[TRAMA] Wicked Game

~Rain~ → Energia Viola

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    Oliver Ramirez Ξ Primarca di Scylla (VI) Ξ Energia Blu

    Wicked Game
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    L’orso percorse la distanza che separava i due e si abbatté con violenza sulla parte frontale di quello che si era rivelato essere un mostro manovrato dalle forze del chaos, forse tanto potente quanto il male che aveva combattuto sul suolo australiano. Non avrebbe avuto la presenza fisica dei suoi compagni, ma la consapevolezza che aveva raggiunto tramite quel viaggio lo avrebbe sostenuto allo stesso modo, anche negli abissi più neri, anche nelle acque permeate dal chaos e contro le bestie che abitavano incubi e dimensioni esterne. Sarebbe stato quasi divertente da raccontare – una bestia, un animale appartenente ad un’altra concezione, e alimentato dalle forze caotiche, due cose che Cuordimetallo aveva imparato a combattere e sconfiggere. La violenza e la capacità di offesa dell’arma erano state tali da far vibrare quella che sembrava la pelle, nonché la corazza – se corazza una composizione biologia simile poteva essere definita. Le linee e le crepe si innalzarono e la attraversarono per diversi metri, ma al loro passaggio non vi fu sangue – quanto un’orribile apparizione di occhi. Nell’immaginario comune, specialmente nella cultura atlantidea, l’occhio faceva parte della serie di simboli legati alle espressioni caotiche; a volte disegnato sulle armature, a volte come parte integrante della fisicità di coloro che erano stati esposti o assoggettati alle forze nemiche. Uno solo, che riusciva tuttavia a vedere tutto. Anche la vista componeva, in quel caso, un fattore importante nelle trame del dio che sembrava essere legato a doppio filo a Circe; la possibilità di osservare e comporre, imbastire la molteplicità, la possibilità. Nonostante ciò, non era il raziocinio ciò che sembrava guidare quell’animale; i suoi istinti e i suoi movimenti – per quanto premeditati – sembravano essere dettati dalla casualità e dalla natura non senziente. Forse il cosmo immondo di Tzeentch doveva aver infettato quello che era un mostro marino, la cui volontà aveva deciso di metterlo tra Oliver e il punto che avrebbe dovuto raggiungere.



    Proprio assecondando la sua natura stessa, intuita da Cuordimetallo e le esperienze – non ché le memorie – possedute, la bestia cominciò ad aprire le proprie fauci, con un suono spettrale, scricchiolando e schioccando attraverso il corpo mellifluo. Una fitta serie di zanne si presentò alla vista del Primarca; erano organizzate in formazione concentrica, che andavano man mano a ricoprire l’interno di quella che era considerabile la ‘bocca’ del nemico e dal loro aspetto, dovevano essere anche pericolosamente affilate – una cosa del genere avrebbe potuto danneggiare la sua armatura, se fosse andato contro di lei, attraversandola da parte a parte. Ma non fu con i denti che il mostro lo attaccò, bensì attraverso quello che assomigliò pericolosamente al risucchio di Cariddi, un’attrazione e una pressione dell’acqua caotica – in cui erano sommersi – che lo stava attirando progressivamente in una presa dotata di una forza che raramente aveva provato, fino a quel momento. poiché nel mentre la sua percezione fu colpita dall’onda sonora emessa dal mostro. No, non era un’alterazione, ma una tempesta di voci e sussurri che arrivavano direttamente al suo cervello – attaccando gli angoli della propria mente. Senza il dispositivo che stava sviluppando a palazzo, le onde non trovarono alcuna difficoltà a farsi strada e infettare i suoi sensi, presentando a Cuordimetallo una varietà di emozioni e sensazioni, tutte riconducibili alla natura del luogo che stava esplorando. Ai suoi occhi apparvero immagini più o meno lucide, alcune erano cariche di sentimenti negativi, altre di una forte disperazione nata dall’infrangersi di quelli che erano – di fatto – sogni che non gli appartenevano. Con il passare dei secondi aumentavano ancora di più e riempivano la sua mente, così come attiravano il suo spirito verso un baratro fatto di perdizione e follia.



    Ancora guardava e ancora udiva, e ancora scariche danneggiavano la sua mente – mandandolo in confusione – fino a che qualcosa dentro di lui lo attirò, facendolo ritrarre da quell’insieme di esperienze che il chaos aveva scatenato contro di lui. La sua mente, unita al suo spirito – tramite la volontà del khala – operò in maniera tale da tirare indietro la sua coscienza, permettendogli di ritrovare un equilibrio temporaneo, tanto da eseguire la manovra difensiva di spostamento e scappare da una fine orribile, che forse avrebbe aggiunto i propri, di ricordi, a tutte quelle visioni. Impiegò la sua trasmissione di pensieri tramite il cosmo, facendo sì che le arrivassero altrettante sensazioni di determinazione, di lotta. Oliver non avrebbe ceduto, e non sarebbe stato un mostro tale a renderlo una preda.Manovrare semplicemente l’acqua, in risposta ad una presa simile, avrebbe sortito pochi effetti; l’oricalco invece scattò veloce, illuminando l’area attorno ad Oliver e generando spire cosmiche che andarono a coprirlo in tutta la sua figura. Nonostante ciò, la pressione ebbe comunque il suo impatto sul corpo del ragazzo, generando sulla sua scale diverse ammaccature all’altezza del tronco, dell’elmo, dei gambali. Il respiratore sembrò essere ancora intatto, ma il visore della sua scale aveva portato alla sua attenzione lo stato e l’entità delle ferite che il suo corpo stava sentendo; quello non era un nemico da sottovalutare, anche se semplice e istintivo nel modo di pensare, Scylla sapeva bene quanto quello non potesse essere considerato uno svantaggio. Ecco perché decise di muovere con forza il serpente che lo aveva avvolto, generando una frizione nell’acqua e lanciandolo nella direzione opposta alla forza d’attrazione – facendolo roteare sul proprio asse. La luce irradiata dal suo cosmo gli permise di osservare decine e decine di frammenti venire risucchiati, aggiungendo allo schioccare e al suono gutturale qualcosa di più duro, come vetri rotti sotto una pressione impossibile da negare.


    'Puoi nasconderti dietro tutti i mostri di questi abissi.

    Puoi mandarmi contro tutto ciò che hai a disposizione.'




    Compì una virata in direzione opposta; le ossa delle gambe produssero un suono secco, così come i muscoli furono attraversati da tremiti, l’attacco non era stato, per intensità, affatto più debole della presa dello spectre che aveva bloccato il suo corpo, qualche momento prima. Emise un profondo sospiro, tentando di allontanare quelle voci dalla sua testa per concentrare il cosmo nei sistemi della sua armatura. La procedura di selezione e modifica cominciò a farle assumere un altro aspetto, le forme diventarono più sinuose e affilate – così come l’elmo cominciò ad allungarsi, a diventare vagamente più spigoloso; grosse lastre di oricalco – le cui forme ricordavano una via di mezzo tra lame e piume – apparvero dietro la sua schiena. La composizione dell’Aquila, dopo qualche secondo, cambiò completamente l’aspetto dell’armatura di Oliver, permettendogli di utilizzare le abilità che aveva correttamente impostato in essa. Una leggera spinta di vento gli permise di mantenere l’equilibrio, facilitando il lavoro degli arti superiori e inferiori nei movimenti. Una luce azzurro chiaro, quasi tendente al verde, cominciò a lambire entrambe le sue braccia, dalla punta delle dita ai palmi delle mani aperte, fino a raggiungere il gomito – salendo sulla spalla, infine. La bestia era terribile e i poteri di cui era dotata avrebbero spaventato molti guerrieri; Cuordimetallo sapeva fin troppo bene che nonostante la paura, nonostante il timore di trovarsi ogni volta di fronte ad un possibile ultimo combattimento, avrebbe dovuto stringere i denti e lasciar diventare quei sentimenti il motore della sua determinazione nel raggiungere la fine di quel luogo buio, abitato da forze esterne. Non per forza una grandezza simile voleva dire un vantaggio schiacciante, perché in quel punto – in quelle condizioni e in quelle dimensioni – il mostro non era altro che un grosso obiettivo impossibile da mancare. E quando il cosmo, nonostante i terribili sforzi del suo corpo, fu correttamente canalizzato nelle armi di una delle sei bestie sacre, Oliver lasciò andare il respiro a denti stretti, mentre le impetuose correnti d’aria circondavano le braccia illuminate, disegnando linee grigie e bianche attorno e dietro lui. Le parole di Scilla, al momento della benedizione, si fecero più chiare nella sua mente. Era quella la forza di una delle sei armi più potenti di Atlantide.





    'Che il tuo spirito sia fiero come quello dell'aquila'

    LovtTEG

    - Ki-Rata: Third Stance -
    [Hazed Sky, Soaring Talon]





    Spalancò verso l’esterno entrambe le braccia, che aveva piegato nella direzione opposta – dietro di lui – proprio come un’aquila spalancava le proprie ali per alzarsi e volare attraverso il cielo. Dal punto in cui aveva compiuto quel movimento, lo stesso animale – i cui poteri di Oliver avevano trasformato, tramite la forza della mente, in precise linee di vario spessore – si librarono in avanti, verso il mostro che avevano puntato. In quel momento, una forte corrente dello stesso elemento, che il Primarca impiegava anche in quella forma, si sarebbe estesa e contratta in modo tale da comprimere il morbido corpo della bestia che avrebbe visto l’interezza della sua figura – così come dei suoi arti – bloccarsi in un singolo punto, tramite la rotazione delle acque che controllava, con l’obiettivo di impedirle movimenti e vie di fuga. Data la sua composizione fisica, avrebbe opposto una resistenza nettamente minore, solo per trovarsi dinnanzi all’attacco più potente, quello che Cuordimetallo aveva scatenato contro di lei. Tutte le aquile lanciate in quell’area avrebbero attraversato e percorso ogni centimetro, volando con rapidità, scatenando una tempesta sul loro obiettivo. Il loro intento era quello di tagliare e dividere ogni parte del suo corpo, riducendola a semplici brandelli, sospingendo tutto via con le correnti che ogni aquila portava con sé. Nella sua velocità d’esecuzione, non sarebbe stato un attacco che sarebbe sparito al primo colpo; grazie alla capacità di ridirezionare i fendenti, Oliver avrebbe colpito ancora e ancora – mirando a zone diverse – con l’obiettivo di rendere la difesa sempre più difficile e inefficace. Come ormai molti avevano imparato a proprie spese, gli attacchi del portatore della scale di Scylla – anche se lanciati a distanza, tramite il supporto del proprio cosmo – erano provvisti della stessa pericolosità e capacità d’offesa della sua armatura, cosa che avrebbe reso i fendenti estremamente resistenti, oltre che ad essere dotati di una capacità di perforazione estremamente pericolosa, che avrebbe attraversato quell'acqua in cui erano immersi come se fosse stata aria. Se soggetto alla sua offensiva, l’essere caotico avrebbe visto il suo corpo venire smembrato in ogni suo punto, allontanato dal resto per evitare eventuali ricongiungimenti. L’essere era un ostacolo sulla strada per ritrovare qualcosa di necessario, qualcosa che gli aveva portato via qualcuno che gli era caro, e davanti a ciò non si sarebbe mai fermato – né avrebbe mai perso un secondo di più.



    Capacità di sopportazione dell’armatura: 85% - capacità respiratore subacqueo: 90%. Condizioni fisiche serie; evitare di essere soggetti ad attacchi ravvicinati. La voce dei sensori illuminava il volto di Oliver con una luce tendente al giallo, ad intermittenza, durante la classificazione dei danni e dello stato generale, ma gli occhi del Primarca erano semplicemente puntati sull’attacco che aveva appena scagliato, impegnato a manovrare l’emissione di cosmo e il controllo in modo tale da tentare di danneggiare il suo nemico. Strinse i denti nel percepire ancora una volta il rimorso per ciò che aveva fatto, così come li strinse per sopportare la realizzazione che – anche nella fiducia che nutriva per le persone, per gli esseri viventi – non tutti avevano sempre buone intenzioni. La sua armatura continuava a pulsare ad intermittenza, rispondendo alla carica che gli spiriti di Scilla e Cariddi, sue compagne nel tradimento – nella sventura e nella collera – che continuavano a vivere con la consapevolezza di ciò che era stato loro fatto. Ecco perché anche da solo, anche davanti a eserciti di mostri, a frotte di nemici manovrati da uno qualsiasi delle massime entità caotiche, non avrebbe mosso un solo passo indietro. Perché era quello che faceva, portando con sé la paura, ma non solo quella.


    Circe e Tzeentch avevano commesso errore da non ripetere
    Sottovalutare il pericolo e la determinazione di Cuordimetallo.


