Caccia alla Tigre Bianca.

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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 8: FURIA FERINA






    Narrato; "parlato"; °pensato°


    Avendo congedato il destriero, almeno Pai Mei aveva un vantaggio che compensava la maggiore lentezza.
    Era solo. E se per molti questo rappresenta tutt'altro che un vantaggio, il monaco, proprio per il fatto di essere monaco si trovava a meraviglia.
    Non era tipo da tirarsi indietro, se riteneva che la causa per cui combattere fosse giusta; e tuttavia una volta salvato il poveraccio di turno era ben felice di scomparire senza lasciare traccia, quasi fosse allergico alle manifestazioni di gratitudine.

    Con gli animali aveva un rapporto più sincero e viscerale -sospettando, in fondo, di essere più simile a loro che agli altri membri dell'umano consesso- ma essi gli procuravano in genere un altro tipo di noie: confondevano i suoi sensi. Perfino in una foresta dal silenzio tombale come quella, il respiro pesante di un cavallo che ha appena finito di galoppare, per non parlare del suo odore, possono mascherare l'avanzata di un nemico. I sensi del ragazzo erano ora orientati solo a percepire la presenza di Ryuga o della sua cavalcatura. Non poteva essere troppo lontano, a meno che non entrambi non sapessero procedere alla cieca: per quanto la foresta potesse essere familiare, ostacoli imprevisti ne spuntano di continuo.

    Forse su proprio quell'attenzione a salvargli la vita.
    Con la coda dell'occhio colse un movimento sulla sinistra -il lato dove più la nebbia dei giganti lo aveva offeso- e fece appena a tempo a voltare il capo da quella parte, che qualcosa lo assalì.
    Troppo veloce. Punto. Impossibile approntare una difesa decente. Non in quell'oscurità. Non quando il tuo avversario è così bravo da piombare addosso ad un membro del clan del Loto Bianco senza farsi sentire. La macchia di oscurità gli fu addosso in una frazione di secondo, sporgendo un muso oblungo irto di zanne.

    °Un lupo..?...°

    ebbe appena il tempo di pensare. D'istinto, sollevò il braccio offeso e constatò che da esso non sarebbero fuoriuscite barriere cosmiche degne di questo nome. Niente. Non poteva fare altro che coprirsi il volto e la gola, sottraendoli dalle zanne della bestia, che si serrarono attorno al braccio, e strinsero.

    Se l'attacco fosse stato più scomposto, o se lui stesso avesse reagito indietreggiando, forse ci avrebbe rimesso il braccio: sotto la tensione di uno strappo netto la carne congelata si sarebbe lacerata in due monconi. Invece Pai Mei stette lì, sentendo i canini che superavano lo strato più rigido e penetravano là dove ancora scorreva sangue, e dove le terminazioni nervose ancora funzionavano. In una parola: dove ancora si sentiva dolore.

    Ebbe così una frazione di secondo per guardare meglio il nuovo nemico. Ben lungi dall'essere un gigante di ghiaccio, in verità pareva proprio un lupo: da quelle parti doveva pullulare di simili animali. Ruotando appena sul proprio asse, in modo da fronteggiarlo, Pai Mei alzò il ginocchio e lo appoggiò sull'addome della bestia, poi gli afferrò un'orecchia strappandogli un uggiolìo e facendogli così aprire le fauci; quindi, lasciandosi cadere a terra, lo proiettò, facendolo volare sopra di sé.

    °Ha qualcosa di strano°

    pensò, o meglio sentì a livello viscerale. Non gli era parso di allontanare un animale, bensì di effettuare una mossa di ju jutsu su un essere umano.

    Fece appena in tempo a rimettersi in piedi, e a vedere che l'altro era atterrato sulle due delle grandi zampe. Lo fronteggiava da una distanza di tre metri. In quel momento la luna si liberò da una sottile coltre di nembi e ne rivelò la figura.

    Alto e possente, si rifiutava di appoggiare le zampe anteriori, che in verità non sembravano fatte per muoversi, ma più per afferrare e fare a pezzi, o per tenere ferma la preda mentre le zanne la finivano.

    °Persino la conformazione dei muscoli e delle ossa non è quella di un lupo. Il torace è ampio e i peli sono un po' meno folti sull'addome, l'ho sentito mettendoci il ginocchio sopra. Che razza di essere è mai questo?°

    Il mutante lo guardava con occhi gialli come una fiamma infernale, dardi incandescenti che lo puntavano da sotto le spesse pieghe di pelle della fronte e del muso. Pai Mei era abituato agli occhi degli animali: al di là di una vaga somiglianza, questi non appartenevano ad una fiera.

    "Allora, che cosa sei?"

    gli chiese a bassa voce, quasi che con quel muso il mutante potesse davvero articolare risposte comprensibili.
    Continuava a non muoversi.

    "Ti ho interrogato, mostro. Rispondimi. Non appartieni alla Madre Terra; di norma non partorisce abomini come te."

    Il lupo/qualcosa partì di nuovo all'attacco, senza dare segno di essersi risentito per l'offesa, ma puntando ancora una volta alla gola di Pai Mei. Se anche aveva alcuni tratti umani, se davvero era il licantropo delle leggende europee, dell'essere umano doveva avere perso il raziocinio, poiché attaccava ancora una volta un cavaliere in quel modo prevedibile.
    Restava il fatto che quanto a velocità non aveva nulla da invidiare a Pai Mei. E ancora: quest'ultimo, dando già per scontato che non avrebbe potuto usare il sinistro, scoprì però che la nebbia della foresta aveva fatto più danni di quanto non pensasse, irrigidendogli i tendini al punto che la sua superiore agilità, al momento, non era che un ricordo. Si sarebbe mosso come quei cavalieri che nel corso del tempo aveva sopraffatto grazie alla capacità di spiccare balzi innaturali e schivare con movenze impossibili... capacità sembrava avere perduto. La carica del lupo non lo ferì seriamente, ma non riuscì a sorvolarlo come desiderato, e il corpo duro e muscoloso della bestia lo sbalzò via facendogli fare una capriola.
    Atterrò sulla mano destra e si voltò verso il nemico, proprio mentre questi si produceva in un nuovo assalto. Rinunciò a "volare", consapevole che le arti marziali aeree non gli avrebbero più conferito quel vantaggio che sempre sfoggiava in battaglia. Attese fin quasi all'ultimo, poi si lasciò cadere all'indietro, rischiando di venire fatto a pezzi dalle zanne protese, e sferrò un rapido calcio verso l'alto con la gamba destra. L'escursione del movimento non era tale da permettergli di spiegare un potere devastante, ma ciò che ne uscì fu un fendente di piccole proporzioni, originatosi dalla rapidità con cui l'aria era stata tagliata e riempita dal cosmo. Stavolta sentì nettamente il bersaglio: il ventre della bestiaccia. Quest'ultima uggiolò di nuovo e rimbalzò via.



    CITAZIONE
    Stato fisico: paralisi da freddo al braccio sinistro e al fianco sinistro, all'altezza della vita; ferita al braccio sinistro, tra l'omero e la spalla; impossibilità di usare l'abilità "agilità straordinaria", se non per brevi movimenti effettuati con le parti del corpo ancora sane
    Stato psicologico: concentrato sulle mosse da fare; freddo
    Stato darian: indossata, intatta (il punto dove il lupo morde non è protetto dal bracciale)
     
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    Post Master 9



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    "Caccia alla Tigre Bianca!"



    l lupo mannaro sentiva ancora il sapore del fero del sangue dell’eletto. Ne aveva assaggiato poco dal suo braccio perché l’asiatico signore delle tigri era stato molto bravo a allontanarlo e a parare i suoi primi attacchi . A quanto pare la caccia alla Tigre bianca si stava facendo più interessante, poco male sarebbe stato in effetti noioso avere a che fare con un avversario debole e poco esperto, ma in ogni caso quel mezzo lupo doveva catturare e uccidere la tigre quindi l’unico modo che aveva di farlo era mettersi ancora in gioco, ma questa voltasi era reso conto che non avrebbe potuto vincere in un corpo a corpo contro qualcuno che mostrava abilità simili alle sue anche in velocità.
    Doveva pensare ad altro, ma mentre lo faceva si sentiva un po’ debole per via del taglio che gli aveva fatto all’addome. Emise un ringhio poi voltò il muso al cielo e ululò . La nebbia asgardiana ghiacciata iniziò ancora a far posto ad una visuale migliore, ma ciò che si vide fuoriuscire dalla nebbia non era nulla di buono perché circa una decina di lupi uguali identici al primo comparvero. Erano decisamente esseri mostruosi e camminavano come uomini amorfi. Le loro zanne fuoriuscivano furenti dalle loro bocche e i loro occhi avevano un alone luminoso spettrale.
    Il primo lupo che li aveva richiamati (ovvero quello ferito all’addome) alzò un braccio e indicò l’eletto di Gea.

    “La Tigre Bianca è la nostra preda. Non lasciatela scappare uccidetela. Che la sua morte sia d’esempio per chi brama il bastone di Urano! Quel maledetto di Ryuga ti aveva avvisato ragazzo sei finito! ”.

