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.Isigilli di Mnemosine illuminano ogni cosa con il loro immenso potere.
Gorthaur ne viene completamente avvolto, senza tuttavia opporre alcuna resistenza.
Mnemosine, che gradita sorpresa...
Il ghigno del Dio Antico prima si estende, poi si spegne come a lasciar spazio a maggior concentrazione e potere.
La sua figura diviene più ampia e l'essenza luminosa inizia a stridere e a corrodersi.
Hai compreso molte cose, ma ancora ti sfugge l'interezza del disegno. Non che il conoscerla muterebbe qualcosa, naturalmente.
Sai bene che per quanto tu possa essere potente in questo luogo nulla potete fare per fermarmi... ed il tuo tentativo di ritardare l'inevitabile è vano, le loro anime saranno presto mie e si uniranno al mio Campione per portare a termine ciò che è necessario.
Poi la sua immagine sfarfalla e si contrae, la telecinesi di Black Star inizia ad avere effetto.
Thanatos estende ulteriormente il suo potere e lo spazio inizia a piegarsi e a rompersi, poi il suo sguardo è su Candice.
... proprio per la vostra tenacia sono mosso da un infinito e inesorabile senso d'amore verso di voi...
La voce si muove nelle vostre menti come un esercito di tarli, quando viene interrotta dal terrificante boato dei due attacchi che convergono su di lui.
La tempesta l'avvolge completamente roteando verso il centro.
Sì, siete indubbiamente potenti, tutti e tre... tuttavia io sono oltre il potere...
Saette nere bucano la coltre di vento e cristallo iniziando a divorarla ed annullarla, poi un'esplosione rinnova l'orrore e la disperazione che impera in quel luogo....IO SONO LA FINE...
L'immensa figura mostruosa copre tutto col la sua ombra, carne, mente e spirito.
Come precipitando in un vuoto senza fondo sentite perdere i contatti con la realtà, con i vostri pensieri, con i vostri sentimenti.Ora che queste creature sono sotto il tuo controllo puoi raggiungere Benoit e sostenerlo.
Non hai particolari dubbi sul suo potere, anche se il suo corpo venisse distrutto la forza della Morte lo sorreggerebbe comunque portandolo all'inevitabile successo.
Tuttavia la forza della Mietitrice non può annullare lo svantaggio di esser brandita da un umano, creatura imprevedibile soprattutto per un essere così altro come lo è un Dio Antico.
Mnemosine inoltre si rivelerà assai preziosa come piano di ripiego per ottenere la Falce del Tempo nel caso lo scontro al Nucleo dovesse risolversi in una vittoria del Campione di Erebo.
E' tempo dunq...Per un singolo, lunghissimo istante provi confusione.
La tua mente non è in grado di processare le informazioni appena ricevute.
Hai previsto si una remota possibilità di sconfitta, ma non questo.
Inoltre quel colpo non sarebbe bastato ad avere ragione di lui.
Benoit è un umano, ma non si farebbe mai prendere dalla disperazione e dal desiderio di autodistruggersi.
No, ci deve essere un motivo, ma ti sfugge.
Gli umani, gli umani.
La lama di Giapeto avvolta dal potere della Mietitrice ha trafitto la tua essenza e ora la Goccia di Tenebra combatte contro l'Essenza della Morte che hai incastonato nella Mietitrice stessa.
Le due energie finiranno per estinguersi reciprocamente bandendo completamente da quel luogo sia Erebo che te.
Niente di questi avvenimenti ti turba poiché eri preparato a ben altro, ma perché?
Qual è il motivo di questo gesto irrazionale?
Il flusso di oscuri pensieri si dissolve lasciandovi nuovamente la vostra identità.
Innanzi a voi Thanatos è nuovamente nella sua forma umana, trafitto da un pezzo della lama brandita da Gabriel, lama avvolta dall'essenza spettrale della Mietitrice.
Lo sguardo del dio antico è perso, poi, mentre lunghe crepe si formano dal punto d'impatto iniziando a distruggere quella fittizia dimensione, lo vedete sorridere.
Dunque è così... ammirevole... figlio mio...
La dimensione esplode come uno specchio infranto e venite protetti dall'impatto mentale dall'energia di Mnemosine.
Quando la prigione è completamente svanita vede al posto di Gorthaur Benoit, trafitto da Gabriel e con le mani tese sulla lama come ad aiutarla ad affondare nel suo corpo.
Gabriel
A fatica noti l'arrivo di Candice e Black Star, men che meno l'essenza di Mnemosine.
La carne del Capricorno Nero si dissolve via via diventando la stessa essenza spirituale di cui fu maestro, fino ad avvolgere la tua spada.
La Goccia di Tenebra non c'è più, dissoltasi assieme a ciò che di Thanatos rimaneva nella Mietitrice.
Ora che l'oscurità si è sollevata dalla tua anima ricordi ogni cosa.
Ricordi chi sei, ricordi come hai spezzato la tua soma in un'infinità di frammenti sparsi nelle varie realtà possibili in modo che almeno in una tu riuscissi a recuperarla.
Infiniti fari disseminati in ogni dove.
Uno di questi lo lasciasti nella Torre Nera, a proteggere il tuo laboratorio, protetto a sua volta dal più potente dei tuoi Ecatonchiri.
I suoi colpi riecheggiarono per l'eternità attorno alla spada, connessa alla tua essenza più profonda.
Ecco perché i "tamburi"... un eterno richiamo, un eterno sussurro di ciò che eri e di ciò che - di nuovo - sei.
Il frammento della tua soma è ora libero della carne di Benoit, ma è pregno della sua essenza.
Grazie ad essa ha dato il via al "cortocircuito" che ha purificato la Mietitrice.
Eppure perché permane sulla tua spada?
Qual è il suo vero ed ultimo scopo?
Percepisci un dono e non una minaccia, ma un dono che ancora non comprendi.
La tua mente si evolve ed è solo per questo che il flusso di conoscenza non ti distrugge.
L'arma inizia a mutare recuperando su di se tutti gli altri frammenti.
Quando è completa si dissolve e copre il tuo corpo.
Il Titano Giapeto è tornato.
Sai cosa fare, sai che Candice e Black Star dovranno andarsene immediatamente.
Puoi interagire con il Nucleo della Torre Nera per ripristinare il tessuto dello spazio tempo scongiurando la minaccia di Azathoth, ma il processo attiverà un programma di ripulitura del sistema che cancellerà ogni traccia non titanica dall'area.
Sai anche che una cosa è interagire con il Nucleo per manutenzione, una cosa è per ripristinarlo.
L'energia potrebbe distruggere anche te.
Ti accorgi poi di Mnemosine, della sua proiezione astrale, è vedi che si sta dissolvendo.
Un antico sigillo di Zeus impedisce ai Titani di entrare nella Torre, evidentemente Mnemosine è riuscita a forzare temporaneamente il vincolo, ma esso rimane... ed è il tuo primo obiettivo se vuoi utilizzare al pieno la tua forza e sperare che gli altri tuoi fratelli possano giungere eventualmente a completare la tua opera se dovessi fallire.
Non hai tuttavia tempo, tu che del Tempo sei fratello.
Il sacrificio di Benoit ti ha aperto la strada verso la tua ultima, e impossibile, missione.
