un sofferente abbraccio, riempiendolo di goduriosa soddisfazione: avrebbe sfruttato quell’attimo nel migliore dei modi possibili. La sfera oscura rombava nella sua formazione, attirando verso di ogni traccia di energia e materia, divorandola e distruggendola mentre il sommo potere del tempo apriva una precisa e spaventosa ferita lunga milioni di anni, una ferita che avrebbe unito i due punti della realtà, quello dove c’era lui e quello dove c’era il suo passato, tracciando una via, un sentiero attraverso le dimensioni e le ere, una strada che gli avrebbe permesso di andare avanti e poi tornare indietro.


    [WEAVER OF REALITY - WORMHOLE]




    Unico problema, non possedendo ancora il suo pieno potere, ma avendo dovuto prendere in prestito il potere dell'altro Kairos, quel varco avrebbe avuto vita breve, doveva sbrigarsi ad andare avanti, indietro nel tempo, per poi tornare indietro, avanti nel tempo. Concetto complicato? Forse si, forse no, ma a lui non interessava, doveva solo funzionare.

    Kairos chiuse gli occhi, lasciò che il potere del tempo lo pervadesse appieno, e, alal fine, si lasciò andare, “precipitando” nel varco che si era formato attorno a lui verso la sua prima, ignota destinazione.


    t2enVHT
    narrato - parlato - pensato - telepatia
    NOME » Kairos
    ENERGIA » Blu
    CASTA » Spectre di Hades
    SURPLICE » Mephistophelès
    STATUS FISICO » //
    STATUS MENTALE » //

    NOTE » //

    ABILITÀ » //
    TECNICHE » //


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    III




    La sensazione che ti attraversa è grandiosa, lo stesso sentimento che potrebbe provare un giovane mortale guardando per la prima volta l'oceano in tempesta.
    E quell'oceano tu non lo stai solo guardando. Ti ci stai perdendo, inebriato come sei dal semplice fatto di sfiorare il tuo stesso, terrificante potenziale massimo. Per te è un'esperienza di estasi perfetta, un voluttuoso deliquio, mentre per chiunque altro sarebbe soltanto terrore e sicura follia.

    Come forse avevi previsto, tuttavia, il viaggio ti sta completamente prosciugando. Il cosmo scorre attraverso di te a una velocità preoccupante, tanto da stordirti. L'oscurità, unico conforto per il tuo spirito tormentato, viene trascinata e sfilacciata in ammassi privi di forma di un bianco incandescente. O almeno, questo è ciò che traspare. La realtà è totalmente diversa: non si tratta di luce, ma semplicemente di assenza di buio. In questo non-luogo non esistono punti celati e il tuo sguardo può spaziare in ogni direzione. Il diavolo, in quel momentaneo attimo di realizzazione, ha potuto nuovamente vedere.
    Proprio mentre questo pensiero ti attraversa, tuttavia, avverti una profonda differenza. Non hai percepito la transizione, ma sei certo di trovarti in un luogo ben delineato, che non ti parrebbe strano definire "reale". Resta solo da capire come tu ci sia arrivato senza accorgertene. Non è così che funziona il tuo potere. Non è da te farti trascinare da eventi esterni. Non è da te perdere il controllo.

    La polvere ricopre i tuoi piedi. Ti pare di essere lì immobile da sempre. Sei stanco.
    La folla intorno a te si muove. Gente. Umani. Individui di età disparate ed etnie differenti. Passano accanto a te e nemmeno ti notano. Sei solo un punto colorato nel marasma della folla variopinta. Sei come loro, apparentemente umano tra gli umani, e indossi le tue vesti preferite. Perfino respirare ti sembra difficile, allo stato delle cose. Non sei fatto per essere piccolo, limitato, privo di potere... eppure è proprio ciò che sei, in questo momento.
    Lo scenario di questa triste commedia ti lascia perplesso: sembra un'antica città, formata però da un caleidoscopio di stili diversi, come se decine e decine di città simili si fossero fuse in un unico punto, sovrapponendo le loro stesse versioni appartenenti a tempi diversi. Oro, argento, marmo, pietra e mattoni di paglia si mischiano a formare gli stessi edifici. Dalle finestre e dalle porte scorgi tappeti pregiati, tende decorate, drappi biancastri e luridi stracci, senza distinzione o coerenza nella distribuzione nell'ambiente. Il risultato di tutto ciò, tuttavia, è particolarmente armonioso ai tuoi occhi, anche se in un modo non del tutto comprensibile.
    Ora che ci pensi, anche la folla sembra seguire lo stesso principio. Ogni individuo è strano, quasi bizzarro a partire dal fenotipo fino ad arrivare all'abbigliamento. Eterocromie, apparenti difetti di pigmentazione, particolari tratti somatici asimmetrici rappresentano più la norma che eccezioni isolate e le vesti, i gioielli e le calzature riprendono il medesimo innaturale eclettismo della città, forse perfino più estremizzato.