    La voce del lupo ferito era bestiale, partorita quasi dai meandri dell’ inferno , ma a ciò che era stato detto i dieci lupi mannari che erano venuti in aiuto del loro probabile capo branco iniziarono a circondare l’eletto di Gea. Era abbastanza palese che cosa sarebbe capitato ancora, quelle furie si sarebbero scagliate sulla loro preda, ma quel combattimento sarebbe durato poco perché quei lupi erano molto più deboli dellòa tigre e a “qualcuno” non sarebbe piaciuto questo esito.

    << Ci stai mettendo troppo sacco di pulci , mi sono stancato di aspettare …>>.

    il lupo ferito ringhiò quando sentì quella “dannata voce”.

    “Come osi? Sto eseguendo il tuo ordine …”.

    Disse senza neppure rendersi conto che Pai Mei era lì davanti e che avrebbe potuto sentire e pensare che stesse farneticando , visto che non c’era nessuno e lui la voce non poteva sentirla.

    << Caso mai come osi tu ! Basta ordinerò ai giganti di ghiaccio di occuparsi del resto, tu e il tuo branco di incapaci pelosi siete solo una piaga…>>.

    “No fermati!”.

    Basta non poteva più pensare se i suoi compagni stavano facendo un buon lavoro o se erano morti sotto le zanne della tigre, riservò loro uno sguardo assente, ma che quasi diceva “mi dispiace ma devo andare” , poi in mezzo a quel combattimento approfittò di quella confusione creata e scappò via tra gli alberi della steppa, fino ad arrivare ad una cavità incastrata nel duro ghiaccio perenne Asgardiano. Lì vi era in pratica l’entrata di una bellissima grotta di ghiaccio, ma l’aurea che sprigionava al suo interno era terribilmente “molesta” perché era ricca di negatività, ma in qualche modo sembrava anche arcana e nobile.
    Il lupo mannaro annusò l’entrata e riconobbe degli odori famigliari, poi si fermò un attimo perché era quasi certo che il cavaliere di Gea lo avesse seguito, infatti era sicuro che quello avrebbe seguito la scia delle gocce del suo sangue, ma quando sarebbe arrivato avrebbe solo sentito un ultimo avvertimento.

    “Pai Mei per favore vattene. Questi non sono fatti tuoi , il bastone di Urano è un oggetto maledetto e meriterebbe di essere distrutto all’istante, ma se tu ti avvicini sappi che ci andranno di mezzo anche alcune persone innocenti che conosci benissimo perché anche solo per una notte loro tre ti hanno accudito come se fossi stato uno della loro famiglia, spero che tu ti renda conto di chi sto parlando, ma te lo dirò se lo desideri, si tratta di Ryuga e della sua famiglia. I Giganti di ghiaccio hanno riservato per quella famiglia un destino crudele e sai perché? Ryuga era a conoscenza da molto tempo dell’esistenza dello scettro arcano di quel dio greco antico, egli scoprì quella maledetta reliquia molti anni fa in questa grotta avvolta da bellezza e mistero protetta anche dagli antichi giganti di ghiaccio, ma quando si avvicinò per poterlo prendere o solamente toccare quell’oggetto, questo emise un potere oscuro e maledisse per sempre quell’uomo e la sua famiglia. Se li ha lasciati vivere fin ora era solamente perché aspettava il momento per poterli uccidere e a quanto pare dopo il tuo arrivo, la loro maledizione sembra essere stata attivata da qualcosa e i giganti di ghiaccio si sono risvegliati e sono stati mandati a prendere tutto quello che era più caro all’ uomo chiamato Ryuga. Io sono solo una volgare bestia che proviene dalla foresta della nebbia di ghiaccio , ma sono anche il guardiano di questo luogo sacro e aiuterò quella famiglia, il perché non ti è dovuto sapere non posso dirtelo, ma devo farlo da solo . Non rendermi le cose difficili tigre bianca.”.

    Il discorso bestiale del licantropo era veritiero anche se però quando parlava della famiglia di Ryuga era restio a guardare negli occhi Pai Mei, forse temendo che lui potesse intuire che qualcosa non quadrava nel suo detto?In ogni caso non voleva intrusioni quindi decidesse di tentare di fermarlo espandendo dell’energia che aveva in se , un cosmo che si poteva definire quello di un cavaliere al servizio degli dei come l’eletto di Gea , un’ energia di ghiaccio che l’animale usò per assimilarla nelle sue mani e poi rivolgendole a terra creò una parete di ghiaccio spessa che coprì l’entrata della grotta dividendo i due dai lati opposti ovvero Il lupo era dentro e Pai Mei era rimasto fuori.




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    Traccia:

    Allora a quanto pare il lupo mannaro che di potenza è uguale a te dopo essere stato ferito richiama il suo branco e dalla nebbia fuoriescono altre dieci bestie uguali a lui, ma se le guarderai con più attenzione ti accorgerai che quel branco non era forte come il loro capo, perché in effetti cinque saranno pari a un energia verde e cinque saranno energie gialle e combattono con uno stile bestiale cercando sempre di procurarti danni da morsi e grafi al corpo, comunque non è nulla che un guerriero come te non possa affrontare, potrai riuscire a batterli (decidi pure tu se ucciderli o lasciare che magari scappino impauriti) solo che se questo combattimento è stato facile ti ha comunque distratto e il lupo ad energia blu ferito scappa improvvisamente, ma puoi inseguirlo vedendo che sulla neve il suo sangue aveva lasciato delle tracce evidenti. Questa volta non perdi il tuo bersaglio e puoi raggiungerlo fino ad arrivare alla grotta dove prima di entrarci il lupo mannaro ti da delle spiegazioni anche se quando parla di Ryuga sembra ancora nascondere qualcosa, ma il resto è tutto vero , poi cerca di separarsi da te chiudendo l’entrata della grotta con il ghiaccio emesso da un cosmo che era palesemente suo. La parete di ghiaccio se vorrai potrai distruggerla la sua resistenza non è elevata, (bastano solo tre colpi ben assestati).










    "In quest e in addestramento comando io!"


     
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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 9: LO STRAZIO DI UN CUORE FERITO







    Narrato; "parlato"; "parlato lupo"; °pensato°; <<monologhi>>; flashback


    Rimasero per alcuni istanti a guardarsi, uomo e bestia, nella cornice gelida della foresta di Asgard.
    Uomo e bestia. Ma non era del tutto certo chi fosse l'uno, e chi l'altra. Il lupo sembrò esitare, e anche per un momento le sue istintive certezze barcollarono di fronte alla determinazione della Tigre. Pai Mei, per quanto a sua volta ferito, si era calato nei panni del predatore: la sua reazione aveva spiazzato l'avversario e lo sapeva.
    Il lupo si raddrizzò quanto più la sua grottesca morfologia gli permetteva di fare. Alzò uno degli arti anteriori, ora più che mai simile ad un braccio umano, e al suo cenno qualcosa nella foresta gli obbedì: la nebbia, rimasta ai margini del campo di battaglia come uno spettatore interessato, si ritirò ancor più per mostrare una decina di sagome, dai contorni che via via divenivano più reali e netti, come figure uscite da un incubo.

    Pai Mei fu scosso da un fremito, solo per un istante.

    "E così, da solo non ce la fai, abominio. Hai chiamato gli amici."

    Altri dieci lupi, orrendi quanto il primo, si stagliarono dinanzi a lui, alti un paio di metri, una minaccia di morte concretizzatasi in un baleno. Come facesse il monaco a essere tanto sarcastico, non lo sapeva nemmeno lui: avendo saggiato la forza del primo, sapeva quanto disperata fosse la situazione.
    Lo sapeva: eppure la portata della sua missione, più grande di qualsiasi mira o brama degli uomini, gli dava una forza indicibile.

    <<sono qui per Gea. E per recuperare il bastone che fu del Suo defunto figlio e compagno. Sono solo una pedina... una pedina sacrificabile. Se perirò, spero almeno che l'espandersi del mio cosmo raggiunga Demetra o Andrew, e li spinga fin qui. Ma cosa contano le speranze di un piccolo uomo, che non è niente? La Madre saprà provvedere in caso di una mia sconfitta.>>

    Tali erano i pensieri che turbinarono nel suo cervello, un attimo prima di far esplodere il cosmo fino al cuore della Terra, dal quale esso prendeva forza: prima di farlo riverberare negli alberi, nell'aria umida della notte, nella rada erba coperta di rugiada. Pai Mei, umile servo della potenza suprema, era pronto ad immolarsi. Fidando nell'unica, potente gamba che ancora poteva usare al cento per cento, si diede uno slancio incrementato dal proprio cosmo, in grado di sfruttare la spinta data dalla pressione atmosferica. Generazioni di monaci avevano dato il sangue per arrivare a quel risultato: schiere di adepti avevano cercato di penetrare i segreti delle arti marziali aeree. Il suo balzo, per quanto privo dell'abituale agilità, fu sovrumano: si trovò sbalzato in avanti come un proiettile, deciso a vendere cara la pelle, e, in caso di morte, a portare seco più mostri possibile.