    'Io continuerò ad avanzare.'




    hiaAmxR


    narrato Ξ parlato Ξ pensato Ξ parlato altri


    CASTA Ξ Cavalieri Imperiali di Atlantide
    FISICAMENTE Ξ Danni da pressione seri su tutto il corpo, fratture multiple su gambe e braccia, danni vertebrali seri e costole fratturate, leggera nausea, confusione mentale di media entità.
    MENTALMENTE Ξ //
    STATUS SCALE Ξ Indossata - Ammaccata in più punti

    RIASSUNTO AZIONI Ξ

    Mi difendo dai denti e dal succ - per quello che riesco a difendere - utilizzando il serpente e avvolgendolo attorno a me, tirandolo poi e sparandomi via come se fossi uno yo-yo.

    Poi di cazzimma e violenza entro in forma Aquila e manovro l'acqua attorno al mostro con il big tornado, che tenta di comprimerlo e bloccarlo sul posto [ad] e lanciare, nello spazio che occupa, un judgement cut cercando di AFFETTARLO IN SEIMILA PEZZI [af]


    Strong, united, working 'till we fall

    ABILITÀ Ξ

    Reality Overwriting
    - Illusioni Ambientali
    Physical Reworking - Armi di Scilla
    Physical Reworking: One for All - Trasformazione [Aquila - Vento]
    Voz de Ola - Telepatia


    TECNICHE Ξ

    Big Tornado ☼
    Quando Azae riuscì a vincere il favore di Cariddi, al termine della sua avventura, la ninfa maledetta dagli dei decise di elargirgli la sua benedizione - dopo quella concessa da Scilla. La bestia al di sotto del mare avrebbe permesso al Nono Re di evocare le acque controllate da lei, al fine di rilasciare - sul campo di battaglia - il loro potere distruttivo. Grazie a questa possibilità, il Primarca di Scylla può generare e controllare l'elemento ad una potenza decisamente superiore al normale, con una facilità estrema. Le capacità di gestione della tecnica, in base all'abilità e alla forza dell'utilizzatore, possono variare in diversi modi - restando sempre connesse da un singolo filo conduttore: il vorticare incessante.

    This, the song of sons and daughters
    Hide, the heart of who we are

    Terza composizione bestiale di Azae.
    Le ali dell'aquila. Attraverso il potere di questa particolare tecnica, Oliver potrà utilizzare una serie di lame, dotate di forme ricurve e aerodinamiche, per poter attaccare a distanza il nemico. Suddette armi avranno la particolare capacità di essere controllabili a distanza, potendo compiere movimenti - anche innaturali - se dettati dalla mente del Primarca. Di solito posizionate sulle braccia, possono anche spostate in corrispondenza delle gambe o, all'occorrenza, assumere la forma di due pugnali, di taglia media. Le ali dell’aquila, inoltre, possono avere lo stesso effetto – se trasmesse alla sua variante cosmica. Essa sarà controllabile, nella sua direzione, dalla mente del Primarca, venendo impiegata per le stesse strategie – con la stessa natura offensiva; alla stregua di un missile guidato. [Danno: Tagliente, Traiettoria guidata - Arma: Pugnale Ricurvo, Lama Perforante]

    And we all lift, and we're all adrift together
     
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    Tagli. Gli artigli affondano strappando carne e liquido, la forza bruta dietro al tuo colpo convogliata in quei colpi sottili. Mitragliano la copertura chitinosa della bestia, crepandola e poi infrangendola come vetro. L'acqua rimbomba di un urlo muto, un riverbero i cui echi ti investono con i rimasugli della forza mentale della bestia, che si frammenta a sua volta.
    Ora galleggia in pezzi intorno a te. La tua armatura illumina schegge cristalline, sangue latteo e carne, ma nella tua testa le voci di Scylla e Cariddi non smettono di ringhiare e stridere, invitandoti a non abbassare la guardia.

    I brandelli hanno uno spasmo. Poi un altro prima di contorcersi e scricchiolare nell'espellere propaggini di carne pallida e vetro che si avvinghiano le une con le altre in una gabbia filamentosa larga una decina di metri. Altre sfiatano vapore bollente nel pulsare di luce corrotta: calciano dall'interno contro quella che è diventato una membrana e rinascono come banco di minuscoli pesci pallidi e incrostati di materia cristallina. Il banco si divide rapido in più sezioni.

    Parte di esse si scagliano verso di te così veloci da sembrare lame seghettate, in tre fendenti che colpiscono da tre direzioni e altezze diverse, mentre il resto si disperde nel buio. La gabbia invece...urla. Bocche di qualsiasi forma e dimensione si aprono sugli strali e nuovamente quella cacofonia ti assalta i sensi insieme a ricordi non tuoi, vite passate, angosce mai dimenticate.

    Su4sahH

    Il big mostro va in fase 2. I tre fendenti [af], composti da centinaia di quei piccoli pescetti, contano come Cosmo Distruttivo (Disintegrazione) e ad Agilità Straordinaria (Energia Viola), mentre l'[ad] è questa gabbia di carne urlante che cerca di limitarti l'evasione e confonderti con il casino.
    ▼ DM's Corner
     
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    Non ci fu un sorriso, nemmeno un accenno, sulle labbra di Oliver; generalmente, anche contro avversari di entità terrificante, il Primarca di Scylla era solito piegare le labbra verso l’alto, anche solo per un secondo, di fronte alla riuscita di una tattica, o all’inflizione del giusto dolore. Davanti allo stormo di aquile, davanti al reticolo di fendenti che aveva creato nella zona completamente satura di acqua e chaos, non si permise di muovere nemmeno un muscolo; le ossa ancora scricchiolavano per la pressione, così come facevano le giunture dell’armatura – il suono del respiratore riempiva completamente le sue orecchie, assieme al sordo infrangersi del carapace. L’acqua, vorticante attorno alla bestia, disperse verso l’esterno gli stessi frammenti del corpo, alcuni arrivarono perfino in direzione del nemico, l’atlantideo, che la sentì ruggire con rabbia, distante dalle fauci che avevano tentato di inghiottirlo. La confusione che aveva nella mente, le decine e decine di immagini, le voci e le urla, sembrarono quasi amplificarsi per un secondo; a quel punto ruppe la sua formazione, portando una mano alla testa e respirando a fondo, provando a calmarla per allontanare un pericolo che gli avrebbe impedito di concentrarsi correttamente. Non poté fare a meno di ricordare, dopo anni di distanza, la stessa sensazione provenuta dagli attacchi degli shoggoth, dai quali aveva difeso Mechanus per la prima volta.


    Quella stessa sensazione, in una manciata di secondi, trovò un riverbero negli echi antichi presenti nella sua anima, nella sua psiche, ricordandogli delle centinaia di volte che si era opposto al chaos, che aveva affrontato simili pericoli assieme ai suoi fratelli. Una nuova onda disperse una quantità variabile di schegge e pezzi di corazza nemica, che continuarono a galleggiare dapprima con velocità – poi con lentezza – nell’ambiente circostante, anche vicino alla figura del Primarca stesso. Non osò toccarle, si limitò a gettare un occhio su quelle più vicine, cercando di valutarne la resistenza effettiva – lo spessore – quanto altrettanto forte avrebbe dovuto colpire per danneggiare il mostro di nuovo. L’armatura di Oliver cambiò di nuovo forma, tornando alle sue fattezze normali; la gestione delle capacità proprie dell’aquila, tramite gli appositi comandi e input, gli permettevano di utilizzarla per scopi precisi, ma nell’improbabilità – nell’imprevedibilità di ciò che il mostro avrebbe potuto fare – sarebbe stato più adatto fornire dei comandi base della struttura di Scylla e Cariddi, che avrebbero permesso una versatilità maggiore. Anche per una persona comune, la quantità di calcoli da gestire per selezionare ed utilizzare le armi della sua scale era impressionante, ma Oliver non aveva paura, non in quel momento, assieme agli spiriti che davano forza alla sua mente e alla sua armatura.


    Le voci di Scilla e Cariddi, più che parlargli, erano simili a una consapevolezza che permeava costantemente l’interezza della figura di Oliver; dalla mente, allo spirito, al corpo stesso. Non sentiva parole di guardia, ma sapeva che suggerimenti del genere provenivano dalle due ninfe che avevano incontrato lo stesso destino; non sentiva incoraggiamenti, ma era conscio dell’animosità con cui esse sostenevano la battaglia che Cuordimetallo stava portando avanti. Stringendo i denti e tentando di mitigare il dolore dei propri arti con l’aspettativa di ciò che lo attendeva dietro quel mostro, si rimise in posizione da combattimento – pronto ad affrontare ancora il mostro e a tentare di riservargli la stessa fine che avevano subito i nemici che si erano messi sulla strada di Cuordimetallo e le cose che aveva a cuore. Un altro profondo respiro per tentare di calmare la confusione mentale che sembrava provenire dalle urla di quella bestia; il chaos aveva questo effetto sulle persone che non sapevano come difendersi da esso, le confondeva, scuoteva il proprio corpo e il proprio spirito fin nelle fondamenta, mettendo davanti ad esse visioni e terrori provenienti da un altro mondo. Le schegge che lo avevano circondato cominciarono a ripiegarsi su se stessi, muovendosi ed agitandosi come se la loro sostanza chitinosa fosse cambiata, tramutandosi in carne, formando lembi più sottili e allungandosi l’uno verso l’altro, circondando Oliver in quella che – in maniera molto rozza, animalesca – poteva sembrare una gabbia. Voleva limitargli gli spostamenti, contenere i suoi movimenti per renderlo soggetto ad un altro attacco? Avrebbe ingerito poi tutta la gabbia con il Primarca al suo interno?


    La risposta arrivò veloce nel momento in cui le stesse cellule caotiche, ammassate in strati di carne e sangue chiaro, cominciarono a brillare con un’intensità maggiore. Piccoli bulbi presero a crescere sulla superficie di quella crosta, di quelle chiazze che adesso stavano diventando un’enorme e intricata massa di contenimento, che cominciarono a raggrupparsi per formare branchi di animali non lontani dall’immaginario comune, di cellule viventi, di pesci aggressivi che nel frattempo avevano riassestato la loro formazione, ammassandosi in grossi branchi falciformi che erano partiti verso Oliver in una tempesta di vapore e cosmo malsano. Corrompeva e distruggeva qualsiasi cosa al proprio passaggio, perfino l’acqua in cui tutto era immerso sembrava quasi annullarsi e creare vuoti, sacche d’aria al proprio passaggio, lasciando davanti e dietro di sé tremori che si disperdevano, fino a tornare silenzio. Erano tre, lanciati da diverse angolazioni e avvantaggiati da una velocità di propulsione impressionante; una conformazione mirava esattamente alla sua gola, l’altra alle spalle e l’ultima alle gambe. Accadde tutto con troppa immediatezza; la confusione mentale, alla quale i pensieri di Oliver tentavano di opporsi, contribuì a sbilanciare la difesa del Primarca che decise di riempire lo spazio tra sé e la gabbia con l’espressione cosmica del pipistrello, la quale – sfruttando la durezza tipica della propria armatura e la capacità di indebolire il cosmo con cui veniva a contatto – avrebbe disciolto i legamenti caotici e limitato gli attacchi nell’intensità e nella pericolosità, rendendoli forse meno mortali. Le braccia alzate a protezione riuscirono a malapena a deviare il colpo alla gola, subendo il danno ridimensionato; emise un gemito soffocato nel realizzare che gli avambracci avevano attutito il colpo, lasciando nel suo corpo pericolose fratture non allineate. Un colpo lo costrinse in avanti, il danno residuo della botta alle spalle, mentre la gamba destra fu colpita come conseguenza della difesa dall’ultimo colpo; sentì la schiena inarcarsi e venire percorsa – all’altezza delle scapole – da un nuovo rumore di frattura, così come uno più intenso – segno di un danno più pericoloso – animò l’arto inferiore.


    Le luci della sua armatura – le illuminazioni in quel mare nero che provenivano dalle scanalature azzurre, l’oricalco chiaro rispetto a quel viola, a quel blu e a quel nero – si spensero e riaccesero a intermittenza mentre il corpo di Oliver galleggiava nella sofferenza di tutto quello che era successo, in una frazione di secondo. Le braccia e le gambe sembravano come fluttuare e schegge dell’armatura facevano altrettanto, disperdendosi in quella totale oscurità. Gli occhi di Cuordimetallo erano socchiusi, la bocca aperta e le labbra inumidite dal sangue; un respiro lento – come un ronzio – proveniva dalla sua gola, mentre ancora tentava di opporsi alla sovrapposizione di tutte quelle immagini, di tutte quelle vite e quelle possibilità che erano filtrate nella sua mente, avvelenandone ogni angolo fino a rendergli impossibile pensare ad altro. La sofferenza dei soldati sopraffatti dalle morti dovute al chaos, le macchinazioni di coloro che ne erano stati influenzati e la disperazione di chi si trovava nel crocevia delle scelte, con la volontà di muoversi in una direzione ma impossibilitato dinnanzi alle probabilità, alle eventualità del destino mosse dalla mano di colui che il destino – nella sua faccia più perversa e malefica – incarnava. Il rumore del respiratore, assieme al ruggito della bestia, più lontano, furono le uniche cose che sembrarono riempire quel luogo, la cui fonte di illuminazione andava sempre più ad affievolirsi. Sentiva la presenza spirituale di Scilla e Cariddi farsi più distante, più ovattata, mentre la confusione e il chaos atterrivano qualsiasi speranza.


