-
.
*Quando entrate un silenzio assoluto vi accoglie assieme alle tenebre.
Potete sentire il vostro cuore battere, il sangue scorrere nelle vene ed il vostro sospiro ha l'intensità del vento.
Non riuscite ne a vedere se a sentire gli altri.
Poi qualcosa cambia... le tenebre che vi avvolgono iniziano ad avere una certa densità e a toccarvi.
Il loro tocco è più gelido del freddo del polo nord e la vita ed il cosmo si attenuano come il calore del corpo...*
- Per Kas: il drago ti dice che il Tempio è legato a Cernabog, il guardiano del Tempio del Nord, re del buio e del terrore che avvolge coloro che violano le leggi di Gea e che governa le anime di coloro che anche oltre la morte continuano a servire la Madre.
Per tutti: decidere cosa fare e agite come se foste in duello
Nota Per Jerome: a te le tenebre non fanno l'effetto di danneggiarti energia vitale e cosmo, inizi invece a sentire sempre più voci nella testa, che parlano lingue che non conosci e che rischiano di farti impazzire.
Quello che capisci è che chiedono aiuto.
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leone di Gea [liv. III]
status fisico ♦ ottimo
status cloth ♦ indossata, intatta
status psicologico ♦ indescrivibileArmageddon: La Vera Minaccia
Part IV
Quello in cui ero immerso sembrava quasi un liquido più che il buio, una sostanza poco densa, appena palpabile, molto simile ad una pesante nebbia. Per quanto mi impegnavo, non riuscivo a comprendere cosa potesse essere a darmi quella sensazione, solamente a cosa assomigliasse. Mi sentii come se stessi nascendo una seconda volta, un feto in attesa della luce e del calore materno, completamente cieco verso ciò che lo circonda. Al posto del caldo liquido amniotico, però, c'erano solo fredde tenebre che baciavano il mio corpo.
Era come non esistere, mi sentivo perduto all'interno di una specie di dimensione fatta di assoluta oscurità. Percepivo unicamente il pavimento sotto i miei piedi e l'oscurità che avvolgeva interamente il mio corpo, non avevo più alcun riferimento come il classico avanti e indietro, sopra e sotto. Una creatura abbandonata nelle tenebre, in attesa di una luce che non sarebbe mai arrivata. Un prototipo di esistenza generato nel nulla.
Il mio cuore martellava frenetico, potevo sentirlo benissimo in quel silenzio assoluto. Rimbombava su pareti inesistenti, creando un possente battito che sembrava poter scuotere l'intero mondo. Nemmeno i passi di un gigante non avrebbero potuto produrre un suono più potente di quello, tale era il vigore col quale il mio muscolo cardiaco pompava il sangue. Sangue che potevo percepire goccia per goccia mentre si diffondeva e confluiva in tutto quanto il mio corpo, tumultuoso come un fiume in piena, spinto senza sosta dal mio cuore. Trassi un profondo respiro, travolto dall'immensità di quelle sensazioni, percependo un'ondata d'aria entrarmi nei polmoni. Ogni respiro sembrava come se tutta l'aria di quel vuoto mondo entrasse dentro di me per poi fuoriuscire sotto forma di tempeste di vento.
Quello che provavo, tuttavia, credo di essere incapace di renderlo a parole, semplicemente perchè oltrepassava talmente tanto la classica capacità di percezione degli umani da risultare indescrivibile per essi.
Il mio cosmo pareva essere sconfinato, un potere pronto ad eruttare dal mio corpo ed inondare l'oscurità. Lo sentivo agitarsi dentro di me, muoversi attraverso la mia stessa essenza, danzare sulla mia pelle insieme alle tenebre. Per la prima volta -e molto probabilmente anche l'ultima, temo- compresi appieno come ci si sentiva ad essere ciò che l'umanità definiva "Dio".
Forse timorose di me, forse semplicemente fameliche, le tenebre che mi circondavano, che formavano tutto quello che era diventato il mio mondo in quell'arco di tempo che poteva essere stato di pochi secondi come di milioni di anni, mi assalirono. Non fu il classico attacco, un brutale colpo che vuole ferirti, ma qualcosa di infinitamente più raffinato e pericoloso: ad ogni carezza che ricevevo da quell'essenza sentivo una parte del mio potere svanire, il rombante suono del mio cuore rallentare leggermente, il respiro farsi più lieve. Il mio oscuro mondo stava tentando di divorarmi, di far sparire l'esistenza che lo "contaminava". Definirlo di mia proprietà era stato sciocco e presuntuoso, un errore di un bambino, ma dopotutto cos'altro potevo essere in quel freddo grembo che ora mi stava lentamente togliendo la vita? Avevo dimenticato tutto, travolto da sensazioni troppo grandi, non ricordavo più chi o cosa fossi, non ricordavo come e perchè mi trovassi lì, non ricordavo più nulla.
Però sentivo ancora il mio potere, quell'energia immensa che si adesso si agitava come le onde di un grande mare dentro di me.
Decisi di lasciarla fluire, di riaffermare il mio dominio su quel vuoto e buio mondo. Ero vita che combatteva contro la morte. Ero la luce nel buio. Una frase mi sfiorò la mente, risuonando incredibilmente potente ovunque in quel mondo privo di confini.
-Let there be light-
Il mio potere esplose, rovesciandosi all'esterno, accendendosi di una magnifica luce dorata e spazzando via le tenebre. Il freddo fu sostituito da un bellissimo calore, paragonabile a quello dell'inferno più rovente mai immaginato eppure piacevole, ondate di fiamme si avvolsero attorno a me, cullandomi in una bolla di eternità dorata, un colore talmente intenso e luminoso da farmi temere di rimanere accecato da tanta bellezza.
Poi ricordai, ricordai tutto quanto. Ma non dimenticai quello che avevo appena vissuto.
narrato ♦ pensato ♦ parlato ♦ parlato altruiNote ♦ Avete mai voluto provare a pensare come sia essere un dio?
Abilità ♦ Fuoco Dorato
Tutte le creature di Madre Natura hanno sempre temuto la luce e il calore del fuoco, simbolo della civiltà umana, conquistato secondo la leggenda da Prometeo e poi donato all’uomo ma non alle bestie. Il Re degli Animali alla fine ha fatto suo questo potere, infondendolo nella sua Cloth, donandole il fuoco più bello e letale mai esistito. Fiamme dorate lo contraddistinguono dal fuoco dell’uomo, un colore dovuto al cosmo che arde come combustibile, fiamme selvagge e indomabili per chiunque non sia il Cavaliere che le crea, pervase di cosmo, tuttavia innocue per il Cavaliere del Leone. Molto più dannose di un normale fuoco, esse possono utilizzare come combustibile qualsiasi cosa, dal legno alla pietra, dal metallo alla carne, bruciando e consumando con ferocia inaudita. Sono altresì difficili da estinguere, estremamente calde come sono, persino stando diversi secondi sotto l’acqua o sotto terra. Un fuoco che ha il colore dorato degli occhi di un leone e la sua stessa ferocia.
Tecniche ♦ Burning Core
Una sfera di fiamme e cosmo avvolge completamente il corpo dell’utilizzatore, simile ad un bozzolo sferico, dalla temperatura rovente ed efficace difesa contro attacchi di tipo fisico, cosmico ed elementare, in grado fornire un’ottima protezione (ovviamente in dipendenza delle energie in gioco). Tuttavia questa difesa po’ diventare una potente offensiva se l’utilizzatore lo vuole: infatti una volta assorbito il colpo, se la situazione lo permette, la parte della sfera che non è stata utilizzata per difesa (a meno che il colpo non avesse come obiettivo l’intera sfera) si scaglierà contro l’avversario sotto forma di ondata di fuoco, divorando ogni cosa sul proprio cammino
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Nel caso la posizione dell’avversario non sia conosciuta al momento dell’offensiva, al posto della fiammata la sfera esplode coinvolgendo più spazio possibile. -
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Edited by ghost of jungle - 18/2/2014, 15:09. -
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§ THE ARMAGEDDON: 4 - VOICES
Narrato; "parlato"; °pensato°
“Onirico” non è forse il miglior aggettivo per descrivere ciò che Jerome prova, ma è il primo che viene in mente.
E’ appena passato da un sogno luminoso e pacifico a un nulla cosmico, tetro e vuoto di ogni vita, cavalcando le parole di un drago enigmatico. Rispetto al quale continua a provare una bizzarra sensazione di riconoscimento, ma non se la sente (non ancora) di chiedere lumi al diretto interessato. La risposta potrebbe essere troppo, almeno per il momento.
L’algida maestà che il Tempio emanava all’esterno, con le sue pareti lisce e prive di fessure come cristalli d’ebano, è sostituita da una solitudine pungente e da penombra. L’aria, oltre che quasi del tutto priva di luce, è densa, come se si faticasse a muovercisi dentro. Ma Jerome non la percepisce come qualcosa di minaccioso: ci si sente al sicuro. Riesce a distinguere bene i contorni dei suoi nuovi amici, ma non capisce perché loro procedano a tentoni. Sembrano non vedere niente. E accusano ancora più difficoltà di movimento di lui.