    "La Tigre Bianca è la nostra preda. Non lasciatela scappare, uccidetela. Che la sua morte sia d'esempio per chi brama il Bastone di Urano! Quel maledetto di Ryuga ti aveva avvisato, ragazzo: sei finito!"

    Per un attimo Pai Mei fu distratto dai suoi funebri pensieri: il mostro parlava! E che voce: pareva venire dalla gola dell'inferno, tanto era orribile il suono delle parole, magicamente pronunciate da organi fonatori del tutto inadatti a quel compito. Senza contare, poi, che il ragazzo a quanto pareva non era il suo unico interlocutore: il mostro blaterava cose incomprensibili, parlando di ordini da eseguire, e assumendo ancora una volta una postura tale da mettere in dubbio la sua ferinità, facendolo quasi apparire simile ad un uomo civile: nelle sue ultime frasi chiunque avrebbe potuto cogliere accenti supplici e disperati. Guardava oltre il monaco, e si rivolgeva a una presenza invisibile...

    "Che tu sia lupo, o qualcos'altro, non mi interessa più. Per l'ultima volta... per l'ultima volta, in nome di Gea: Tiger Blade!"

    Una grandine di fendenti, sferrati con il taglio della mano destra e la punta delle dita... mano e dita duri come pietre... saettarono tra le figure pronte a sbranarlo. Centinaia, migliaia di colpi, portati ad una velocità ben superiore a quella del suono: ferito, i muscoli bloccati dal gelo, il monaco del Loto Bianco sfoderava un'esecuzione impeccabile.

    Con sua sorpresa, i quattro lupi più vicini crollarono come fantocci. La carne cedette al primo colpo, e venne dilaniata dalla pressione dei suoi colpi: fiotti di sangue si mischiarono al bianco ghiaccio del terreno, mentre dalle gole esangui nemmeno un ultimo rantolo fu emesso. Atterrando dall'altra parte del campo di battaglia, il jamiriano si stupì che fosse stato così facile.

    °Allora sono solo delle reclute. Quello forte era il primo, gli altri sono soldati ben inferiori a lui... posso farcela! Madre, sostienimi!°

    Voltandosi, vide i restanti mostri interdetti: il terrore li aveva paralizzati, ma tra un istante sarebbe venuto a galla e avrebbe donato alle loro zampe la forza di portarli via di lì. Per loro sfortuna, erano mostri, e come tali, secondo la visione del mondo di Pai Mei, andavano eliminati. Un altro Tiger Blade, e altri tre crollarono senza un lamento, fatti a pezzi prima di rendersi conto del pericolo.

    Ne restavano dunque quattro... ma come mai Pai Mei ne vedeva solo tre? Nessuno di loro presentava ferite al ventre, dunque...
    Un fruscio alle sue spalle, una sagoma che scappa in lontananza: tanto gli bastò per capire cos'era successo.

    °Un abile diversivo. Il loro leader tenta di fuggire. A malincuore devo lasciare in vita gli ultimi tre.°

    "Di voi mi occuperò più tardi!"

    sussurrò, prima di seguire la pista del capobranco.

    Erano ad armi pari. Se infatti Pai Mei non riusciva a muoversi con la consueta agilità, era altrettanto vero che la bestia perdeva vistosamente sangue, e il cinabro liquido era anche la sua condanna: le tracce scure sulla neve candida erano ben visibili persino nella notte, la cui scarsa luce era per di più schermata dagli alberi. Alcune decine di metri avanti a Pai Mei, i rami spezzati di netto denunciavano una fuga precipitosa, dimentica delle più elementari cautele: la grossa mole del lupo si faceva largo nella foresta come uno schiacciasassi, in apparenza senza badare a dove andava.
    Quest'ultima considerazione, Pai Mei dovette ritrattarla, poiché il lupo aveva una meta precisa. Ci arrivò anche il monaco, dopo un inseguimento non troppo lungo: il fianco di una solenne montagna comparve quasi all'improvviso, prendendo il posto della foresta, interrompendola di netto. La roccia era rivestita da un compatto strato di ghiaccio, un prodigio che aveva ben poco di naturale anche in una regione fredda come quella. E nel ghiaccio si apriva un'apertura, abbastanza alta e larga da permettere il passaggio di una persona: la forma, frastagliata ma tutto sommato regolare, tradiva l'opera di una potenza intelligente. Non di una banale caverna si trattava, bensì di una vera e propria entrata.

    Il lupo era fermo pochi passi oltre la soglia. Lo guardava non più come si guarda un nemico da uccidere, ma qualcuno che si supplica. E infatti le sue parole erano diverse, nel suono e nel significato: era il discorso di chi è stretto tra incudine e martello.

    Parlò più a lungo di quanto il ragazzo non lo avesse supposto capace. Dapprima del Bastone di Urano, che dipinse come un oggetto maledetto, non da recuperare, ma da distruggere. Parlò dell'origine dei Giganti di Ghiaccio, perlomeno di come Ryuga li aveva conosciuti, di come aveva scoperto dell'esistenza dello scettro del dio e di come ne era rimasto contaminato... parlava di Ryuga sempre in terza persona, ma lo tirava in ballo troppo spesso. E le sue ultime frasi, che lo presentavano come il guardiano di quel luogo, non suonarono convincenti. Era sulla difensiva, e il gesto con cui tagliò fuori Pai Mei fu eloquente in tal senso: creò una parete di ghiaccio cristallino e trasparente, che chiuse l'entrata della caverna, separando i due contendenti.
    Il cosmo che si palesò era inconfondibile.

    "Ti descrivi come una volgare bestia, ma i tuoi accenti di dolore ti smentiscono. Soprattutto quando parli di Ryuga e della sua famiglia. Io non ne ho una: non saprei pronunciare verbo tanto accorato. Non ti renderò le cose difficili, Ryuga di Asgard: voglio invece aiutarti a risolverle, a spezzare la maledizione che tiene prigioniero te e la tua famiglia. Se mi sarà possibile, vi salverò: altrimenti vi darò l'eterno riposo, affinché possiate raggiungere il Valhalla."

    Ancora una volta, nella mano destra un cosmo arancione si concentrò spazzando via le tenebre, portando una parvenza di calore nella più inospitale delle terre: l'ardente cosmo della Tigre dell'Est, chiamato a raccolta dal suo signore, si preparava a scatenarsi.
    La parete era alta dal soffitto al pavimento. Intuitivamente, senza mai averla studiata in modo canonico, Pai Mei individuò i punti che, secondo la legge di Hooke, avrebbero fatto collassare l'intero muro se colpiti, in modo da spendere la minima quantità di cosmo indispensabile: voleva evitare di uccidere il lupo, se poteva evitarlo. Progettò di colpire il ghiaccio per nove volte: ma tre furono sufficienti, e metà della parete franò in grossi pezzi frastagliati. Ne risultò un varco grande abbastanza da permettere al jamiriano di passare.

    "Vedi di non fare scherzi ora, Ryuga. Ho bisogno di sapere tutto ciò che sai, incluso dove si trova il Bastone. Come ho detto prima, vi libererò dalla maledizione, in un modo o nell'altro. In un modo o nell'altro."



    CITAZIONE
    Stato fisico: paralisi da freddo al braccio sinistro e al fianco sinistro, all'altezza della vita: ferita al braccio sinistro, tra l'omero e la spalla: impossibilità di usare l'abilità "agilità straordinaria", se non per brevi movimenti effettuati con le parti del corpo ancora sane
    Stato psicologico: dapprima rassegnato a morire, in seguito, davanti alla grotta, quasi impietosito, eppure determinato a compiere il proprio dovere.
    Stato darian: intatta

    CITAZIONE
    Tecniche e abilità usate:

    ●Vento: Pai Mei è versato fin da piccolo nelle arti marziali dell'Ordine del Loto Bianco, tra le quali predilige uno stile fatto di movimenti brevi e fulminei, tali permettergli di padroneggiare in modo limitato l'elemento vento creando forti e istantanee correnti d'aria che possono aprire grossi squarci e anche produrre dei tagli sulle superfici colpite, qualora esse non siano abbastanza robuste.

    Tiger Blade: i colpi che Pai Mei sferra assumono la forma di piccole e numerosissime lame di vento e cosmo che hanno la capacità di fare a brandelli ciò che incontrano, sempre che non vi sia l'opposizione di un'adeguata difesa o di una resistenza che sovrasta le attuali capacità del giovane. L'effetto visivo è quello di una miriade di colpi sferrati alla massima velocità consentita, che appaiono come lampi di luce bianca.

    CITAZIONE
    Riassunto: Pai Mei colpisce e butta giù al primo colpo quattro lupi, con il Tiger Blade (in pratica li fa a pezzi), scagliandosi contro di loro con un balzo effettuato con una gamba sola, e l'ausilio del cosmo (si dà la spinta con delle simil-correnti d'aria); poi con la stessa tecnica uccide altri tre, e lascia andare gli ultimi tre lupi più deboli perché si mette a inseguire il capo. Lo raggiunge all'entrata della caverna, insinua che possa trattarsi di Ryuga e, dopo un bel discorsino, butta giù la parete di ghiaccio colpendo alcuni punti particolari (per la legge di Hooke, vedere qui)
     
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    Post Master 10



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    "Caccia alla Tigre Bianca!"