Candice, Black e Mnemosine
Riuscite a colpire Gorthaur ma è troppo forte in questo luogo dove i sigilli della realtà sono deboli.
Per un istante venite assorbiti dalla sua volontà divenendo parte di lui e potete percepire superficialmente i suoi pensieri, fino a che il sacrificio di Ben non vi libera tutti e tre.
Sentite parzialmente su di voi la lama che trapassa il suo corpo, quindi avete piena consapevolezza del suo gesto.
I sigilli di Mnemosine vi proteggono dall'esplosione della dimensione mentale.
Mnemosine
La tua proiezione mentale è stata gravemente compromessa dallo scontro, inoltre ora che è vicina al Nucleo il sigillo di Zeus la sta bandendo, tuttavia hai ancora la forza di poter aiutare Black e Candice ad uscire di lì e tornare sull'Isola.
Gab
Puoi interagire con Candice e Black, poi puoi interagire con il Nucleo.
Sai come utilizzarlo, è tipo l'interfaccia dello Spazio/Tempo, è la porta sulla Dimensione di Urano entro cui è stato confinato.
Se ti metti a riparare il tessuto spaziotemporale dai pure sfogo alla fantasia ma opera in modo condizionale.
La tua arma è avvolta dal potere della Mietitrice/Ben e con due artefatti forgiati da Dei Antichi (la tua soma da Gea e la Mietitrice da Thanatos) l'accesso al Nucleo ti risulta molto più facile... il difficile è quello che viene dopo.
A voi
Ben
Grazie mille
L'ordine ideale di posting è Menmosine->Candice/Black -> Gab, quindi contattatevi per coordinarvi.
Termine venerdì 22 dicembre
Edited by Gorthaur - 17/12/2017, 17:00. -
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La classe è una cosa che ti viene da dentro come i rutti (L. Litizzetto)
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Tornare indietro
Nella dimensione mentale, dove aveva riversato la sua essenza in barba a tutte le leggi del creato, la situazione precipitava. Era vero, loro tre non avrebbero potuto fare nulla contro di lui, non in quelle condizioni, non con il sigillo di Zeus tanto vicino. Di questo Mnemosine ne era consapevole. Il suo piano era molto semplice: evacuare tutti dalla torre nera e risigillarla con il potere che era stato anche alla base della rinascita dei giganti. Doveva guadagnare più tempo possibile e scardinare una ad una le ruote che Thanatos aveva messo in moto prima di finirlo.
Non un compito esattamente facile. La pressione mentale su di loro aumentava. Poteva sentire i neri pensieri di quel Dio strisciargli addosso, sussurrare ai suoi orecchi parole di morte e disperazione, avvelenare la sua mente con desolazione e la resa. Mnemosine sapeva che quelli non erano suoi pensieri, che non era lei a volere lasciarsi andare in quell'abisso di tenebra e carne, ma il nemico stava avendo la meglio. Sarebbero stati parte di lui. Come combatterlo?
Penso allora al motivo per cui era lì, per la salvezza della terra e di questo e tutti gli universi. Per Candice, per i cavalieri neri, una volta suoi compagni. Era lì per la salvezza dei suoi familiari. Per sua nipote, per suo fratello.
In quell'istante quel pensiero fece eco nello spazio-tempo, ma non morì ne si estinse. Qualcosa aveva risposto al suo richiamo, un'energia viscerale che risponde al richiamo del sangue. Non poteva essersi sbagliata, alla torre nera si stava risvegliando il potere di un possessore di Dunamis.
FRATELLO!!"
Un pensiero, una forza innata, Mnemosine avrebbe resistito perché in quel luogo non era più sola. Aveva un altro compito da portare a termine. Raggiungere suo fratello Giapeto e riportarlo a casa. Nello stesso istante in cui quell'abisso fu squarciato dalla lama dell'altro titano che li liberò dal giogo di Thanatos, lei urlo quella parola, sentendo il dolore al petto provocato da quel gesto.
Al Labirinto, il corpo di Bibiane sanguinava dal petto, con grande apprensione della folla che l'assisteva. Il contraccolpo dell'atto di Giapeto si era riverberato fino al Labirinto. Nella dimensione mentale Mnemosine stava richiamando più energia che poteva per proteggere lei e i due dagli eventi che gli erano precipitati addosso. Ma c'era di più. Consapevole della guardia abbassata del loro nemico giurato, la sua mente scandagliò i suoi piani futuri. Non li conosco comprese a pieno, perché la mente di quel dio era oscura. Conservò quei pensieri per se, riservandosi di analizzarli in futuro. Poi, in men che non si dica i tre si trovano alla torre nera.
Benoit stava trapassando e Bibiane provò un moto di compassione per il suo vecchio compagno d'arme. Un'altra vittima sacrificale di quel complotto cosmico. Ma quando Mnemosine si voltò a vedere suo fratello, ne fu sorpresa: era Gabriel! Le loro anime non avevano fatto altro che sfiorarsi da quella volta ad Amsterdam, i loro destini mortali erano intrecciati per una semplice ragione. Erano fratelli fin dall'epoca del mito. Per un istante i loro sguardi si incrociarono. Sarebbe stato un bel momento per un reincontro, per dire parole, ma quel momento non sarebbe esistito; non c'era semplicemente tempo per loro. Il multiuniverso rischiava di essere risucchiato nel caos se non avessero agito celermente. Gia lo spazio-tempo all'interno della torre ne risentiva. Come nell'era del mito, bastò uno sguardo per coordinare le loro azioni.
Il corpo astrale di Mnemosine non avrebbe retto ancora molto l'inganno e già si stava dissolvendo nell'aria. Lui avrebbe portato a termine il compito per il quale lei era scesa in campo. Lei gli doveva sgombrare il campo e per farlo doveva assolutamente far evacuare Candice e Black Star, se non voleva che rimanessero vittime degli eventi. Ne andava della vita della sua amica e dell'integrità della psiche del suo ritrovato fratello. Giapeto non si sarebbe fatto problemi a spazzarli via, ma quei frammenti di Gabriel cge erano ancora in lui non avrebbero retto il peso del rimorso di avere ucciso l'unica donna che avesse mai amato. Per salvarli entrambi, li doveva separare.
Lontano da quel luogo, il corpo di Bibiane era percorso dalle convulsioni. C'era Talia, l'ufficiale medico pronta a staccarla, ma Clio, suo secondo in comando, con un grande sforzo la tratteneva. Sapeva che la madre stava combattendo anche per loro. Il macchinario prese a scintillare di energia surriscaldandosi. La dea stava richiamando ogni briciolo di potere che aveva.
La torre nera stava respingendo la sua presenza, eppure doveva farcela. Con un gesto ad arco, la titanide squarciò lo spazio attivando quello che veniva chiamato corridoio di Gea, molto più comunemente Strada degli dei. I titani usavano quel ponte per tornare al Labirinto ed era solo quello il modo che Mnemosine poteva utilizzarlo, ma dalla torre nera le vie per tornare indietro potevano essere infinite cosi poteva capitare che quella strada deviasse il suo percorso e invece che tornare direttamente a casa facesse una sosta presso la Death Queen Island.