    Che stai facendo? – gli chiese la voce con aria preoccupata, e allo stesso tempo inflessibile. Non è da te, e non è così che ti ho addestrato. Non c’era nessun altro lì con lui, né qualcuno doveva aver raggiunto la sua mente; quel posto era troppo lontano, troppo disperso nelle acque appartenenti ad altre dimensioni. Doveva star succedendo nella sua testa, doveva star elaborando ricordi di cose che gli erano state già dette, o forse il suo subconscio stava semplicemente trovando un modo per tenerlo ancorato lì, per non lasciarlo sparire o svenire. Tutte queste morti; comincio ad essere stanco, sto iniziando a perdere qualcosa. La voce produsse un suono basso, come se stesse pensando a qualcosa. Molte ce ne sono state e molte continueranno ad esserci, è per questo che esiste il khala, perché nella tristezza possiamo avere qualcosa di loro sempre con noi. Uno spasmo fece contrarre i polmoni di Oliver nell’armatura. Non dovevano essere passati che una manciata di secondi, eppure gli sembrava di essere sospeso già da diverso tempo. La colpa è stata mia, sono state le mie decisioni che hanno portato le persone a morire, non riesco ad essere come gli altri. Avevano ragione, non sono un cap- La voce nella testa lo interruppe ancora una volta, costringendolo al silenzio. Ho passato secoli e secoli da solo, tra le pareti e ingranaggi freddi e consumati dal tempo. Poi sei arrivato tu, nel modo più inaspettato possibile, e hai dato vita a quegli stessi ingranaggi guardandoli con occhi nuovi, con occhi semplici. Lo stesso hai fatto non solo attraverso il regno, ma attraverso ogni persona che hai incontrato e con le quali hai stretto un legame, di Atlantide e non. Non ebbe il coraggio di spostare lo sguardo, né il coraggio di interrompere quel discorso immaginario. Sì, hai commesso degli errori, ma ricordami quanti connettori hai rotto prima di imparare a sostituirli nel modo corretto? Ora lo sai fare ad occhi chiusi. Se questo è servito ad altrettanto, allora sono fiero di aver dato la vita per la crescita del mio Primarca. Il respiro di Oliver si fece più intenso, diverso dal ronzio di prima, come se stesse raschiando per avere più aria, per aumentare la forza e la quantità di ossigeno. La voce cominciò a perdere di intensità, ma le sue parole arrivarono forte e chiaro. Ci sono tanti tipi di capi, re, leader; forse non devi essere uno di quelli, forse devi solo essere una guida, un esempio. L’oscurità nella visuale di Cuordimetallo si fece meno pressante, segno che stava riprendendo conoscenza da quei pochi secondi di annebbiamento. Concentrati, sii sicuro di chi sei--Il resto viene da sé. 'Per i sette, così si fa' gli aveva detto la voce, lasciando il posto alla coscienza. A me sembra una lezione da ripetere, di tanto in tanto. Cosa ne dici, Ollie?

    Dico che hai ragione, Manny.




    L’acqua che cingeva Oliver Cuordimetallo esplose, smuovendo tutto ciò che c’era attorno a sé; detriti si allontanarono spediti, così come lo fecero i residui della gabbia. Era vero, non era passata che una manciata di secondi, e la bestia era ancora lì davanti, urlante, ferita, pronta ad attaccarlo di nuovo; l’Uomo di Ferro, d’altro canto, era pronto a continuare a combattere – ferito e sanguinante, con l’armatura ancora addosso ma, soprattutto, con una volontà anche più forte di prima. Non esisteva un movimento, nelle sue possibilità, che non avrebbe provocato dolore; in modo più o meno pericoloso, ogni parte del corpo era stata danneggiata e la confusione – seppur attutita dalla resistenza che aveva opposto – non aveva finito di rendere i bordi della sua visuale confusi, i movimenti un po’ più scoordinati. Eppure, eccolo lì l’Esecutore che era diventato Primarca, eccola lì la Tempra di Azae, che nemmeno nell’angolo più buio e lontano della grotta si era accasciato a terra. L’aura completamente dorata del portatore della scale si illuminò in corrispondenza del braccio, brillando con più intensità dalla spalla al pugno. Al chaos, io rispondo con l’ordine; alla paura, rispondo con la comprensione. Qualcosa cominciò a formarsi dietro il corpo di Oliver, in modo parallelo al braccio che aveva appena caricato verso la direzione opposta a quella del mostro. Le particelle di luce si condensarono in una forma diversa, un’arma gigantesca, un oggetto che avrebbe eguagliato le intere dimensioni del suo avversario. L'espressione cambiò, i lati delle labbra piegati verso l'alto. Al dolore, io rispondo con un sorriso. Fregiato con ghirigori dorati, con un metallo dalle sfumature che raggiungevano il bianco, l’oro, l’azzurro; si formò dapprima una testa di martello, la parte superiore e più pericolosa, subito dopo l’impugnatura. Le dimensioni non erano tali da permettere a una persona normale di impugnare quell’arma, poiché creata da puro cosmo, ma i poteri del Primarca di Scylla e Cariddi, di Oliver, gli avrebbero permesso di rivolgere contro la bestia il lascito più importante della persona che lo aveva allevato, che lo aveva accolto nella nuova vita. Il lascito della persona a cui Cuordimetallo doveva tutto.





    FOR THE GLORY OF ATLANTIS

    5q6gbOT

    [ EVERWATCH ]

    IS MINE TO COMMAND.



    Stringendo i denti con dolore, ma con il volto ancora illuminato dal sorriso, Oliver portò il braccio in avanti ed Everwatch si mosse con lui; il gigantesco martello, dotato della pericolosità dell’arma dell’orso – di cui il primarca aveva adottato sia le fattezze che i poteri – avrebbe letteralmente diviso l’acqua attraversata per giungere frontalmente davanti alla bestia. Onde evitare un suo spostamento, i poteri di Cuordimetallo – il cui cosmo sembrava ruggire ancor più, canalizzando la forza di Cariddi – avrebbe generato nuovi vortici nello spazio occupato dalla bestia, che sarebbero serviti da gabbia e immobilizzazione, tramite la contrazione e la rotazione continua dell’acqua. Se avesse cercato di spostarsi, il movimento rotatorio avrebbe mantenuto la bestia ferma in un solo punto, quello mirato dal primarca, e secondo le stesse regole avrebbe afflitto eventuali dispersioni di materiali chitinosi, o di eventuali lembi dai quali si sarebbe potuta rigenerare o rinascere. Tenendo tutto fermo in un posto solo, dunque, Oliver avrebbe lanciato contro il proprio nemico il simbolo di Neumannus, una delle armi che Azae gli aveva affidato nell’ora più buia, con la quale aveva ripetutamente allontanato e sconfitto le infiltrazioni del chaos a Mechanus. Lo aveva perso, quello era vero, ma il tenno non lo avrebbe mai lasciato; gli insegnamenti, gli incoraggiamenti, la somma dell’esperienza maturata con lui avrebbe condotto Oliver ad una crescita, ad una consapevolezza, così come all’alimentazione di una fiamma che sarebbe stata inestinguibile. Con la stessa straordinaria forza della quale era dotato, Everwatch avrebbe percorso in un attimo quella distanza con l’obiettivo di colpire non solo la parte esterna del nemico – tentando di rompere il guscio e la carne, le sue difese primarie – ma anche di scatenare pericolosi danni all’interno della sua stessa struttura. Non avrebbe potuto prendere di mira organi specifici, allora li avrebbe colpiti tutti, giocando sulla grandezza della sua espressione cosmica e quella del mostro. Per effetto delle convinzioni e della carica del Primarca, il bagliore del cosmo attorno ad Everwatch aumentò sempre di più, fino ad illuminare anche gli angoli nascosti di quel luogo, fino a schiarire e tingere tutto di oro e bianco. Dietro il colpo, l’acqua si smosse con una forza tale da destabilizzare anche il suo utilizzatore, lasciando una scia che lo aveva quasi attirato verso di sé.


    E di colpo tutto tornò, la luce della sua scale, la forza nel suo corpo e la presenza di Scilla e Cariddi, assieme ai loro incoraggiamenti e alla furia dei loro sentimenti. Ma non fu quello il limite, Oliver prese tutta la disperazione di quelle voci, tutta l’angoscia di quelle vite in preda al chaos – in preda alla sofferenza – e le raccolse all’interno del suo corpo, così come accettò il dolore dell’energia caotica nella sua mente. Lasciò che ogni nota pervadesse il suo corpo, diffondendosi attraverso le cellule, ma senza abbandonarsi ad esse. Come un ferro che era stato posto sul fuoco di una fucina, consentì a quel dolore di attraversarlo e pervaderlo, prima di accettarlo e convertirlo in grinta per non fare la stessa fine, prima di cambiarlo in una spinta, in determinazione per lanciare il proprio colpo al nemico. Non si limitò semplicemente a portare il braccio in avanti, ma – lasciandosi andare ad un urlo liberatorio – spinse lo spazio dinnanzi a sé con un pugno, imprimendo in esso la stessa forza, generando un’onda d’urto che avrebbe aumentato la forza d’impatto di Everwatch, così come la velocità con la quale si sarebbe diretto sul nemico, tentando di schiacciarlo, di farlo esplodere attraverso una potenza senza pari, in quel luogo. E quanto era meravigliosa la bellezza dell’acciaio sotto pressione, del martello che si abbatteva sull’incudine e forgiava, temprava, creava dai materiali grezzi qualcosa che avrebbe stupito gli occhi di chi lo ammirava; il rumore del metallo battuto più e più volte, il calore del fuoco che riscaldava per dare una nuova vita. Non pensò più a niente in quel momento; non alle colpe che si era dato fino ad allora, non agli sbagli che aveva commesso e alle conseguenze che aveva pagato, ma soltanto a combattere per raggiungere il suo obiettivo, per vivere ancora un altro giorno e usarlo per cambiare le cose, per portare avanti ciò in cui i suoi compagni avevano sempre creduto. Oliver, il Cuore di Atlantide, lasciò andare tutto e lo riversò come un’esplosione, scuotendo quei fondali nella loro struttura più profonda, fino alle fondamenta.



    hiaAmxR

    narrato Ξ parlato Ξ pensato Ξ parlato altri


    CASTA Ξ Cavalieri Imperiali di Atlantide
    FISICAMENTE Ξ Danni da pressione seri su tutto il corpo, fratture multiple gravi su gambe e braccia, danni vertebrali gravie costole fratturate, leggera nausea, confusione mentale di seria entità, spossatezza generale.
    MENTALMENTE Ξ Stanco, Determinato
    STATUS SCALE Ξ Indossata - Ammaccata in più punti; tagli profondi sugli avambracci; sulle scapole e sugli schinieri; bruciature da cosmo sparse.
    NOTE Ξ il dialogo con Manny, per quegli attimi di incoscienza, è da ritenersi tutto frutto dell'immaginazione di Ollie, giusto per rendere più carino il momento e la narrativa. L'aspetto di Everwatch per l'orso cosmico è semplice flavour da illusioni ambientali :zizi:

    RIASSUNTO AZIONI Ξ

    Difendo riempiendo tutta la zona con i pipistrelli cosmici, che si frappongono e indeboliscono gli attacchi (sciogliendo anche la gabbia) tramite assorbimento cosmico e grado arma. Considerando il divario e le abilità, però, mi becco una bella parte di attacco.

    Entro in forma orso e utilizzo ancora i big tornado per bloccare e trascinare al centro la creatura [ad] prima di lanciarle contro un EVERWATCH GIGANTE a forza straordinaria e DISINSTALLARLO dalla dimensione [af].

    Strong, united, working 'till we fall

    ABILITÀ Ξ

    Reality Overwriting
    - Illusioni Ambientali
    Physical Reworking - Armi di Scilla
    Physical Reworking: One for All - Trasformazione
    Voz de Ola - Telepatia


    TECNICHE Ξ

    Big Tornado ☼

    Quando Azae riuscì a vincere il favore di Cariddi, al termine della sua avventura, la ninfa maledetta dagli dei decise di elargirgli la sua benedizione - dopo quella concessa da Scilla. La bestia al di sotto del mare avrebbe permesso al Nono Re di evocare le acque controllate da lei, al fine di rilasciare - sul campo di battaglia - il loro potere distruttivo. Grazie a questa possibilità, il Primarca di Scylla può generare e controllare l'elemento ad una potenza decisamente superiore al normale, con una facilità estrema. Le capacità di gestione della tecnica, in base all'abilità e alla forza dell'utilizzatore, possono variare in diversi modi - restando sempre connesse da un singolo filo conduttore: il vorticare incessante.