    Pai Mei riuscì ad oltrepassare il muro, ma il lupo mannaro non c’era già più perché a quanto pare era scappato più avanti, ma non appena l’eletto avesse messo piede all’interno della grotta di ghiaccio, sotto i sui piedi si sarebbe aperta una botola che lo fece sprofondare e cadere lungo un cunicolo scavato all’interno che scivolandoci chiunque avrebbe pensato di essere sulle montagne russe oppure sul cunicolo a spirale che portava all’inferno, infatti sempre più giù nell’oscurità andava per poi finire in un ampia stanza di ghiaccio dove Pai Mei fu “sputato”.
    Una volta ripreso dal “giro” della botola l’eletto avrebbe visto solo una stanza ricoperta da giochi di ghiaccio e trasparenze a specchio fatiscenti, poi più avanti nel caso avesse voluto percorrere l’unica strada di fronte a lui si sarebbe trovato alla fine un interruzione della via che poi proseguiva scoscesa verso una piccola valle a forma circolare dove in lontananza si vedeva il lupo mannaro avanzare avanti e un gruppo di giganti di ghiaccio che tenevano incatenati la moglie di Ryuga e il suo bambino ad una lastra di ghiaccio, poi vicino a quelle due lastre c’era un altare di ghiaccio fatiscente dalle intagliature sofisticate e su di esso c’era un oggetto d’oro intarsiato dall’aspetto lungo in cui in punta c’era una sfera che rappresentava la Terra , fatta di cristalli blu e emanava una luce che illuminava una figura con un saio oscuro addosso di cui i tratti non potevano ancora essere definivi ma emanava un cosmo molto intenso e diverso . Era un energia più arcana e antica che forse ogni cavaliere avrebbe voluto scongiurare di vedere.

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    Il lupo mannaro si fece ancora avanti, poi le sue sembianze iniziarono a mutare e ripresero l’aspetto umano che aveva sospettato prima Pai Mei, era Ryuga.

    “Hai fallito il tuo compito Ryuga. Sono molto deluso da te. Ti avevo detto di prendere la tigre invece l’hai fatta arrivare persino qui.”

    Ryuga emise un sospiro di stizza a quelle parole.

    “Non me ne hai lasciato il tempo caso mai devo essere io in collera con te. Comunque Pai Mei in qualunque situazione lo avessi affrontato non avrei potuto fermarlo. Lascia andare Hellen e il bambino loro non centrano con quanto è successo qui “quella volta ”, non pensi che sia stato punito abbastanza?.”.

    La figura oscura si avvicinò a Ryuga quasi senza camminare , era sospesa da qualcosa di nero che fuoriusciva dai piedi , come un fantasma, poi emise una risata.

    “Ah ah ah. Perché dovrei soddisfarmi di averti maledetto con la” Maledizione del Lupo “ quando posso farti soffrire ancora un po’ , infondo sei stato tu a volerlo non uccidendo la Tigre, è diventato a quanto pare un amico fedele per te non è così?...”.

    alzò un braccio e dall’interno della manica comparve un guanto metallico oscuro e indicò ai giganti , mentre Ryuga sgranò gli occhi.

    “Portateli pure via e fatene ciò che volete “.

    Ryuga digrignò i denti: “ No non potete farlo avevamo fatto un accordo!”.

    I Giganti aprirono il portale che conduceva a loro inferno di ghiaccio e mentre Hellen e il piccolo urlavano invano il nome di Ryuga e lui di getto tentò di fermarli, ma una possente stretta invisibile gli impedì di muoversi così i giganti di ghiaccio chiusero il passaggio e non tornarono indietro condannando di fatto quelle povere ed ignare vite corrose dalla maledizione all’eternità di sofferenza nel ghiaccio infernale.
    Una risata risuonò nell’aria la figura oscura era troppo divertita per non riderne e Ryuga era furioso e con un impeto cosmico sovraumano si liberò di quel potere oscuro e si scagliò verso la figura oscura con un pugno ma un potere oscuro si frappose tra lui e la figura. Il pugno di Ryuga iniziò a sprofondare, poi delle catene d’ebano uscirono dall’oscurità e lo cinsero , mentre la figura alzò solo un braccio e dal sottosuolo vicino alle gambe di Ryuga , apparvero oscure mani che ricoprirono il suo corpo.

    “Che questo ti serva da lezione Ryuga di Asgard. La Maledizione è stato un primo avvertimento che tu hai bellamente ignorato per colpa delle tue esitazioni e dubbi in questo modo hai condannato la tua famiglia e te stesso ad un eternità di dolore eterno. Adesso lascia pure che le tenebre del Tartaro ti divorino e che il potere del Grande Urano ti seppellisca per sempre. Ora sei finito!”.

    Le mani e la catene tirarono verso il basso , verso l’oscurità aperta e Ryuga nonostante tentasse di liberarsi sentiva sempre più la paura avvolgerlo e pian piano si lasciò andare ad un urlo terrificante , ma ormai il suo corpo era affondato tutto e il Tartaro non aveva avuto pena , divorò completamente quell’uomo e si richiuse pian piano.

    “Bene finalmente quell’usurpatore ha avuto ciò che meritava quindi adesso posso occuparmi del nostro ospite che mi spia da lassù. Scendi giù Tigre Bianca e affrontami se desideri così tanto lo scettro del Padre. Io Apus sacerdote di Urano non ho paura di te!”.





    jz757s









    Traccia:

    Bene dopo aver visto che fine fanno Ryuga e la sua famiglia eccoti davanti un nemico degno che ancora puoi vedere coperto da un saio, ma ti ha già rivelato il suo nome e che cosa è. L’energia per ora è sconosciuta.




    "In quest e in addestramento comando io!"


     
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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 10: IL SANTUARIO CHE PORTA LA TENEBRA





    Narrato; "parlato"; "parlato altrui"; °pensato°; <<monologhi>>; flashback



    Pai Mei fece appena in tempo a parlare che il lupo, ritrovata per incanto vitalità, disparve nel buio che dopo pochi metri invadeva la grotta.

    "Fermo!"

    urlò, superando con un balzo i resti del muro. Fermati, posso ancora aiutarti... avrebbe detto un altro. E magari lui lo pensava pure, in qualche anfratto della mente. Ma non era quello il pensiero che guidava i suoi passi, la molla che muoveva il suo cuore. Si era reso ormai conto della gravità di ciò in cui era caduto, del peso della missione affidatagli: e questo sarebbe venuto prima di ogni altra cosa... finanche di colui che lo aveva accolto in casa propria.

    Appena messo piede nella grotta, sotto ai piedi sentì il vuoto: una sensazione che, se non preventivata, spaventa, lascia in un limbo di incertezza poiché non è propria della vita di tutti i giorni. Vuoto significa ignoto, pericolo. Era una botola così ben camuffata che non se e avvide fino al momento in cui si aprì, e ridotto com'era per via della nebbia non poté usare la superiore agilità acquisita a prezzo di sovrumani allenamenti. Precipitò, e per alcuni istanti cercò di reagire, senza riuscirvi: il tunnel, quasi veriticale, compiva spirali discendenti e le pareti erano prive di appigli. Ben presto smise di provare e si preparò all'atterraggio, disponendosi ad attutire urti o evitare letali spuntoni che, si sa, in fondo a certi cunicoli ci stanno proprio bene...

    Non successe nulla di pericoloso, se non l'impatto stesso contro un gelido pavimento, che peraltro Pai Mei assorbì egregiamente. Una volta riavutosi, trasecolò.

    °Come mai in un luogo così freddo c'è tanta luce?°

    Non che si vedesse proprio bene, ma... torce? Impossibile farle ardere a lungo con una temperatura tanto bassa. La risposta gli arrivò osservando il materiale con cui era rivestita al stanza.
    Era una sorta di tunnel, più largo di quello da cui era disceso, e ricoperto di ghiaccio; tuttavia lo stato di natura dell'ambiente era alterato dall'opera di un artigiano divino che aveva ricavato sfaccettature atte a riflettere i pochi bagliori in grado di penetrare là sotto, rifrangendoli in uno stupefacente caleidoscopio. Il tutto dava l'idea di essere stato creato parecchio tempo prima, ma di ciò il monaco non poteva essere certo: ciò che balzava all'occhio era la prodigiosa abilità dell'artefice di quel sotterraneo.
    Non avendo molta scelta, seguì l'apertura fino a che poté.

    Già temeva di non poter proseguire: la strada infatti si interrompeva, il suolo svaniva lasciando solo il vuoto davanti a sé.