"Blacks star, Candice, saltate nel portale, vi riporterà a casa. Sbrigatevi, non c'è un momento da perdere. Dobbiamo evitare che l'universo collassi e voi ci siete d'intralcio"
Quella dimensione respingeva chi non avesse sangue divino nelle vene, e per questo Mnemosine avrebbe dovuto usare tutto il potere telecinetico che le rimaneva per contrastare la mortale morsa che avrebbe stretto i due.
I secondi passavano come passi verso il baratro. Lo spazio intorno a loro veniva danneggiato istante dopo istante. Non c'era tempo per quello, eppure...
°Candice, dì addio a Gabriel, lui non tornerà con voi. La sua esistenza non appartiene più all'isola. Si è risvegliato anche lui...mi dispiace tanto...dovrai affrontare il resto da sola...adesso però corri, che il mondo non ci può aspettare°
E un altro pensiero lo lasciò a Giapeto, suo fratello ritrovato
°Effettua la procedura senza esitazioni. Poi torna al Labirinto: La nostra gente ti aspetta.Comunque vada, sono felice di averti reincontrato, fratello!°
L'emanazione della dea si mise a bruciare con forza, divenendo un essere di pura energia. Tutte le sue forza sarebbero state usate per compiere il piano. Lo stesso potere che avrebbe usato se i due avrebbero opposto resistenza ad entrare nel portale per un qualsiasi motivo. Li avrebbe salvati che loro volessero oppure no.. -
.TRUE COLOURS“how” • 11In quel momento, Candice provava solo una calma limpida, una consapevolezza che rendeva tutto intorno a lei chiaro e trasparente come acqua: i fili del destino stavano riunendosi in un nodo, uno svincolo da cui si poteva solo saltare nel buio o proseguire.
Non tremò neppure quando vide Thanatos sorridere, un sorriso che da solo giustificava la paura della morte che attanagliava ogni creatura. Non avrebbe tuttavia mai dimenticato quel ghigno fugace e in futuro avrebbe spesso ripensato a quelle orbite in ombra, immaginato cosa sarebbe successo se la Morte, la Fine avesse decretato il punto alla fine della frase come in quel momento sembrò.
Un punto che si estendeva indefinitamente nello spazio, coprendo ogni cosa. Perché tutto doveva morire, prima o poi, e quell'ombra era solo in attesa. La pazienza era una dote, era uno dei circuiti indelebilmente impressi nell'impronta del suo essere.
Bastava attendere. Tendere i fili, approfittando dell'intrattenimento che l'intera realtà poteva dare nelle proprie mani quando si osserva tutto arrivare verso di sé.
Ogni cosa era collegata, ogni retta tendeva a quell'unica fissità.
Bastava tendere le mani e accogliere.
Finalmente.
Finalmente, l'inizio.
Finalmente-
Ma avviene nelle storie che gli eroi riescano a vincere. Quando tutto sembra perduto, il singolo gesto, la singola volontà compie l'impossibile. Avviene che la Volontà seduca le Possibilità in quell'unica chance in cui tutto continua e la parola Fine viene rimandata ad altre pagine. Come un bambino che ottiene un'altra pagina della storia.
Abel Korzeniowski - I Was Never Going to Go to Africa (Penny Dreadful OST Season 3)
There was a time when meadow, grove, and stream,
The earth, and every common sight, to me did seem
appareled in celestial light,
The glory and the freshness of a dream.It is not now as it hath been of yore;—
Candice Penelope Hayez vide la Morte morire.
Turn wheresoe'er I may,
By night or day,
The things which I have seen I now can see no more.
Uno dei tanti, immensi paradossi che andavano ad accavallarsi uno dopo l'altro, pressando la realtà fino al punto in cui essa si spaccò su quello che chiunque avrebbe definito un altro livello di impossibile. Il viso di Ben, finalmente in pace, finalmente privo dei tormenti, bellissimo e distrutto nell'ultimo istante in cui le dita stavano cominciando a lasciare la presa sulla lama.(...)
Seguì la lama con gli occhi, accarezzando gli ultimi frammenti del corpo del Capricorno Nero che svanivano nell'etere, lasciando solo...
—But there's a tree, of many, one,
A single field which I have look'd upon,
...solo...?
C'era odore di ichor nell'aria. Candice lo sentì solo distrattamente, lo associò in maniera quasi spontanea alla presenza di Bibiane. La sua mente stava ancora processando il profilo di quelle mani, che erano familiari ma quasi sfalsate, come se a sovrapporsi ad esse fosse un'altra immagine proveniente da un altro luogo. Quelle mani, non riusciva a capirle. Sapeva a memoria ogni singolo millimetro di pelle, ogni bordo delle impronte digitali dell'uomo che amava più della sua stessa vita.Both of them speak of something that is gone:
E allora perché le sembravano così strane?
Quando arrivò al viso, quando lo guardò negli occhi, aveva già finito di comprendere, ma ancora non aveva capito la strana patina incerta che offuscava quella visione. Era così chiaro, fino a un istante prima. Era sicura che il viso esanime di Ben le fosse arrivato nitido. Le ronzavano anche le orecchie, perché? Bibiane le stava dicendo qualcosa, ma quasi inconsciamente agitò una mano nella direzione dell'amica, senza quasi guardarla, certa che qualunque cosa stesse dicendo fosse decisamente meno importante del motivo per cui di fronte a lei, invece di Gabriel, c'era un Titano. Continuò a fissare quel viso, a notare la familiarità di quei tratti e al tempo stesso la loro totale estraneità.
A lei, alla situazione, al senso.
Ma aveva senso?The pansy at my feet
Aveva senso, ciò che stava vivendo in quel momento? Lui sembrò dire qualcosa che lei accettò come la sua voce, quella che le accarezzava le orecchie al risveglio. Quella che accompagnava le sue labbra sui sui capelli quando le dita, quelle dita che le sembravano così assurde, la accarezzavano sulle spalle mentre ancora era al di là della veglia.
Doth the same tale repeat:
Si sentì tirare e non oppose resistenza, ma la sua testa continuò a guardare in quella direzione, la sua espressione continuò a essere quella di chi sta confrontando due immagini che differiscono per alcuni particolari, ma che nel loro insieme sono palesemente diverse. Continuò a fissare quel fluire di colori impossibili, quelle geometrie che seguivano disegni alieni e che le ricordavano, quasi per un'associazione di idee bislacca, una pietra di cui le sfuggiva il nome.
Ci fu il portale e l'odore di mare e fumo che inondava ancora quell'immagine, quel viso che stava continuando a guardare. Lo squarcio tra gli spazi, tra il centro di multiverso e il fazzoletto di terra sperduto in mezzo al Pacifico dove lei viveva con suo marito da dieci anni.Whither is fled the visionary gleam?
La terra le mancò da sotto i piedi e Candice,
Suo marito?
Where is it now, the glory and the dream?
nell'ultimo attimo in cui Giapeto stava scomparendo nella fessura,
urlò.(William Wordsworth, Ode on Intimations of Immortality
from Recollections of Early Childhood, 1804)
Edited by ~S i x ter - 21/12/2017, 23:28. -
» Black Star.