    Cold, the air and water flowing
    Hard, the land we call our home

    Prima composizione bestiale di Azae.
    Il pugno dell'orso. Attraverso la manipolazione del proprio cosmo, e della propria armatura, Oliver può trasformare parte della sua scale - dotandola di grandi guanti meccanici, o gambali più robusti - per colpire il nemico con maggiore forza; procurando all'obiettivo, se andato a segno, gravi danni interni. Se non manifestati sotto questi aspetti, i poteri dell'orso possono trasformare parte della scale, facendole assumere l'aspetto di un grosso martello. Rottura di ossa, emorragie, tutto a disposizione della conformazione contundente che la scale di Scylla può assumere. Quando viene utilizzato lo spirito dell’orso, inoltre, il colpo a distanza assumerà le fattezze della stessa bestia – dirigendosi in prossimità dell’avversario per tentare di colpirlo con i suoi possenti artigli, causandogli – in caso di riuscita – lo stesso tipo di danno che causerebbe un impatto fisico dell’arma cosmica. [Danno: Interno, Rottura di Ossa - Arma: Grossa, Contundente]

    And we all lift, and we're all adrift together
     
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    L'urlo dell'impatto si propaga nell'acqua come attraverso gelatina. L'onda d'urto paralizza e confonde lo stormo, prima che esso cominci a dissolversi, una dopo l'altra. Sei circondato da sangue biancastro, carne disciolta e silenzio. Continuo a discendere sul fondale, finché gli stivali della tua Scale toccano qualcosa di solido.
    Un tintinnio che deforma l'ambiente intorno a te, trasformandolo sotto forma di una flebile luce. È una sensazione strana, di non corrispondenza fra quello che senti e quello che dovresti sentire; fra quello che vedi e quello che sai di non dover vedere, con la coda dell'occhio prima a destra, poi a sinistra.

    Intorno a te, comincia a propagarsi una flebile luce, e il freddo viene sostituito da una sensazione di calore prima opprimente, poi solo pieno, profumato.

    Qualcosa, qualcuno da qualche parte...sfiora la superficie dell'acqua.

    E sfiora te.

    vCiB8rZ

    Il brivido che ti assale è quasi uno spasmo, ma le tue percezioni si fanno più chiare di scatto, il tempo di sbattere le palpebre e prendere un respiro.

    Jqxt1hX
    Enigma - Knocking on Forbidden Doors



    pIhif6g

    Sei circondato da persone. Chiacchierano, si sfiorano, ti gettano brevi occhiate curiose, ma al tempo stesso non c'è nulla di disdicevole nonostante la maggior parte di loro sia nuda, o a malapena vestita. Riconosci etnie e mode di qualsiasi tempo storico possa venirti in mente, umani e non umani. L'atmosfera è pregna di una carica erotica indubbia, ma è il tuo orecchio a cogliere qualcosa che ti stupisce ben più del fatto di trovarti in un elegantissimo, spettacolare hammam.

    Sono i loro discorsi. Intorno a te, stanno avvenendo conversazioni fra le più elevate che tu possa percepire. In lingue e dialetti completamente diversi, tempi diversi, senti un specifico bizantino conversare amabilmente con una sofisticata nobildonna di dinastia Tang. Massimi sistemi, scienza, filosofia, arti arcane...cogli stralci di una cura che si è dimostrata efficace al 100% per malattie che perfino ad Atlantide sono considerate senza speranza. Sistemi per raggiungere Giove e riutilizzare le materie disperse nella sua atmosfera gassosa, in poco meno di un paio di giorni. Riconosci quelli che sembrano essere contorte figure di Angeli in un angolo, intenti a comunicare non-verbalmente qualcosa a cui un piccolo Kakodaimon risponde in quello che può essere solo il più basso e gutturale infernale.

    Nessuno fa al momento caso alla tua presenza se non per qualche sguardo curioso. E non c'è alcuna via d'uscita visibile.

    Non essere timido, Oliver. Hai molto da condividere, e ancora di più da imparare. Come tutti qui, in fondo...ah, sono venuti da me con così tanta arroganza, o con un'umiltà semplicemente snervante.
    Ma tu sei diverso.


    La voce di Circe, venata di sottile ironia, ti accarezza la mente.

    Scegli con calma. Consideralo il tuo piccolo regalo di benvenuto...e una cortesia da ospite da parte tua. Non ci si presenta mai a mani vuote, in fondo.

    Ciò che devi fare è lampante nella tua mente. Una realizzazione improvvisa, come se qualcosa avesse fatto click e il pensiero venisse naturale.

    Otterrai qualcosa, da una di queste menti.
    Ma dovrai dare qualcosa in cambio.

    Il panorama di Cnosso si estende sotto i tuoi piedi. L'eco della dolce risata di Acalla si sta spegnendo dopo che le hai fatto notare che, dall'alto, sembra un enorme labirinto. Le strade tortuose, così paradossalmente efficienti nonostante l'apparenza confusa, sono il risultato di una mente tanto brillante quanto assurda come quella di Dedalo.

    C'è sempre un modo. Un'entrata, un'uscita...penso che sia un'ottima metafora per la vita. C'è un percorso in mezzo, basta trovarlo.

    Segui l'indice pallido verso una direzione lontana, mentre siete ancora abbracciati. Ti sorride, la notte è ancora giovane e tu ripartirai l'indomani.


    Su4sahH

    GUESS WHO'S BACK
    Sei dentro al più grande e prestigioso salotto concepibile :zizi:

    Oliver dovrà sacrificare una sua conoscenza. Può essere quello che vuoi (proprio a livello gdr, Oliver diventerà IPER saputo in uno specifico campo a tua scelta)...ma a un prezzo. E questo prezzo dipende da te, semplicemente sarà come se non avessi mai neanche toccato quel campo di studi o pratica. Può essere una lingua, una conoscenza ottimale della poesia di qualcuno o di come si aggiusta un particolare macchinario...chissà se sarà abbastanza?


    ▼ DM's Corner


    Edited by ~S i x ter - 14/3/2022, 01:43
     
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    Si sarebbe aspettato di galleggiare, privo di coscienza e forze, nelle profondità di quell’angolo caotico che aveva percorso, nel quale era disceso. Aveva portato avanti quell’ultimo colpo e il martello di Scylla si era infranto sulla carne dell’essere, percosso e schiacciato nell’interezza della sua figura, il cui sangue ormai si era mischiato all’acqua in cui era avvenuto lo scontro. La pressione lo spinse via, ancora una volta, ma qualcosa sembrò smuovere l’ambiente attorno, costringendolo a dirigersi in avanti; chiuse gli occhi, e al suo udito si presentarono nient’altro che scricchiolii, schiocchi, rocce infrante – fu così insopportabile da portarlo a concentrarsi sul rumore ritmico del respiratore. Dentro, fuori. Respira, Inspira. E i rumori raggiunsero il loro apice, convergendo in un’unica esplosione, un unico impulso diretto nel suo cervello, e quell’impulso non raggiunse le aspettative di Cuordimetallo, ma si tradusse in qualcosa di estremamente diverso; un suono delicato, quasi impercettibile, un tintinnio che decretava l’inizio e la fine. Allo stesso modo, non si era reso conto del momento in cui quell’ambiente saturo e pregno di dolore, sangue, cosmo, era cambiato in accordo a quel suono così peculiare, così diverso da tutti quelli che aveva udito nella discesa degli abissi. Perché non era più in quel luogo, il suo corpo non era più oggetto alla pressione e la sua mente – per quegli istanti – non era più piegata dalle non-regole che conducevano alla pazzia. Più forte, respirò ancora più forte, finché non distinse quel suono in modo netto, chiaro, nel silenzio che si era creato, nel culmine di quella trasformazione, di quel cambiamento. Si riflesse nella sua mente, nelle sue orecchie e quasi sullo stesso oricalco che ricopriva il suo corpo.




    Tin. Tin. Tin.




    Emerse dall’acqua in modo così naturale da sembrare impossibile. Un attimo prima era lì, a dimenarsi tra rumore e pressioni, e un respiro dopo i suoi piedi erano poggiati sopra il gradino più basso di quello che sembrava essere uno specchio d’acqua di discrete dimensioni. Il rumore era quasi lontano, sostenuto solo dalle piccole gocce d’acqua che cadevano nello specchio, provenienti dalle appendici d’oro della sua armatura. Nello stesso momento in cui prese coscienza di ciò che era appena avvenuto, si voltò, tornando a respirare a fatica, rimuovendo il proprio elmo che, con uno scatto sordo, gli permise di provare sulla propria lingua, nei suoi polmoni, quella che sembrò aria quasi rarefatta. Si guardò velocemente attorno, preoccupato della presenza di qualche altro mostro o nemico, ma non scorse nulla; era al centro di quello che sembrava essere un hammām, composto nella sua forma più classica e illustre allo stesso tempo. Le colonne centrali, solide, in pietra scura, delineavano il confine tra la zona centrale – nel quale era ancora immerso Oliver – e la zona circolare laterale, dello stesso materiale. I muri erano ricoperti da un altro strato decorativo, le cui forme si alternavano in tratti longilinei e ondulati, producendo geometrie che mettevano ancora più in risalto la struttura del luogo stesso; sui muri erano depositate torce e nei ripiani di pietra piccole candele, creando un’atmosfera al limite tra intimo e religioso, devoto. Dal soffitto filtravano piccoli raggi di luce pallida, che andavano a illuminare la stessa superficie d’acqua dalla quale il Primarca era apparso.


    Si voltò ancora, e ancora, capendo
    di non essere solo in quel luogo


    Per quanti sguardi rivolgesse,
    altrettanti catturavano il suo.




    L’odore dell’incenso si era acquietato, così come avevano fatto le fiamme delle candele che avevano illuminato la stanza fino a quel momento. Lei non aveva bussato, aveva semplicemente poggiato una mano sulla porta della stanza che lui aveva occupato per giorni; tra sospiri e sussurri, aveva sperato nel silenzio e nella solitudine di quell’immenso palazzo che dominava Cnosso, ma ben sapeva che spesso i sussurri erano le fiamme che alimentavano la corte e che rinforzavano le mura del palazzo, i suoi corridoi, le sue stanze. Con il dorso della mano spostò dei petali che caddero sul pavimento in un suono ovattato, delicato; con la stessa mano, voltandosi, accarezzo la spalla della ragazza – ripercorrendone la forma con un dito e sussurrando parole all’altezza del collo, facendola ridere. Lei gli accarezzava il volto, gli raccontava di come la tutrice aveva avuto un incontro con il maestro d’armi, come il cuoco faceva portare la colazione alla dama della regina Pasifae ogni giorno. Piccole confessioni sui suoi fratelli, di poco conto, e lui in cambio le donava le sue ambizioni, le schermaglie e le divertenti competizioni con gli altri figli di Poseidone. Uno scambio equo, che culminava nell’amore per le proprie case. C'è sempre un modo. Un'entrata, un'uscita; penso che sia un'ottima metafora per la vita. C'è un percorso in mezzo, basta trovarlo. La baciò ancora, e ancora, e le confessò che se fosse rimasta a guardarlo da palazzo, nessun labirinto sarebbe stato troppo intricato. Di lì a poco, lui avrebbe lasciato Creta per continuare il suo viaggio di formazione, e quello sarebbe stato l'ultimo intreccio delle loro mani.




    Passo dopo passo, uscì dallo specchio d’acqua ed esso tornò immobile. Continuò a respirare profondamente, sentendo su di sé il peso degli sguardi curiosi di tutte le persone, e gli esseri, che si trovavano in quel luogo; molti non erano diversi da lui, altri – invece – conservavano caratteristiche che non potevano essere precisamente ricondotte a caratteristiche umane. Com’era arrivato lì, come ci erano arrivati loro? Che posto era quello? Alcuni erano riuniti in piccoli gruppi, altri in coppia, ma c’era una singola costante in quel luogo: tutti stavano discutendo. Più che discussione, tuttavia, sembrava uno scambio di opinioni, di suggerimenti, di teorie. Soffici e sottili brusii animavano quel luogo in maniera tranquilla, quasi rilassante, e componevano il sottofondo ad un’aria estremamente rilassata, forse anche troppo. Una mano sulla spalla di qualcuno, un braccio stretto attorno al busto, una guancia poggiata su un altro volto; non esisteva uno spazio esiguo tra di loro, così come non esisteva un argomento fuori dalle proprie possibilità. Nessuno gli stava rivolgendo la parola e nessuno continuava a rivolgergliela mentre esplorava quel luogo; nonostante piccoli angoli appartati, non c’erano porte, né modi per spostarsi in altri ambienti – tutti erano esposti e tutti volevano esporsi, allo stesso tempo, per carpire qualsiasi segreto e qualsiasi sussurro. Nonostante qualsiasi cosa in quel luogo gli suggerisse di farlo, decise di non lasciar sparire l’armatura che lo ricopriva e lo proteggeva. Continuò a camminare in circolo, avvicinandosi ai piccoli gruppi o alle esigue coppie, provando a dire loro qualcosa. Si fermò ogni volta, prima di parlare, interrotto da ciò che gli altri dicevano.