    °Un burrone? Dovrò trovare la maniera di oltrepassarlo. Sono certo che il modo esiste, altrimenti perché...°

    Per sua fortuna, le sue elucubrazioni ebbero termine quando vide che in realtà il burrone non era tale, bensì il pendio di una scarpata irregolare che costituiva la parete di un avvallamento. Era come trovarsi sull'orlo di una gigantesca scodella, che però forniva sufficienti appigli per discendere senza scivolare e sfracellarsi al suo centro.

    Ryuga era là. Lo aveva preceduto per un'altra via, barcollante nella propria oscena forma di lupo, e perdeva sangue man mano che si avvicinava alla propria meta. Pai Mei stette ad osservarlo, senza muoversi.
    Al centro esatto della valle erano ben riconoscibili giganti grigio-azzurrognolo, come quelli che li avevano attaccati al castello. Stavano in file ordinate, immobili, a custodire Hellen ed Hank. La famiglia del castellano, impietosamente incatenata a grossi blocchi di ghiaccio, non parlava neanche più: dovevano essere stremati e mezzo morti di freddo e di paura. Qualcosa di mosse nel petto di Pai Mei, ma si impose di non badarvi, e di mantenere la calma: mosse avventate potevano costare la vita di tutti, oltre che la riuscita della missione.


    “Hai fallito il tuo compito Ryuga. Sono molto deluso da te. Ti avevo detto di prendere la tigre invece l’hai fatta arrivare persino qui.”

    Voce veniva da una sinistra figura incappucciata, che dominava la scena poco più innanzi. La prigione della donna e del bambino, infatti, non era l'artefatto più stupefacente presente sul posto. Pai Mei si meravigliò, preso com'era dalla sorte dei due poveracci, di non avervi fatto caso prima. Era così intensa e spaventosa, quell'energia! Un cosmo così antico da risultare quasi irriconoscibile per un moderno cavaliere, che sin lì si era sempre misurato solo con creature di età relativamente giovane. La figura ammantata, invece, aveva qualcosa di ultraterreno, e questo qualcosa, ci avrebbe scommetto, era la vera fonte del suo potere: vale a dire, lo Scettro di Urano.

    Stava là, immoto e noncurante, splendido nei bagliori dell'oro di cui era fatta l'asta, e del cristallo che era stato usato, innumerevoli ere or sono, dalla dea primordiale, Gea, per scolpire un globo che ricordasse nei secoli, nei millenni, la propria opera più superba. Tutto ciò che rappresentava, la figlia che al tempo stesso era anche madre. La Terra.
    L'azzurro pianeta sormontava infatti l'asta, e vicino ad esso, inquinandolo, insozzandolo con la propria nefasta presenza, aspettava la nera figura, dai lineamenti non ben visibile. Ispirava una ripugnanza che andava oltre il razionale. Era lui che teneva in ostaggio la famiglia di Ryuga, incluso lo stesso castellano; era lui che comandava i giganti di ghiaccio; era per lui che la Madre aveva spedito il jamiriano lassù al nord. Stava in piedi sopra ad un meraviglioso altare pure di ghiaccio, nel quale era infisso lo Scettro.

    Inutilmente Ryuga protestò, opponendo valide ragioni: il mostro non volle sentirle, e lo esautorò dal compito di uccidere Pai Mei, infliggendogli una terribile punizione per avere fallito. Dileggiando il nobile decaduto, ordinò ai giganti di prendersi moglie e figlio: questi non se lo fecero ripetere, aprendo un portale dal quale arrivava il gelido clima del loro mondo: l'inferno da cui erano nati, e che li aveva vomitati nel nostro. Invano il nobile Ryuga si slanciò in avanti, giocandosi tutte le residue forse: avvinto da una màlia invisibile, non poté fare altro che guardare i propri cari lasciare questa terra, forse per sempre...

    La rabbia del cavaliere di Asgard, però, è tale da superare ogni incantesimo, da soverchiare qualunque forza. Non si sa bene come, ma Ryuga liberò i propri muscoli d'acciaio dalla morsa che li bloccava e tentò di colpire il demonio che lo aveva privato di quanto di più caro avesse. Il pugno saettò in avanti, ancora munito degli artigli d'acciaio di cui la stessa maledizione lo aveva dotato...

    ...invano. Sembrò che avesse colpito il vuoto, ma il vuoto stesso iniziò a scurirsi, fino a diventare una pozza di tenebra dalla quale scaturirono catene dello stesso colore, simbolo di ogni oppressione e condanna. Come mosse da un'intelligenza propria, si avvinsero attorno all'arto del lupo e lo trascinarono verso il niente, verso una fine che Pai Mei sperò essere misericordiosa e relativamente priva di dolore. La figura demoniaca fece solo un gesto con il braccio, ieratico come ogni oppressore ben sicuro di sé, e dal suolo, che ormai si era liquefatto nella stessa tenebra impalpabile, uscirono mani nere che abbracciarono il guerriero.
    Un abbraccio privo di calore, ma gravido di bramosia assassina. Le mani dei prigionieri del Tartato, come spiegò lo stesso figuro ammantato. Le sue parole dissiparono la speranza che Pai Mei aveva avuto di una morte rapida e indolore per Ryuga. Il Tartaro era l'assenza stessa di speranza, il peggio del peggio: solo i malfattori più blasfemi, dopo morti, vedranno la propria anima sprofondare in quella pozza di sofferenza dimenticata da tutti, dove persino gli dei non osano scendere, e dove sono ben felici di spedire i propri nemici più pericolosi.
    E Ryuga vi sarebbe finito da vivo.

    "Lascia pure che le tenebre del Tartaro ti divorino e che il potere del Grande Urano ti seppellisca per sempre. Ora sei finito!"


    E dopo che Ryuga, irreparabilmente, fu scomparso del tutto:

    "Bene, finalmente quell'usurpatore ha avuto ciò che meritava, quindi adesso posso occuparmi del nostro ospite che mi spia da lassù. Scendi giù, Tigre Bianca, e affrontami se desideri così tanto lo scettro del Padre. Io, Apus, sacerdote di Urano, non ho paura di te!"

    Pai Mei si sentiva calmo. Il mostro lo aveva visto, anche perché a giudicare dal potere che padroneggiava, senza dubbio aveva pieno controllo dell'area circostante...


    <<che dico: non deve avermi perso di vista un attimo da quando ho messo piede in Asgard, come minimo. Un'idea davvero sinistra.>>


    Lentamente, un passo alla volta, scese la vallata. Due le cause del suo lento incedere: voleva avere il tempo di parlare, e non intendeva mostrare le sue effettive condizioni.

    "Avevo ragione a preoccuparmi: il potere che adoperi è vasto e antico quanto nulla che io abbia mai affrontato, forse ad eccezione di una certa torre situata nel futuro... lasciamo perdere. Ma dimmi... Apus... sei davvero convinto di essere un sacerdote di Urano? Di colui che chiami "il Padre", con trasporto quasi pari al mio, quando nomino "la Madre?"

    Ormai era giunto nei pressi dell'altare: che i giganti di ghiaccio avessero sgombrato il campo, poco gli importava, poiché si sentiva così sovraccarico da reputarli niente più che un impaccio. Sperò solo di riuscire a dominarsi prima del momento giusto...

    "Te lo chiedo, perché a me sembri più che altro un invasato che si è impadronito di un potere non suo, e che ora lo sta adoperando in modo scriteriato. Può anche essere che il tuo cervello sconvolto creda davvero in Urano, ma il risultato non cambierà: se non ti ammazzo io, sarà la stessa forza che ti illudi di padroneggiare a consumarti, e la seconda prospettiva è di certo la peggiore"

    Raramente Pai Mei parlava tanto in occasione di una battaglia: preferiva di solito esprimersi con le azioni. Ma, pur non essendo affatto sicuro di avere la meglio, il disgusto che provava per quell'essere era tale da sustanziarsi anche sotto forma di parole.

    "Vedo che rimani abbarbicato a quello scettro come se ne andasse della tua esistenza."

    °E chissà che non sia proprio così.°

    "Sai, devo dire che tutto questo luogo rappresenta qualcosa di meraviglioso: quell'altare su cui sei appollaiato, per esempio: è così ben sfaccettato, da avere richieto senza dubbio una grande abilità scultorea."

    Mentre parlava, Pai Mei non aveva distolto un attimo lo sguardo dal suo antagonista. Non poteva dire di vederlo in faccia: dove avrebbero dovuto esserci un naso, due occhi e una bocca non si vedeva altro che nero, tenebra fumosa e sfuggente, sebbene riempisse benissimo il cappuccio.
    Ora si mosse, fulmineo quanto più poteva, e fece alcuni passi in avanti dimezzando la distanza. Ma non per colpire il mostro, no: doveva prima indurlo a svelare le sue carte. Rivolse le proprie cure a quell'altare tanto decantato sino a poco prima, rivolgendo il proprio pugno contro la base dello scettro. Se quest'ultimo era proprio il manufatto divino che lui agognava, il suo colpo non lo avrebbe nemmeno scalfitto; se l'altare stesso era opera di un dio, avrebbe al suo impeto. L'attacco che portò, una miriade di colpi taglienti come piccoli rasoi, portati ben oltre la velocità del suono - sia pure con il solo destro - miravano a colpire il ghiaccio e anche la zona dove avrebbero dovuto esserci le gambe di Apus. Il mostro sarebbe stato messo alla prova da un attacco parzialmente indiretto, e ciò avrebbe forse permesso al monaco di studiare le sue tecniche, di avere un saggio dei suoi effettivi poteri. Mai lanciarsi alla carica senza avere un'idea di chi si sta per combattere.