    Il tuo senso di stanchezza aumenta ancora. La tua attenzione viene catturata da alcune presenze più brillanti di altre. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Il tuo stesso corpo si fa più pesante. Gocce di sudore freddo cadono lungo il tuo viso. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Hai il fiato corto, senti la testa girare. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Sei certo che qualcosa stia minando la tua energia. Non può trattarsi del mero effetto del viaggio nel tempo. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Non c'è nulla che tu possa fare per impedirlo. Ti senti paralizzato. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    La vista si fa annebbiata, eppure certi dettagli continuano a stamparsi a fuoco sulle tue retine. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    È ancora peggio. Ogni volta è più chiara della precedente. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    La tua mente non riesce più a sopportare quella situazione, l'umiliazione, l'affronto... eppure non sembra esserti rimasta nemmeno la forza di alzare un dito. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Le tenebre si agitano impotenti nel tuo subconscio. La tua parte più antica, quella che ancora rimane della tua natura ribolle e si oppone alla straziante debolezza in cui sei piombato. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Una sola oncia di forza, una scintilla di cosmo. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta dorata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Una lama di oscurità, un pugnale. No, una lancetta acuminata si forma tra le tue dita, priva di peso. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.

    Hai solo un'occasione, una sola in una ripetizione infinita. La volontà che anima il tuo corpo ti ha concesso solo questo. Tu, il supremo padrone dell'Attimo, hai solo questo momento per agire, prima di divenire polvere. Un uomo ti passa accanto, quasi urtandoti. Porta una tunica color vinaccia che modifica le sue sfumature in base alla luce, diventando a tratti dorata e a tratti nera. Il volto è allungato, nobiliare. Un occhio è blu e uno verde, mentre la pelle è di una sfumatura pallida e indefinibile. Tiene tra le mani un libro, la cui copertina intarsiata di cristalli varia, si mischia e si modifica troppo rapidamente perché tu possa distinguere anche uno solo dei titoli. Una donna giace riversa su un tappeto, in parte di lana grezza e in parte finemente intrecciato. I capelli sono di un biondo chiarissimo, come chiara è la pelle di neve. Il suo volto esprime un immenso dolore fisico e psicologico, che a tratti si trasforma in puro parossismo orgasmico, fino a sconfinare nella totale mancanza di emozione. Molti uomini e molte donne si affollano attorno a lei, ma le loro ombre sono insignificanti e prive di valore. Un bambino scheletrico tende verso i passanti una ciotola di legno o di metallo che contiene una sola moneta ramata. I suoi abiti sono a brandelli in ogni loro aspetto e la sua pelle, a prescindere dalla tonalità, è secca e le labbra riarse dal sole. Un ragazzo di poco più di vent'anni avanza lentamente insieme a un mucchio di altri inutili guerrieri dall'aspetto barbaro. Non sai dire se porti al polso manette di ferro o bracciali lavorati o entrambe le cose. Se da un lato ti guarda con fare sprezzante, dall'altro non puoi non notare lo sguardo basso di chi ha perso ogni cosa. Sta per inciampare in un gatto nero, dagli occhi lucenti. Il gatto miagola, trema per un istante e passa oltre.