    -In questo modo è possibile mantenere attivo il collegamento tra le diverse dimensioni, per renderle costantemente accessibili alla popolazione; strade, ma su diversi piani fisici. Una donna dalla pelle scura, vestita in sottili drappi di seta dorata, continuava a spiegare il modo in cui era possibile creare un collegamento costante, sempre attivo, per unire le diverse dimensioni accessibili solo da pochi. Si accompagnava ad un’altra donna, che a sua volta continuava ad ascoltarla e a porle domande sul dispendio energetico dei macchinari necessari a tali impieghi. Quando Oliver si avvicinò, la prima lo osservò con curiosità – interrompendosi per un secondo – prima di volgere lo sguardo a coloro che stavano ascoltando con estremo interesse. Le loro espressioni, per quanto rilassate, sembravano infinitamente avide di conoscenza, di desiderio che si mischiava al bisogno di restare vicini gli uni gli altri, in quella relazione di corpi e menti che rendevano l’aria quasi tanto opprimente quanto le profondità che aveva attraversato. Sentì quasi il bisogno di avvicinarsi ancora di più, di sfiorare le loro mani, di ascoltare le loro parole e di parlare a sua volta, dando il proprio contributo alla conversazione, ma un’altra parola catturò l’attenzione di Oliver, riportandolo alla realtà. Con un piccolo cenno del capo, si congedò da quelle persone, continuando a camminare. Doveva scoprire che luogo era quello, come aveva fatto ad arrivare lì. Nel momento in cui provò a fermare un uomo dalla lunga tunica blu, per chiedergli di più su quel luogo, una voce parlò nella sua testa, e non poté fare a meno di disprezzarla ancora, con suono gutturale. Circe. Parlò direttamente a lui, raccontandogli di come tutti lì si erano presentati al suo cospetto alla ricerca di qualcosa, con arroganza e umiltà tali da innervosirla, fino ad allora.


    Ma tu sei diverso.




    Una risposta che aveva immaginato, ormai, ma la cui conferma da parte di Circe stessa aveva reso tutto molto più snervante, molto più sofferente. Dovevano essere stati attirati tramite l’inganno, come era successo a lui; forse alcuni avevano perso qualcosa, ed altri avevano sacrificato in nome di uno scopo più grande. E allora perché nessuno sembrava essere nelle sue condizioni? Perché tutti erano così tranquilli, impegnati in conversazioni che la mente umana riusciva a sfiorare con difficoltà? Lentamente, cominciò a percorrere la sua strada verso due persone che stavano discutendo con ancora più trasporto; erano appoggiati al muro circolare, estremamente vicini, tanto che le labbra potevano quasi sfiorarsi, sussurrando quei segreti che avrebbero potuto rovesciare il mondo intero. Riportare in vita i morti? È davvero solo questo quello che vuoi? Le possibilità sono più vicine di quel che credi. L’uomo continuava a sussurrare alle labbra dell’altra, un dito accarezzava il ciuffo che le cadeva sulla fronte. Gli occhi di lui si spostarono su Oliver, ma non vacillarono. Lo sguardo sembrò invitarlo ad unirsi a loro, a partecipare a quella conversazione. Il Primarca si fermò sul posto, un brivido dietro la schiena lo costrinse ad indietreggiare, a cambiare direzione. Strinse i pugni, maledicendo l’operato della strega che aveva raccolto tutte quelle anime in quel luogo, come aveva poi fatto con gli uomini di Odisseo. La voce della strega si presentò ancora una volta alla sua attenzione, raccomandandogli di essere un bravo ospite ed offrire qualcosa, prima di prendere altrettanto in cambio. Possibilità infinite, per un prezzo infinitamente simile.




    Più distante, rispetto agli altri, si trovava un esiguo gruppo; Si avvicinò, tentando di carpire il più possibile di quelle conversazioni. Era una situazione strana, ogni parola, ogni suono, lasciava il tempo che trovava nella mente di Oliver; spostarsi da loro voleva dire abbandonare la conversazione, ma anche la comprensione di quegli argomenti così lontani dalle possibilità di qualsiasi persona sulla terra. Nessuna scoperta scientifica, nessuna rivoluzione tecnologica, sarebbe mai stata all’altezza delle discussioni che si stavano tenendo in quella stanza – o, almeno, sarebbe stato così per millenni e millenni ancora. Passando da un angolo all’altro, aveva osservato così tante culture e così tanti tempi convergere in un singolo punto, in una singola stanza, in nome di qualcosa che avrebbe potuto corrompere qualsiasi altra persona al solo immaginare una virtù quale la conoscenza. Molti avrebbero sterminato imperi per ottenere le informazioni che ogni persona comunicava all’altra, in quel luogo, e tanti altri ancora avrebbero sacrificato le persone più care senza nemmeno battere ciglio. La donna, dal retaggio appartenente ad una antica dinastia cinese, accennò un sorriso nell’intrattenersi con l’esponente della cultura bizantina, coprendo il volto con una delle lunghe maniche del vestito.




    Si avvicinò ancora a quello che sembrava un kakodaimon. Qualcosa di molto più importante catturò la sua attenzione, in quel caso. [La piaga affligge il sistema immunitario stesso, portandolo a rivoltarsi contro il corpo. L’unico modo per risolvere questo tipo di danno è-] Aveva già sentito di quel sistema, di quella malattia; erano stati pochi i casi ad Atlantide e il modo in cui ogni tentativo di guarigione portava solo ad ulteriori danni aveva scoraggiato qualsiasi medico, qualsiasi tentativo. Quel gruppo di persone stava discutendo di un valido rimedio, qualcosa che avrebbe potuto capire, portare con sé per risolvere la vita di quelli che non avrebbero potuto salvare con i mezzi a disposizione. Ogni informazione, in quel circolo, avrebbe potuto fare così tanto bene da migliorare le condizioni di Atlantide e del mondo intero. Se solo avesse avuto l’opportunità di memorizzare tutto, di partecipare a quello scambio di suggerimenti, a quelle discussioni di idee. Era tutto alla portata di una parola, di un sussurro. Avrebbe semplicemente dovuto dare il proprio contributo, rispondere alle domande che gli venivano poste, e tutto sarebbe stato suo.




    La conoscenza, per sua definizione, non era buona, né malvagia. Proprio come un’arma, essa poteva essere usata per attaccare, conquistare, ma anche per proteggere e difendere; alla fine di tutto, ogni cosa si basava sull’uso fatto e sulla persona che decideva di utilizzare le conoscenze stesse. Con tali informazioni dalla sua parte, Oliver avrebbe portato il mondo al suo stadio evolutivo ultimo, avrebbe regnato sugli altri con tale illuminazione da riscrivere la storia. Ma sarebbe stata la cosa giusta da fare? Accettare un patto, una tale offerta, per riuscire a guadagnare quella possibilità. Se la conoscenza non era positiva o negativa, poteva essere detto lo stesso anche del modo in cui si arrivava ad essa? Furono quelli i pensieri di Oliver, o meglio, le convinzioni che aveva da sempre portato con sé. Certe cose, per quanto rivoluzionarie, per quanto incredibili nella loro natura, dovevano essere raggiunte a loro tempo; anche il fallimento, anche la difficoltà del percorso faceva parte del processo evolutivo, del miglioramento e del raggiungimento di una nuova condizione. In quell’ambiente così statico, così fermo nel tempo e nello spazio, qualcosa sembrò dare forza ai suoi arti, al suo spirito. Il nucleo luminoso al centro del suo petto brillò con intensità lievemente maggiore. Forse, quelle stesse convinzioni trovavano conferma nel parere del Saggio. Sospirò profondamente, staccandosi a malincuore da quelle nozioni, da tutta quella conoscenza, per ritornare ai piedi dello specchio d’acqua, dal quale era arrivato.



    Ti piace così tanto, vero?
    Irretire gli altri, spezzarli
    promettere ciò che bramano di più.


    Avvolgere i loro desideri attorno alle tue dita.




    Strinse i denti, il retro della sua armatura produsse un nuovo scatto e l'elmo si richiuse davanti al volto del Primarca. Il poco tempo in quel luogo gli aveva concesso di riprendere un attimo di respiro, di calmarsi dalla battaglia condotta fino a diverso tempo prima; ma Oliver sapeva che quello era soltanto un diversivo, una distrazione mirata a farlo restare lì. Lo stesso osservare quel luogo, assieme all’atteggiamento ostile che il ragazzo aveva avuto nei confronti di Circe, gli aveva permesso di capire una fondamentale variabile all’interno del piano: l’appartenenza alle diverse culture e ai diversi tempi indicava che ognuno di loro aveva abbandonato la propria casa, il proprio tempo, restando in quel luogo senza mai spostarsi. Osservare retaggi bizantini, cinesi, persiani, significava essere testimone del fatto che quelle persone erano entrate lì nel loro ‘presente’, trovandosi inevitabilmente ad abbandonare la propria vita per condurre un eterno scambio di informazioni desiderate. Se avesse accettato quella proposta, se fosse entrato in quelle discussioni, se avesse fatto parte del luogo che gli era stato presentato, avrebbe inconsciamente detto addio a qualsiasi possibilità di ritornare a casa, arrivando sì ad avere conoscenza, ma senza la possibilità di metterla in pratica. Schioccò la lingua con disprezzo, mentre il visore dell’armatura si illuminava ancora. A fronte di tutto ciò che avevi fatto, ti avevo dato una possibilità; non seguirò più le tue regole. Era vero, in quel luogo non c’era alcuna via d’uscita; la conformazione dell’hammam era circolare e lui era arrivato da quello specchio d’acqua davanti a sé, che adesso non possedeva altro che diversi centimetri di profondità, al massimo. Ma ciò non doveva essere considerato necessariamente un impedimento.


    D’altro canto, c’era sempre una via nel mezzo. Vero, Acalla?

    E io sono sempre stato un pessimo ospite, in ogni caso.




    Incurante degli sguardi che avrebbe attirato da quel momento in poi, cominciò a concentrare cosmo attorno al suo corpo; sottili strali e sfumature azzurre si condensarono verso l’alto, generando calore ed energia nel raggio di un paio di metri attorno a lui. Quelle vite non si erano rese conto dello sbaglio che avevano fatto e forse per loro sarebbe stato troppo tardi; ma facendo ciò, Oliver avrebbe permesso il non ripetersi di quelle stesse scelte, avrebbe tentato di allontanare i desideri e il divertimento di Circe da altre persone, da altri sfortunati che pensavano di trovare un rimedio tra le sue labbra, tra i suoi capelli rossi. Il pavimento sotto i piedi del Primarca cominciò a tremare, così come tremò la fonte d’acqua che si trovava davanti a lui. Non avrebbe indirizzato ciò che stava per fare contro i presenti, ma avrebbe rivolto la propria attenzione verso l’alto, verso il punto in cui filtrava la luce pallida. Un altro profondo respiro, e cominciò a concentrare di nuovo le proprie forze; la battaglia non era finita, e c’era ancora una cosa che doveva fare. Riservò un ultimo sguardo ai presenti, riservò un addio alle infinite possibilità, al modo in cui poter portare indietro i propri cari, al modo in cui avrebbe potuto preservare la gente che amava, il popolo e la gente che ancora soffriva, persa nei vari angoli del mondo. Mi dispiace. Disse addio all’unico modo che forse avrebbe potuto dargli un indizio su come operare sulla corruzione, su come sconfiggerla senza dispendi inutili. La massa d’energia azzurra, una semplice esplosione cosmica, si riversò sopra la testa di Oliver in un movimento tale da far volare via qualsiasi masso avesse minacciato una caduta interna. Con quella semplice e grezza, ma efficace esplosione cosmica, in forma di pilastro, aveva deciso di creare una dinamica tale da spingere verso l’alto le eventuali macerie, in modo da non danneggiare le persone che stavano all’interno. Era Circe quella che Oliver voleva, ed era lei l’unica che avrebbe dovuto pagare le conseguenze di quelle azioni, di quelle fatalità. In quel modo, decise di ricambiare il favore: avrebbe ottenuto l’unica cosa che desiderava, lei, ed avrebbe offerto in cambio tutta la sua determinazione.



    Un dono per un dono.





    hiaAmxR

    narrato Ξ parlato Ξ pensato Ξ parlato altri


    CASTA Ξ Cavalieri Imperiali di Atlantide
    FISICAMENTE Ξ Fratture multiple gravi su braccia e gambe, costole fratturate, spossatezza.
    MENTALMENTE Ξ Determinato
    STATUS SCALE Ξ Ammaccata, graffiata e tagliata in più punti


    RIASSUNTO AZIONI Ξ

    I get: you
    You get: boom

    Strong, united, working 'till we fall

    ABILITÀ Ξ

    Reality Overwriting
    - Illusioni Ambientali
    Physical Reworking - Armi di Scilla
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    Per un attimo, l'aria si ferma e la vedi. Circe è di fronte a te, illusoria e reale al tempo stesso. Bellissima, inarrivabile, ideale. Un'espressione trepidante, ammirata, come se la tua scelta avesse superato ogni sua aspettativa, e senti la risata nascere prima ancora che echeggi nell'aria. Ma non esce.

    La tua esplosione parte, e la senti echeggiata da un'altra a una distanza di tempo infinitesimale. Tutto trema, nelle sue più piccole particelle, e amplifica il tuo attacco in un'onda d'urto che travolge anche le persone, spingendole contro il muro. Il soffitto è
    Sei attraversato da un brivido: hai riconosciuto quella traccia cosmica, ma ti sembra provenga da un altro spazio. Qualcosa di parallelo, confinante con quello in cui sei ora...dove sembra che qualcuno abbia preso la tua stessa decisione.