User deleted
L'intero essere del ragazzo è teso e lanciato nel proprio attacco. Il suo pensiero è ultimamente concentrato sul movimento del suo corpo, del suo cristallo, della materia che sta manipolando attraverso la telecinesi. Tutto è quel gesto per lui: attaccare, colpire, uccidere. Il lavoro per creare quel ragazzo è stato lungo e complesso, ma non esiste qualcosa che possa esprimere in modo più semplice e genuino di come fa lui il vero spirito di un'arma. Costantemente affilato e pronto allo scontro.
Ma il suo vero difetto è che non sa vedere al di là della punta della sua lama. Non ha interesse nel vedere il suo avversario, né quello che c'è oltre, tantomeno quello che ha alle spalle.
Quando il suo attacco affonda nel corpo di Thanatos sente subito che qualcosa non va. Non riesce a fermarsi, continua ad affondare sempre di più. Prima di sprofondare completamente nelle tenebre, la voce della Morte brulica nella sua mente, perchè la morte va oltre al semplice potere, è la semplice e assoluta fine. Su di lui si staglia una figura così terribile da sembrargli davvero perfetta per un concetto altrettanto terribile. Non ha tempo di pensare altro, prima di sprofondare del tutto, in un mare nero che non lascia increspature sulla superficie dopo averlo inghiottito nelle sue gelide acque.
La coscienza di Black non ha più dei contorni definiti, non in quella vastità fredda di cui adesso fa parte. La complessità dei pensieri che la attraversano è disarmante, non quanto per i gesti che vengono immaginati, ma per l'infinita rete di cui fanno parte. Mai il ragazzo avrebbe potuto pensare a qualcosa del genere, ma adesso che è parte di quell'entità tutto per un attimo gli appare possibile e ne comprende anche i motivi. Poco prima Thanatos ha parlato loro di un disegno più grande e soltanto adesso Black può finalmente vederlo, disegnato da quegli infiniti filamenti che collegano eventi. Il reale scopo di tutto ciò gli sfugge, forse perchè troppo complesso o perchè troppo lontano, ma dopo pochi istanti che sembrano non finire mai, qualcosa recide uno di quei fili, causando un crollo generale di quella vastissima struttura, quel perfetto disegno che ha richiesto tutto il tempo del mondo per essere creato.
Quel qualcosa è la lama che in quel momento gli attraversa il petto, bruciando come fuoco, divorandolo. Ma con grande sconcerto, realizza che è la sua stessa mano a reggere l'arma che gli affonda nel cuore.
Il velo di tenebre si solleva e Black Star si rende conto che si trova ancora di fronte al dio della Morte, trafitto "mortalmente" da una lama che ha la stessa luminescenza di quella impugnata da Benoit. Sul volto di Thanatos non c'è paura o dolore, ma semplicemente sorpresa. La sua rete di fili si è spezzata, ma il motivo sembra sfuggirgli.
Prima che Black o qualcun'altro si possa preoccupare di intervenire in qualche modo, la realtà illusoria attorno a loro si frantuma, riportandoli di nuovo nel cuore della realtà.
-Cosa..-
Il velo che ricopre il reale aspetto del dio svanisce, lasciandoli ad osservare stupefatti un Benoit trafitto a morte, sul punto di spirare ma che sembra essersi trafitto con la sua stessa arma insieme a quella di Gabriel.
E Gabriel, beh.. Black può dire che si tratta di quello che un tempo hanno chiamato Black Cancer solamente perchè ha visto che è lui che si è trasformato e poi scontrato con Benoit fino a quel momento. L'aspetto è diverso, non solo per i tratti somatici modificati più o meno visibilmente, ma proprio per la presenza che emana. Persino il suo cosmo è completamente diverso, alieno... inumano.
Black rimane immobile ad osservare quella scena, incapace di capire la complessità e la profondità degli avvenimenti di fronte ai suoi occhi, senza proferire parola.
Il corpo di quello che un tempo è stato il Capricorno Nero svanisce rapidamente, ma di quel potente guerriero colto nell'attimo della sua morte, Black osserva con attenzione soprattutto gli occhi. Ha visto in tante persone uno sguardo pieno di terrore, odio e rimpiato prima della loro morte, ma non questa volta. E' uno sguardo difficile da interpretare, fiero e indomito. Quegli occhi stanno guardando qualcosa che lui non può e forse non potrà mai vedere.
Quando anche quelli scompaiono insieme al resto del suo essere, Black non può fare a meno di sentire una sorta di senso di perdita. Non ha mai scambiato una singola parola con quel guerriero, ha saputo solamente il suo nome e lo ha visto scagliarsi contro i nemici sul campo di battaglia, lo conosce solamente per queste sue azioni. Quello sguardo, però, gli ha fatto intuire per un attimo tutto quello che c'è stato prima, il dolore e la forza di quel guerriero di cui non sa nulla e non potrà mai sapere altro.
Ci sarebbe tanto da chiedere e da dire, ma i continui scontri hanno indebolito talmente tanto la struttura della realtà che adesso il cuore del multiverso sembra sul punto di crollargli addosso. La donna che è apparsa per salvarli dalle grinfie del dio della Morte non ha perso tempo e richiama la loro attenzione sul portale che ha aperto in quell'istante. La sorpresa e la confusione fa esitare Black, ma non c'è tempo nemmeno per esitare. Una forza telecinetica inaspettata lo sposta prima che possa fare qualsiasi cosa, trascinandolo verso la loro via di fuga. Riesce a vedere Gabriel avvicinarsi al nucleo che ha lottato per difendere, poi nient'altro. Il cuore della realtà svanisce dalla sua vista, mentre viene trascinato via verso la DQI senza sapere cosa sia davvero successo durante il suo confronto con Thanatos.Nome ★ Black☆Star
Energia ★ Suprema+
Cloth ★ Black Aries
Status Cloth ★ Indossata - Grado 8
Status Fisico ★ Articolazioni molto doloranti, svariate costole rotte, ferite poco profonde in vari punti del corpo
Status Psicologico ★ Confuso e sorpreso
Riassunto ★ABILITA’ ★ ORIUM NERO
La furia istintiva di Black Star, unita al suo cosmo, si manifesta al suo comando sotto forma solida, tramutando il suo intento omicida, la sua ira e più in generale tutte le sue emozioni più violente in un cristallo nero come la notte e incredibilmente duro. Scoperto in tempi antichi, si tratta di un materiale molto pericoloso, capace di immagazzinare l'energia mentale al proprio interno, sia per scopi offensivi che difensivi. Questo cristallo, non solo è una incredibile arma di offesa e difesa grazie alla sua durezza incomparabile ad uno costrutto generato da un cosmo di pari livello, ma possiede qualità nascoste che lo rendono ancora più temibile sia in attacco che come protezione. Essendo generato da pensieri ed emozioni tanto violente, che il cristallo trattiene al proprio interno, il contatto con qualsiasi altra entità diversa dall'Ariete Nero causerebbe danni alla mente della vittima, privandola di energie mentali in modo doloroso, con conseguente disorientamento e debolezza. Le qualità del materiale, oltretutto, gli consentono di assorbire le energie mentali di eventuali attacchi, risultando un'efficace difesa contro gli avversari che cercano di colpire con offese mentali. Ogni cristallo, essendo legato alla mente del suo creatore in modo diretto, oltre ad arrecare danni alle altre menti può anche sopraffarle; se il cristallo è ancora in contatto con il bersaglio, può agire come un vero e proprio parassita aggressivo, invadendolo e prendendo il controllo di parti più o meno estese del corpo a seconda della quantità di cristallo e delle differenze di potere cosmico, rivoltando il nemico contro se stesso.