    6vgdAlI



    Note Master:

    Sorpresina! Il viaggio va a buon fine, ma ti ritrovi in questo posto strano, una sorta di amalgama di vari luoghi ed epoche o addirittura versioni diverse di stessi luoghi. La scena è ovviamente un loop e a ogni ripetizione stai sempre peggio. Qualcuno ti sta succhiando potere, ma chi? Considerata la stanchezza iniziale e la continua perdita di energia hai la forza per attaccare un solo bersaglio perché, udite udite, da ciascuno di essi proviene un cosmo pari al tuo (quindi se sbagli son cazzi e ti spegni nel nulla). Se provi a sondare le timeline dei personaggi (che presumo avrai riconosciuto) è come mettere un microfono davanti a una cassa, va tutto in risonanza e hai un overload di informazioni inutili. A te la scelta. Fermati ovviamente lasciando l'esito del colpo al condizionale. P.S.: ciao ciao controllo dello spaziotempo; puoi contare solo sulla lama di oscurità in questo momento, sempre per colpa di quella strana interferenza di cui sopra.


     
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    Kairos urlava e si contorceva, ma non di dolore, oh no! Grida di piacere e goduria, in preda al più violento parossismo della sua intera esistenza: che estasi, che sublime, dolce, infinita GIOIA! Attraverso infiniti eoni egli viaggiò, lottando perché il suo essere restasse integro e non si sfaldasse nella pressione del condotto dimensionale che aveva aperto con tanta fatica. Viaggiava nell'oscurità, sforzando la sua mente per tenerla focalizzata sull'obbiettivo, in modo che le violente sensazioni che lo stavano travolgendo non lo deviassero dal suo obbiettivo, il più grande a cui avesse mai puntato, poiché esso avrebbe determinato la sua sopravvivenza e la sua gloria: da quel viaggio lui sarebbe tornato più completo e più potente che mai. Questo pensiero lo rendeva se possibile ancora più euforico ed eccitato, e l'apice del parossismo di sensazioni giunse quando, infine, il viaggio terminò.

    La luce bianca esplose con violenza, costringendolo a chiudere gli occhi con un'espressione rabbiosa: luce, maledettissima luce, se solo fosse stato così semplice spegnerla per sempre! La prima sensazione che gli arrivò fu quella del caldo torrido, soffocante, avvolgente del sole del deserto, poi la polvere, secca e fetida, che entrò nei suoi polmoni mentre respirava affannato, esausto per il viaggio attraverso il nulla, seguito da una miscela di odori pungenti e confusi. Poi giunsero i suoni, lontanissimi brusii che erano a volte assordanti a volte fiochi, sussurri in un mondo ovattato e distante. Lentamente, le sue palpebre si aprirono, rivelandogli inizialmente immagini sfocate, mentre gli occhi si riabituavano alla loro funzione, immagini che divennero sempre più chiare fino a che Kairos, sorpreso ma nemmeno troppo, vide che si trovava in un Suq immenso, come lo era stato quello di Baghdad all'epoca dell'Antico Califfato, colmo di profumi, merci e centinaia di persone intente a trattare e commerciare. Egli si trovava in mezzo ad un'ampia via, probabilmente la principale della città, ma nessuno sembrava notarlo, nessuno lo sfiorava nemmeno passandogli a pochi millimetri dal corpo: una cosa che gli dava ENORMEMENTE sui nervi. Il suo sguardo individuò un grande specchio di bronzo appeso alla bancarella più vicina a lui e vide con un certo compiacimento che stava indossando il suo abito preferito: un completo tre pezzi color vinaccia scuro, lo stesso colore della sua Surplice, con una camicia nera e la cravatta rossa. Dalle spalle gli pendeva a mo' di mantello un cappotto rosso scuro e una sinuosa sciarpa di raso nero ricadeva pigra e melliflua fino quasi alla vita. Infine, sulla testa, poggiava con sufficienza un cappello a cilindro dello stesso colore del completo, appena inclinato verso sinistra. Per gli dei, lui si che aveva classe, mica come tutti gli altri straccioni in giro per la realtà. Si diede un colpetto col dito al cappello, riportandolo perfettamente dritto e, ignorando la stanchezza che si attorcigliava alle sue illustri membra sempre più subdolamente, si guardò attorno maggiore attenzione, indagando il luogo in cui si trovava, cercando di capire l'epoca precisa e l'esatto momento in cui era capitato, in modo da poter rintracciare il frammento a cui tanto ambiva giungere, e fu a quel punto che la meraviglia lo colse, lasciandolo quasi sorpreso, per quanto inaspettata era la verità celata in quella visione dinanzi a sé.