    "E comunque, non so da dove ti sia venuta quest'idea della Tigre BIANCA. Per quanto freddo possa prendere da queste parti, io rimarrò sempre un fiero abitante del Jamir, e la mia pelle non cambierà certo colore! Tiger Blade!"

    Si mosse al contempo alla propria sinistra, per dare ancora meno riferimenti al suo nuovo avversario. Quest'ultimo avrebbe dovuto fronteggiare un attacco a ventaglio e colpire un bersaglio in movimento: contro altri era risultata una buona tattica per massimizzare il vantaggio derivante dal fare la prima mossa.



    CITAZIONE
    Stato fisico: paralisi da freddo al braccio sinistro e al fianco sinistro, all'altezza della vita: ferita al braccio sinistro, tra l'omero e la spalla: impossibilità di usare l'abilità "agilità straordinaria", se non per brevi movimenti effettuati con le parti del corpo ancora sane
    Stato psicologico: determinato a compiere il proprio dovere - "modalità battaglia" on.
    Stato darian: intatta

    CITAZIONE
    Tecniche usate

    Tiger Blade: i colpi che Pai Mei sferra assumono la forma di piccole e numerosissime lame di vento e cosmo che hanno la capacità di fare a brandelli ciò che incontrano, sempre che non vi sia l'opposizione di un'adeguata difesa o di una resistenza che sovrasta le attuali capacità del giovane. L'effetto visivo è quello di una miriade di colpi sferrati alla massima velocità consentita, che appaiono come lampi di luce bianca.

    CITAZIONE
    Riassunto: Pai Mei si trova sottoterra e scopre un nemico dotato di poteri reali e troppo vasti per comprenderli bene: cerca di indurlo a scoprirsi un po' per imparare qualcosa su di lui, colpendo con una mitragliata di fendenti la base dello Scettro, l'altare, i piedi del tizio - o almeno la parte di saio dove dovrebbero essere, perché non si vedono. Ci sta pure la frase sulla Tigre Bianca, che bianca non è XDD


    Edited by 'Azz! - 6/6/2013, 03:55
     
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    "Caccia alla Tigre Bianca!"



    ecco era proprio la mossa che l’ombra si aspettava. Pai Mei voleva testare la sua forza e pensava che venisse dallo scettro, ma anche se fosse, l’oggetto era comunque ben protetto e non poteva essere scalfito perché una densa coltre di oscura tenebre lo circondava e si attivò proprio mente gli artigli della tigre iniziarono ad infransi lì e li risucchiò come se fosse stata una sorta di melma che risucchia tutto al suo interno.

    “Uh uh uh…ridicolo e patetico. Tu non hai idea di cosa posso essere capace e specialmente non sai che lo scettro benché tu voglia distruggerlo non ci riuscirai perché le tenebre assorbiranno i tuoi colpi, perciò dovrai prima vedertela con me.”


    l’oscura figura di Apus iniziò a sprigionare un cosmo oscuro intensissimo , però non sembrava divertente combattere senza nemmeno aver mostrato il proprio reale volto , infondo Pai Mei era giunto fin lì e aveva colpito nel cuore anche il vecchio Ryuga, quindi meritava di essere affrontato faccia a faccia.

    “Sei forte sai? Ho deciso che ti combatterò facendoti vedere il mio volto, ma sappi che sarà l’ultima cosa che vedrai in tutta la tua vita. Prega la Madre per la tua anima. ”

    L’essere si tolse l’oscura mantella e sotto di essa vi era un’armatura ancora più oscura e nera, mentre il suo volto era giovane dai capelli di una colorazione oscura come i suoi stessi occhi.

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    “Figlio di Gea ti presento ciò che mi ha donato il Padre. Questa che ho indosso è Umbrel “l’ombra” una delle venticinque armature corrispondenti agli stessi venticinque Astri in cielo che ruotano attorno al grande Pianeta del “Padre” Urano. Io rappresento l’oscurità più profonda dello spazio.”

    Apus espanse il suo cosmo, poi il suo corpo iniziò a trasformarsi in tenebre purissima, che andò ad espandersi per tutta la zona creando un paesaggio assolutamente surreale, perché attorno a Pai Mei c’era solo l’immensità più profonda del cosmo infinito. Le sue stelle l’infinito più assoluto e specialmente il “Nulla”.

    “Ecco un piccolo assaggio del mio potere, questa tecnica si chiama “Space Wind”Ovvero “La finestra nello spazio” . Tutto ciò che vedi è “Spazio” tu ora ti trovi al centro come un piccolo Satellite, solo e indifeso . Io posso essere dovunque e tu non puoi intercettarmi…o per lo meno potresti anche tentarci o ci rimarrei un po' deluso ah ah ah ah”.


    Apus iniziò un po’ a “divertirsi” e sebbene si fosse mimetizzato alla perfezione il suo cosmo era percepibile però non sembrava un unico cosmo, ma tanti e tutti sparsi intorno alla massa nera, quindi Apus poteva essere dovunque . Per innervosire il suo avversario plasmò la suo figura in diverse angolazioni . Il suo volto sprezzante appariva nella massa nera sorridente e sprezzante ed emetteva una risata fastidiosa.






    jz757s









    Traccia:


    Allora Apus è energia Blu come te e il suo potere sono le tenebre che ora ha trasformato in “spazio” dove tu sembri essere stato “messo al centro” (L’area che copre il potere delle tenebre è vasta quindi ci sei per forza anche tu dentro) e Apus si è mimetizzato al suo interno. Il cosmo che senti è “molteplice “ nel senso che lo senti quasi dappertutto , è evidente che l’obbiettivo di Apus come preparazione iniziale sia cercare di confonderti con questa particolare tecnica di mimetizzazione oscura.
    Se non capisci sai come fare per contattarmi.
    Ps lo scettro non hai potuto romperlo perché era protetto dalle tenebre di Apus :)


    ot/ in verità la storia della tigre bianca era venuta fuori perché in off topic avevi citato che tua armatura potesse assomigliare alla tigre siberiana, se non ricordo male ,poi posso sbagliarmi xd OT


    "In quest e in addestramento comando io!"


     
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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 11: INTO THE DARKNESS: IL COLPO CHE SQUARCIA LE TENEBRE!





    Narrato; "parlato"; "parlato Apus"; °pensato°; <<monologhi>>; flashback


    Di nuovo l'oscurità che già aveva inghiottito Ryuga si attivò. I colpi di Pai Mei, semplici lame di vento compresso dal cosmo del jamiriano, vennero risucchiati al suo interno come se fossero stati oggetti solidi. Le capacità di quell'oscura materia erano eccezionali.

    Le risa di dileggio del suo avversario, deliziato dall'impotenza del monaco, echeggiarono fino all'altissima volta del tunnel che portava alla vallata, rimbalzando contro le pareti di quest'ultima per tornare indietro decuplicate.
    Come poteva un oggetto magnifico come lo Scettro tramutarsi in qualcosa di così infernale?

    "Ho deciso che ti combatterò facendoti vedere il mio volto, ma sappi che sarà l'ultima cosa che vedrai in tutta la tua vita. Prega la Madre per la tua anima."

    Così dicendo, il manto finalmente cadde. Il viso sotto al cappuccio era umano, anzi provvisto di una certa maschia bellezza: i capelli biondi non conferivano alcunché di efebico alla figura del sinistro guerriero, come spesso accade a chi li ha di quel colore; né i suoi lineamenti erano deturpati dal fanatismo o dalla follia. Male: ciò significava che sapeva bene cosa stava facendo.
    Forse era l'armatura a renderlo così minaccioso: di nuovo, Pai Mei si trovava di fronte a qualcosa di totalmente estraneo alle sue esperienze marziali, ovvero un'armatura tanto nera da risucchiare perfino la fioca luce che ristagnava là sotto, proprio come lo Scettro aveva fagocitato il povero Ryuga. Pai Mei aveva incontrato guerrieri portatori di Black Cloths, ma il loro nero, colore che tanto orgogliosamente ostentavano in contrapposizione alle tinte sgargianti delle cloths ateniesi delle quali erano copia, non era niente in confronto a questo. Sembrava che tutte le stelle del cielo si fossero spente per un terrore puro e irrazionale.

    "Figlio di Gea ti presento ciò che mi ha donato il Padre. Questa che ho indosso è Umbriel, “l’Ombra”, una delle venticinque armature corrispondenti agli stessi venticinque Astri in cielo che ruotano attorno al grande Pianeta del “Padre” Urano. Io rappresento l’oscurità più profonda dello spazio."

