[TRAMA] Do you know what day is today?

Test Nera per B.F.G

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    Contestualizzare il nulla è un'azione ossimorica. Un contesto è un ambiente nella quale viene inserito un elemento che si armonizza o meno in base alla sua natura, ma come può il nulla essere un oggetto? Il nulla, per definizione, non esiste, non è niente.
    E Dennis era davanti al niente.
    La sua mente umana non era in grado di percepire il nulla nella sua forma più pura, ma allo stesso tempo si sforzava con tutto quello che aveva pur di mostrare qualcosa, pur di dare un senso a qualcosa che andava oltre il significato di percezione.

    Una porta.
    Dennis non aveva davanti una porta. Quello era il confine, il bordo tra “tutto” e “nulla”che aveva assunto una forma più possibile familiare alle esperienze di Dennis, una porta, una soglia da varcare e scomparire, dissolversi fino a diventare un ricordo, e forse neanche quello. Non c'era nessuna porta davanti a lui, era come l'idea della cecità per chi non ne è affetto: Alcuni la immaginano come vedere solo nero, altri come vedere solo bianco, ma sono solo costrutti mentali. I ciechi non vedono niente, ne bianco ne nero.

    La musica dei cuori si fece più intensa, più armonica. Era questo forse il suo funerale? Era questo il momento di dire addio, mentre tutta la vita presente nell'universo lo guardava? Poteva essere una parata ci addio, o un ultimo valzer, o ancora l'ultimo desiderio di chi sta per lasciare il mondo. Non aveva importanza, aveva detto quello che doveva dire, aveva fatto quello che doveva fare, era tempo di andare e essere parte del nulla fra il tutto.

    Era un passo dall'abisso, e qualcosa dentro di lui cambiò.
    Si, Pan era la macchina da guerra, la vita, l'anima dell'esistenza dopo il nulla, qualcosa di così grande e vasto e potente da stillare terrore nelle creature venute prima del tempo. Dennis non era che un granello di sabbia sulla cresta di un drago.

    Ma che male c'è nell'essere stato Dennis?


    La musica della sua dipartita cambiò in qualcosa di familiare, quella musica che amava in ogni sua singola nota, quella musica che racchiudeva in se l'assoluta tristezza, l'incredibile meraviglia e l'infinita gioia di essere umano.

    Si voltò, accorgendosi di essere osservato.
    Una ragazzina bionda, dagli occhi storti e coi vestiti bgnati lo stava guardando. Una sensazione familiare lo pervase. Aveva già visto quella ragazzina, da qualche parte, in un altro tempo.

    Ti arrendi, Dennis?

    Quella voce venuta dal nulla. Una domanda pesante come un pianeta. Si arrendeva? Si stava arrendendo?

    Un altra figura di una ragazzina. Capelli viola, espressione triste, sguardo non troppo presente. Riconosceva quegli occhi carichi di dolore, quella figura trasformata in un tritacarne vivente.

    Ti arrendi, Dennis?

    Arrendersi? Si stava arrendendo? Tutto quello che stava accadendo era una dichiarazione di resa?

    Un'altra figura, un ragazzino non umano, un piccolo fauno con gli occhi bendati.riconosceva quella piccola creatura, riconosceva quando l'aveva incontrata, riconosceva il figlio di Dreedea che gli si era addormentato tra le braccia quella notte di tanti anni fa.

    Ti arrendi, Dennis?


    Un'altra figura, poi altre due, altre decine, un centinaio, forse un migliaio di figure, di persone, di creature la cui vita si era intrecciata con quella di Dennis, le cui vite erano diventate una sola. Li riconosceva tutti, aveva riso con loro, aveva combattuto per loro, aveva versato sangue e lacrime per loro, e lo avrebbe rifatto mille e mille altre volte ancora. La musica aveva permeato tutto, e stava cullando la folgorante rivelazione nella mente di Dennis:
    Se poteva arrendersi, poteva non farlo. Poteva continuare. Poteva essere ancora una volta qualcuno che poteva iaiutarli, qualcuno che poteva salvarli.
    Era davanti alla platea della sua vita, un mezzo sorriso tirato sul suo volto, un paio di risate sconnesse, soffocate dall'emozione.

    Io...

    La musica non cessò. Era ancora li, colonna sonora della scelta più importante della sua esistenza.

    Io...

    Ti arrendi, Dennis?