    L'espressione di Circe si fa abominevole. Centinaia di migliaia di reazioni si sovrappongono, in un concentrato di possibilità che di fronte a te appare come milioni di occhi, denti scoperti di qualunque forma. Una rabbia immaginaria e terrificante, che si distorce in un sorriso fatto di centinaia di bocche compresse attorno a uno spazio, fiorendo su di esso.
    Fa male vederla. È pura manifestazione del Caos, e riverbera nella realtà materiale di cui sei fatto in una cacofonia che coinvolge tutti i tuoi sensi.

    Due scelte così poco eleganti.

    Un uomo si è gettato in ginocchio, ululando in maniera sconclusionata, e in rapida successione ogni altra persona si contorce in movimenti innaturali, in una cacofonia di strilli e preghiere di fermarsi. Circe si avvicina a te, una massa caotica di colori e forme dove ogni occhio si fissa su di te. Ti sanguinano gli occhi e le orecchie, e sei certo che se non fossi protetto dal tuo Cosmo e dal tuo potere, quella vicinanza ti avrebbe estinto.

    Le crepe sulla struttura attorno a voi si allargano sullo stesso spazio infinito e vorticante che avevi visto all'interno della bocca del mostro guardiano.

    drstrange

    Ma la tua, Oliver...la tua è un tradimento di ciò che sei. La tua scelta qui e ora è infinitesimale rispetto ad una verità così semplice, ma invisibile ai vostri occhi.

    Schiocchi orripilanti ti echeggiano nelle orecchie mentre percepisci le persone intorno a te mutare, ed è la mera vicinanza di Circe a farlo. Sono esseri casuali, deformi, grotteschi su livelli da far impazzire al solo guardarli.

    Non potete vincere, Oliver. Ritardare, sì, come avete fatto dall'inizio del vostro primo respiro, bruciando infinitesimamente dentro l'atmosfera secondo dopo secondo. Ma mentre il resto del vostro fragile mondo si attardava a ricostruire sulle spoglie di sciocchi e dèi, io ho compreso.

    Ho visto come questa lotta sia gloriosa...e futile. Ho vissuto con la consapevolezza che, oltre quel pallido velo che chiamiamo realtà... l'esistenza urla.

    Io lo sapevo, mia sorella lo sapeva, nostra madre ci ha donato questa infinita maledizione nelle acque della realtà...ma solo io ho avuto il coraggio di spezzarla.


    Milioni di voci ti affollano la testa ora, insieme alla cacofonia delle creature in pieno delirio che ti circondano.

    Sei umano, Oliver. Una parte di te vuole solo che tutto questo finisca...e la aspetterò.
    Ti darò l'universo in cambio, quando me la offrirai.


    Circe scompare e ti risvegli in mezzo a uno spazio che va via disintegrandosi in frammenti di vetro, circondato da quelli che una volta erano umani...ma ora sono bestie senza intelletto, dentro quello che era il suo serraglio. Sei al confine con uno spazio che sta tirando la tua esistenza in ogni direzione, minacciando di distruggerti...o peggio. Mantenere le tue facoltà mentali insieme è uno sforzo immenso. Ogni cellula di te si ribella. La Khala erutta dal tuo corpo attraverso il tuo Cosmo e la tua Scale, elevando il tuo potere, alimentando una nuova consapevolezza.

    Impossibilmente lontano e impossibilmente vicino, vedi un varco in perenne mutamento, una polla di mercurio dove i riflessi accennano un'immensa fortezza, un infinito labirinto di cristallo. Qualcosa che l'uomo non dovrebbe guardare. A cui non dovrebbe assistere. Se rimani lì troppo, al momento, sai che ti perderai...e in lontananza vedi un varco che intuisci ti riporterà al Piano Materiale.
    Percepisci che qualcuno lo sta mantenendo aperto, ma non sai per quanto ancora.

    E stanno cercando di impedirti di raggiungerlo.

    8vGdMvZ


    Su4sahH

    Sei Energia Viola e sei circondato da bestie del Caos.
    How do you wanna do this?

    Descrivimi un'epica battaglia ai confini del reale, lasciando in sospeso l'ultimo attacco. Gravità, attrito e cose del genere in questo momento non sussistono...e le tue illusioni sono particolarmente potenti. Go apeshit e poi buttati nel portale per tornare a casa - Oliver ha abbastanza senno da non andare a casa di Tzeentch per ora :ehsi:

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    Nelle infinite possibilità, nella dimensione delle variabili, delle ipotesi sconosciute e conosciute, si trovò senza forza, senza la possibilità di direzionare i propri movimenti. Era circondato da detriti, piccole e grandi porzioni di terreno proveniente da angoli sconosciuti delle dimensioni di Tzeentch o, forse, anche dalla propria. Aprì e chiuse gli occhi molte volte, abbagliato dalla natura cangiante dell’ambiente che lo aveva accolto nel modo più inospitale possibile. Era un luogo fatto di predatori, di oggetti rubati e destini interrotti secondo la volontà dell’unica mente che faceva danzare gli altri al suono delle proprie, pianificate, melodie. Percepiva il dolore nato alla visione di così tante versioni sovrapposte alla figura della ‘strega’, risultato di un potere innaturale, che non doveva esistere e che senza alcuna ombra di dubbio doveva essere estirpato prima di causare altro dolore, prima di causare la morte di. . . Altre persone care. Oliver si sentiva spossato dopo aver assistito ad un cambiamento dimensionale così repentino, a tutti quegli esseri piegati ai capricci di Circe, piegati da una forza che avevano pensato di ottenere e dominare, ma dalla quale erano semplicemente stati vinti, conquistati. La possibilità di essere uno di loro era stata tremendamente vicina, ad un guizzo di dita di distanza, e soltanto qualcosa di incontrollabile, qualcosa che non rientrava nei piani del suo nemico, era riuscito a salvare Cuordimetallo: la sua stessa natura. L’egoismo, così come la ricerca di potere e conoscenza, non avevano mai animato il cuore e lo spirito di Oliver, altre erano le virtù e i vizi che possedeva, che gli avevano dato forza, ma anche debolezza.



    Non potete vincere, Oliver.

    Ho visto come questa lotta sia gloriosa e. . . futile.

    Una parte di te vuole solo che tutto questo finisca.

    Ti darò l’universo in cambio, quando me lo offrirai.




    Le parole di Circe, in modo ciclico e ininterrotto, continuavano a riempirgli la testa, a confondere la mente nello stesso modo in cui il corpo si confondeva tra le pieghe di quelle innumerevoli realtà. Era sparita da quel luogo, premurandosi di riservare a Cuordimetallo un destino ugualmente crudele, come quelli a cui era abituata ad infliggere a tanti, e tanti uomini e donne. Con un movimento privo di qualsiasi grazia, il corpo del primarca si abbatté contro una parete rocciosa verticale, permettendogli di restare ancorato a quella superficie. Sentiva, in lontananza, un rumore ritmico e pesante – come il rumore dell’esercito in marcia che tanto bene conosceva; solo per un attimo, poi cessò. Forse lo aveva immaginato, come aveva immaginato di avere possibilità di uscire da quel luogo. Stavano combattendo da così tanto tempo che aveva quasi perso il conto dei mesi, degli anni; era qualcosa che andava oltre la sua vita, oltre il momento in cui aveva messo piede a Mechanus, o ad Atlantide, qualcosa che aveva messo radici nell’epoca delle leggende e di cui ora tutti loro stavano pagando il prezzo. I suoi compagni continuavano a morire, i suoi soldati continuavano a morire e le persone ancora perse e disperate in ogni angolo di quella terra continuavano a combattere anche per un solo giorno in più. Provò a scuotere la testa, dopo tutto quello che erano riusciti a raggiungere, dopo tutti gli sforzi fatti per compiere un passo in avanti, non poteva permettersi di pensare ciò, non poteva permettersi di considerare inutili imprese del genere. Sentì un calore all’altezza del petto, così come la luce illuminare l’oricalco che indossava e che lo stava proteggendo in quell’ambiente estraneo e innaturale.







    Noi. . . Possiamo, insieme-
    un dito si mosse in uno spasmo incontrollato, per qualche secondo, sentiva il corpo meno torpido all’aumentare dell’intensità della luce. Il calore si irradiò progressivamente dal centro del petto, estendendosi lungo tutto il busto. Cercò di stringere i denti, ricordando quanto fossero state importanti e vittoriosi gli sforzi di tante persone; Lisbona, l’Australia, tutti i momenti in cui avevano collaborato tra di loro e con gli altri per raggiungere qualcosa di impossibile, qualcosa che aveva scosso la terra fin nelle sue fondamenta, permettendo di togliere alle forze esterne e corrotte quanta più presa possibile su di loro. Il movimento delle dita si trasformò nel movimento della mano – che prese ad aprire e a chiudersi – sorretta dal calore che adesso irradiava le braccia stesse. Proprio perché voglio che tutto finisca. . . Sono disposto a dar fondo alle mie forze. La vista, meno annebbiata adesso, gli permetteva di resistere ai movimenti e alle alternanze cangianti e caotiche di quel luogo, riuscendo ad avere più consapevolezza di sé, più controllo cognitivo del luogo in cui si trovava. Qualcosa scattò dentro di lui, qualcosa che aveva già percepito in precedenza, innumerevoli volte, nei momenti di difficoltà. Il legame con il khala era un legame speciale, che nessun’altra persona poteva capire, se non direttamente collegata ad esso; era come essere sempre accompagnato dalla consapevolezza, dalla presenza di migliaia e migliaia di anime che lo incitavano, che gli davano forza. Anime che conosceva e che non conosceva lo accompagnavano, in modo silenzioso, invisibile, ad ogni suo passo; la loro esperienza era la sua, la loro forza era con lui. Mani a cui aggrapparsi quando non aveva una direzione, voci da ascoltare quando era completamente solo. Li sentì tutti, sentì la loro presenza, il loro ricordo vivido davanti agli occhi. Sentì qualcosa scendere lungo entrambe le guance, rigandole fino a sparire, a consumarsi.



    Padre, khala, popolo di Atlantide. . . Vi prego, datemi forza.





    Sentì Scilla e Cariddi vibrare attraverso l’interezza della sua scale, il loro ruggito riflesso tra le pieghe illuminate delle scaglie d’oro e oricalco; quell’immenso mare spirituale che era il khala, invece, muoversi come in tempesta, come in preda ad una violenza e una furia che solo rare occasioni occasioni avevano visto. Come in preda ad una nuova euforia, come soggetto alla fonte più pura di potere, Oliver cominciò a respirare con intensità; la mente piena di voci che altro non facevano se non incitarlo, echi di esperienze passate, connessioni con le anime di tutti coloro che avevano abbracciato la loro causa, e non solo. Davanti a tutti loro, tendendo le mani, quasi in esortazione, stavano i precedenti primarchi, coloro che avevano offerto la loro vita per portarlo al momento in cui si trovava, nel luogo in cui si trovava. Ogni esperienza cementata, ogni conoscenza affidata a lui; gli ultimi in prossimità, i più antichi a distanza, oscurati dalla luce azzurra che era il potere del loro retaggio, il potere che stava direttamente fluendo in lui. Non più una limitata espressione di sé, il cosmo che aveva utilizzato fino a quel momento, ma qualcosa di connesso ad una fonte molto più grande, ad un potere che continuava a scorrere dentro e attraverso lui senza sosta, come le onde del mare che si abbattevano sulla sabbia ancora, e ancora. Quasi come la prima volta in cui aveva utilizzato quella forma di energia che era il cosmo, il suo corpo fu attraversato da un brivido, poi dal calore, da una forza sempre più intensa. Per un momento gli parve di bruciare, come se lo stesso fuoco astrale stesse divorando ogni cellula, ogni nervo; con un profondo respiro si lasciò attraversare, non più corpo estraneo e fermo davanti alle onde del mare, ma parte di esse, parte del movimento che si irradiava dal centro di ogni cosa. Vuoi l'universo? Prova a prendertelo da sola, se ci riesci. Aprì gli occhi, pieno di forza e pieno di una consapevolezza più intensa, non solo nel khala, ma nella natura cosmica e nella percezione di ciò che lo circondava, di ciò che era.