    "Oh dei, se questo non è peculiare io non sono sublime!"

    L'aspetto della città era quantomeno bizzarro: sembrava indubbiamente antica, ma ogni edificio era una diseguale amalgama di elementi provenienti da epoche differenti, con l'oro, il marmo, i mattoni, la paglia e il cemento che si mischiavano tra loro, creando ignobili combinazioni estetiche, così ripugnanti da essere geniali, così belle da provocare la nausea. Vide splendide finestre a bovindo di legno decorato sfumare in un edificio di cemento diroccato, con chiari segni di esplosioni e bruciature su tutta la sua struttura, vide la strada polverosa trasformarsi in una strada di asfalto spaccato dal sole, prima di tornare semplice terra battuta. Anche la folla era qualcosa di assurdo, osservandola meglio, poiché c'erano straccioni ed elegantoni di ogni epoca, di ogni linea temporale, e c'erano creature di ogni epoca ed ogni linea temporale: vide umani, ovunque, di ogni razza ed epoca, ma vide anche Kaminoani, Slaad, Elfi, razze nuove e razze estinte, e anche razze che, egli lo sapeva, dovevano ancora venire, come gli scarafaggi senzienti che, in un futuro remoto, avrebbero ereditato il pianeta Terra. Antico, moderno, futuristico, integro, in rovina: ogni immagine, ogni figura si alternava e mischiava in un orgia di confusione priva di qualsiasi logica, una confusione capace di drenarlo, privarlo di ogni facoltà. Assurdo, Kairos stava ammirando quel caos estasiato, ma allo stesso tempo ne era terrorizzato, anche se non voleva ammetterlo, poiché più il tempo passava, più egli si guardava attorno, più sentiva che le sue forze venivano risucchiate via, che pesanti catene invisibili stavano venendo avvolte attorno al suo corpo, ineluttabili pastoie che ne avrebbero impedito qualsiasi azione. Accadde in quel momento, proprio mentre si rendeva conto che doveva fare qualcosa, che qualcuno, finalmente, lo urtò, attirando così la sua attenzione lasciandolo strabiliato, poiché se ogni altra figura che fin'ora aveva intravisto era stata evanescente, quasi spettrale, quella era stata molto, molto chiara: si trattava di un uomo alto e molto bello, ma dall'aspetto crudele e furtivo, avvolto in una meravigliosa tunica color vinaccia, che la luce fa cangiare tanto da renderla a volte oro, a volte nera, un'occhio verde e uno azzurro, con un libro nero stretto con tanta forza al petto che quasi sembrava volesse inglobarlo, la copertina incrostata di cristalli che vibrava e si modificava al punto da risultare indecifrabile. Sorpreso, fece per seguirlo, ma subito la sua attenzione venne attirata da una donna che si contorceva su un tappeto che mutava di forma, presentandosi come un letto lurido e sporco, a volte laida e lasciva altre volte scossa da urla di orrore e dolore così tremende da incrinare perfino la sua volontà sovrannaturale. Era circondata da un'immensità di figure, ma nessuna di loro aveva un senso nel grande ordine delle cose, erano solo patetiche ombre, un mucchio di osservatori immobili ed insignificanti. Tentò di muovere un passo verso di lei, attratto dalla sua espressione terrorizzata ed orgasmica al tempo stesso, ma non aveva nemmeno fatto un passo che subito il suo sguardo intercettò quello di un macilento ragazzino intento a mendicare, sporco, lacero e puzzolente, la pelle bruciata dal sole a volte ed altre volte annerita dal gelo, con una ciotola stretta nella manina tremante: al suo interno si trovava una singola, miserabile moneta di rame. Provò rabbia, osservando quella figura, provò odio, desiderio di distruggerla, ma prima che potesse fare un passo verso di esso la folla indistinta parve aprirsi, lasciando