°Eppure, la luce non è così bassa.°
Un’altra cosa che non si riesce a spiegare è come mai rabbrividiscano tanto: è vero che sono al Polo, ma quelle coperture metalliche sembrano proteggerli bene dal freddo artico (almeno, per lui è così, e le loro sembrano pure migliori della sua ferraglia da gladiatore).
“Ehi... che cosa dovremmo combinare qui, ora? Non c’è niente.”
Zero. Nemmeno un mobile, un oggetto. Almeno gli pare. Non riesce a vedere così bene, dopotutto. Ma il drago che Demetra aveva chiamato Will, o Vry, aveva parlato di riconquistare il Tempio delle Tenebre, il tempio di... Chernobog (questo nome è sicuro di averlo sentito benissimo, invece, e ancora gli risuona nelle orecchie.)
Dunque? Aspettare e vedere? Per Jerome andava benissimo. Tanto, tutto quello che aveva avuto sin lì a quanto pare era svanito. Aveva davvero dormito per due mesi? Jerome non lo sa dire.
Le voci cominciano a farsi udire in un bisbiglio convulso, poco più che una vibrazione a cavallo tra la razionalità e la follia. Non le ode bene: sembra che bambini, anziani, donne, uomini stipino quella grande sala vuota e si parlino sopra, con accenti e inflessioni che forse non ha mai udito.
O forse sì? Se ricorda bene Nadiya, la sua ragazza del mondo che fu, parlava così quando telefonava oltreoceano ai suoi famigliari - quei famigliari che voleva quanto prima trasferire in massa nella Grande Mela, magari vicino a quella casa che avevano parlato spesso di mettere su insieme. Un argomento che li aveva allontanati.
Gli sembra proprio di udire quelle consonanti morbide e a volte assurdamente aspirate, e le vocali che cambiano tono a seconda di dove si trovano all’interno della parola. Ma non ne è certo, perché subito altre voci si sovrappongono. Sono più forti ora, e non hanno quasi nulla in comune.
Quasi.
La cacofonia che ne risulta pare amalgamarsi, innalzarsi tutta insieme verso il cielo senza stelle del Tempio delle Tenebre. La Voce così composta è un mosaico di sofferenza ancestrale, di oltraggi e angherie. Tutte quelle singole strida chiedono aiuto.
“Proprio come...”
La dea ferita. Gea, violata nel corpo e nell‘orgoglio. Non era l’unica che gli chiedeva aiuto, dunque: anche le voci, o forse lei stessa tramite loro gridavano verso di lui chiedendo libertà e requie.
°Ora so cosa devo fare°
pensa incongruamente, dato che veramente non ha idea di come farlo.
Una vampata di luce d’oro lo strappa dal suo rapimento. Il Ragazzo Leone (il californiano) appare di colpo lacerando l’oscurità con una sorta di gioco di prestigio. Una fiammata che non scaturisce da nessuna parte e non è alimentata da niente. Jerome prova l’impulso di lamentarsi per quell’intrusione come farebbe un anziano per il volume troppo alto della tv dei vicini (avrebbe ancora avuto vicini? Avrebbe sentito anziani lamentarsi delle sue feste notturne?) ma si trattenne, immaginando che loro non dovevano percepire il buio allo stesso modo in cui lo percepiva lui.
Per loro era minaccia e castigo. Lui era dove doveva essere.
L’orientale fu il secondo ad apparire. Fece esplodere una bomba pochi metri più in là, e la tenebra si squarciò come se fosse stata solida. Nello spazio ricavato il tizio scivolò lesto come David “Big Papi” Ortiz che conquista la prima base (avrebbe ancora potuto puntare sui Red Sox? Il suo allibratore era ancora vivo, da qualche parte?) e si richiuse in una sorta di bozzolo spugnoso, ma resistente.
“Che mi prenda un colpo. Roba da Houdini, cazzo. Demetra, dove sei?”
chiede, nominando l’unica che conosce per nome. Le voci sembrano scomparse, ma in lontananza le sente ancora: si sono allontanate dalla perturbazione creata dai due ragazzi.
“Li sentite anche voi? I lamenti che sento io? Qualcuno capisce cosa dicono?”
Già sa che non è così: il ponte tra lui e quelle entità straziate è intangibile e di sicuro non udibile dagli altri, tutti intenti a tornare alla civiltà, alla luce, al calore. In quel momento sente a livello inconscio, pur senza capirlo, che le tracce di oscurità presenti nel suo animo da sempre stanno prendendo forma, rispecchiandosi nel buio del Tempio.CITAZIONEPg: Jerome Corcione (in add per: Grymus Darian di Chernobog)
Stato fisico: ok
Stato mentale: ok
Armatura: X, però neraCITAZIONERiassunto: sento le voci! Sento le voci!. -
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> Bat no Demetra ●
narrato x parlato x pensato x parlato altruiSi era attardata per un attimo accanto a Wij il quale, risponde al suo quesito, mentre il nome, Cernabog, che egli ha pronunciato le ricorda qualcosa di vecchio e passato.
Per via della sua condizione, faticava a “ricordare” ciò che fu. L’unica cosa che nella sua mente era percettibile e che la portava a pensare furono degli urli di guerra, il cozzare dei metalli, spostamenti bruschi ed energie diverse ed imponenti che poteva suddividere in alleate e nemiche.
Scuote piano il capo confusa da tutti quegli stimoli mnemonici, fino a che non si ritrova all’interno della torre.
L’ambiente era silenzioso, poteva percepire con accuratezza il suo battito cardiaco, il sangue che fluiva nelle sue vene e nelle sue arterie, il suo respiro e anche, quello degli altri; ogni sua percezione in quel luogo le sembrava amplificata, tanto da sentirsi leggermente stordita e rimase immobile, respirando lentamente e con calma. In quell’ambiente, vi era una leggera tensione, come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro.
L’oscurità che l’attorniava, divenne più densa, quasi poteva toccarla con la sue mani, ma essa stessa, con un sibilo impercettibile, allungò le sue mani. Stupita e, non ascoltando per nulla il suo istinto che le indiceva un pericolo, allungò una mano verso l’oscurità e sussultò, quando le parve che un’altra mano, si stringesse con forza, quasi con disperazione alla sua e, un dolore lancinante le fulminò e infiammò le sue terminazioni nervose, seguito subito da una sorta di gelo interno il quale, la stava debilitando.
Sentiva il suo cosmo e la sua vita scivolarle via letteralmente dalle mani, mentre il suo corpo, non riusciva neanche a tremare, da quanto stimoli fulminei e dolorosi le sue terminazioni nervose le inviavano; con uno scatto violento, riesce a districare la mano dall’oscurità e se la porta al petto, inspirando profondamente. Il dolore diminuisce, ma il gelo persiste e, istintiva, si allontana da ogni fruscio che cerca di toccarla.
Da una parte percepiva il perché quelle ombre volessero toccarla, ma dall’altra odiava a morte quel perché; il buio era il suo regno sin dalla nascita, non aveva alcuna paura di stare in quel luogo, ma quella densa oscurità, le dava quasi una brutta sensazione, facendola sentire irrequieta.
Si morde leggermente il labbro inferiore, volgendo il capo di scatto quando Andrew, rilascia una calda esplosione cosmica la quale, attenua di poco il gelo che sente per poi sentire uno scoppio poco più avanti; ad accomunare entrambe le cose fu il fatto che l’oscurità sembrasse “scappare” via, come se fosse stata disturbata da quelle vibrazioni forti e distorcenti.
Si sentiva confusa. Da una parte avrebbe voluto far esplodere il suo cosmo e trovare un po’ di pace, ma dall’altra aveva come il sentore di far del “male” e “spaventare” non sapeva bene neanche lei cosa. Prese un sospiro profondo, scuotendo piano il capo, mentre continuava a scivolare tra quei tentacoli, cercando in ogni modo di non toccarli mai. Respirando lentamente e con calma, cerca di scandagliare il luogo in cui si trovano, finché non sente la voce di Jerome e, successivamente, il suo richiamo. Inclina leggermente il capo e, con passo lento e misurato, allontanandosi come può dai sibili che sente, si avvicina all’uomo, percependo il suo respiro.
Solleva la mancina, cercando di toccargli un braccio, con le fini dita gelate, per far intendere che lei era lì vicino a lui.
« Sono qui. Che succede? »
Domanda con voce bassa e tranquilla, per poi ascoltarlo nuovamente le domande dell’uomo con fare leggermente pensosa, quasi come se i tasselli di un puzzle stessero andando pian piano al loro posto.
« Non le sento… ma penso di capire. »
Sussurra solamente, sollevando il capo, mentre un flash di qualcosa che Wij le aveva detto, le ritorna alla mente.