    "Così, dunque. Non posso dire che conoscerti sia un piacere, Apus di Umbriel, dopo ciò che hai fatto a Ryuga e alla sua famiglia. Devo purtroppo constatare che l'universo è pieno di sempre nuovi generi di feccia, e che una buona opera di pulizia non è mai compiuta del tutto."

    Erano parole baldanzose le sue, ma quanto rispecchiavano il suo reale stato d'animo? Se Apus diceva il vero -né vi era motivo di dubitarne- c'erano altri ventiquattro psicopatici così bardati in giro per il cosmo, e forse questo non era l'unico ad essere comparso sul pianeta Terra. Che Urano, l'antico dio evirato dal figlio Crono, fosse risorto e pronto a contendere alla Madre e Moglie il dominio dei continenti?

    Apus passò all'azione. Il monaco non aveva mai visto il potere della Tenebra, né mai lo aveva affrontato. Sapeva solo per accenni indiretti che era la negazione di ogni forza benefica, e che il suo gradiente distruttivo era enorme. Ancora nelle sue retine stava l'immagine di Ryuga, assorbito entro un mondo di tormenti presumibilmente infiniti...
    Il buio si impadronì della valletta, circondando il guerriero di Gea. Le forme di ciò che lo aveva circondato sino ad un attimo prima non erano più distinguibili, e l'effetto era proprio come lo stava descrivendo Apus:

    "Tutto ciò che vedi è Spazio, tu ora ti trovi al centro come un piccolo Satellite, solo e indifeso. Io posso essere dovunque e tu non puoi intercettarmi…o per lo meno potresti anche tentarci, o ci rimarrei un po' deluso... ah ah ah ah..."


    Era come diceva, altroché: sentiva che il suo potente cosmo era nei dintorni, ma non sapeva bene dove perché sembrava delocalizzato, pervasivo, quasi che Apus si fosse fuso con l'oscurità da lui stesso creata.
    Una morsa fredda più della notte asgardiana attanagliò allora il cuore di Pai Mei: niente più albe o tramonti, fiumi, laghi azzurri, coste, deserti sterminati, foreste lussureggianti dove la Tigre del Bengala domina incontrastata: nemmeno quella detestabile boscaglia gelida entro la quale si era addentrato poco prima. Ora uno spazio vuoto, alieno, dove forse si annidavano cose senza nome che sbavavano e ruggivano in attesa di ghermirlo... lui, solo e povero umano indifeso, al centro dello sterminato e buio Cielo.
    Il suo battito era forsennato: il suo respiro, pesante. Il fiato gli si condensò in una piccola nuvoletta davanti al naso... unica cosa che riusciva a scorgere.

    Fu questo a riportarlo alla ragione. Se poteva respirare, non si trovava affatto in un mondo così diverso. Anzi, non si era spostato di un palmo dalla sua amata Terra, per quanto ancora di trovasse in una regione ostile dove le Tenebre avevano fatto saldamente presa. Ciò che aveva intorno, per quanto sinistro, era una tecnica che serviva prima di tutto a sviarlo, a confonderlo.
    Ma le queste nuove Tenebre, quanto erano potenti? Sarebbe stato fagocitato a sua volta? Certo che ora erano molto più estese: e gli venne in mente che, se un cavaliere usa una quantità considerevole del proprio potere cosmico, spesso l'effetto diventa più tenue: in altre parole, più è ampio il raggio della tecnica, meno la stessa sarà efficace, a parità di energia cosmica. Forse quindi il tentativo diveniva possibile...


    °Anzi, altro che possibile. E' come ha detto lui: a non tentare, gli darei una delusione.°


    Davvero, rispetto a molti altri guerrieri Pai Mei poteva sembrare in svantaggio: non possedeva facoltà paranormali, non creava fiamme come Andrew Stars o ghiaccio come Elle del Cigno Nero. Ma il suo corpo era talmente allenato da sviluppare, assistito dal cosmo, spostamenti d'aria assimiliabili al vento più impetuoso. E dunque, se la tenebra aveva invaso il campo d'azione, e la tenebra era manifestazione sensibile di un cosmo, doveva essere possibile disperderla. Anche con un braccio in quelle condizioni. Anche se non poteva muoversi con l'agilità di sempre.

    °Non sarà facile. Ma fin qui nulla lo è stato, eppure ancora sono qui che lotto.°


    Di norma, eseguiva la sua tecnica più forte con le braccia, e creava un unico, possente vortice che andava a sbranare il nemico. Stavolta non aveva tanta libertà di movimento, e il nemico poteva essere ovunque. Decise innanzitutto di sfruttare uno spostamento d'aria creato al suolo con la mano buona, la destra, per spiccare un balzo sovrumano: il movimento non era particolarmente agile, ma la spinta fu potente e lo proiettò ad alcune decine di metri di altezza. Da lì avrebbe potuto colpire in modo ottimale.

    Con una capriola si volse gambe all'aria, e proprio queste gambe, divaricate come le pale di un elicottero, Pai Mei usò per lanciare il colpo: roteando furiosamente su sé stesso, scagliò innumerevoli piccoli mulinelli che andarono a disperdersi nello spazio nel modo più uniforme possibile: sopra, sotto, a destra, a sinistra, davanti, dietro...
    Ogni mulinello conteneva un Tiger Blade in miniatura: davanti al loro impeto l'aria si sarebbe lacerata, e le tenebre, se non fossero state più che solide, si sarebbero sfaldate. E c'era persino la possibilità, trattandosi di un attacco omnidirezionale, che Apus dovesse difendersi per non venire straziato dalla forza tagliente e dallo sbalzo di pressione.




    CITAZIONE
    Stato fisico: paralisi da freddo al braccio sinistro e al fianco sinistro, all'altezza della vita: ferita al braccio sinistro, tra l'omero e la spalla: impossibilità di usare l'abilità "agilità straordinaria", se non per brevi movimenti effettuati con le parti del corpo ancora sane
    Stato psicologico: sulle prime preda del terrore, nel senso più vero del termine. Provando a mantenere la calma, Pai Mei ritorna padrone di sé quanto basta per ideare una strategia.
    Stato darian: intatta

    CITAZIONE
    Vento: Pai Mei è versato fin da piccolo nelle arti marziali dell'Ordine del Loto Bianco, tra le quali predilige uno stile fatto di movimenti brevi e fulminei, tali permettergli di padroneggiare in modo limitato l'elemento vento creando forti e istantanee correnti d'aria che possono aprire grossi squarci e anche produrre dei tagli sulle superfici colpite, qualora esse non siano abbastanza robuste.

    CITAZIONE
    Tecniche usate
    Cannibal Whirlwind: attacco che consiste in un grande vortice, o in più vortici più piccoli. Con un rapidissimo movimento delle braccia Pai Mei genera uno spostamento d'aria tale da triturare persino il suolo e gli oggetti davanti a lui: in sostanza, di tratta di un Tiger Blade concentrato. Gli effetti sarebbero lacerazioni, un urto violentissimo e, in caso di mancata resistenza da parte del bersaglio, lo spostamento di quest'ultimo diversi metri più in là. Se l'avversario fosse così forte da non riportare danni significativi, dovrebbe però fare i conti con la difficoltà di movimento conseguente lo spostamento d'aria, che renderebbe verosimilmente più complicato anche il gesto più piccolo.

    CITAZIONE
    Riassunto: ti descrivo il movimento più nei particolari. Creando una corrente ascendente Pai Mei si dà lo slancio verso l'alto, e arriva diciamo a una trentina di metri di quota (non hai specificato se la tenebra avesse o meno creato un "soffitto", se sì dimmelo pure che edito). Giunto "in quota", si capovolge a testa in giù e inizia a roteare le gambe, scagliando il Cannibal Whirlwind in forma minore e frazionata, con tanti piccoli mulinelli al posto di uno solo grande come fa di solito (visto che parliamo di Ryuga, Kenshiro ecc.: eccoti la tecnica di cui parlo. Vai a 1:23) Ah scusami per il titolo, così sembra che dia per scontato l'esito della mia tecnica: non è così, solo mi sembrava uno di quei titoli "sborroni" alla Ken il Guerriero XDD
     
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  8. Addestratore Quest Master
     
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    "Caccia alla Tigre Bianca!"



    lo spostamento d’aria prodotto dalla Tigre di Gea fu attuato in maniera intelligente e le tenebre che non coprivano il soffitto adesso si disperdevano, ma ancora “lo spazio” era presente e Apus non era uscito allo scoperto. I mulinelli d’aria creati dal ragazzo portavano la sua tecnica, ma purtroppo la densità della tenebra era troppa e ancora una volta quella difesa ottenuta da quella specie di “mimetizzazione” era riuscito a trattenere il colpo e a difendere Apus che era mimetizzato bene lì nel suo spazio, ma non solo.

    “Colpire un ammasso di tenebre o di spazio è solo una perdita di tempo, non puoi sperare di riuscire , perché l’ombra assorbe tutto e ridà indietro.”