    - Macrocosmo -
    [SETTIMO SENSO]





    Si alzò in piedi, guardandosi attorno e diventando testimone di ciò che stava lentamente – ma con spaventosa regolarità – accadendo in quel luogo: un numero sterminato di servi di Tzeentch brulicava nei punti più disparati, davanti a sé, schioccando e gridando, ruggendo e stringendo saldamente le proprie armi. Ognuno di essi aveva lo sguardo fisso sulla figura del primarca che, avvolto da puro cosmo, si era rimesso in piedi e guardava loro di rimando. Note dorate, azzurre, viola, bianche, circondavano completamente ogni parte del corpo di Oliver, come se egli stesso fosse stato il materiale da combustione, come se tutto fosse partito direttamente da lui. L’armatura era diventata così leggera che, per un secondo, dubitò addirittura di averla addosso; i movimenti delle braccia, delle gambe, erano molto meno faticosi, molto meno impegnativi. La stessa velocità con la quale il suo sguardo e la sua mente captavano le cose, elaborando poi delle risposte e delle reazioni, era infinitamente migliorata rispetto a prima. Era sicuro di poter arrivare tra loro con il semplice scatto, ma aveva deciso di non sfruttare tale possibilità, poiché – anche nella pazzia, anche nella sofferenza che gli era stata impartita a causa di Tzeentch, a causa di Circe – aveva scelto di dare loro un ultimo avvertimento. Davanti a lui, proprio in quel momento, si era aperto uno specchio dimensionale completamente bianco, qualcosa che non permetteva di osservare l’esterno ma che avrebbe permesso, era sicuro, di uscire da quel luogo, di ritornare nella sua dimensione. Il potere della sua mente si estese ancora una volta, forte della possibilità di raggiungere ogni essere in quel luogo con facilità disarmante, se si fossero fatti da parte, sarebbe uscito in maniera diretta, ma gli esseri del chaos avevano rifiutato tale opportunità. Assicuratevi di buttarmi giù al primo colpo, perché se non lo fate- il tono era molto diverso, era carico di rabbia, certo, ma di uno spettro complesso di sensazioni ed emozioni provate in quel momento: ira, euforia, determinazione. Osservò le loro lingue e le loro armi schioccare ancora una volta, così come li osservò prepararsi ad attaccare quella che, secondo loro, sarebbe stata una preda facile.





    -siete già morti.




    La sentenza di Cuordimetallo, Fabricator Comandante di Mechanus e Cuore di Atlantide, marcò l’inizio di quell’assalto che vedeva uno contro molti, sullo sfondo di una dimensione mai ferma, mai stabile e costantemente cangiante, in movimento. Una pioggia di armi, costrutti cosmici e colpi di varia natura partì dal basso, prima di dirigersi verso l’alto e cadere verso di lui. Era un avvertimento, un colpo iniziale per abbattere le difese, quelle che avrebbe creato Oliver tramite il suo serpente. Eppure, c’era qualcosa di più; oltre a creare l’animale difensivo con estrema capacità e facilità, la mente del primarca estese ancora una volta il suo potere, plasmando attorno a lui quelli che, difatto, erano strati solidi di materiale traslucido, che andò a rivestire le spire del serpente per irrobustirlo, seguendo l’ordine e la reazione di difesa che il suo subconscio aveva recepito. Con sua sorpresa, il materiale rese il suo serpente ancora più robusto, resistente a quella pioggia di colpi, e ciò permise all’atlantideo di schermarsi da molti più colpi di quanti avesse calcolato un attimo prima. Sentì i residui degli assalti, di potenza minore, bersagliare alcuni punti del suo corpo, come spalle, braccia, petto, ma nello stato di euforia in cui verteva in quel momento, l’unica cosa a cui poteva pensare era raggiungere quel portale, eliminando quante più vite caotiche sulla via. Un immensa nube di polvere si alzò secondo regole della gravità completamente sbagliate. Alcuni di loro credettero di aver vinto, di essere riusciti davvero a buttarlo giù al primo colpo, ma una folata di vento rivelò al centro Oliver, la cui mano era ancora estesa in avanti, a palmo aperto. Ora tocca a me. Il suo avvertimento era stato ignorato, segnando la fine della loro esistenza.



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    [LEVIATHAN SMASH]





    Il colpo partì dal suo braccio sinistro con una potenza tale da spaccare la roccia sotto di lui, creando un’onda d’urto che lo spinse indietro; il leviatano fu generato grazie al plasma psionico, che fu subito potenziato tramite la formazione cosmica dell’arma dell’orso, donando esso un potere d’attacco di gran lunga superiore a tutti metodi d’offesa che aveva utilizzato fino a quel momento. Controllando i movimenti di quello stesso costrutto mentale, l’arma si mosse con movenze serpentine, dilandiando e annichilendo qualsiasi essere caotico sul suo cammino. Si accorse immediatamente di qualcosa, il posto in cui si trovava, come prima, non obbediva alle regole della fisica convenzionale; il colpo continuava ad andare avanti, senza diminuire in velocità o potenza, per chilometri e chilometri, portando a morte certa tutti coloro che aveva travolto sul suo cammino. Le labbra si piegarono verso l’alto e subito l’armatura selezionò la conformazione dell’ape, che gli permise di teletrasportarsi in aria senza alcuno sforzo. La prossima mossa era afferrare i nemici in volo, per schiantarli sul terreno, su quelli che non erano dotati di ali o mezzi per raggiungerlo. Con una traslazione immediata, Oliver si trovò verticalmente sopra uno di quegli avvoltoi, che graffiò le spalle ed il petto con i suoi artigli. Afferrandolo per entrambe le ali, compì un avvitamento tale da portarlo a impattare quello stesso nemico su alcuni dei pedoni, che stavano preparando un nuovo assalto aereo. Si teletrasportò ancora e ancora, ripetendo lo stesso movimento per creare un bombardamento di nemici verso il basso, generando esplosioni dal colore violaceo, producendo nient’altro che resti di organi innaturali e fluido vitale sul terreno. Senza le regole della gravità a costringerlo a tornare a terra, le braccia del primarca prepararono due lunghe spire del serpente, una volta tornato alla sua forma standard, che andarono a raggiungere due demoni a terra.



    Utilizzando la presa, Cuordimetallo si proiettò direttamente a terra, sfruttandoli come ancora, assicurandosi di schiacciare un altro nemico sotto il peso del suo corpo. Senza far sparire le spire, utilizzò i nemici ancora afferrati come peso ulteriore, facendo roteare i lunghi tentacoli per colpire altri nemici attorno a lui, creando una zona vuota. Era circondato, adesso, e i prodotti viventi di Tzeentch non avevano atteso altro per prendere a bersagliarlo con attacchi fisici; si lanciavano su di lui a zanne aperte, artigli rivolti verso i punti vitali del primarca. Alcuni di loro riuscirono a colpirlo, costringendolo a spostarsi, ad aizzare nuove difese mentali e fisiche; tuttavia, Oliver trasse forza da un dato estremamente importante: quelli che stava affrontando non erano umani, non erano persone vicine a lui, e per questo motivo non aveva bisogno di trattenersi. Devo tornare da loro. Mosse il torso, ruotando per lasciar passare sopra di lui un altro nemico, afferrandone un arto e compiendo una rotazione su sé stesso, accumulando forza cinetica per lanciarlo contro altri, creando un’altra zona di vuoto dinnanzi a sé. In quel momento stava attuando un altro dei dettami base del Ki-Rata, comune anche ad altre forme di combattimento, ovvero, il non opporre resistenza agli attacchi, ma utilizzare la forza del nemico contro di lui, minimizzando i danni e massimizzando le opportunità di risposta a quegli assalti. Nemico dopo nemico, nessuno di loro era una sfida necessaria a metterlo in pericolo, in corpo a corpo, uno contro uno. In quel momento, allora, decine e decine di esseri del chaos deciso di bersagliarlo contemporaneamente, lanciandosi sopra di lui e in quel momento, come reazione e risposta di un guerriero che adesso poteva reagire con la stessa velocità della luce in movimento. C'è ancora tanto che devo fare, c'è ancora tanto che posso fare. Generò le spire del serpente – potenziato dal materiale psionico – attorno a lui, prima di muoverle velocemente e creare una cupola difensiva e rotante, spazzando via i nemici impegnati in quell’assalto.



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    Plasmando spade di aspetti e forme diverse, assieme catene di diversa grandezza, utilizzo le capacità perforanti e taglianti dell’aquila in modo tale da impalare verso l’alto, o verso il basso, i nemici - manipolando la traiettoria dei costrutti che aveva creato in modo da inseguire, ritornare indietro, bersagliare più demoni contemporaneamente. Alcuni di essi riuscivano a schivare gli attacchi, rispondendo subito con proiettili di cosmo, mentre altri venivano inevitabilmente trapassati da parte a parte, accasciandosi al suolo o esplodendo in frattaglie su tutto il campo. Se era un approccio dalla distanza, quello che volevano, allora Cuordimetallo avrebbe dato loro quanto chiesto, creando un numero indefinito di proiettili ed armi di durezza e capacità d’attacco che nessuno ad Atlantide avrebbe mai potuto osservare. Una serie di esplosioni consecutive riempì il campo di battaglia in maniera sistematica e successiva, portando con loro tutti i corpi sulla traiettoria. Sfumature d’azzurro si unirono a quelle violacee dei nemici, creando sbuffi di energia cangiante, al seguito delle quali Oliver utilizzò la forma dell’aquila, generando correnti di vento, con l’obiettivo di lanciare in aria quanti più nemici – abbandonandoli ad una traiettoria, e una caduta, senza controllo. Ognuno di essi, rialzati secondo regole gravitazionali completamente assenti, fu bersaglio dello stormo di aquile – mutate, nel loro aspetto, come spade e lance. Ma gli alleati del chaos non persero tempo, avvicinandosi e serrando i ranghi per resistere alle correnti ascensionali, rivolsero verso Oliver una vera e propria onda anomala composta di ammassi e corpi caotici, pregni di cosmo dalle capacità corrosive, dilanianti. Fu in quel momento che il primarca, come difesa, generò un colpo contrapposto, formato da un immenso stormo di pipistrelli che, uniti e raccolti in una massa d’acqua illusoria, potessero perforare e disperdere i corpi esterni, allontanandoli o limitandone il passaggio.



    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quel pugno che ho visto Pan tirare una volta
    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quella proiezione che Raia faceva scomparendo
    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quel tifone che Eaco ha usato per lanciarmi in aria
    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quello sbarramento di lame che usava Jo
    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quel vortice che Oceano creava per bloccarmi
    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quelle catene che Andrea mi ha lanciato contro
    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀Quel fendente che ho visto fare con la Gurthang

    ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀Non combatto mai da solo.




    Nella completa assenza di leggi di gravità sensate, nell’ignoranza di tutti quei dettami che avrebbero reso uno scontro regolare, all’interno della dimensione natia di Oliver, la battaglia andò avanti in modo frenetico, con il corpo di Cuordimetallo che saettava, si teletrasportava da un angolo all’altro del campo di battaglia, creando vuoti all’interno di quella marea di nemici; i pugni dell’orso creavano scosse sismiche tali da sbilanciarli, mentre il vento dell’aquila li raccoglieva e li disperdeva, lanciandoli e dilaniandoli lontano. Gli spazi tra i nemici si illuminavano di azzurro, simboleggiando la corsa dei lupi di Scylla che, ululando e ringhiando come mai, usavano i loro artigli e le loro fauci per dipingere il campo di battaglia con il sangue dei loro obiettivi. Tra i nemici di ogni taglia e forma, uno solo ergeva tra i tanti; un jaggernaut dotato di esoscheletro naturale, di articolazioni rinforzate e armi naturali che avrebbero fatto impallidire i soldati minori attorno a lui. Sbuffava, ringhiava e caricava esattamente contro Oliver – desiderando nient’altro che tritare la carne sotto i suoi artigli. Il Primarca poteva percepire una carica e una forza che superavano in modo quasi schiacciante quella dei propri alleati, era un problema da risolvere in quel momento, con l’esercito ridotto ai minimi termini e le energie che ancora sostenevano il corpo e la mente del Fabricator - ma, soprattutto, la presenza dello specchio di luce bianca dietro quell'ultima, imponente, cellula nemica. La sua via di fuga, il suo punto di ritorno e l'unico passaggio che aveva verso la salvezza. Non voleva togliere di mezzo quei prodotti del chaos, lui doveva toglierli di mezzo.



    L’atlantideo si teletrasportò esattamente sopra la sua testa, cadendo verso il basso e utilizzando le armi dell’orso per portare un calcio, con entrambe le gambe, sulla parte frontale della faccia. Il colosso indietreggiò di un passo, ricevendo danni superficiali e dimostrando un’attitudine alla battaglia fuori dal comune, per gli standard di un essere del genere. Fu proprio cadendo verso il basso che Oliver utilizzò le spire del serpente per aggrapparsi alle spalle del mostro, oscillando attorno a lui e proiettandosi di nuovo in alto, dietro il nemico, selezionando il comando delle lame dell’aquila. Utilizzandone la stessa forma, prese controllo del vento emanato dai propulsori dell’uccello predatore per girare su se stesso, a trecentosessanta gradi, percorrendo l’interezza del corpo nemico e lasciando dietro di sé profondi solchi, che esplosero in sangue lattiginoso, di un colore estremamente innaturale, malato. Il jaggernaut, tuttavia, aveva alzato la propria coda in risposta, colpendo le braccia del Fabricator, che le aveva frapposte tra il petto e l’attacco come protezione. Si vide sbalzato di diversi metri in lontananza, fluttuando nello spazio ad alta velocità e costringendosi ad usare una nuova spira del serpente per afferrare un masso, usarlo come perno e oscillare indietro – sparandosi di nuovo verso il nemico. Sentiva il suo ruggito, la discordia di decine e decine di voci sovrapposte, spezzate, echi alternati e in costante cambiamento; qualcosa che poteva essere ma non era stato.