« Questa è la dimora e il dominio di Cernabog, Araldo della Madre. Egli è dominatore del buio e delle anime che anche dopo la dipartita delle loro spoglie mortali venerano la Dea. »
Lo dice con voce chiara e quieta, ben udibile anche agli altri, deglutendo leggermente.
« Egli è il sovrano del terrore che attanaglia coloro che hanno arrecato offesa alla Madre e, in questo momento, senza di lui, credo che le anime si sentano perse. E, non meno importante. »
Tace per qualche attimo, allontanandosi di qualche passo da Jerome.
« Anche se siamo degli eletti della Madre, in questo luogo vi è qualcosa di sbagliato e, questo qualcosa, non gradisce la nostra presenza qui. Utilizza le anime, forse, per cercare un modo per farci desistere dalla missione che Wij ci ha destinato o per ucciderci. La cosa è irrilevante. Sta di fatto che la situazione non è delle più rosee. »
Espone quello che ricorda dalle parole del Drago e le sue riflessioni ai compagni, sperando che l’abbiano sentita, per poi prendere un respiro profondo e schivare nuovamente un tentacolo oscuro; dovevano avanzare, non vi era altra scelta. Non potevano restare fermi lì in eterno.
PG × Demetra | Darian x Bat {III} | Energia × Verde
Stato Fisico x Ottimale, ma leggermente congelata e intorpidita | Stato Mentale x Imperscrutabile | Stato Darian x Integra | Segni particolari x Fasciatura che le copre la parte degli occhiAbilità Tecniche Ultrasuoni x Questa abilità, permette a chi ne fa uso, di produrre con il solo ausilio del proprio corpo, diversi tipi di onde sonore a frequenze variabili. Gli ultrasuoni, sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni acustici propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano.
Sensi Sviluppati x E' un'abilità che si sviluppa con il tempo, la dedizione e la pazienza. Tale abilità, permette di sviluppare i quatto sensi di cui l'essere umano è in possesso e accuirli, rendendo il soggetto più sensibile al mondo che lo circonda.
Tecnica Offensiva
Note x. -
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*...*
Per Andrew e G.P.: Le tenebre si allontanano, squarciandosi, al manifestarsi dei vostri poteri, dandovi quindi tregua dall'effetto prosciugante.
Tuttavia, come per il vuoto creato dall'esplosione nell'acqua, queste tornano a riversarsi su di voi con violenza paragonabile al vostro assalto.
Iniziate a sentire dei ruggiti tra queste tenebre, come se qualcosa di intangibile si nascondesse tra loro.
Per Jerome: Senti avvicinarsi Demetra, mentre le voci continuano a parlare, gridare, gemere. Le tenebre si addensano, senti delle mani che ti toccano, come moribondi che cercano disperatamente di aggrapparsi a te. La tua sanità mentale è sempre più a rischio.
Più le voci si fanno vicine, più le tenebre si addensano.
Per Demetra: Il silenzio acuisce i tuoi sensi già ipersviluppati, rischiando di stordirti. Inizi a sentire anche tu qualcosa attorno a Jerome, un fruscio come di foglie.
Le tenebre vicino Jerome hanno un effetto prosciugante decisamente inferiore, come se non ti considerassero più.
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> Bat no Demetra ●
narrato x parlato x pensato x parlato altruiTacque, ascoltando il silenzio di quel luogo il quale, portava la già sua sensibile percezione del mondo ad un livello differente, quasi a stordirla. Si sentiva come se fosse stata lasciata in una distesa brulla e abbandona, a cavallo tra diversi piani d’esistenza ove nessun essere vivente ha la capacità di sopravvivere e, ogni minimo suono era amplificato, come se tutto intorno lei, fossero stati istallati diversi megafoni per creare quasi un riverbero nell’amplificazione e dispersione del suono.
Resta immobile, ritta, mentre ad ogni movimento delle tenebre, lei si scosta velocemente e, al contempo, cerca di abituarsi all’iper sensibilità dei suoi sensi; si mordicchia leggermente il labbro inferiore, persa nelle sue riflessioni per farsi poi attenta.
Scuote piano il capo, inspirando lentamente e profondamente, quando si rese conto di una variazione; si volta verso Jerome, dal quale non era molto distante e percepisce come se le ombre attorno all’uomo lo stessero solo circondando, senza però toccarlo, quasi intimorite nel farlo. Un fruscio continuo, come di foglie circonda il compagno, come se quelle mani cercassero di toccarlo, ma si sentissero troppo… non sapeva neanche lei come definire il comportamento di quelle mani e si spostò. Schivò una mano ma, un’altra, la toccò e saltò via percependo nuovamente quel gelo intenso abbracciarle le viscere. Sentiva la sua linfa vitale venir risucchiata da quell’oscurità, come se provasse il calore perduto, portandolo via ad un essere vivente; inghiottì piano, rilassando ogni parte del suo corpo e indietreggiando con attenzione.
Non sapeva il motivo di quel suo strano comportamento, ma il suo istinto le diceva di indietreggiare e stare ora tranquilla; si fidava del suo istinto, le aveva quasi sempre fatto fare le cose giuste e, mai in quel momento si fidava di ciò che stava facendo con estrema calma.
Non si era allontana molto da Jerome, solo di un metro e, continuando ad indietreggiare, si ritrovò a sfiorare la mano dell’americano e stringergliela istintivamente con la sua più piccola e gelida; il cambiamento che percepì la stupì.
Il gelo e lo stato di forte spossatezza che aveva provato fino a qualche attimo prima, si era attenuato di molto. Non era sparito, quello no. Ma ora che era vicino all’uomo era come se per le tenebre lei esistesse si, ma aveva perso buona parte della sua attrattiva; corrugò leggermente le sopracciglia, senza riuscire a darsi una spiegazione logica e, mentre le rotelline del suo cervello continuavano a muoversi per trovare una risposta a tutto ciò, facendole nascere dei sospetti, volse il capo verso il compagno e gli strattonò leggermente la mano per attirare la sua attenzione.
« Andiamo a prendere gli altri. È meglio che non stiamo separati in questo luogo. »
Mormora con tono tranquillo e pacato, attendendo che l’uomo le dica o faccia qualcosa, per poi incamminarsi verso Andrew e l’altro suo compagno, consapevole del fatto che la cosa migliore era restare uniti e non divisi.
PG × Demetra | Darian x Bat {IV} | Energia × Verde
Stato Fisico x Leggermente congelata e intorpidita | Stato Mentale x Ottimale/rotelle al lavoro | Stato Darian x Integra | Segni particolari x Fasciatura che le copre la parte degli occhiAbilità Tecniche Ultrasuoni x Questa abilità, permette a chi ne fa uso, di produrre con il solo ausilio del proprio corpo, diversi tipi di onde sonore a frequenze variabili. Gli ultrasuoni, sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni acustici propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano.
Sensi Sviluppati x E' un'abilità che si sviluppa con il tempo, la dedizione e la pazienza. Tale abilità, permette di sviluppare i quatto sensi di cui l'essere umano è in possesso e accuirli, rendendo il soggetto più sensibile al mondo che lo circonda.
Tecnica Offensiva
Note x. -
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§ THE ARMAGEDDON: 5 - SPLITTED
Narrato; "parlato"; "parlato Voce"; parlato altre voci; °pensato°
Una parte di Jerome desidera lasciarsi andare a quella nuova dimensione, il buio senza nome che lo reclama come parte di sé. Sforzandosi un po’ riesce a percepire la paura e la rabbia combattiva che pervade i suoi improbabili compagni: se non provassero tali sentimenti, perché difendersi? Non sono come lui, è chiaro. Non sentono il buio come lo sente lui. Il suo richiamo è forte e preciso, e le voci che brancolano in esso senza requie, è abbastanza sicuro di poterle decifrare, con il tempo. Gliene serve solo un po’, prima di capire il loro messaggio e magari aiutarle.
Guidarle.
Ma l’altra parte, quella che irriducibilmente ha assaporato il calice delle gioie della vita sino a poco tempo prima, che ha sempre dormito non più di quattro ore a notte e ha lottato per tutte quelle recensioni sulle guide gastronomiche di mezzo mondo, è saldamente ancorata ad un retroterra di umanità. Non lo vuole tradire. E così, quando sente il richiamo di un altro essere umano, non può non distogliere lo sguardo dal buio e riportarlo su...
...Demetra. E’ lei che risponde al suo appello, lei che lo cerca, lei che, priva di un senso, ricorre agli altri per trovarlo e vi riesce, forse prima di quanto non avrebbe fatto un vedente. Sente la sua mano, sorprendentemente fredda (e non si stupisce: è naturalmente pallida, e poi la situazione non è delle più rassicuranti), farsi strada contro la sua, stringerne le dita e il metacarpo.
Un flash, violento e traditore.