★ TELECINESI
La volontà di Black Star, grazie al cosmo, è capace anche di modificare il mondo attorno a lui, imponendosi sul regolare corso degli eventi. I comandi che impartisce alla materia vengono eseguiti; se ordina ad un masso di sollevarsi esso lo fa, se un avversario deve piegarsi al suo cospetto una violentissima pressione lo schiaccerà al suolo. Al suo volere, la materia può esplodere o comprimersi, spostarsi o rimanere immobilizzata, essere scagliata in cielo o premuta per terra fino a ridursi in polvere. In termini pratici, questo potere rende anche Black Star capace di levitare, deviare colpi diretti a lui o persino respingerli e utilizzare l’intero campo di battaglia come un’estensione di sé.
Bonus nera: Il potere telecinetico di Black Star ha raggiunto una potenza e una precisione tale da poter arrivare a scuotere gli atomi che compongono la materia singolarmente, annullando la forza dei legami che li tieni uniti. Di fatto, i suoi colpi telecinetici riescono letteralmente a distruggere la struttura della materia, qualunque essa sia: armi, difese, persino esseri viventi. Subire quei colpi significherebbe vedere il proprio corpo essere frammentato e cancellato, rendendo, quindi, il potenziale offensivo e difensivo della telecinesi enormemente maggiore. Solamente un potere cosmico sufficientemente potente può prevenire questi effetti, o quantomeno mitigarli per renderli meno dannosi.
★ TELETRASPORTO
Se normalmente un corpo ci metterebbe del tempo a raggiungere un luogo diverso da quello di partenza ma comunque nelle vicinanze, Black Star ha invece il potere di compiere, anche se con un certo dispendio di energie, il tragitto in meno di un istante, non importa quale siano gli ostacoli che lo separino dalla sua meta. Questo vero e proprio teletrasporto consiste nella scomposizione completa della materia che compone il corpo di Black e la ricomposizione praticamente nello stesso istante, soltanto in posti diversi. E’ comunque possibile che un colpo molto ampio e devastante sia in grado di arrecargli danni persino durante lo spostamento dei suoi atomi. Inoltre, per quanto utile e versatile questa sua capacità possa essere, la quantità di energia richiesta per compiere il teletrasporto lo rende troppo rischioso da eseguire più volte durante un combattimento, costringendo Black a farne un uso limitato.
★ TELEPATIA Con un minimo di concentrazione e cosmo, Black riesce a fare a meno della comunicazione verbale e ad accedere alla forma superiore di dialogo: quello tra menti. Nel remoto caso che il suo pensiero sia rivolto a qualcuno all'infuori di se stesso, può direttamente parlare direttamente con la mente di quest'ultimo, con uno scambio di informazioni immensamente più rapido ed efficiente del normale parlare, nonché più discreto.TECNICA //. -
.entry #0001
Gabriel non realizzò appieno il momento in cui la lama sul suo braccio affondò nella carne di Benoit. Non era preparato. Ogni fibra del suo essere era pronta al contrattacco immediato di un uomo che non ha fatto altro nella sua vita a parte combattere. Era preparato psicologicamente ad affrontare il morso della mietitrice, a sentire la propria anima fatta a brandelli dal filo di quella lama della morte. Aveva già preparato milioni di strategie e controstrategie, mettendo in piano qualunque possibile azione fosse meccanicamente compibile da un corpo umano, moltiplicata per tutte le nuove capacità che aveva visto utilizzate da Benoit.
Eppure la sua lama di khaos spezzò il braccio che era lama e proseguì, affondando nel suo corpo. Gabriel si ritrovò quasi trascinato in avanti, investito da uno sbuffo di quella che sembrava pelle mummificata, secca e morta. Gabriel sgranò gli occhi in un atto di pura sorpresa, la piena realizzazione di cosa aveva fatto lo investì come un'onda gelida. Le radiazioni di anticosmo e khaos congiunti arroventarono l'aria circostante in plasma violetto e la sua intera corazza di tenebre cominciò a sfrigolare soggetta alle enormi pressioni energetiche. E nell'attimo, nell'orribile attimo prima che l'atto di colpire Benoit si consumasse in pieno, Gabriel percepì qualcosa.
No... - Sussurrò, quando l'amara comprensione degli eventi intaccò la sua sicurezza. La mietitrice avvolse la lama di Giapeto fusa al suo braccio e andò a colpire oltre il corpo di Benoit. - Non così. - Benoit stava morendo con le loro lame nel corpo e nell'anima, aveva rinunciato ad un combattimento che avrebbe squassato la struttura stessa dello spazio e del tempo, che avrebbe mosso le stelle a seconda dei desideri di due oltredei, ma perché? Poi nelle sensazioni trasmesse dalla mietitrice, nelle parole di Benoit, comprese. Nell'attimo ultimo in cui Benoit era ancora uomo, aveva deciso di urlare il suo sprezzo all'universo per i grandi manipolatori, rifiutando il suo manto di pedina e intaccando il campo di gioco. Una singolarità nell'intero multiverso. Gabriel riusciva a percepirla, una alterazione che non poteva e non doveva essere possibile nel grande schema delle cose. Un rifiuto artificiale che forse, forse, era nascosto nei più infiniti e reconditi angoli del programma che tutto dettava. Forse in tutto questo, Ananke aveva piantato i semi della vittoria. E Benoit, come un samurai dei tempi andati aveva aperto il proprio ventre e offerto la sua spada insanguinata ad un nuovo - e antico - signore dell'universo.
Quando uno spadaccino dona la propria lama a qualcun altro, dona la propria anima. Nel caso di Benoit, la cosa fu letterale.
E così, in piena volontà delle proprie azioni per la prima volta in milioni di anni, andando oltre i piani di chi aveva armato quei due soldati al centro dell'universo, Gabriel imbraccio la mietitrice. La accolse in sé, la fece propria. La radiazione violetta della lama spettrale pervase il suo intero braccio ed in quel momento sentì la propria unione con lo spirito di Benoit.
Ben non era suo nemico, e nemmeno il suo distruttore. Benoit era, come prima di allora, la sua mano destra.
La sua spada.
Percepì l'immenso conflitto delle due entità dentro di sé. La goccia di tenebre e quella della morte si scontrarono, mostri grandi come continenti il cui conflitto squassò l'intera essenza della spada. Eppure, alla fine, nessuno vinse. Nel gioco di conflitti, entrambi i poteri si estinsero a vicenda dissolvendosi dall'anima di Gabriel e dalla mietitrice, finalmente monda da ogni corruzione.
Gabriel guardò Benoit, il suo volto pieno di crepe e squassato dal dolore da cui eruttava l'anticosmo distruttore di universi.
Oh che ironia, nel dono di Benoit. Più potente della lama che ora ospitava la sua anima, più acuta della visione che il suo sacrificio gli aveva donato. Il primo assaggio della terribile illusione che era la speranza.