    Si passò il dorso delle mani sugli occhi, pulendoseli dalle lacrime, mentre una risata liberatoria lo assalì.

    Ti arrendi, Dennis?


    Io...non so come si fa.


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    In risposta alle tue parole accade qualcosa. Qualcosa di difficile da definire. Qualcosa che potrebbe sì essere equiparato all'opposto di "svuotarsi", ma non è nemmeno il riempirsi. Quell'immenso nulla che è tutto che ti ha circondato, in cui la canzone del rosso ha echeggiato in quel momento per darti l'addio. Tutto quanto sparisce lasciando spazio a tutto il resto dell'universo. È come quando una bolla d'aria scoppia sott'acqua, in quel brevissimo momento si genera il calore della superficie del sole. Un solo attimo, un brevissimo attimo, nemmeno tu lo sai spiegare. È qualcosa di troppo grande, troppo complicato e troppo articolato. Ma non è nemmeno qualcosa nascosto nelle combinazioni alfanumeriche che regolano l'universo sotto il velo molliccio e intricato che è la realtà. No, non lo sai dire, non lo sai capire. Forse non puoi capirlo, o non vuoi capirlo. Il tuo io più intimo è sballottato da qualcosa che più passa il tempo più sembra un senso di identità. Forse quell'impossibile e irripetibile momento in cui lanci sabbia in aria e questa cade nella forma di un castello di sabbia. Quel brevissimo attimo di serendipità. Stavi camminando rassegnato verso l'annientamento e per puro caso hai trovato la completezza.

    Quella strana e aliena sensazione che ti dice che forse, forse, non sei un relitto alla deriva come hai sempre pensato di essere. Che forse, forse, quello è davvero il tuo posto. Che è NECESSARIO che tu sia qui. Che c'è gente che ha BISOGNO di te, ma non per quello che puoi dare o fare, c'è letteralmente sovrassaturazione di gente che può sbriciolare montagne stringendo le dita. In te si fa strada il dubbio che la fuori ci siano persone che VOGLIANO che ci sia tu. Forse Dennis Detterman è precisamente dove DEVE ma sopratutto VUOLE essere.

    Il rosso inonda di nuovo ogni cosa. Ma stavolta ci sei tu al centro. Davanti a te qualcosa. Qualcosa di enorme. Qualcosa di POTENTE e PRIMORDIALE. L'incarnazione fisica della forza inarrestabile. La palingenesi dopo il nulla, concretizzata davanti a te in una massa di muscoli, tendini e ossa che potrebbe muovere continenti semplicemente respirando. Qualcosa di così enorme e potente da squassare l'aria con ogni microcontrazione del suo corpo. Occhi grandi come lune ti guardano proiettando luce scarlatta su di te come un faro. C'è un lungo momento di silenzio, in cui la creatura respira boccate d'aria lunghe ore e ore.

    Poi solleva le immense mani, capaci di cogliere il sole dal cielo e spegnerlo tra le dita, e appoggia le nocche sull'infinito pavimento di cuori e vene. Flette le gambe. Il suo capo incassato in montagne letterali di muscoli si abbassa, di più, sempre di più, in deferenza.


    Il caduto è sotto di te. Le sue frattaglie e la sua carne sono sparse per decine e decine di metri. La sua arma giace spezzata e conficcata nel suo stesso addome. Il tuo corpo è in completo sfacelo, la tua armatura è quasi completamente distrutta, il dolore incendia ogni singolo nervo della tua esistenza. Sei una massa sanguigna che si muove e combatte ancora per qualche miracolo non chiaro. A conti fatti dovresti essere morto ore fa. A conti fatti non avrebbe avuto senso che tu riuscissi a infliggere così tanto danno a quella creatura che ti supera così tanto in potenza. A conti fatti molte cose non sarebbero dovute accadere. Ha smesso di essere un combattimento ore fa, ormai è diventato l'inevitabile distruggersi a vicenda di due placche tettoniche che impattano. Sollevi la mano. Stringi il pugno un dito alla volta. Le fibre muscolari che si tendono nel tuo braccio suonano come cavi di sostegno del più grande ponte mai esistito. Il ponte per il futuro.
    Il tuo pugno brilla di fuoco bianco, la realtà stessa sembra sfaldarsi attorno alla pressione generata dalle tue dita. Ogni tuo piccolo movimento provoca una scia che sembra dovuta al PESO nella realtà della tua presenza. Sei come un buco nero di massa infinita, la cui radiazione e calore sono visibili a occhio nudo. Per un singolo, brevissimo istante, sei giunto così in profondità in te stesso da aver raggiunto il nucleo originale. Il potere puro e incontaminato di P.A.N: il martello della dea, che ha affrontato Tifone, quella che veniva reputata l'arma più terrificante mai creata. Fino al tuo arrivo.