Nadiya che gli tende la stessa mano (le due vengono quasi dalla stessa parte di mondo), e lui che è troppo indaffarato a comparire su GQ. A preparare il briefing per il pranzo del giorno seguente. Comprare una Maserati. Scoparsi le altre.
E’ tutto qui, ma basta per strapparlo al buio. Le voci, come se avessero intuito che Jerome ha voltato loro le spalle, si fanno sotto più assordanti di prima, guaendo tutte insieme, rimbombandogli nelle orecchie con rimprovero, rammarico, odio. Arriva persino a sentire un contatto fisico, come se qualcos’altro abitasse la tenebra! Forse il legittimo padrone del Tempio, o forse qualcosa ai suoi ordini, messa lì apposta contro gli intrusi... ciò lo coglie di sorpresa: non vuole che il buio si rivolti contro di lui, proprio ora che stava apprezzandone il riposante vuoto. Le parole di Demetra denunciano una pena indicibile, la ragazza è inerme contro una pressione che lui non avvertiva... fino ad ora. Se le voci si sentissero tradite, sa già cosa potrebbe accadere. Potrebbe trovarsi anche lui a fargli da bersaglio.
I fruscii si intensificano, e Jerome lotta per non urlare.
Coglie una o due voci, che si separano dalle altre per qualche motivo.
Бессмёртный Корол, бессмёртный Корол, где Вы?
(Re Immortale, Re Immortale, dove siete?)
Послушаите позалуйста, не оставите нас! Нам нужна ваша помочь!
(Ascoltate, vi prego! Non lasciateci! Abbiamo bisogno di Voi!)
Le lettere straniere si incasellano l’una dopo l’altra, senza troppo sforzo, e vanno a comporre parole che lo sgomentano... solo un po’. Chiunque lo chiami Re Immortale, sembra davvero credere che egli lo sia. L’eco delle voci non fa a tempo a spegnersi, che subito altre ne coprono le ultime parole, sovrapponendosi...
“Hai capito chi sono?”
Silenzio. O meglio, le altre voci minori continuano, ma ora restano sullo sfondo, come in attesa che questa finisca di parlare. E’ nitida, e si rivolge direttamente a Jerome.
°Io... no. A chi ti riferisci? A te o a loro?°
Jerome non si rende conto di avere comunicato con la telepatia. Un forte tremito si trasmette alle sue mani, e da lì a quella di Demetra.
“Hai capito chi sono?”
E’ gelida come il fondo dell’inferno dantesco, eppure gli suona quasi familiare. Non l’ha mai sentita prima ma non è del tutto stupito di ascoltarla.
°Come faccio a capire cosa dicono? Come comprendo la loro lingua?°
“Hai capito chi sono?”
dice un’ultima volta la voce, prima di tacere. Stavolta la frase è stata pronunciata con una lieve ironia, come se la risposta fosse ovvia e bastasse protendersi per afferrarla.
Uno strappo, e il Nostro torna al mondo sensibile. Demetra ancora gli tiene la mano: quanti attimi sono passati?
“Io... ecco, sì. Ci sono. Andiamo a trovare gli altri. Proviamoci, almeno... sulla base delle loro esplosioni di poco fa. Come avranno fatto? Tu lo sai?”
Prova a scherzare, a conversare e a mostrarsi svagato. Sente che è meglio se Demetra e gli altri non sanno che al buio vede molto meglio di loro. Quindi finge di brancolare un po’, anche per prolungare il contatto con la ragazza (per niente sgradevole, deve ammetterlo). L’orientale è proprio lì davanti a loro.
“Ehi, tu. Dico a te, Jackie Chan, lì dentro. Come ti chiami? Puoi sentirmi?”
Il Leone non dista molto.
“Amico, perché non vieni qui anche tu? Mi muoverei anch’io, ma rischio di perdermi questo bozzolo gigante dove sta chiuso il muso giallo. Di dove sei? Santa Monica? Dovevo aprirci una pizzeria, prima che andasse tutto a puttane... dai, non farti pregare. Tutti insieme avremo meno paura e ci capiremo qualcosa!”CITAZIONEPg: Jerome Corcione (in add per: Grymus Darian di Chernobog)
Stato fisico: ok
Stato mentale: vacillante
Armatura: X, però neraCITAZIONERiassunto: provando a mettere insieme la squadra. -
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leone di Gea [liv. IV]
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status cloth ♦ indossata, intatta
status psicologico ♦ leggermente preoccupatoArmageddon: La Vera Minaccia
Part V
Ancora leggermente scosso da quello che avevo appena provato, ci misi un secondo a tornare abbastanza lucido da capire tutto quello che stava succedendo. Dovevamo essere finiti all'interno del Santuario e adesso le tenebre al suo interno, evidentemente più pericolose di comuni ombre, ci stavano assalendo, probabilmente per proteggere il posto. O forse no. Quello di cui ero assolutamente certo, però, era che dovevo difendermi da esse finchè non avessimo trovato una soluzione. Per prima cosa dovevo ritrovare gli altri, ma quel buio abissale non aiutava di certo. Intanto intorno a me sentivo altri cosmi palesarsi, segno che anche gli altri stavano tentando una qualche difesa che da dentro il mio bozzolo di fiamme non potevo vedere.
-Devo andare ad aiutarli!!-
Più facile a dirsi che a farsi. Le tenebre che avevo allontanato con le mie fiamme tornarono a schiantarsi sulla barriera circolare come un mare oscuro, premendo con forza impressionante, quasi al mio livello. Ampie crepe si formarono sulla sfera cosmica che fungeva da struttura portante alla mia difesa, facendomi capire che quella protezione non avrebbe resistito molto a lungo. Se ero fortunato, potevo mantenerla ancora per qualche secondo senza metterci più cosmo del dovuto.
Inaspettatamente una voce mi chiamò dall'esterno. Era uno dei due nuovi arrivati, Jerome mi pareva, il newyorkese. A quanto pareva si era in qualche modo salvato dalle tenebre e adesso stava cercando di radunarci. Quello che disse mi giunse poco chiaro a causa del ruggire delle fiamme, ma più o meno riuscii ad intuire la direzione da cui proveniva.
Era piuttosto azzardata come ipotesi, ma forse aveva ragione quel tizio: insieme potevamo agire molto meglio. Sperando di riuscire ad attraversare quel mare di tenebre senza perdermi o essere sopraffatto, mi preparai ad uscire dal mio bozzolo, facendo confluire le fiamme che lo ricoprivano sul mio corpo, trasformandomi in una sorta di "torcia umana". La pressione delle tenebre era notevole lì fuori, tanto che mi sorpresi di essere riuscito a tenerla a bada con la mia precedente difesa per così tanto tempo, e iniziai subito a sentirmi indebolito, ma via via che avanzavo in direzione mi parve come se tutta l'aggressività di quell'oscurità cominciasse a scemare. Com'era possibile?
-Che sia la mia vicinanza agli altri a rendere meno forte l'oscurità?-
Possibile. Magari avvicinandoci l'uno a l'altro in qualche modo indebolivamo quell'assalto o chissà cosa, l'unica cosa certa era che riuscivo effettivamente a reggere meglio, tanto che aumentai l'andatura per avvicinarmi il più possibile, anche a costo di battere contro gli altri. Meglio troppo che troppo poco.
narrato ♦ pensato ♦ parlato ♦ parlato altruiNote ♦ Vedo di indovinare più o meno ad orecchio dove siano gli altri e mi avvio verso di loro coperto da fiamme per difendermi alla meno peggio dall'oscurità Speriamo di arrivarci sano e salvo
Abilità ♦ Fuoco Dorato
Tutte le creature di Madre Natura hanno sempre temuto la luce e il calore del fuoco, simbolo della civiltà umana, conquistato secondo la leggenda da Prometeo e poi donato all’uomo ma non alle bestie. Il Re degli Animali alla fine ha fatto suo questo potere, infondendolo nella sua Cloth, donandole il fuoco più bello e letale mai esistito. Fiamme dorate lo contraddistinguono dal fuoco dell’uomo, un colore dovuto al cosmo che arde come combustibile, fiamme selvagge e indomabili per chiunque non sia il Cavaliere che le crea, pervase di cosmo, tuttavia innocue per il Cavaliere del Leone. Molto più dannose di un normale fuoco, esse possono utilizzare come combustibile qualsiasi cosa, dal legno alla pietra, dal metallo alla carne, bruciando e consumando con ferocia inaudita. Sono altresì difficili da estinguere, estremamente calde come sono, persino stando diversi secondi sotto l’acqua o sotto terra. Un fuoco che ha il colore dorato degli occhi di un leone e la sua stessa ferocia.