che sulla grande strada si facesse largo una strana orda barbarica: alla sua testa camminava una figura giovane, non doveva avere più di vent'anni, portamento fiero, da conquistatore, bracciali d'oro lucevano ai suoi polsi. Gli lanciò uno sguardo sprezzante di sfida, ma ecco che subito i suoi occhi si abbassarono, sconfitti ed impotenti, e i bracciali alle sue mani si trasformarono in gelide manette di grigio acciaio. Era così abbattuto, il barbaro, che quasi inciampò in un gatto nero, finendo a terra, ma l'agile felino si scansò, lanciando un miagolio irritato, tremò leggermente, e poi se ne andò con un balzo elegante. Improvvisamente si sentì ancora più stanco e svuotato di prima, come se stesse venendo bastonato. Scosse il capo, rabbioso e sconcertato, quando si sentì nuovamente urtare: una figura violetta, con un libro di cristallo stretto tra le braccia, era appena passata accanto a lui, gli occhi di colori diversi puntati verso il basso, come se non volesse farsi notare. Un verso di cupo stupore uscì dalle sue labbra, coperto però dalla dolorosa goduria della donna supina che lo aveva attirato pochi istanti prima: ora era nuovamente visibile, nessuna figura la celava più alla vista, e poté notare che aveva i capelli biondo pallido, così pallido da sembrare bianchi. Provò nuovamente ad avvicinarsi ad essa, ma ecco nuovamente le ombre accalcarsi per nasconderla al suo augusto sguardo. Irato, fece per alzare la mano e scagliare il proprio cosmo contro di esse, quando il luccichio rossastro del rame colpì il suo sguardo, e nuovamente si trovò a fissare il piccolo mendicante con la sua ciotola così pateticamente vuota. Nuovo disgusto lo inondò, ma prima che potesse fare qualcosa per togliersi il moscerino da davanti, la processione dei barbari attirò nuovamente la sua attenzione: il condottiero trionfante e caduto al tempo stesso, avanzava a volte orgoglioso a volte sconfitto, e nuovamente non si avvide del gatto nero, rischiando di cadere. L'animale, stizzito, miagolò il suo disappunto e, nuovamente, se ne andò, tremolante. Una tremenda consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco, facendolo piegare per il terrore: Kairos non era uno stupido, aveva vissuto per eoni e sapeva esattamente cosa stava accadendo: viaggiare nel tempo non è una stronzata, non è qualcosa che si dovrebbe fare, le Regole stesse lo impediscono, e poiché infrangere le Regole deve avere conseguenze, lui era appena incappato nella peggiore di tutte. ERU, l'aveva ribattezzata, l'Eterno Ritorno dell'Uguale, il loop infinito, la prigione paradosso capace di fermare anche l'essere più potente, costringendolo a vivere lo stesso istante all'infinito, fino a che la sua energia non fosse stata totalmente dissipata e distrutta, rendendolo nulla, più insignificante di un granello di polvere o di una formica. E stava accadendo molto in fretta, considerando anche quanta energia aveva speso per spostarsi nel tempo. Strinse i pugni, ringhiando, si guardò attorno, ansimando, il corpo fradicio di sudori freddi, e decise che sarebbe andato a cercare un modo per andarsene, ma ecco che venne urtato, e la figura vestita di viola, con il libro di cristallo e gli occhi dai colori diversi passò oltre, guardinga, senza degnarlo di uno sguardo, esattamente come le prime due volte. La ragazza urlante riapparve subito dopo, proprio mentre Kairos lanciava un urlo di rabbia, e così il bambino, con la sua moneta di rame, e subito dopo il prigioniero vittorioso, che ancora quasi inciampò nel gatto, il quale, furioso, miagolò ancora una volta il suo sdegno prima di tremolare ed andarsene.

    "Non può essere vero..."