    [Hai energia divina per un singolo attacco]
     
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    Dove prima c'era il nulla, ora c'era il tutto.
    Neanche questa volta la sua mente riuscì a dare una forma veritiera al tutto. Dove prima c'era il problema della necessaria mancanza di contesto, ora vi era quello che non ce n'erano abbastanza. In un attimo infinitesimale la vera essenza della parola "tutto" si rispecchiò in lui, 'l'esistenza intera si mostrò a Dennis in un battito d'ali di una farfalla troppo bella per poter vivere sol un giorno. Una farfalla che decise, per motivi ignoti, di consumare attimi preziosi sulla sua mano.
    Un tepore cominciò a nascere dentro di lui.
    La fuori, incastrati nella fredda morsa della realtà, c'era chi voleva che Dennis fosse vicino a loro, non Pan, non il Martello della Dea, ma Dennis, un umano non tanto dissimile da milioni sulla terra, eppure completamente diverso da loro. Perché lui era Dennis Dettermann, e gli altri no.

    Il Rosso era ora ovunque, in ogni cosa, e davanti ad esso vi era il Gigante. La massa di tendini, muscoli e ossa che rappresentava la forza dirompente opposta alla stasi del nulla. La Palingenesi si mostrò in tutta la sua sconfinata e incomprensibile grandezza, Ogni suo movimento avrebbe potuto distruggere pianeti, ogni battito del suo cuore avrebbe potuto modificare il delicato equilibrio di un sistema solare. Niente nell'esistenza tutta simbolizzava la parola POTENZA come l'essere davanti a Dennis, e niente poteva simbolizzare un'intesa così profonda tra i due se non la mancanza di inutili parole.

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    Dolore.
    Non c'era un solo centimetro del suo corpo in cui il dolore non vi era presente. Era nelle sue ossa, nella sua pelle, nei suoi muscoli e nei suoi occhi. Respirare era uno sforzo immane, l'aria nei suoi polmoni era come una manciata di spilli spinti già dentro il suo corpo. La Darian gli era stata strappata dal corpo, e non in modo metaforico. Nudi muscoli si tendevano e si contraevano in una danza sanguinante dettata dal suo respiro. Il suo braccio sinistro era fuori dal suo asse, fermo inutilmente come un'appendice di tessuti rotti ed urlanti. Fu solo in quel momento che si accorse di non avere l'occhio sinistro.
    Solo una volta si era ritrovato in quelle condizioni, ad un passo dal vedere il suo stesso corpo crollare sotto il suo stesso peso, con un occhio non funzionante ed una creatura di orribile potenza davanti a se. Ma questa volta non era a terra, questa volta era in piedi, era ancora in piedi.

    L'angelo era sotto di lui. Non era in condizioni migliori, la sua carne era stata letteralmente macellata e lanciata intorno a lui, la sua stessa arma lo impalava nell'addome. Nulla di tutto quello era una garanzia della vittoria di Dennis. Un Angelo caduto si sarebbe rialzato da quella posizione, avrebbe estratto la sua lancia e avrebbe continuato a combattere anche solo strisciando sul suo stomaco, portando male nel mondo fino al suo ultimo respiro.