Tecniche ♦ Burning Core
Una sfera di fiamme e cosmo avvolge completamente il corpo dell’utilizzatore, simile ad un bozzolo sferico, dalla temperatura rovente ed efficace difesa contro attacchi di tipo fisico, cosmico ed elementare, in grado fornire un’ottima protezione (ovviamente in dipendenza delle energie in gioco). Tuttavia questa difesa po’ diventare una potente offensiva se l’utilizzatore lo vuole: infatti una volta assorbito il colpo, se la situazione lo permette, la parte della sfera che non è stata utilizzata per difesa (a meno che il colpo non avesse come obiettivo l’intera sfera) si scaglierà contro l’avversario sotto forma di ondata di fuoco, divorando ogni cosa sul proprio cammino
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Nel caso la posizione dell’avversario non sia conosciuta al momento dell’offensiva, al posto della fiammata la sfera esplode coinvolgendo più spazio possibile. -
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*Le tenebre iniziano via via a dissiparsi mostrandovi nelle vostre posizioni.
Come fumo nero l'oscurità si ritira e danza circondandovi e mostrando il pavimento e le pareti di quel luogo.
Tutto è composto da un cristallo corvino che emana una tenue luce baluginante.
Potete ora tutti sentire bisbigli frenetici in quel nero mare, increduli, terrorizzati, alcuni speranzosi, altri colmi d'ira.
Poi tutta l'oscurità si avventa su Jerome entrando nel suo corpo che inizia a sollevarsi da terra e a danzare in scomposte convulsioni.
Il tutto dura pochissimi secondi e le convulsioni terminano, lasciandolo cadere al suolo inerme.
"Scappate piccoline?"
Una voce, terribile e stridula, vi penetra nella testa.
Ora che le tenebre sono scomparse potete vedere l'enorme salone in cui vi trovate.
Si tratta di una gigantesca caverna di cristallo con al centro una scalinata composta da gradini neri sospesi nel vuoto che conducono ad un trono fatto della stessa materia del palazzo.
Da quella strana scala scende lentamente una creatura orripilante, la cui stessa forma è un affronto a qualsiasi logica, persino a quella di chi è abituato a vivere tra i prodigi.
A tratti ragno, a tratti guerriero, a tratti femmina, l'essere muta d'aspetto ad ogni passo.
"Fuggite da me... ma sapete che non potete fuggire dalla Dimenticanza...*
La voce è sempre più insostenibile, i vostri stessi pensieri all'udirla fuggono facendovi sentire confusi su dove siete e su cosa state facendo lì.
La creatura passa oltre il vostro gruppo, quasi non vedendovi o non ritenendovi degni di attenzione, e allunga le sue grottesche braccia verso Jerome.
"Così questa è la nuova forma del vostro re? Così debole... ha toccato il potere del Vero Dio ed è strisciato come un verme alla ricerca di un nuovo simulacro di carne... ma sapete cosa vi succederà, vero, se lo mangio?"
Ride ora e le sue risa sono come pugnalate continue alla vostra testa, trafitta da terribili emicranie ad intermittenza.
Il mostro solleva il corpo inerte di Jerome e lo porta verso il suo addome da cui inizia a formarsi un vortice oscuro costellato di denti acuminati.
Molto bene, ora siete alle prese con questo coso.
Siete tutti abbastanza indeboliti fisicamente dal contatto con le tenebre, tranne Demetra che è messa un po' meglio, ma subisce maggiormente l'effetto della voce del mostro.
Agite come volete come se foste in duello.
Per Jerome: Quando le tenebre ti invadono senti come un'esplosione di ricordi che risalgono ai tempi del mito, milioni e milioni di sensazioni, di immagini, di sentimenti. Alcuni sono ricordi importanti, altri inutili, altri pieni d'amore, altri d'odio e rabbia.
Insomma, tutte le anime fin ora al servizio di Gea e senza più corpo cercano rifugio in te e tu percepisci, in un unico istante, tutti i loro ricordi.
Il tuo corpo collassa immediatamente, quello che devi fare ora è descrivere come fai a mantenere la lucidità e non venire spezzato anche nella mente.
A voi!
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'Azz!.
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§ ARMAGEDDON: 6 - ENGULFED
Narrato; “parlato”; °pensato°; “parlato delle anime” ; "parlato Voce"; "parlato mostro"
Le tenebre si diradano, e lasciano a Jerome un senso di vuoto per qualche istante: come se avessero tolto l’aria da un barattolo e lui fosse rimasto chiuso dentro. Si stupisce per quanto importante fosse quel contatto, quel delirio di voci rapprese e sparpagliate nel suo cranio. Le nere mani lo lasciano libero, e con lui tutti gli altri. Si guarda intorno, scorge chiaramente gli altri: gli sembrano ancora sulla difensiva, e comprende di dover dire qualcosa per rompere il ghiaccio:
“Avete visto? Ce l’abbiamo fatta. L’unione fa la forza, eh?”
Una risata gli esce in qualche modo, prima sforzata, poi via via più liberatoria. E’ tornato padrone di sé: ora il dubbio è se non preferisse di più la situazione di prima, ma lo ricaccia sotto una coltre di giovialità a buon mercato.
“Naah, lo sapevo, erano tutti effetti speciali. Oh, guardateci: ancora tutti qui, tu con il tuo fuoco, tu con quel tuo... bozzolo, o quel cavolo che è... Demetra, dai, non fare quella faccia!...”
Ma rimane senza parole anche lui, di fronte alla bellezza del luogo. Ciò che prima l’oscurità aveva ammantato si rivela ora ai loro occhi per un salone splendido, una caverna con pareti di un materiale che poteva essere ossidiana lucida, un atrio maestoso proprio per la sua sobrietà, sovrastato da un altissimo soffitto che gli sembra di vetro fumè.
“Alla faccia del ca...”
Nel bel mezzo della parete di fondo, una scala padronale troneggia su tutto. Potrebbe essere uno dei set di “The Lord of the Ring”, anche se gli è molto chiaro che non si trovano in Nuova Zelanda.
Quanto silenzio aveva albergato in quel castello? Quanto potere era stato amministrato in quelle sale, lontano dalla confusione del mondo civile, nascosto alla vista e all’udito? Quali decisioni erano state prese dal sovrano che ora non si faceva vedere?
Furono decisioni sagge? O giuste?
°Che mi succede?°
E’ strano davvero. Prima di ora aveva sempre pensato in termini pratici, esilaranti, spesso volgari, e aveva affrontato il mondo in cui era nato a testa bassa, lancia in resta, e vediamo chi rimane in piedi per ultimo. Adesso le cucine, le discoteche, le sale da ricevimento affollate, perfino lo studio improvvisato nel suo attico dal fotografo di “Rolling Stone” gli lasciano, solo a pensarli, un retrogusto di qualcosa che ancora non definisce, e che personaggi più raffinati o snob non esiterebbero a riconoscere come senso di kitsch, di sporco e dozzinale. Il suo passato, messo per la prima volta a confronto con qualcosa di più elevato, ammutolisce deferente, e il suo ego, anche se non ha ricevuto l’educazione estetica e morale necessaria a riconoscere la vera grandezza e la gravità che sempre l’accompagna, avverte di essere ora davanti a qualcosa di diverso da ogni precedente esperienza.
°Solo una persona mi ha fatto sentire qualcosa del genere°
Pensa per associazione, e quindi in modo non del tutto congruo.
Pensa a Nadiya: chiaro.
Un tremolio nell’aria, una vibrazione appena percettibile che va rafforzandosi: il suo istinto di sopravvissuto, non del tutto sopito da anni di successi, lo avverte un istante troppo tardi. Ma anche se lo facesse in tempo, nulla cambierebbe: impossibile nascondersi dal Buio.
Le ombre ritornano in massa, sciamando a strati simili a nubi temporalesche, e con loro la cacofonia multilingue. Mentre viene investito con la forza di un maglio, capisce: gli spettri che sente non si limitano ad accompagnare le ombre, ne sono legati in un rapporto che non può spiegare. E’ quasi simbiosi.
Le sensazioni, le impressioni, i ricordi: tutto questo lo travolge. Migliaia di esseri senzienti, in una forma non più tangibile, affollano la sua mente e la sua anima, sopraffacendoli, annegandoli: è impossibile resistere. Proprio come ad un cattivo trip. La sua coscienza si arrende, e si lascia andare alla deriva mentre il suo corpo trema, gli occhi strabuzzati e rivoltati.
“Que haces? Y que hacemos aquì? Aquìaquìaquìììì....”
“Pardonnez-nous, Monsieur... ne pouvons vous defendre... cette chose mèchant est là-bas, et vous attend...”
“Abbiamo combattuto... abbiamo lottato per lei, un tempo...”
Un flash, anzi diversi. Si sovrappongono alle voci che a loro volta si accavallano le une alle altre, ma in modo ancora più caotico e vorticoso di prima. Mani lo sfiorano, strattonano, afferrano come per non scivolare via da lui.