    Sibilò il primo degli spectre, rischiando di cadere in ginocchio per l'improvvisa sensazione di vuoto che avvertì dentro di sé, come se le sue energie fossero state risucchiate ancora più in fretta. Di nuovo la sequenza di scena si ripeté, e poi ancora, e ancora, stampando nella sua mente dettagli di fuoco, mentre la testa gli martellava per il dolore e le membra si paralizzavano, come se qualcuno avesse aumentato la stretta della morsa che lo cingeva, ed egli ebbe la consapevolezza che era proprio così: quel loop era chiaramente opera di qualcuno di molto esperto e subdolo, qualcuno che stava portandogli via l'essenza vitale, qualcuno che avrebbe tanto voluto incontrare per ammazzarlo e banchettare con il suo cadavere, ma che se ne stava ben celato, probabilmente ridacchiante, come un patetico nano che si nutriva di un gigante moribondo che mai avrebbe avuto il coraggio di affrontare. Se la situazione era quella, Kairos poteva ancora uscirne, ma doveva farlo alla svelta, e non sarebbe stato semplice, conciato com'era: in un paradosso come quello, era possibile sfruttare dei piccoli errori del "sistema" che gli avrebbero permesso di raggiungere chi stava facendo tutto quel danno alla sua nobilissima persona. Poteva letteralmente essere qualsiasi cosa, da un movimento compiuto in modo diverso ad un improvviso cambio di direzione dei passanti, ma, per quello che poteva vedere fino a quel momento, aveva a che fare con qualcuno di dannatamente bravo. Qualcuno quasi al suo livello, gli toccò ammettere. Le scene si ripetettero nuovamente altre decine e decine di volte, lasciandolo sempre più prostrato e frustrato, poiché non riusciva davvero a capire COSA avrebbe dovuto notare. Lui aveva un'occhio attento, era bravo a capire le situazioni, eppure qui era completamente spaesato, non comprendeva come potesse essere possibile che ci fosse qualcuno così abile e potente da mettere alle strette LUI. L'odio e la rabbia montarono in lui, facendolo sentire più in forze per alcuni istanti con la loro carica negativa, ma durò poco, giusto il tempo di un nuovo giro di valzer con il ripetersi delle immagini ormai nauseanti per la quantità di volte che gli erano passate dinanzi. Sentiva che non sarebbe durato ancora a lungo, stava andando avanti da troppo, e lui era partito da una situazione di svantaggio, finendo dritto in trappola con poche energie: se fosse stato più preparato, forse avrebbe avuto ancora molto tempo per agire nel modo più opportuno, ma, ora come ora, era certo che la prossima volta che sarebbe comparso il gatto e il paradosso fosse ricominciato, per lui sarebbe potuta essere la fine. Che fosse stata una trappola di quell'altro sé che lo aveva mandato laggiù a cercare un frammento della sua essenza? No, anche quell'essere sembrava disperato. Però non poteva nemmeno essere il trucco di un altro sempliciotto manipolatore del tempo! Quella era roba GROSSA, roba da gran stratega e da vero Maestro del Tempo: si rifiutava categoricamente di ammettere che esistesse qualcuno che davvero poteva eguagliarlo in potere, per lui era inaccettabile! Questo, unito al peso della consapevolezza di essere sul punto di spegnersi e svanire nel nulla lo riempiva di rabbiosa disperazione, mentre dinanzi a lui si presentava ancora la stessa sequenza di immagini, sempre uguali, sempre indistinguibili. Aveva analizzato ogni maledetto dettaglio, ogni immagini che la sua mente, sempre più piegata dalla stanchezza e dalla mortalità incombente, registrava con zelante precisione. Di nuovo passò l'uomo dalle vesti splendide, con il suo libro cangiante, e di nuovo la donna torturata e in estasi, intenta a contorcersi sul tappeto che era un letto. E poi ancora quello scheletrico moccioso! Dei, dei onnipotenti quanto era schifosamente patetico con la sua lercia ciotola e la moneta di infimo rame che luccicava di un giallo brillante sotto la calda luce di quel meriggio che virava al tempo stesso verso le tinte dell'alba e del tramonto, con riflessi così splendidamente dorati.

    "Dorati!?!?! Come dorati!?!?!"