Un profondo senso di angoscia e mancanza attanagliò il cuore di Gabriel, seppure confortato dalla presenza dello spirito di Benoit nella sua lama. Avrebbe voluto dire tante cose. Avrebbe voluto piangere, mostrarsi umano almeno per una volta in vita sua, gridare, insultare Benoit, aveva già in mente un migliaio di risposte sarcastiche o argute, ma nulla uscì dalla sua bocca semidischiusa. Dall'occhio sinistro una lacrima rigò la sua guancia.
E così, in rispetto a ciò che era il guerriero, estrasse la lama dal corpo rinsecchito di Benoit. L'azione durò un istante ma nelle sue percezioni alterate durò un'eternità intera.
I rimasugli della goccia di tenebra esalarono dal corpo di Gabriel come fili di nero, mentre la corazza indossata fino a quel momento si dissolveva in frammenti, spirando in un invisibile vento. Il corpo di Benoit si scompose, divenendo energia spirituale e tornò alla lama che prima era sua estensione e completamento. Gabriel osservò la lama purificata avvolgere la spada sul suo braccio. Sentì chiaramente la goccia di tenebre abbandonare la sua essenza, un qualcosa che c'era sempre stato ed era stata parte integrante delle sue percezioni e delle sue misure. Una immensa sensazione di vuoto si espanse dentro di lui, e per un breve istante si chiese che cosa sarebbe stato di lui, nel grande schema delle cose, senza quel dono di Erebo.
Ma la scomparsa della goccia fu solo come togliere il coperchio da un sarcofago.
Il volto di Gabriel si distorse dall'orrore mentre mentre nuovi ricordi nascevano e morivano dentro di lui. Ma fu un istante. Diversi capillari esplosero sotto quell'inimmaginabile carico di informazioni, ma qualcosa in lui stava mutando, fin nel fondamento della sua struttura atomica. La natura stessa del suo cosmo cominciò a mutare in modi che al contempo comprendeva, ignorava ed aborriva. Il recupero di antichi ricordi andava di pari passo con l'orribile consapevolezza di cosa stesse accadendo. Di cosa stava guadagnando e di cosa stava perdendo. Chi era e che cosa non sarebbe stato più. Una quantità assurda di milioni di anni, un numero così grande da non averlo nemmeno visto scritto su carta. Un regno che andava avanti dall'alba dei tempi, in calcoli e tempi che andavano oltre ogni singola nozione scientifica ottenuta dall'uomo. Ogni calcolo era errato, ogni scienza se non stupidamente approssimativa completamente fallacea. Ogni sua consapevolezza della realtà venne sfaldata e le teorie vennero ricostruite con antiche certezze ottenute miliardi di anni prima. Tutto quello che aveva sempre cercato di ottenere, ogni orribile atto compiuto nella curiosità divenne semplicemente una perdita di tempo. Tutto quello che aveva sempre voluto sapere venne semplicemente ricordato, assieme ad altre domande e curiosità che non avrebbe mai potuto nemmeno cominciare ad immaginare, da umano.
L'odore del sangue riempì il suo naso, ma ciò che gocciolò dalla sua narice non fu sangue.
Ma ichor. La sostanza azzurra e vischiosa si riassorbì nella sua carne mentre tutte le ferite subite fino a quel momento andavano rimarginandosi. Il suo intero sistema circolatorio cominciò a riconfigurarsi in accordo con il suo mutamento cosmico, attingendo al profondo del suo codice genetico, dove antichi arcani erano stati nascosti a tutti. Il colore dell'ichor traspirò oltre la sua pelle, dandogli un aspetto pallido-bluastro, completamente inumano. Sentì altre alterazioni, ma per qualche motivo non furono dolorose, ma rapide e naturali, come un artropode che esce dalla propria muta. La sua struttura ossea si alterò, le numerose e naturali imperfezioni e asimmetrie si livellarono, portando il suo corpo e la sua fisionomia ad un livello irreale di perfezione, aliena, inquietante. Crebbe in altezza, la sua massa muscolare si ispessì ed il grasso corporeo si ridistribuì, eliminando ogni particella eccessiva. E mentre tutto ciò stava accadendo nel suo corpo, Gabriel si trovò a suo agio, come se tutto ciò fosse naturale e stesse solo tornando in un abito più comodo.
La lama sul suo braccio cominciò a fremere, a scomporsi in tasselli geometrici dalle forme più disparate, ma di cui riusciva perfettamente a cogliere il senso matematico. Ricordava il momento, prima del crollo finale di un regno millenario, in cui aveva frantumato la sua soma e l'aveva dispersa nel multiverso affidandola alle correnti dimensionali. Piccole parti in ogni universo, in attesa che una delle infinite variazioni di sé la trovasse nel momento del bisogno. La lama che aveva usato fino a quel momento era il pezzo utilizzato per attivare i meccanismi di difesa del suo laboratorio nella torre nera, poiché non avrebbe mai permesso che quegli insulsi omuncoli ottenessero i suoi segreti, celati persino agli altri suoi fratelli e sorelle. Aveva compiuto l'innominabile in virtù della conoscenza assoluta che mancava alla sua stirpe, e in ciò organizzò la difesa definitiva ponendo come guardiano la più poderosa delle sue creazioni, il suo ecatonchiro più forte, il più vicino al progetto iniziale di suo padre. Ed in ciò, ogni cosa ebbe senso. Il frammento della sua soma risuonò nella lunga eternità al ritmo dei colpi dell'ecatonchiro, un beacon oltre il tempo e lo spazio per fare sì che un giorno vi ritornasse e reclamasse il proprio diritto di nascita. Per non dimenticare.
Le correnti della realtà spirarono verso di lui, trascinando frammenti metallici di varie dimensioni, tutti accomunati dallo stesso colore che contraddistingueva la spada viola, che in verità viola non era. I suoi occhi rinati potevano vedere tutte le immense e bellissime sfumature di colore che quel viola nascondeva, non programmate nella struttura genetica degli umani. Una visione bellissima che gli diede una sensazione di grande nostalgia. Quanto tempo era passato dalla sua gloria che doveva durate in eterno. Oh, perché tale atti efferati? Perché erano stati destinati a perdere tutto?
Guardò la sua lama, la cui struttura metallica era in fermento in modo sia organico che inorganico. Su di esso baluginava il potere della mietitrice, purificata. Non era più un'espressione dell'arcaica divinità della morte che aveva istruito gli alchimisti nella sua creazione, era qualcosa di diverso. Un'arma atta a tagliare, ed in essa percepiva un grande proposito, ma quale? Un mistero che la sua enorme conoscenza non poteva risolvere, una risposta che sarebbe giunta solo in futuro. Con uno scatto repentino la lama cambiò posizione, cessando di diventare un prolungamento diretto del suo gomito e spostandosi sull'avambraccio, liberando la mano e diventando parte di un'armatura.
I frammenti metallici danzarono attorno a lui in tutte le tonalità dello spettro multicolore e l'energia aliena dentro il suo corpo cominciò a ribollire. Non era più cosmo, forza astrale che dall'universo filtrava in lui. No, era dunamis, il potere assoluto che si originava in lui, dal suo sangue che era potere liquido.
La seconda lama giunse un istante dopo, formatasi sul braccio libero. Il resto dell'armatura venne da sé, a vestire il suo corpo con precisione nanometrica in una tecnologia che tutti gli umani dopo la sua stirpe avevano solo parzialmente imitato, nel concetto base almeno. Quando l'ultimo tassello della sua soma andò al proprio posto un lungo mantello di stoffe pregiate svolazzò alle sue spalle solcando i venti solari allo stesso blando ritmo della sua chioma, più manifestazione fisica del suo potere sulla realtà che veri capelli come gli umani li intendono. Un suo vezzo estetico fin dall'epoca del mito.