Inverno, in un imprecisato paese nordico (è quella che sarebbe diventata la Gran Bretagna, ma lui non può riconoscerla). Un lungo muro in costruzione, noto nei secoli successivi come il Vallo Adriano, taglia la pianura avvolta nel crepuscolo. Soldati in armature romane, i volti distorti in smorfie per via del freddo e dell’umidità cui non sono avvezzi, combattono guerrieri più disordinati, avvolti in pellicce. Sono gente del posto e brandiscono grandi asce tra le braccia poderose. Ma stanno perdendo terreno. Fino a che un gigante coperto di metallo, non ben visibile per via dell’oscurità, compare dal nulla e fa strage degli invasori... ma è già coperto di sangue, è stato ferito in più punti...
Caldo afoso, foresta lussureggiante. Gli sembra l’Amazzonia, in realtà è il Borneo. Una tribù di dayachi scruta con sospetto gli uomini bianchi catturati mentre cercavano di catturare vivo un esemplare di babirussa per lo zoo di Hannover. Avevano i fucili, ma una singola donna, coperta da una singolare corazza simile a quella dei ragazzi che si trovano con lui nel tempio, ha parato o evitato tutti i proiettili e ora si consiglia con lo stregone: li sventreranno vivi, o spiccheranno le loro teste mangeranno guance e occhi prima che si freddino?...
Qui è impossibile dire dove siamo, ma ci sono solo tre protagonisti. Due portano ingombranti e solenni armature color viola scuro, quasi nero: il terzo, sporco, lacero, senza più elmo, è invece un lontano parente del gigante sassone e della donna dayaca. I due in nero, in palese vantaggio, lo osservano dall’alto in basso.
“E‘ tutta qui la vostra forza, Cinghiale? Era chiaro che non potevi farcela davanti a due dei tre Giudici di Hades, ma mi sarei aspettato qualcosa in più.”
“Concordo, Minos: sono deluso anch’io. Spero solo che questo Zmaj di cui tutti parlano sappia fare di meglio.”
Lo sconfitto sogghigna, poi con la forza della disperazione tenta un’ultimo attacco: ma il suo corpo viene fatto a pezzi da decine di fili invisibili...
°Che cosa posso fare? Che cosa posso fare per aiutarvi?°
Tutto questo, Jerome lo vede dentro di sé, dato che ha inglobato le tenebre - o sono loro che hanno invaso lui. Nella sua mente gli scenari si sovrappongono come fotogrammi di un film a buon mercato girato su pellicola già impressionata in precedenza. Fino a che gli scenari si separano e sullo sfondo, uno sfondo di vuoto cosmico, si staglia una sagoma.
E‘ alta, enorme, soverchiante. Ma per qualche motivo Jerome non la sente troppa vicina. Gli pare che sia solo uno spettatore: non può interagire con quanto gli succede. Ha capelli bianchi e lunghi, che gli nascondono il viso, peraltro inclinato verso il basso. Indossa vesti scure, le cui pieghe si confondono tra loro. Sotto potrebbe esserci un’armatura, ma è tutto troppo indistinto per capire.
“Ma guarda cosa mi tocca vedere. Capisco che sei un principiante, ma almeno non calare così le brache davanti a loro. Stanno dominandoti, e dovrebbe essere l’opposto, dico bene, giovane? Altro che aiutarli... e se non riesci a fare ciò che va fatto, presto sarà troppo tardi per tutto.”
Alza un braccio, e indica dietro di lui, dove una voce spacca l’aria con una nota atroce, di gesso che scricchiola sulla lavagna.
“Scappate, piccoline?”
I tremiti lasciano di botto Jerome, che precipita giù e si accascia, di nuovo in grado di vedere e sentire. Le ombre ora ristagnano in lui, come colpite, tremanti. Ancora sconvolto, chef Corcione riesce a individuare una presenza. La figura possente che si è materializzata sulle scale, e che le scende lentamente, è presa in prestito da una decina di incubi diversi. Pera quanto si sforzi non riesce a metterla a fuoco, e forse questa è la cosa peggiore: è composta da parti di corpi, umani, animali e chissà cos’altro, che mutano di continuo, raccogliendo al poca luce del Tempio e restituendo immagini ingannevoli. Donna? Uomo? Difficile stabilirlo: avanza su lunghe zampe di ragno che la tengono sollevata da terra, e l’unica cosa che non cambia mai è la malvagità di cui è permeata, e che anzi sprigiona.
Dentro Jerome, le anime si agitano frenetiche, come soldati che rompono le righe di fronte a qualcosa di troppo grande e terribile per sperare nella vittoria.
“Aspettate! Fermi... fermi!”
Vorrebbe comunicare con loro, anche se non sa cosa. Poi prova a rivolgersi all’ombra più grande, che sembrava avere ancora dominio di sé, ma scopre che si è volatilizzata.
“Fuggite da me... ma sapete che non potete fuggire dalla Dimenticanza...”
La Voce è un insulto per le orecchie, e le parole che porta seco sono foriere di sinistri presagi.
Il mostro oltrepassa gli altri: non ha occhi che per Jerome. Fa per raccoglierlo da terra come un cencio sporco, senza riguardi.
“Così questa è la nuova forma del vostro re? Così debole... ha toccato il potere del Vero Dio ed è strisciato come un verme alla ricerca di un nuovo simulacro di carne... ma sapete cosa vi succederà, vero, se lo mangio?”
Quanto terrore dovrebbe comportare l’udire simili parole? Cosa bisogna provare di preciso: spavento, freddo, ansia... nessuno saprebbe dirlo. Ma una cosa è certa: il tremebondo Jerome non è una persona come le altre. Ha sempre sospettato tale verità, ma in modo frivolo, del tipo: sono superiore, la legge non mi tocca, posso anche oltraggiarla nei modi più grotteschi... tanto, conta solo il numero dei coperti che faccio a cena.
Ed è qui che qualcosa si sblocca in lui. Il mostro ha parlato di mangiare. Un verbo semplice, e che viene dato per scontato da chiunque abbia abbastanza soldi da riempirsi il piatto e sfuggire alla più atavica delle minacce: la fame. Jerome sa bene cosa significhi nutrire qualcuno: in tanti anni di balordaggine e successo sfrenato, non ha scordato i primi insegnamenti ricevuti sul proprio mestiere. Glieli impartì suo padre... Un turbine di sensazioni, ricordi di trionfi e fallimenti, calli alle mani, fatica, poche ore di sonno; il caldo dei fornelli e il freddo della cella frigorifera, mentre i più grandi chef del mondo lo usavano come pezza da piedi nelle cucine più sporche e rinomate. Mangiare. Far da mangiare. Tagliare à la julienne, ridurre, mantecare, quindi impiattare. Sotto un altro. Per migliaia e migliaia di volte.
E quanti compagni di trincea avevano condiviso tutto questo con lui? In primis Giannino Falco, impareggiabile sous chef e grandioso arruffone, in grado di rimediarti una costata quando la cella frigorifera è vuota e manca ancora un tavolo, e nel frattempo cucinare stuzzichini per i lavapiatti, intortarsi la nuova hostess e puntare sugli Yankees con il giornale sportivo sotto gli occhi e il telefono in una mano libera. Per tacere di tutti gli altri. Giorni gloriosi. Non torneranno più... ma l’attitudine è rimasta in Jerome. Così, proprio come avrebbe fatto con la sua brigata di cucina, il suo intero corpo riprende il controllo prima ancora che sia la mente a farlo. Non può farci nulla, e prende a sbraitare:
“Gianni! Gianni, cazzo! Se salti quel fegato ancora una volta ci ficco te nella padella, brutto buco di culo! E tu, vestito da Leone... ma porca puttana, dagli una mano! Attizza il fuoco e friggi questo grosso bastardo! Dov’è il poissonnier? Il mio poissonnier, ‘rca troia! Ci hanno ordinato sogliole di Dover in sei tavoli insieme, come faccio senza di lui? Proprio oggi doveva darsi malato? Oh, Bruce Lee... sì, dico a te, smetti di chiuderti in quel bozzolo di merda e picchia duro! Papi, oggi te lo mettono nel culo con tutti quegli antipasti... voglio proprio vederti, ma non venire a strillare da mammina se non ce la fai a reggere il ritmo! Demetra... tu, bellezza, sì, a te dico, non sarebbe male se combinassi qualcosa! Questo figlio di puttana mi si mangia davvero! E guarda che sono io a pagarti lo stipendio, guapa!”