    I suoi occhi stanchi si focalizzarono il più possibile su quel singolo elemento dell'intero ambiente, cercando di usare quel poco potere in suo possesso per rallentare il tempo in modo da rallentare lo scorrere dei loop, e ci riuscì, per un brevissimo istante la moneta sfavillò perfettamente immobile nel caos di quella città dalla miriade di facce e stili: era una moneta d'oro, non di rame, d'oro! L'unica tra centinaia, migliaia di monete di rame che si erano susseguite in quel frenetico vorticare di immagini. Eccolo lì, il segno che sperava di trovare, un piccolo, semplicissimo bug di quel sistema assolutamente diabolico e perfetto, un bug all'interno di un glitch, che nelle mani di un hacker come lui avrebbe permesso di far crollare tutto quanto, come un castello di carte davanti a una finestra aperta. Ah, l'oro, l'oro! Era sempre stato un fantastico strumento per piegare gli altri, per assoggettare ogni popolo! Non lo aveva usato la stessa Atena, la somma ipocrita tra tutti gli ipocriti, per rivestire i suoi più fidati leccapiedi? E ora, in quel momento, era giunto in suo aiuto, indicandogli la strada da seguire. Proprio in quel momento stava arrivando la processione dei barbari, con il loro principe-che-era-uno-schiavo: non poteva più permettersi di aspettare, mancava pochissimo alla fine. Ansimò, il corpo tremante e fradicio che emanava una bruma nerastra, mormorando quasi impercettibilmente.

    "Nessun piacere mi sazia e non mi basta felicità alcuna, e così continuo a seguir con avidità forme mutevoli, ed ora, più di ogni cosa, desidero trattenere proprio l'ultimo, brutto, vuoto attimo."

    Disse con un sorriso cattivo che gli deformava la faccia sudata e già contorta dalla stanchezza, e nonostante il suo corpo cominciasse ad avvertire le avvisaglie di imminenti convulsioni e di ancor più prossimo svenimento, prese ad avanzare tra quelle figure cangianti con fare regale, nonostante stesse visibilmente barcollando e gli servisse ogni oncia briciola di concentrazione e autocontrollo per restare in piedi, con la sabbia che insudiciava le sue lucide scarpe nere e il bordo dei pantaloni ogni volta che incespicava. Niente di tutto quello aveva importanza, contava solo il suo obbiettivo e lo avrebbe raggiunto, a costo di strisciare e trascinarsi con il mento sul terreno tremolante. A ogni passo avvertiva il proprio cosmo che si disperdeva nell'aria attorno a lui, portandolo sempre più vicino allo spegnimento, ma doveva riuscire a sfruttarlo ancora per un ultimo gioco, sperando che bastasse per ridargli le forze che lo avrebbero nuovamente innalzato allo status che meritava e necessitava. Tese il braccio destro, la dita contratte come artigli di un rapace.

    "Ma infine, ecco il Tempo ha ragione di me! Ecco che quasi giaccio nella sabbia! L'orologio si ferma, muto come la mezzanotte, la lancetta..."

    Il cosmo denso come melassa prese a vorticare attorno alla sua mano, carezzandolo con dolcezza e sensualità, finché, con un ultimo impeto di innaturale volontà, venne costretto a prendere forma: il vortice si contorse con un movimento serpentino, prendendo la forma allungata di una lancia nera dalla punta a losanga. Anzi, lancia non era il termine più adatto, poiché la forma era inequivocabilmente quella di una lancetta d'orologio. Una delle forme che più amava, quella a cui donava i connotati più simbolici. L'unica forma a cui avrebbe affidato quell'ultimo, fatidico atto in una commedia che aveva forse iniziato solo ora a divertirlo.

    "... Cade."

    Giunto dinanzi al piccolo mendicante dalla moneta dorata, alzando il braccio con lentezza e, infine, con tono solenne, mentre la sua arma oscura calava implacabile, come implacabilmente aveva sempre annientato ogni suo nemico, pronunciò poche fredde, inesorabili parole.