In piena e assoluta consapevolezza di chi fosse, con ogni singolo istante dei propri ricordi al proprio posto, Giapeto si guardò le mani corazzate, oscillando tra il non riconoscerle e il trovarsi a proprio agio. In sé ruggiva un immenso conflitto interiore. Un disgusto e un trionfo. Gabriel Fon Faust terzo, in un certo senso, aveva appena raggiunto il massimo apice della evoluzione, ben oltre l'uomo, il drago ed il dio. Era diventato uno dei signori dell'universo.
Ma allo stesso tempo, tutto ciò che aveva mai fatto e detto era diventato automaticamente invalido, il suo odio per gli dei e i titani, le sue ricerche, le sue efferate azioni. Alla luce dei fatti, forse non avevano avuto nessun senso, o forse avevano permesso tutto questo. Forse, se non si fosse comportato in modo tale, Giapeto non sarebbe mai tornato, e non si sarebbe mai trovato in quel punto preciso dello spazio e del tempo, davanti al centro assoluto della realtà. Troppi sé, troppi ma, troppi forse.
Il piano del destino era inscrutabile, e Benoit aveva già occupato il posto di ribelle contro di esso, per quella giornata.
Si voltò e vide Candice.
Ogni singolo istante passato con lei tornò alla sua mente. Dal momento in cui l'aveva scelta da una lista di probabili candidati per il suo passato legato agli spectre al momento in cui le aveva chiesto di sposarlo. Ogni singolo istante, ogni piccolo bacio furtivo, ogni carezza. Tutte le volte che le loro dita si sfioravano quando correvano qua e la per l'isola affaccendandosi per mantenere l'ordine in quello sputo di terra. Le notti passate a contare le stelle e a fare l'amore. Gli orribili ed inumani atti compiuti insieme. Gabriel il mostro, nel terrore di arrivare da solo alla fine dei tempi, aveva plasmato un mostro che gli facesse compagnia, che cullasse la sua testa sul petto, che andava tutto bene, che gli dicesse che lo amava. Ed in ciò Gabriel aveva ottenuto quello che si poteva considerare un vero risultato, forse l'unica cosa che avesse mai combinato in millenni di vita era stato trovare Candice. Era rimasta sempre con lui, anche quando tutto il mondo lo aveva odiato, anche quando aveva rinunciato ad ogni umanità e cominciato a consumare la carne dei suoi simili. Candice era rimasta. Per questo l'aveva sposata, le aveva giurato amore eterno fino alla fine dell'universo.
Ma ora dove stava per andare, Candice non poteva seguirlo.
Ricordò sua moglie, quella originaria, del tempo del mito.
Ricordò un amore così intenso da far impallidire le stelle. Esperienze e sensazioni che una mente umana non poteva concepire. Ricordava ogni istante come ricordava la sua vita umana. In tutto questo, tutti i momenti passati con Candice passavano in secondo piano, sembravano smunti...pallidi. Di poco valore eccetto quello sentimentale.
Ciò lo riempì di un infinito terrore.
Non voglio andarmene, pensò ma non lo disse. Non voglio andarmene, non voglio cessare di essere Gabriel. Voglio tornare sull'isola con tutti voi. Non voglio perdere ogni cosa, ogni sforzo, ogni passo in avanti. Non voglio smettere di amarti, Candice. Vieni con me, fuggiamo dall'universo e restiamo soli io e te. Non voglio che tutto questo diventi solo il vago ricordo di un dio.
Pensò molte cose ma non le disse. Non erano da lui.
Erano solo gli effetti latenti di una lunga recita, aveva difficoltà ad uscire dal personaggio. Ma c'era davvero una distinzione tra Gabriel e Giapeto? Non si sentiva differente, solo più consapevole, più conscio. Forse non c'era mai stata una linea netta tra i due, forse ogni sua vita umana era solo una sfaccettatura dell'originale, ed infine era tornato a sperimentare l'insieme. Tutto quello che aveva fatto in vita, dall'errore più stupido alla più orribile delle crudeltà, lo avrebbe rifatto. Le scelte erano quelle giuste, ne era conscio.
Si voltò completamente verso Candice, Black star e Mnemosine.
Non potevano restare lì. Solo i titani avevano accesso a quel luogo, e ciò che stava per fare avrebbe distrutto tutto ciò che non apparteneva all'antico popolo. Doveva ripristinare la realtà per riparare tutti i danni fatti da Malal e Slaanesh ed impedire che Azatoth si liberasse sfaldando l'intera realtà. Dovevano andarsene immediatamente, o avrebbero cessato di esistere. Sorrise, un sorriso tirato rivolto a Candice, ghignò come aveva sempre fatto.
Tell my tale to those who ask. Tell it truly, the ill deeds along with the good, and let me be judged accordingly. The rest... - Sollevò la lama sinistra sopra la testa, poi la abbassò in un elegante inchino. La punta della lama lasciò una lunga scia attorno al suo corpo, che si irradiò nelle forme e nei colori del bismuto. - is silence - terminò la frase nell'istante di chiusura del portale, coprendo l'urlo di Candice. Rimase in quella posizione per un tempo indefinito, con la testa bassa, attendendo che l'essenza di Mnemosine sua sorella si disperdesse e Giapeto avesse l'assoluta certezza di essere solo. Si rialzò e si voltò verso il centro della realtà. Scrollò appena il capo, ridacchiando, completamente conscio del fatto che le probabilità di esplodere assieme all'intero nucleo nel suo tentativo di ripristinarlo. Manipolarlo era una stupidaggine, se avesse voluto avrebbe anche potuto cambiare la base conscia del flusso catapsionico da sette a otto e nessuno se ne sarebbe accorto per qualche milione di anni...ma un ripristino del sistema era tutt'altra cosa.
Osservò oltre il visibile e raggiunse ogni angolo di quel luogo con la propria dunamis, e trovò quello che stava cercando. L'abominio apparve davanti a lui in tutto il suo orrore. Il sigillo di Zeus. Se non fosse giunto lì da umano non avrebbe mai potuto raggiungere la torre nera. Ma ora era lì, giunto infine ad osservare l'immenso spregio di quel folle. Lo avrebbe eliminato, frantumato e cancellato dalla realtà della torre nera. Quella era la dimora della sua famiglia e nessuno dovrà mai più impedire di tornarvi, sopratutto ora che la sua sopravvivenza era completamente in forse.
Sollevò la lama destra, pregna del potere della mietitrice d'anime, e la calò, falciando oltre il tessuto della realtà, raggiungendo il punto più intimo della struttura della torre nera. Il potere congiunto della soma e della spada della morte si schiantarono sulla struttura del sigillo divino e l'intero sistema tremò per lo schianto. La realtà si torse e persino Giapeto ne sentì lo strattone. Ogni cosa si ricoprì di scariche elettriche finemente intrecciate in complicati disegni. Complicati ma vulnerabili, poiché quel sigillo non era stato fatto per resistere ad un attacco dal suo interno. La struttura vacillò ancora un istante e Giapeto la invase con la propria dunamis, mutando l'ambiente circostante in un caleidoscopio di colori e forme geometriche casuali, finché con il fragore del tuono il sigillo si spezzò. Scariche di plasma ardente volarono in tutte le direzioni, diffondendosi con pattern a circuito prima di esaurirsi del tutto e liberare per sempre quel luogo dalla corruzione della folgore di Zeus. Giapeto sentì un grande peso sollevarsi dalla sua anima e dal suo potere.