    Ancora, dietro quell’enorme agglomerato di nemici, su cui torreggiava il jaggernaut, continuava a brillare la sua via d’uscita. Oliver respirava a pieni polmoni, con le energie che cominciavano pian piano ad esaurirsi, con la fiamma cosmica attorno al suo corpo che cominciava a bruciare con meno intensità. Sentiva il sangue bagnare vari punti del suo corpo, dentro l’armatura, così come macchiare la scale nei suoi punti di fuga. “Non ancora” – si diceva, stringendo i denti e i pugni – “non è ancora finita.” Le particelle d’acqua che aveva disperso durante la battaglia, utilizzando le acque di Cariddi, cominciarono a raggrupparsi attorno a lui in maniera lenta, regolare, sistematica, come spinte da un moto d’attrazione. La fiamma cosmica prese più consistenza, tramutandosi anch’essa in acqua e arrivando ad avvolgere progressivamente il corpo del suo utilizzatore, tingendolo di un azzurro luminoso, vivido. Davanti ai suoi occhi non c’erano più i nemici, ma i volti di tutti coloro dai quali voleva tornare, i volti di tutti coloro che aveva perso e di coloro che avevano bisogno di lui. Fece un profondo sospiro, spostando le gambe su quella piccola porzione di asteroide vagante, compiendo un paio di passi per restare sospeso nel vuoto. Due piccole piattaforme traslucide, sotto le suole della scale, si erano formate grazie ai poteri illusori – permettendogli di rimanere in piedi, in equilibrio, e di spostarsi al suo volere, rendendogli possibile camminare nel vuoto. L’interezza della figura del primarca, ora avvolta in uno strato d’acqua vorticante, generò un mantello di fiamme scarlatte dietro di sé, regalando ai suoi nemici l’immagine di un guerriero che non si sarebbe arreso nemmeno nelle situazioni più disperate, nemmeno nell’ora più buia. Dinnanzi a lui cominciò a formarsi un vortice d'acqua dello stesso colore dell'oceano illuminato dal sole, vibrante, in costante rotazione; Cuordimetallo cominciò a controllarne la velocità, aumentandola, per creare un vero e proprio tornado - così compatto e profondo da assomigliare ad una trivella.





    Alzò il pugno, il suo simbolo di vittoria.

    oA72BC7

    Hey Boss!
    Eccomi, capo
    Ollie!
    Non volevo piangere davanti a te
    Perché sorridi?
    Mio Primarca
    Ci fidiamo di lei
    Fino alla morte
    Lo faccio per la mia casa
    You did good
    Non farmi morire, okay?
    Ti amo


    DEVO TORNARE DA LORO
    TOGLIETEVI DI MEZZO




    Cominciò ad aumentare le proprie dimensioni, acquisendo sempre più volume, risultando sempre più mastodontico, fino a superare anche il jaggernaut in grandezza, diventando capace di poter vaporizzare i nemici dinnanzi a lui con determinazione, la stessa determinazione che animava Oliver da sempre. Accompagnando quel colpo con un grido liberatorio, avrebbe abbassato il braccio, lanciandosi verso il portale che lo avrebbe riportato a casa. Chiuse gli occhi nel momento in cui il suo cosmo, assieme al suo ultimo attacco, trasformarono l'ambiente attorno a lui, tanto da illuminarlo con luce accecante. Il primarca continuò a dar fiato ai propri polmoni, con i muscoli a resistere ancora, ad opporsi contro quel possbile impatto.

    Sarebbe andato avanti, a qualsiasi costo.




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    narrato Ξ parlato Ξ pensato Ξ parlato altri


    CASTA Ξ Cavalieri Imperiali di Atlantide
    FISICAMENTE Ξ //
    MENTALMENTE Ξ //
    STATUS SCALE Ξ //

    RIASSUNTO AZIONI Ξ Top 10 visually stunning anime fights

    Strong, united, working 'till we fall

    ABILITÀ Ξ

    Atlantean Engineering: Creation [Illusioni Ambientali]
    Ancor prima di diventare uno dei più grandi marzialisti di Atlantide, il nono Re di Atlantide – Azae – era considerato tra i più stimati utilizzatori dei poteri della mente. La sua abilità, infatti, gli permetteva di poter alterare l’aspetto di tutto ciò che circondava i presenti, sovrascrivendo la realtà effettiva con realistiche illusioni. Pur non avendo effetto materiale, erano talmente potenti da riuscire ad esser percepite quasi come reali, pericolose, da coloro che non disponevano di una grande forza - portando il cervello dei malcapitati ad autoconvincersi della veridicità di quelle immagini. Con questo potere, Azae riuscì ad oltrepassare la minaccia costituita da Cariddi, nel suo viaggio per lo stretto delle sue bestie. Come ogni Primarca di Scylla, dunque, Oliver ha ottenuto il potere di poter sovrascrivere la realtà che lo circonda – realizzando illusioni atte a confondere il nemico. Limitato soltanto dalla sua fantasia, può spaziare dalla semplice apparizione di oggetti o elementi, sul campo di battaglia, alla produzione copie. Ciò rende il potere della mente del Primarca pari al potere del suo corpo.

    Atlantean Engineering: Arsenal [Armi di Scilla]
    Quando finalmente Azae riuscì a raggiungere la temibile Scilla, essa sfruttò il potere di tutte e sei le beste – che componevano il suo corpo – per uccidere il nono re di Atlantide. L’orso, l’aquila, e il lupo furono impiegati per arrecare danni al corpo del primarca – mentre il pipistrello, il calabrone ed il serpente, furono utilizzati al fine di danneggiarlo con i loro insidiosi poteri. La mente ed il corpo del re furono impiegati al massimo della loro forza, in modo da riuscire a tener testa alla mitologica bestia. Dando prova della sua capacità, Azae riuscì ad emergere vincitore dello scontro; ciò diede modo a Scilla di poter apprezzare la caparbietà e lo spirito dell’uomo, permettendogli di trarre potere dalla sua natura e di ottenere la sua benedizione. Grazie a tale intervento, il re scienziato riuscì ad influenzarle con il suo cosmo, permettendo un assemblaggio – sempre diverso – della scale, per riprodurre gli stessi effetti dei poteri animaleschi, mostrati dalla creatura. L’orso, il pugno che abbatte – l’aquila, la lama veloce – il lupo, gli artigli perforanti – il serpente, le catene dello stretto – il pipistrello, la vita che si spegne – l’ape, il veleno insidioso. Gli attributi di ogni animale sono riflessi nelle parti meccaniche, che possono assumere le più disparate forme – assecondando la pericolosità di ognuno. Lo spirito delle bestie di Scylla risulta pericoloso anche nelle loro controparti cosmiche, se lanciate verso l'avversario, poiché - in caso di offensiva riuscita - sortiranno gli stessi effetti dei colpi portati in modo fisico.

    Orso - Danno: Interno, Rottura di Ossa / Arma: Grossa, Contundente

    Lupo - Danno: Perforante, Sanguinamento / Arma: Tagliola

    Aquila - Danno: Tagliente, Traiettoria guidata / Arma: Pugnale Ricurvo, Lama Perforante

    Serpente - Danno: Stritolamento, Enorme Resistenza / Arma: Tentacoli

    Ape - Danno: Perforante, Veleno (Apitossina) / Arma: Stiletto

    Pipistrello - Danno: Perforante, Risucchio Cosmico e Vitale / Arma: Piccolo pugnale


    Atlantean Engineering: One for All [Trasformazione]
    Sublimazione del potere di Scilla, ora fluito nella natura del cosmo di Oliver. Grazie al khala, ha ottenuto l’abilità di sfruttare le caratteristiche di ogni animale della bestia, alterando l’interezza della sua scale per farle assumere tratti caratteristici. La sua forma base, la Scale di Scylla – Versione “Ironheart”, si trasformerà a seconda della canalizzazione delle bestie sacre, mantenendo la capacità di utilizzare le armi relative agli animali di cui assume la forma. Ogni trasformazione, però, non impedisce al Primarca di lanciare la tecnica che esula dai sei mostri - il Big Tornado, che trae forza dalle acque di Cariddi. Tutte le forme conservano la durezza e la capacità di offesa della sua Scale, così come la possibilità di spostare la conformazione dell'arma del relativo animale a piacimento - grazie al riposizionamento delle placche e delle componenti d'oricalco - su qualsiasi superficie dell'armatura.

    Orso - Forza Straordinaria
    Lupo - Musica
    Aquila - Vento
    Serpente - Sensi Straordinari
    Pipistrello - Sonoro
    Ape - Teletrasporto

    Voz de las Olas [Telepatia]


    TECNICHE Ξ

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    Percepisci la Materia riallacciarsi a te, ed è doloroso. Passare attraverso il portale implica rimettersi nelle regole del mondo, in quelle che dovunque tu fossi in quel momento, stavano lentamente perdendo la presa. Cadi nel mondo e atterri su qualcosa di morbido e cedevole, che scrocchia sotto il peso della tua armatura.

    Non sai quando ti riprendi, ma il tuo primo respiro esausto è accompagnato dalla realizzazione di dove sei atterrato.

    Sono cadaveri. Sei su uno strato di cadaveri, le stesse creature che hai affrontato e vanno ora lentamente polverizzandosi. Interi, parti di essi, strappati o tagliati... L'ambiente è completamente silente, e percepisci rimasugli di energia psionica così forte da essere quasi visibile.
    Una sola figura si erge in piedi fra essi, il braccio ancora allungato verso il portale chiuso sopra di voi...e l'arto si abbassa lentamente, disintegrandosi in parte nel tempo che impiega per rilassarsi lungo il corpo.

    La vera forma di Minosse svapora attorno a lui al tempo di respiri lenti e controllati, mostrando gli enormi danni che ha subito. Non hai idea di come possa anatomicamente reggersi in piedi, né avere funzioni fisiche. Eppure è ancora lì.

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    Fissa l'arto disintegrato per qualche momento, in silenzio. E con uno scricchiolio più causato dalla Surplice stessa (o ciò che rimane di essa) che dal collo, si volta.

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    Non dice nulla, fisicamente, probabilmente non può farlo. Ma la tua mente recepisce le parole.

    | Eccoti. |

    Non c'è sollievo, o sorpresa. È una constatazione fredda, impersonale. I corpi cedono sotto di te, dissolvendosi in cenere che viene spazzata via da una brezza vuota, tetra. È impossibile riconoscere dove ti trovi in questo momento, ma per kilometri e kilometri sembra essere solo una landa brulla e desolata. Qualcosa dentro di te ribolle, è la Khala ad avvertirti che lo Spectre ha fatto terra bruciata di quello che era il promontorio del Circeo.
    Eea. Era un'isola, una volta, un esilio.

    | Ti concedo l'imparare dai tuoi errori, quantomeno. |

    Caracolla in maniera erratica, lenta verso di te. Non percepisci minaccia, quanto più una pressante necessità di fare qualcosa, sospinta da una determinazione che ne sta comandando il corpo. Solleva il braccio intatto, ma quando fa per aprire la mano, le dita cadono in polvere e frammenti di armatura, lasciando atterrare qualcosa sulla cenere di fronte a te. È un'ornata sfera di metallo, e ne riconosci uno dei due metalli a occhio: oricalco, che si avviluppa in una figura di un orso rampante, mentre l'altra metà è di una lega che al momento ti sfugge, ma mostra un toro. Il simbolo di Creta.

    Acalla sorride, guardando il gioiello fra le mani a coppa. Non si dimenticherà di te, mai.

    Minosse si abbassa lentamente, la schiena che si piega innaturalmente per incontrare il tuo sguardo.

    | Ma è qualcosa che sa fare anche lei. |

    La sfera si spacca a metà, rivelando un frammento di un anello ossidato.

    | Nel suo piano, uno di noi avrebbe ceduto...ma tu a quanto pare, hai sorpreso entrambi. |

    Riesci a percepire fisicamente quella figura sorridere. Non riesce a farlo con il viso, per metà ridotto a osso scarnificato, ma è la presenza stessa di Minosse, della Stella Malefica della Nobiltà, a stirare le labbra sui denti acuminati, ad assottigliare lo sguardo verso un nuovo oggetto di interesse.

    | Non ho alcun uso per questo oggetto. Tu invece ora hai qualcosa di suo...e lei l'altra metà. Ho i miei modi di sapere quando agirà di nuovo, e per allora sarai pronto.

    Pronto a riprendere ciò che è tuo...e io ciò che è mio.
    |


    Il rombo di una motosqualo in lontananza ti costringe a distogliere lo sguardo per un istante, e tanto basta perché lo Spectre sia scomparso. Ma una figura familiare si avventa su di te con un familiare odore di ozono, un'armatura scura bordata d'oro che entra nel tuo campo visivo.
    Raia urla qualcosa, ma senti solo un ronzio acuto mentre le tue funzioni vitali si inabissano in un pacifico, vuoto silenzio.

    Kings are like stars — they rise and set, they have
    The worship of the world, but no repose.
    (Percy Bysshe Shelley)



    Su4sahH

    UIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

    ABBIAMO FINITO!
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