    Dennis non lo avrebbe permesso.
    In quel minuscolo istante in cui l'essenza del tutto riverberò nella sua anima, Dennis raggiunse uno stato di coscienza del cosmo mai vista prima, una visione nascosta nei meandri delle pattern del multiverso, una forza che non sarebbe mai dovuta entrare in lui.
    Il suo pugno si chiuse, ogni movimento delle sue dita calcolato per contenere quella potenza dirompente, quella potenza che in quel momento splendeva come l'ultimo sole in un universo buio e freddo. Quel picco di luce era li per un motivo, era un messaggio per le decine, per le centinaia di occhi che lo stavano osservando, fossero occhi di amici, di fratelli, di compagni, fossero occhi che lo osservavano dai punti più oscuri dell'esistenza, lui stava mostrando a chiunque quella apocalittica potenza nata dalla incommensurabile voglia di Dennis Dettermann di vivere, di combattere, di salvare il mondo.
    L'energia cosmica lo avvolse, muovendosi in un movimento rotatorio concentrico sul suo pugno buono. Avrebbe spazzato via il caduto, avrebbe eliminato milioni di demoni, avrebbe costruito la strada per la salvezza mattone per mattone con le sue mani e con i suoi gesti.
    Caricò quel pugno dietro di se, una delle armi più potenti sul pianeta Terra, tanto potente da stressare il tessuto della realtà stessa. Flesse leggermente le ginocchia, mentre l'incredibile cosmo del Re delle bestie pervase l'aria intorno a lui. Dalle sue spalle due potentissime emanazioni energetiche composte da granuli G A C T A si disposero come vere e proprie ali. Avrebbe fatto partire il colpo verso il suo bersaglio non solo con la forza del suo braccio, ma con ogni fibra ancora integra del suo corpo ancora capace di gestire quello sconfinato potere. Qualcun altro avrebbe speso quei secondi prima dell'impatto per in un lungo discorso carico di ispirazione, ma Dennis non ne aveva bisogno. Per lui erano le azioni a parlare, e la sua prossima azione andava oltre l'idea di spazzare via un Angelo che aveva perso la via. La sua era un'affermazione, un'esclamazione che serviva a ricordare a tutti, lui compreso, che Dennis era li, e sarebbe rimasto li, fino alla fine.


    Dennis fece partire quel colpo divino, quel colpo che non sarebbe dovuto esistere.

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    Edited by B.F.G. - 29/9/2021, 12:41
     
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    Il tuo colpo è lo scatenarsi di un cataclisma. La terra trema, le nubi e la polvere nel cielo vengono spazzate via. L'azzurro invade l'universo sopra di te, un gigantesco occhio che si spalanca nell'osservare la tua opera. Il tuo colpo è stato registrato da tutti i sistemi di misura sismica ancora attivi da qualche parte nel mondo o in dotazione ai vari eserciti umani. L'intero pianeta ha tremato per un breve istante sotto il tuo attacco. Il terreno si è incavato, quella conca scavata per qualunque motivo si incava, cede, i detriti e ogni altra cosa viene spostata e gettata lontano. I tuoi soldati si aggrappano come possono per non essere spazzati via dall'onda d'urto e dal vento che accarezza l'interezza degli stati uniti in una ondata di polvere, cocci di vetro e frammenti metallici.

    Del caduto non rimane niente. È stato letteralmente disintegrato dall'energia cinetica generata dall'assalto della Palingenesi.


    E ti senti...bene. Per la prima volta in lungo, lungo tempo. Una sensazione strana, di quiete, di completezza. Non è una sensazione che giunge in pompa magna, un'epifania. No, è qualcosa di calmo, come se l'aria nei tuoi polmoni fosse improvvisamente l'aria al di fuori del tuo corpo. È difficile da descrivere. Compi qualche passo, sovrastato da un cielo azzurro come pochi ne hai visti, un cielo da cui ogni traccia di orribile pulviscolo è stato scacciato. Muovi qualche passo, animato da strane sensazioni, lente, tranquille. Non è esatto, ma ti senti come se fossi giunto a destinazione, dentro di te.

    Il dolore arriva tutto in una volta. Il tuo corpo è completamente devastato, ogni energia è spenta, il bruciare del tuo cosmo è un ricordo lontano e il solo esistere sembra provocarti una sofferenza atroce. Il terreno ti viene incontro e il buio sostituisce l'azzurro.

    [introspezione time ]
     
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    Non riusciva a sentire niente, se non il rumore del suo respiro.

    Stava ancora tendendo il pugno teso in avanti, protratto verso quello che sembrava il giorno dopo l'Apocalisse. Dell'Angelo non c'era traccia, ne fisica ne energetica, si era dissolto fino all'ultimo atomo di fronte alla forza di quel pugno. Quel pugno che aveva fatto tremare le fondamenta della Terra e del cielo. Era in condizioni pietose, le gambe non avevano mollato la presa per puro miracolo.
    L'aria puzzava di sangue e carne, di olio bruciato e foglie putrefatte. Il suo corpo era lacerato in più punti, un qualsiasi altro essere umano sarebbe morto solo dallo shock dovuto alla perdita di sangue. Neanche la Darian era con lui, gli era stata strappata di dosso e polverizzata in uno scontro di cui non aveva alcuna memoria.