ORA, possiamo cominciare. - disse tra se e se, avanzando verso la piattaforma di comando del nucleo. La dunamis del titano fluiva attorno al suo corpo nei suoi colori caotici e agitati. La struttura si riconfigurò riconoscendo il suo padrone e preparandosi alla manipolazione. Tuttavia non fu qualcosa di banale come una interfaccia utente o quant'altro, poiché la tecnologia e la sapienza antica andavano ben oltre certi concetti. Sollevò entrambe le lame, infuse del potere di Gea e di Thanatos. Il contatto fu molto più facile di quello che Giapeto ricordasse...doveva essere opera dell'influenza della mietitrice. Ridacchiò di nuovo e portò la mano alla fede, sfilandola. La lasciò andare davanti a sé, incastonandola in un grande sigillo, eterno come l'universo.
Hai mantenuto la tua promessa, Gabriel, l'hai amata fino alla fine dell'universo. - Disse, con tono sincero, poiché per un istante tutto era stato morte e l'universo era finito, lì al termine fisico dell'universo stesso. Salutò con sincero affetto tutte le persone che avesse mai amato nella sua vita mortale. Salutò la realtà, rese omaggio alla luce. Rese omaggio al sole, alla luna, alla gravità, alle forze nucleari. Rese omaggio all'idrogeno, al carbonio e all'ossigeno, che avevano permesso tutto questo.
E si erse. Una grande nota eruttò dalle lame e dalla sua soma e dal suo potere. E proruppe musica, generando cose più grande e meravigliose di ciò che fosse mai stato rivelato. Lo splendore di ciò meravigliò le note del tema universale e si inchinarono di fronte al titano e furono silenti. Poi giunsero in armonia e fecero grande musica.
Le voci dell'universo come infiniti cori foggiarono il brano di Giapeto. Intrecciato nell'armonia, oltre l'udito nelle altezze e nelle profondità.
Il centro della realtà fu riempito fino a straripare, e la musica andò oltre, nel vuoto. Che più vuoto non fu.
E poi giunse Azatoth, ad intrecciare i propri pensieri, poiché il chaos cercò di aumentare la propria forza e la propria gloria nel tema universale, con tamburi e flauti e masticamento. Discordia si innalzò attorno a lui, e ciò che nella realtà cantava intorno a lui divenne irrequieto. E la musica vacillò in un mare di suoni turbolenti.
Così Giapeto iniziò una nuova musica nella tempesta, e di nuovo vi fu una guerra di suoni ancora più violenta di quanto non lo fosse stata prima. Giapeto si innalzò, la sua intenzione salda.
Sollevò la lama destra e sinistra ed ecco che una terza musica si innalzò nel frastuono. In essa vi fu grande potere, al punto che sembrò che vi fossero due musiche diverse in essa. Una forte e maestosa, l'altra meravigliosa ma intrisa di grande tristezza. E Giapeto si erse un'ultima volta, e con un'ultima grande nota
la musica cessò.Nome | Giapeto
Energia |
Casta | Titani
Soma | Xiphos {VIII}
Status Fisico | ///
Status Mentale | ///
Status Soma | ///
Riassunto Azioni |Abilità Utilizzate | ///Tecniche Utilizzate | ///. -
.Il silenzio della creazione spinge nel nulla le fratture spaziali che ti circondano, annienta ogni presenza di Caos, fisica e non.
La Torre Nera, la Tomba di Urano, il Trono Eterno è ora monda da ogni influenza esterna e con essa lo stesso tessuto dello spazio-tempo.
Ora vedi, vedi la forma della Realtà, o almeno ciò che la tua mente riesce a percepire di essa.
Tutto ti appare come una sorta di immensa intelligenza artificiale, composta da infinite altre. Alcune di esse, come nodi nella rete, hanno forma fisica.
Quelli che percepisci più solidi di altri, come elementi portanti, sono la Torre Nera ed il Pianeta Terra. Se la prima funge da nucleo dello spazio tempo, l'altra è il perno della materia e della vita.
Migliaia di altri nodi similmente importanti percepisci ma non vedi.
Se la conoscenza titanica ti ha sconvolto senza però danneggiarti, questo panorama appare alieno anche a te e la sua sola vista sta iniziando a distruggerti.
Eppure sai che l'ultima azione, la definitiva messa in sicurezza del sistema sta nel riavviare ciò che potrebbe essere chiamato l'algoritmo che sta alla base del tessuto connettivo del Multiverso.
L'Opera di Urano, il punto oltre cui inizia il suo regno in cui si è esiliato dopo la sconfitta, dopo aver compreso il suo fallimento.
Navighi in questo territorio quasi rischiando di perdere te stesso fino a che urti contro il confine del Tempo.
Per riavviare il sistema dovresti essere al suo inizio, dovresti avere la Falce, ma hai solo lo Spazio.
Esso ti pare infinito, e lo è.
Il suo inizio non è raggiungibile, così come la sua fine, un tessuto splendente creato senza aver in sé il concetto di finito.
Già aver purificato la Torre è opera immensa, se ciò dovesse distruggerti ne sarebbe valsa la pena... ma Giapeto esiste per superare i limiti, per spingere ogni cosa oltre il confine dell'esistere per gettarla nel campo dell'evolvere.
Questa tua urgenza ontologica anima infine il dono di Benoit.Io sono la Spada della Fine...
La tua mente interpreta l'inconcepibile che ha innanzi come un immenso taglio che recide il tessuto creato da Urano.... e dell'Inizio.
La fenditura assorbe la tua coscienza e ti trovi in quella che sai essere la Super Dimensione, il luogo iniziale, il punto di avvio del Tempo e dello Spazio.
Non sapresti descrive cosa senti, cosa sei e dove sei, eppure percepisci un legame tra il Nucleo della Torre e quel luogo.
Avviando quello che puoi intendere come processo di ripristino lo Squarcio diventa il Telo ed il Telo lo Squarcio.
Quando le tue percezioni si riattivano dal sovraccarico osservi il Nucleo.
Percepisci tuo padre, percepisci la sua energia che rivitalizza la sua creazione con un senso di gratitudine e tristezza - ammesso che un dio antico possa provare e manifestare sentimenti.
Capisci che la tristezza è causata da te, dalla tua energia che sta venendo meno, travolta dal secondo processo di purificazione.
La Mietritrice ti ha abbandonato, così come l'essenza di Benoit, svanita dopo l'ultimo colpo di spada.
Capisci che essa ti ha protetto e sostenuto fin'ora.
Il secondo e finale passo verso l'impossibile è stato compiuto, senti di poterti abbandonare, di poter porre fine al tuo ciclo di esistenza... poi una luce immensa ti avvolge ed un calore simile al sole protegge ciò che resta di te, donandoti infine il riposo...
FINE PARTE 8.