    "Che tutto si compia."



    t2enVHT
    narrato - parlato - pensato - telepatia
    NOME » Kairos
    ENERGIA » Blu
    CASTA » Spectre di Hades
    SURPLICE » Mephistophelès
    STATUS FISICO » prostrato
    STATUS MENTALE » non lucido

    NOTE » fffffffffff

    ABILITÀ » //
    TECNICHE » //


    Layout realizzato da Sagitta per il Saint Seiya Final
     
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    Mefistofele → Cielo di Urano

    MAGNIFICENT

    IV




    La lancetta di tenebra affonda. In cosa, non sapresti dirlo. Ma è dove doveva stare. Vedi distintamente un punto di luce, la sfaccettata superficie di una scheggia che riflette le infinite combinazioni di grandezza e posizione dei corpi celesti, mutevoli quanto è mutevole la pazza città che ti circonda.
    E il mondo si spegne. Hai sentito uno schiocco secco, simile al ghiaccio che si crepa e tutto - tutto quanto - si è fatto buio. O vuoto. Vuoto è la parola giusta.
    Se avessi accesso ai tuoi poteri dimensionali potresti darti delle risposte. In questa situazione, però, hai solo il tuo intuito a guidarti.

    Qualcosa è cambiato: non sei più sul punto di rottura, non più soggetto al capriccio dell'Attimo.

    Sei molto più stabile. Sei piccolo, anche in ottica umana. Come lo sai? Beh, non è ovvio?
    Ci sei abituato. Sei sempre stato piccolo. Piccolo e immobile. Impotente.
    Non più immerso nel vuoto, ma comunque al buio. Sei imprigionato. Rinchiuso. No, protetto.

    HAIL TO THE BROKEN GOD
    HAIL TO THE BROKEN GOD
    HAIL TO THE BROKEN GOD
    HAIL TO THE BROKEN GOD
    HAIL TO THE BROKEN GOD
    HAIL TO THE BROKEN GOD


    Il salmodiare ormai ti nausea. La cantilena continua è nata con te, espressa in ogni lingua umana o aliena, pronunciata così tante volte e da tante voci diverse da perdere ogni significato numerico o fattuale. È come se quelle parole facessero parte di te. E in un certo senso lo sono. Tu sei quelle parole e sei l'oggetto del loro significato.

    Non c'è modo di capire da quanto tempo vada avanti, né per intuire il trascorrere del tempo stesso. Oh, quale smacco deve essere, per te, creatura spezzata. Quale orrore esistenziale. Quale vuotezza.

    Ma ecco. Ecco l'evento, ecco l'attimo. Una supplica differente. Una voce pia! Ah, nella sua volontà di venerarti, quanta eresia! Sa che non può parlarti direttamente, ma lo fa lo stesso. Ti sussurra segreti, segreti suoi e di molti altri. La sua voce ti raggiunge come acqua fresca, bagnando la tua miserabile esistenza. È il tuo unico appiglio con la realtà, l'unico respiro. E scompare, certo, ma devi solo attendere! Attendere che torni a te, attendere che venga a supplicarti con la sua timidezza e l'ingenuità di una giovane entità mortale che sperimenta l'amore col suo cuoricino virginale.
    E viene, viene ogni giorno. Oppure ogni mese o anno. Ogni era. Ma viene. Torna. Torna ancora e ancora.
    Solo per te.

    6vgdAlI



    Note Master:

    Confuso? Si beh è normale. La soluzione era ovviamente giusta, quindi il disastro si è evitato...o posticipato. Dopo la transizione ti ritrovi chiuso da qualche parte. Con fatica (è come se avessi delle zavorre mentali) e soprattutto grazie alla "voce fuori dal coro" puoi arrivare a intuire di essere qualcosa di inanimato all'interno di un reliquiario, oggetto di venerazione di questo culto. Le voci e le lingue si mischiano come la città del post precedente, ma invece di essere un puzzle riconoscibile è dinamico e in continuo cambiamento. Puoi intuire che anche il resto di quella realtà abbia le stesse caratteristiche. Devi trovare il modo di uscire. Hai a disposizione solo una versione debolissimissima della goccia di tenebra. Termina quando ritieni opportuno.

     
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6 replies since 3/5/2021, 18:32   326 views
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