    Ma il cielo era azzurro sopra di lui.
    Dopo aver marciato verso l'inferno in terra, dopo aver messo piede sul ciglio dell'abisso, l'aria dentro di lui aveva un sapore diverso. Per la prima volta in diversi anni, si sentiva bene, soddisfatto di ciò che aveva fatto. Il suo pugno si abbassò, mentre le gambe gli concessero qualche passo in avanti. Si, il cielo era azzurro, e francamente parlando, aveva vinto uno scontro che non avrebbe potuto neanche iniziare. Qualcosa gli aveva dato una forza inimmaginabile, tanto potente da frantumare interi pianeti con un gesto, e grazie ad essa era riuscito a vincere. Ma per quanto gli facesse piacere essere riuscito a sopravvivere, non era quello l'apice della giornata.
    Dennis era sereno, come se uno strato di polvere fosse stato spazzato via dalla sua anima. Aveva raggiunto un obbiettivo che neanche lui sapeva di essersi predisposto, una vetta che sfiorava le nuvole bianche sopra di lui, una vetta che gli permetteva di vedere le stelle. Si lasciò andare un sorriso, sorriso che si trasformò in una risata fiacca ma sincera.


    La risata divenne un gemito strozzato.
    Il dolore lo fulminò sul posto. Sentì il dolore del braccio spappolato, dell'occhio perso, delle ossa e dei muscoli distrutti. Sentì l'aria dentro di se che fino a qualche secondo prima era dolce come il miele diventare come bile bollente mista a chiodi. Non aveva la forza di urlare, ne di stringere i pugni. Anche il solo respirare era uno sforzo troppo grande per lui. Le gambe che lo avevano accompagnato per due miracolosi passi cominciarono a tremare.

    No...non adesso, non ora...

    La forza delle gambe gli venne meno, e quel secondo di caduta si stirò per quelle che sembrarono ore. Non ora, non in quel momento, non poteva finire così, quelli erano i pensieri che gli affollarono la mente. Non c'era più quel senso di accettazione nella sua anima, non si sentiva più appartenente ad un abisso di puro nulla. Per la prima volta dopo anni, Dennis aveva uno scopo, aveva un posto nel mondo. Non poteva lasciarsi andare così.
    Il terreno si avvicinava, e l'oscurità cominciò a divorargli il campo visivo.

    Non voglio questo! Non voglio che finisca così!

    Aveva sfiorato con le unghie la Forza, la Vera Forza, la Chiave che gli avrebbe permesso di cambiare il mondo, di mettere la parola fine a quell'inferno in terra, di salvare miliardi di anime da un destino terrificante.
    Il suo occhio divenne cieco. L'oscurità lo avvolse, e mentre il suo corpo inerme impattava con il terreno, mentre la sua coscienza scivolava via nell'oblio, un unica luce gli permise di rimanere ancorato al mondo, un unico pensiero:

    I don't want to go. I don't want to...I...



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    Il tuo ritorno alla coscienza è lento, sofferente. La prima cosa che senti è il dolore diffuso in ogni atomo del tuo essere, poi suoni ovattati si fanno strada nella tua mente. Persone stanno parlando, cose si stanno muovendo. Macchinari stanno lavorando. Sei vivo per miracolo, apparentemente, ma sei innegabilmente vivo. La tua mente vaga, oscillando tra momenti di coscienza e incoscienza, precipitando in abissi profondi per poi tornare immediatamente sotto quella minima soglia dell'esistenza mentale. Dovresti riposarti, eppure qualcosa in te lo impedisce, cerca di muoversi, di continuare, di andare avanti e combattere ancora. Non va d'accordo con la parte di te che è conscia che quello scontro in particolare è concluso. L'intera zona è stata livellata e non c'erano più nemici da affrontare.