Che sia o meno il mostro a farlo sragionare, con quella bocca che gli si apre in mezzo allo stomaco, oppure il cervello del Nostro viaggi come gli pare per un misto di adrenalina e astinenza dalla coca, non è dato saperlo. Fatto sta che, pur non sapendo come reagire, ci prova, anche a livello inconscio. La razionalità non c’entra più nulla: se si rimettesse in moto, forse la sua mente collasserebbe sotto il peso della paura, sua e di tutte le anime che gli sono entrate dentro. Il mostro lo tiene, preparandosi a finirlo: non gli resta che sperare che i suoi compagni facciano fronte comune... anche se non sa bene perché dovrebbero.CITAZIONEPg: Jerome Corcione (in add per: Grymus Darian di Chernobog)
Stato fisico: tremante e stressato
Stato mentale: molto vacillante, poi semplicemente si spegne e parte l'inconscio, nutrito di ricordi e sensazioni del passato
Armatura: X, però neraCITAZIONERiassunto:
Jerome cerca di domare le anime, e di farsi strada nel fiume di ricordi che lo assale. Poi, quando il mostrone si fa sotto, come scritto sopra parla a livello inconscio, arringando gli altri e incitandoli a picchiare. -
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leone di Gea [liv. IV]
status fisico ♦ indebolito
status cloth ♦ indossata, intatta
status psicologico ♦ leggermente disorientato dalla debolezza e dall'effetto della voceArmageddon: La Vera Minaccia
Part VI
Quando le tenebre iniziarono a diradarsi mi sentii come se stessi riemergendo da acque oscure dopo una lunga immersione. Allungai quasi disperatamente le braccia verso l'isola di quiete dove gli altri erano raccolti, vicini l'uno all'altro, apparentemente sani e salvi. Affronto quell'ultimo passo verso la salvezza, ma prima ancora che io possa finire di muovermi le tenebre mi hanno già oltrepassato, allontanandosi rapide alle mie spalle, vorticando come un tornado attorno a noi. Lo sforzo a cui ero sottoposto finalmente finisce, lasciandomi libero di inspirare profondamente, riempiendomi i polmoni di aria fredda come se fosse l'unica cosa capace di salvarmi da morte certa. Le fiamme che bruciavano sul mio corpo, ormai ridotte a piccole fiammelle in procinto di essere estinte dalla pressione dell'oscurità, si spengono definitivamente non essendo più necessarie.
Avanzo a passo stanco su quello strano pavimento dall'aspetto cristallino, completamente nero ma luminoso come l'alba in confronto all'oscuro abisso nel quale ero stato immerso sinora.
-Finalmente...-
Borbotto stancamente, mentre mi affianco agli altri, osservando ancora inquieto le tenebre che danzavano in circolo attorno a noi, simili alle pareti di ciclone e altrettanto tumultuose. Si spostavano rapide, come se fossero quasi inesistenti, allungandosi e ritraendosi, uscendo di pochissimo per poi rituffarsi nel mare vorticante di oscurità. Intanto voci, molte voci, tantissime voci, lievi come sussurri, risuonavano attorno a noi, alcune sorprese, altre evidentemente iraconde, altre terrorizzate. Quelle tormento semovente sembrava possedere innumerevoli personalità che stavano bisbigliando tutte contemporaneamente, dialogando tra di loro o forse con noi, ma probabilmente con nessuno. Un brivido mi corse lungo la schiena.
Poi, come nella mitologia ebraica fa il Mar Rosso, tutto quell'oscurità si riversa verso di noi come un oceano nero, troppo rapido anche solo rapido per considerare l'idea di cercare un riparo, troppo devastante per sperare di potersi difendere.
-Fuck-
Quando quella muraglia scura era ad un passo dal sommergerci chiusi gli occhi, ormai certo dentro di me di essere spacciato.
Attesi un attimo in silenzio, immobile, senza nemmeno pensare. Non sentii nulla, nemmeno mi parve di essere sfiorato. Eppure quelle voci erano più forti, come se fossero proprio accanto a me. Spalancai gli occhi, cercando di comprendere che cosa stesse succedendo, ma quello che vidi fu più che sufficiente a spiegarmi tutto quanto.
Jerome era sollevato a mezz'aria da una qualche strana forza, il suo corpo scosso da violenti spasmi, mentre le tenebre si riversavano nel suo corpo, non per distruggerlo ma come per esserne assorbite. Non avevo la minima idea se fosse in grave pericolo o se quell'assurdo evento fosse qualcosa di inaspettatamente benevolo, ma prima ancora che potessi decidermi e intervenire, il flusso finì, lasciando crollare a terra Jerome come un sacco di patate, apparentemente svenuto. Era incredibile quello che serviva pur di zittirlo.
Stordito da quella rapida successione di eventi, cerco lo sguardo degli altri due, nella speranza che abbiano capito qualcosa che mi è sfuggito in tutto ciò. Noto finalmente l'ambiente circostante in tutta la sua completezza, una sorta di caverna completamente di cristallo, vastissima e solenne. Tuttavia, ero più interessato allo stato di salute di Jerome che al turismo, al momento.
Osservai per qualche attimo il suo corpo inerte, in attesa di una qualche reazione, ma a parte respirare non sembrava essere intenzionato a fare altro.
-Starà bene?-
Forse era un po' superflua come domanda o forse direttamente insensata, ma mi venne quasi spontaneo chiederlo. Non avevo intenzione di mettermi a fargli un check-up, quindi sperai che il semplice fatto che stesse respirando fosse abbastanza per indicare che fosse ok.
-Scappate piccoline?-
Come una freccia che si pianta nel cervello, quelle parole bastarono per farmi venire una violenta emicrania. Strinsi i denti mentre portavo le mani alla testa di riflesso, mentre mi voltavo alla ricerca di chi aveva parlato.
Non avevo visto fino a quel momento la lunga scalinata presente al centro della caverna, composta da strani gradini anch'essi di cristallo nero. Conduceva ad un trono scuro che si stagliava su tutto quanto, dal quale adesso stava calando... qualcosa. Era praticamente indescrivibile, si trattava di una mostruosità dai tratti in continuo mutamento che sembrava ferirti la vista con la sua semplice presenza da quanto era ripugnante. Un attimo prima sembrava una sorta di donna con lunghe gambe da aracnide, ma giusto il tempo di sbattere le palpebre e già si stava deformando in qualcosa di forma più insettoide, per poi tornare ad assomigliare ad una figura umana, stavolta più deforme. Con le sue lunghe zampe si avvicinava a grande velocità a noi, ma tra il dolore che le sue parole procuravano e l'indebolimento fisico causatomi poco prima dalle tenebre ero a malapena in grado di reggermi sulle mie gambe, figuriamoci a tentare di scappare.
La creatura parlava avanzando, inondando la mia mente di puro dolore, anche se non sembrava rivolgersi noi. Se avessi avuto la facoltà di ricordare, avrei sicuramente ricollegato quella situazione a ciò che avevamo sperimentato in Antartide al cospetto del Sole Nero, ma in quel momento faticavo anche solo a tenere a mente chi fossi e dove fossi. Tutto nella mia testa vorticava confusamente, impedendomi di fare anche solo un pensiero sensato.
Prima ancora che potessi rendermene conto, la creatura, orrenda e disgustosa in ogni sua forma, era già dinnanzi a noi, troneggiando su tutti quanti con le sue lunghe zampe da ragno. Invece di attaccare, però, sembrò non accorgersi nemmeno di noi altri, dirigendosi senza indugio verso Jerome, ancora steso a terra, sollevandolo con ben poca gentilezza, come si farebbe con un vecchio bambolotto malandato. La sua risata mentre si prepara a divorarlo con le sue orripilanti fauci appena apertesi sul suo addome è pari a colpi di mitragliatrice nel cervello. Due lacrime di dolore mi scendono dagli occhi e disperatamente tento di fermare quel dolore stringendomi l'elmo e la testa con le mani, ma il dolore non smette finchè la risata non si ferma. Ero confuso e debole, mi sentivo come se avessi appena bevuto tutto l'alcool del mondo e stessi affrontando la peggiore sbornia della mia vita, ma improvvisamente la forte voce di Jerome mi scosse. Sembrava vaneggiare a tratti e talvolta rivolgersi noi. Urlava infuriato e per un attimo mi aspettavo che si mettesse a gesticolare animatamente, ma rimase inerte, in balia del mostro. Tra i suo vaneggiamenti, però, si distinguevano chiaramente la sua richiesta di aiuto e l'esortazione a lottare contro quella creatura.
Non avevo un reale motivo per farlo, a dire la verità faticavo a ricordare anche solo chi fossero quelle persone e cosa fossi venuto a fare, ma una richiesta d'aiuto tanto accorata quanto inusuale non poteva essere ignorata. Ghignai, mentre mi preparavo a fare quello che mi riusciva meglio: carbonizzare ogni singolo fottutissimo nemico.
-Non prendo ordini da te, ma una mano te la do volentieri, anzi..-
Le fiamme mi avvolsero, trasformandomi in una sorta di torcia umana dorata e sfavillante. Ero indebolito e non completamente lucido, quindi non aspettavo certo di raggiungere il mio massimo potenziale, ma mi bastava essere consapevole che avrei fatto parecchio male. Strinsi i pugni e preparai lo scatto.