    Ti senti scivolare via a tratti, ma in altri momenti tu afferri la tua coscienza per la collottola e la sbatti nuovamente sulla strada per il risveglio. Questo continuo altalenare della tua mente continua per tempo incalcolabile, non riesci a capire per quanto tempo tutto questo dura, ma riesci a percepire di essere spostato in qualche modo, portato da qualche parte, e alla fine la stanchezza ti raggiunge e ti addormenti. Sono sogni strani quelli che ti accompagnano nel tuo riposo. Sono momenti di pensiero, di riflessione. In alcuni attimi vedi sprazzi della tua vita precedente a tutto questo, all'armageddon, al cosmo, quando eri semplicemente Dennis. Pensi alla tua famiglia. Poi gli eventi progrediscono naturalmente e ogni cosa accade. I momenti belli, quelli brutti, quelli assolutamente e imperdonabilmente orribili. Sembra un po' scontato vedere la propria vita scorrere davanti agli occhi, ma forse è un modo che il tuo cervello sta adottando per dare un senso a tutto quello che è accaduto da quando sei nato, culminato in...questo. Come se la parte più intima di Dennis Dettermann si stesse semplicemente chiedendo "come?".

    Poi la coscienza ritorna, ti svegli lentamente, dolorante. MOLTO dolorante, in una brandina. Sei in un ospedale da campo. L'aria sa di pioggia, la senti picchiettare sulla tenda sopra di voi. Sei circondato da gente malconcia. Molti sono incredibilmente malconci. Al tuo capezzale c'è Huli, che si era addormentato col testone sul materasso nel vegliare su di te.

    Quando l'esercito si rende conto del tuo ritorno in attività, ogni cosa si muove nuovamente, a parte te. Sei così tanto indebolito e affaticato che il tuo cosmo nemmeno riesce a sostenere la forma rigenerativa per il momento. Sei COSI' tanto malconcio. I sensori non rilevano corrotti nel raggio di chilometri, ma con tutto quello che è successo, le forze del rosso hanno subito una notevole incrinatura. Hai perso molti soldati per raggiungere quel punto. E guardando le mappe, alla fine dei conti, hai solo gettato le basi per l'inizio della riconquista degli stati uniti. Un punto d'aggancio per operazioni future, con alcuni territori conquistati all'interno, che dovranno essere difesi con le unghie e con i denti da assalti futuri e tentativi di recupero da parte delle forze congiunte.

    Tuttavia il vero problema è il magnitudo di quello che hai scoperto. In qualche modo, per qualche motivo, la corruzione sta collaborando sia con il caos, come in Australia, che con i Caduti. Si è creato in qualche modo un asse definitivo di nemici della realtà intera. Inoltre c'è un vago sospetto che serpeggia nella tua mente. Quel caduto sarebbe potuto piombare su di voi in qualsiasi momento, era palese. Avrebbe potuto spegnere la vostra "invasione" fin dall'inizio, in quel momento di crisi nella prima città. Eppure si era manifestato assieme alle sue forze solo raggiunta una certa zona. Forse stavano cercando di impedirvi di raggiungere un determinato luogo? Tuttavia al momento la zona dello scontro non è al sicuro, le forze del rosso si sono ritirate alla base consolidata precedente in senso geografico per poter salvare il loro signor supremo.

    Alla fine dei conti, non avete riconquistato una grande porzione di territorio, ma avete fatto una dichiarazione al nemico: "Ci riprenderemo ciò che è nostro e ne siamo in grado".
     
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    In una branda portatile giaceva il Re delle Bestie.

    Il suo stato fisico era a dir poco terrificante. L'ammontare dei danni ad ossa, muscoli ed organi sarebbero stati abbastanza da uccidere un essere umano normale dopo neanche solo un minuto. C'erano volute ore solo per riassestare i frammenti del suo cranio, e probabilmente senza l'adeguata cura medica che stava ricevendo, Pan non avrebbe potuto camminare normalmente per anni. Eppure il suo corpo, nonostante i collassi dei vari tessuti, semplicemente si rifiutava di morire, spinto da una forza tanto potente quanto eterea.
    Li, su quel materasso sottile, dentro quella gabbia toracica tenuta ferma da piastre di titanio, il cuore di Pan continuava a battere, come il rombo di un motore.

    Il Re riaprì gli occhi, ed i primi ad accorgersene furono il suo primo ufficiale medico, Huli, addormentatosi con la testa al capezzale del suo amico, e sua sorella Claudia, allettata di fronte a lui in condizioni malconce ma abbastanza arginabili. Lo videro muovere debolmente la testa fasciata e bloccata, lo videro portarsi la mano sul suo unico occhio scoperto, mentre il suo respiro diveniva sempre più pesante. La risposta dello staff fu repentina. Gli venne intimato di non muoversi bruscamente, di evitare sforzi, di seguire una penna luminosa davanti agli occhi. Troppe informazioni su quel cervello ferito e stanco, da quanto tempo era fermo li? Era giorno oppure notte? Stava piovendo?
    La vista di dove si trovava lo portò a respirare più affannosamente, quante persone non ce l'avevano fatta? Quante persone avevano dato più in quella avanzata di quanto P.A.N. avesse mai dato in tutte le guerre che aveva combattuto? Voleva alzarsi, voleva continuare a combattere, voleva andare avanti, voleva strappare la terra da sotto i piedi dei suoi nemici nel senso meno figurato possibile. Lo staff fu costretto a fare una gentile pressione sulle zone ancora abbastanza solide del suo corpo pur di tenerlo fermo.

    Che state facendo? Lasciatemi! Non pensate a me! Andate dagli altri! Io posso continuare, Io posso...Io posso...



    Il cosmo si rifiutava di scorrere in lui. Le sue membra erano così disastrate da non essere in grado neanche di essere abbastanza per una scintilla del suo potere. Era stato ad un passo dalla distruzione, ed il conto per questo azzardo era salato.
    Il dolore lo fulminò alla fine di questa realizzazione. Strinse i pugni ed i denti rimasti, mentre il suo occhio si spalancava e inondava di lacrime involontarie. I tranquillanti vennero inoculati, e Dennis accolse l'oblio con poca resistenza.









    Era su una sedia a rotelle.
    La pioggia non aveva accennato a smettere, anche se era diventata tanto leggera da sembrare una nevicata. La sala della Guerra non era altro che una scatola di metallo leggermente interrata e fortificata con sacchi di sabbia e torrette automatiche. Huli e gli ufficiali lo avevano aggiornato sulla situazione, perdite colossali, ritirate strategiche ed un'avanzata misera. Tre delle maggiori potenze schierate contro l'esistenza, ne avevano avuto la conferma durante lo scontro. Il dolore e gli antidolorifici non permettevano a Dennis di concentrarsi al cento per cento sulle ramificazioni complete di quella situazione, ma era stato lui a chiedere di farsi spostare e di tornare in azione nella sala della guerra, e non su un letto d'ospedale.
    I suoi pensieri faticavano ad essere ancorati su un unico argomento, era troppo debole per andare oltre l'apparenza di essere davvero in comando delle operazioni.


    Fu mentre la spiegazione di un piano di fortificazione che Dennis venne scosso da un raro momento di chiarezza.
    Strinse le mani sui braccioli della sedia, i suoi denti digrignarono tanto sa bloccargli la mascella, mentre con uno sforzo titanico e lentissimo, Pan si alzò dalla sedia. L'istinto di chiunque fosse presente con lui gli urlò di trattenere il Re al suo posto, di evitare che crollasse sotto il suo stesso peso, ma c'era qualcosa che andava oltre l'istinto, qualcosa che li tenne fissi sul posto, paralizzati davanti a tale prova di forza: L'assoluta Autorità.

    Dennis si incamminò fuori dalla casamatta, molto lentamente, quasi strisciando i piedi. Il suo corpo non era in condizione neanche di stare fermo sul posto, ma qualcosa lo stava chiamando, qualcosa di vacuo nella sua mente e nell'aria che lo circondava. La pioggia inzuppò le sue vesti e le sue bende, mentre tutti intorno a lui si fermarono a guardarlo.
    Poi Dennis volse il capo in un punto preciso all'orizzonte, proprio in direzione del suo ultimo scontro, e fu in quel momento che ebbe una rivelazione:

    C'era la minuscola, insignificante possibilità che dopo una dimostrazione di forza come quella, la Corruzione, Il Caos e anche i Caduti avessero paura di lui, e Dennis Dettermann avrebbe scommesso tutto su rendere quella possibilità una realtà.

    I'm coming for you.

    All of you.




    Su4sahH

    B.F.G | ENERGIA VIOLA | PAN [VII]
    FISICAMENTE -

    MENTALMENTE -
    STATUS DARIAN -

    RIASSUNTO AZIONI -
    ABILITÀ -

    TECNICHE -


    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
    GEA IS A SYSTEMS ARCHITECT AND THE MULTIVERSE IS AN INFINITELY RECURSIVE ARCHITECTURAL SIMULATOR
     
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