-...te ne do anche due!-
Balzai come una molla verso quella orripilante creatura, che al momento mi mostrava il fianco sinistro e non pareva minimamente essere interessata a me, lasciandomi dietro una scia infuocata. In sostanza non avevo il minimo piano, volevo semplicemente schiantarmi come una meteora fiammeggiante ricoperta di armatura contro il fianco del mostro per impedirgli di ingurgitare Jerome e magari anche scaraventarlo via con la forza dell'impatto amplificata ancora di più dalle fiamme roventi che mi avvolgevano. Avrei martellato duro quella bestiaccia.
narrato ♦ pensato ♦ parlato ♦ parlato altruiNote ♦ E' tempo di distruzione
Abilità ♦ Fuoco Dorato
Tutte le creature di Madre Natura hanno sempre temuto la luce e il calore del fuoco, simbolo della civiltà umana, conquistato secondo la leggenda da Prometeo e poi donato all’uomo ma non alle bestie. Il Re degli Animali alla fine ha fatto suo questo potere, infondendolo nella sua Cloth, donandole il fuoco più bello e letale mai esistito. Fiamme dorate lo contraddistinguono dal fuoco dell’uomo, un colore dovuto al cosmo che arde come combustibile, fiamme selvagge e indomabili per chiunque non sia il Cavaliere che le crea, pervase di cosmo, tuttavia innocue per il Cavaliere del Leone. Molto più dannose di un normale fuoco, esse possono utilizzare come combustibile qualsiasi cosa, dal legno alla pietra, dal metallo alla carne, bruciando e consumando con ferocia inaudita. Sono altresì difficili da estinguere, estremamente calde come sono, persino stando diversi secondi sotto l’acqua o sotto terra. Un fuoco che ha il colore dorato degli occhi di un leone e la sua stessa ferocia.
♦ Agilità superiore
Tra i più grandi felini al mondo, il leone domina la savana con la sua superiorità fisica, un misto di potenza e agilità. Proprio questa agilità si riflette sul possessore della Cloth del Leone, conferendogli capacità fisiche solo immaginabili per gli altri guerrieri. Il suo corpo diventa un macchinario perfettamente coordinato, permettendogli movimenti estremamente precisi e rapidi, un equilibrio eccellente, capacità di scatto e di salto superiori a quelle di chiunque altro. La sua velocità è tale che agli occhi di Cavalieri dotati di un potere al suo livello sembrerà quasi di vedere immagini residue dei movimenti del Cavaliere di Gea, atti a disorientare e distrarre potenziali avversari, tale è la sua rapidità e fluidità nei movimenti e negli spostamenti. Sul piano fisico trova ben pochi rivali grazie a queste sue capacità.
Tecniche ♦ Nessuna. -
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> Bat no Demetra ●
narrato x parlato x pensato x parlato altruiPercepì un fruscio costante, come di qualcosa che scivola via con delicatezza da una superficie liscia e il freddo diminuire.
L’ombra si stava ritraendo senza alcun motivo apparente, mentre una brutta sensazione le serpeggia in corpo; lascia la mano di Jerome, restandogli però vicino e scuotendo piano il capo alle sue parole, seguite da quelle di Andrew.
« Sta per succedere qualcosa. Andrew, tutto bene? »
Domanda con tono gentile verso il leone di Gea, per poi tacere. Non era del tutto sicura che quel ritrarsi fosse una buona cosa; tese le orecchie, cercando di percepire qualche rumore, sussultando leggermente alla risata di Jerome.
« Non riesco a capire se credi ancora di sognare o se ti renda conto che questa situazione è reale e per nulla promettente. »
Glielo dice con voce calma e pacata ma, dopo poco, si sentì gelare. Bisbigli e mormorii le giungevano come se delle persone stessero parlando normalmente all’udito e drizzò la schiena divisa tra lo sconcerto e la curiosità.
Quei bisbigli avevano le inflessioni più diverse: incredulità, terrore, speranza, ira.
Erano un miscuglio di sentimenti contradittori e al contempo profondi e antichi che l’affascinavano, mentre muoveva lentamente la testa da una parte all’altra come a voler sentire tutte le voci da tutte le angolazioni e, infine, una vibrazione.
Come un’onda di mareggiata, l’oscurità si compattò, riversandosi come un’ombra contro Jerome; si scosta appena in tempo dall’uomo il quale, viene preso in pieno. L’aria vibra, quando il corpo in preda alle convulsioni si solleva dal terreno, tutto sembra immobile, quasi il tempo si fosse fermato per il resto, ma non per loro e poi, il tonfo secco di un corpo inerte. Scuote ancora il capo stordita e si avvicina subito al corpo dell’uomo, poggiandogli le mani sul petto e, capendo la direzione da prendere, scosta la mancina e la porta al collo di lui. Il battito è forte, anche se regolare e il respiro lo percepisce perfettamente; alla domanda di Andrew solleva il capo che aveva mantenuto chino, restando inginocchiata accanto all’uomo.
« A livello fisico credo stia bene. Ha solo un po’ di… »
Una voce sovrasta la sua e, ogni pelo del suo corpo si rizza, mentre nella sua testa esplode un dolore atroce, come se dentro il suo cranio, degli artigli affilati la stessero graffiando a morte. Si raggomitola leggermente su se stessa, portandosi le mani sull’elmo per stringerlo, come se esso facesse riverberare quella voce nella sua testa; emette un piccolo gemito il quale, si riverbera per tutta la stanza, facendole comprendere a fatica di essere in una specie di enorme salone e il ticchettio ritmico di qualcosa che scende da una scalinata.
Prende un respiro profondo, cercando di arginare il dolore alla sua testa, mentre le vibrazioni che provenivano da quell’essere la confondevano: a tratti ragno, a tratti donna a tratti guerriero. Era un essere che riuniva in se tutte quelle essenze, mentre percepiva il leggero stridio degli artigli che aveva sulle dita dalla pelle coriacea che scricchiolava; insieme a quei lievi rumori prodotti dal corpo del mostro, si univa quello tintinnante del metallo.
Ancora quella voce che le graffia l’udito e le provoca dolore, tanto che ogni pensiero coerente sembra fuggire e dissolversi, lasciandola inerme e confusa, quasi dimentica di dove fosse o cosa facesse lì. Il movimento del petto dell’uomo disteso davanti a lei, la riportò con i piedi per terra e scosse la testa stralunata.
Non fa in tempo ad afferrare e scostare Jerome, che le grottesche braccia dell’essere, presero l’uomo, sollevandolo e l’ascolta, mentre il dolore si fa nuovamente sentire; stringe con forza i denti, cercando di non dare peso a quel dolore ora più acuto per via della risata graffiante, provocandole un dolore ad intermittenza, come la lampada al neon di un’insegna. Fece una smorfia, alzandosi in piedi, mentre la voce di Jerome che inveiva verso di loro, le provocava un sorriso divertito sul candido viso, mentre percepisce qualcosa di non ben definibile aprirsi sull’addome dell’essere e lo sfregare di qualcosa che sembrano denti. Corruga la fronte, ma non vi è molto tempo; percependo l’attacco portato da Andrew e l’altro suo compagno, scatta verso il mostro, essendo la più vicina, e concentrando il suo cosmo, da vita a tanti piccoli pipistrelli di cosmo che cerca di scagliare una parte all’interno e l’altra parte all’esterno della bocca che si è venuta a creare sull’addome, per poi farli esplodere in sincrono con gli attacchi degli altri due suoi compagni, nella speranza che molli la presa sull’italo-americano.
Se dovesse funzionare e lasciare la presa sul corpo di Jerome, cercherebbe di prenderlo al volo e allontanarsi il più possibile dal mostro e cercando di riflettere sul da farsi.
PG × Demetra | Darian x Bat {IV} | Energia × Verde
Stato Fisico x Indebolito, ma non troppo | Stato Mentale x Indebolita e dolorante dalla voce | Stato Darian x Integra | Segni particolari x Fasciatura che le copre la parte degli occhiAbilità Tecniche Ultrasuoni x Questa abilità, permette a chi ne fa uso, di produrre con il solo ausilio del proprio corpo, diversi tipi di onde sonore a frequenze variabili. Gli ultrasuoni, sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni acustici propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano.
Sensi Sviluppati x E' un'abilità che si sviluppa con il tempo, la dedizione e la pazienza. Tale abilità, permette di sviluppare i quatto sensi di cui l'essere umano è in possesso e accuirli, rendendo il soggetto più sensibile al mondo che lo circonda.
Tecnica Offensiva
Pipistrelli Esplosivi x Canticchiando un motivetto a mezza voce e concentrando il suo cosmo, crea attorno a se dei pipistrelli i quali, vengono lanciati verso l'avversario; la peculiarità di queste piccole creature è il fatto che appena toccano qualsiasi cosa esplodono, rilasciando nell'aria un'intensa onda sonora, simile al suono vicinissimo di una campana. Se l'avversario viene colpito o si trova in prossimità dell'impatto, riporterà ferite da impatto, stordimento e sordità temporanea.
Note x Scusatemi davvero per il ritardo, ma sono stati giorni davvero orrendi... -.-.