    La tecnica della tigre fu rispedita indietro dall’ammasso di tenebre , ma quella non era un vero e proprio attacco perché le lame della tigre erano state sputate fuori non proprio in sua direzione ma appena a sinistra con l’intento di distrarlo , mentre il potere dello spazio si ingrandiva e poi esplose fino a creare circa dieci estremità simili a tentacoli di tenebre che partivano dal basso dove vi era la maggior concentrazione di tenebre, si poteva benissimo vedere una sorta di grosso buco oscuro che assomigliava a una grossa bocca dai canini di tenebre e tutti assieme i tentacoli di tenebre si trasformarono il catene d’ebano le cui estremità delle punte erano formate da appuntite pietre taglienti e erano indirizzate con un preciso ordine. Cinque catene stavano cercando di mirare i quattro arti della tigre per cercare di imprigionarlo , e i restanti cinque erano le catene che con le estremità appuntite avrebbero cercato di trafiggerlo. Se le catene avessero completato il loro lavoro la bocca di tenebre si sarebbe divorata la tigre aspettandola di sotto.

    “Le Tenebre dello spazio sono Divoratrici di mondi e oscuri mostri che la mente umana non può comprendere . Complimenti sei il primo che ne assaporerà il potere.”




    jz757s









    Traccia:


    Ok spero che la situazione si capisca. Allora il bastardone riesce a difendersi dalla tua tecnica grazie alle tenebre e te la rimanda indietro con l’intento però di distrarti e attaccarti con quelle dieci catene di tenebre che vogliono non solo crearti dei danni ma anche portarti verso la bocca di tenebre per “mangiarti”


    se non ti è chiaro qualcosa dimmelo.

    "In quest e in addestramento comando io!"


     
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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 12: LE FAUCI DELLA MORTE E UN'ANTICA... MALEDIZIONE





    Narrato; "parlato"


    La voce di Apus arrivò da ogni parte, e da nessuna. Era davvero impossibile basarsi sui sensi canonici per individuarlo, e ancora una volta il soprannaturale permetteva all'elusivo, sedicente sicario di Urano di sfuggire al giusto castigo.
    La tecnica di Pai Mei era stata lanciata in più direzioni: le lame turbinanti di cui era composta, invece, vennero rigettate tutte insieme verso un unico punto: Pai Mei stesso. Leggermente sgomento per il doversi difendere dal suo stesso attacco, il monaco ebbe la presenza di spirito di considerare che era meglio così, piuttosto che affrontare qualche nuova diavoleria.

    Approntando la difesa (una sorta di scudo cosmico fissato sul braccio destro, più adatto a deviare gli attacchi che a respingerli del tutto), il giovane adepto di Gea comprese che non sarebbe stato facile. Non tanto perché ancora si trovava a mezz'aria e tra breve sarebbe stato invece in caduta libera; no, l'acuto senso del pericolo sviluppato in tanti anni di battaglie lo avvertì con uno scampanellio al manifestarsi di quella che era, senza dubbio, una circostanza sospetta.

    Il Cannibal Whirlwind che gli veniva restituito seguiva una traiettoria sbagliata. Non di molto, d'accordo... e bisognava anche dire che per sua stessa natura, un colpo simile non viaggia mai in linea retta. Ma l'angolo a cui stava per arrivare era palesemente fuori bersaglio. Lì per lì pensò ad un errore di Apus, forse per l'incapacità di gestire per intero un potere non suo. Il colpo gli passò vicino, senza sfiorarlo, sul lato sinistro. In quel momento la caduta di Pai Mei stava per cominciare.

    E fu allora che partì il vero attacco. L'immagine di Ryuga gli balenò alla mente: la sua fine orribile... sarebbe capitata anche a lui, se non avesse fatto più che attenzione.

    Il cosmo di Apus, pervasivo, incombente, si concentrò e montò come una bolla, per poi esplodere... anzi, implodere. Sotto a Pai Mei un ghigno alieno e raccapricciante si formò nel pavimento di tenebre, emergendone in rilievo, con grosse labbra fatte di strati di nubi arricciate e canini dall'apparenza ben più solida e, quindi, letale che si intravedevano poco oltre. Dalla bocca uscirono i tentacoli neri di poco prima, e appena ne furono fuori si tramutarono in Catene d'Ebano, scagliate ad una velocità imbarazzante contro l'Eletto.

    Cinque di esse avevano l'estremità libera, cioè non terminavano in nulla di particolare: avrebbero cercato di ghermirlo, per trascinarlo verso le fauci. Ma per non lasciare nulla al caso Apus aveva ne anche create altre cinque, che finivano con protuberanze simili ad amigdale, dai bordi affilati e dalla punta acuminata. E l'obiettivo di queste ultime era ben chiaro: fare a pezzi ciò che avrebbero trovato. Il torace e l'addome di Pai Mei, magari.

    La strategia di Apus era astuta: creare un diversivo, e subito dopo lanciare il vero attacco. Ma aveva anche un punto debole, e cioè non considerava, forse, che se Pai Mei si fosse accorto in tempo che il diversivo non era altro che questo (e dopotutto era una sua tecnica: la conosceva benissimo), avrebbe avuto ancora una difesa intatta e pronta all'uso quando la reale tecnica fosse stata lanciata. La placca cosmica sull'avambraccio destro era ancora lì.
    Il monaco ricordava bene la fine di Ryuga: pur con tutta la sua forza, non aveva potuto niente contro i tentacoli che lo avevano afferrato.

    Ergo, era probabilmente più semplice respingere prima le catene che intendevano farlo a pezzi. Si mise a testa in avanti, come un tuffatore che si lancia da un trampolino, e con la destra sbracciò deviando quattro delle cinque catene più acuminate, che essendo tutte concentrate sul "bersaglio grosso" erano molto ravvicinate.
    Il contraccolpo fu terribile: un po' come avere preso un pugno sul braccio da un uomo fortissimo. Lo scudo si incrinò, e cominciò a sfaldarsi: non sarebbe stato più utile, anzi di lì a poco avrebbe cessato di esistere. La quinta catena invece lo colpì alla clavicola sinistra come una freccia scagliata da un arco in titanio lungo un paio di metri. Oltre a strappargli un mezzo grido di dolore, l'impatto fu tale da farlo roteare su sé stesso un paio di volte.

    L'aver deviato le prime quattro catene ebbe l'effetto di mandare queste ultime ad aggrovigliarsi con quelle che volevano afferrarlo ed imprigionarlo, o almeno con tre di esse. Le ultime si attorcigliarono rispettivamente attorno al suo ginocchio sinistro e alla sua caviglia, sempre sul medesimo lato. Cominciarono a tirare. Sotto, la bocca era spalancata.

    Lo strattone delle catene fece cambiare di nuovo posizione a Pai Mei: da quella a "tuffatore olimpico" ora assunse la postura di chi viene trascinato appunto per una gamba, strisciando contro il pavimento. A parte il fatto che non c'era nessun pavimento e la trazione veniva esercitata dall'alto verso il basso.
    Il contatto con le catene... oh, dei, era orribile. Solo il sentirsene sfiorato gli dava la nausea, e suggeriva alla sua mente immagini di una malvagità indicibile, sotterfugi, malignità, cattiveria. E come sottofondo, ancora una volta, quel freddo alieno che tutto pervadeva.

    Come ogni buon adepto del Loto Bianco, però, evitò di subire passivamente gli eventi: contrasse al massimo gli addominali e si piegò in avanti, arrivando con le braccia a toccare, volendo, i piedi.
    Il braccio sinistro era sempre inservibile. Rimaneva il destro. Vi convogliò il proprio cosmo, e lo fece rilucere di rabbiosa energia cinetica.

    Il fendente fu magistrale.
    Il taglio della sua mano, rinforzato dall'aura combattiva, si tramutò in un'ascia e recise le catene. Pai Mei fu lesto a sfruttare il contraccolpo, e si premurò di dirigere la caduta ai margini del pozzo di tenebra nel mezzo del quale si apriva la bocca. Atterrò su entrambe le gambe... e finì lungo e disteso per terra.
    L'anca sinistra, sempre danneggiata dalla nebbia gelida, non sopportò il peso come avrebbe dovuto e si comportò come una sospensione idraulica troppo rigida, facendogli divampare dentro un lampo di dolore che attraversò la colonna vertebrale fino ad abbattesi sul cervello come un maglio. La botta risvegliò inoltre le contusioni appena subite al braccio destro e alla clavicola sinistra. Il suo grido risuonò per tutta la vallata. Non tentò di reprimere la sofferenza: anzi, la lasciò sfogare in modo da sentirsi poi più libero. Se ne lasciò travolgere.

    Quando fu finita, e fu certo di non avere danni più seri di prima, si rialzò pian piano, sincerandosi di non appoggiarsi troppo alla gamba sinistra. Essere di nuovo libero dalle catene gli dava un senso di sollievo, come se si fosse disfatto non di inerti armi, ma di viscidi e guizzanti serpenti. Intorno a lui, la tenebra incombeva. Come avrebbe fatto a liberarsi di tutto ciò? Come combattere qualcosa che non si conosce? Come far saltare fuori Apus, che poteva essere a mezzo metro da lui, o molto più lontano?

    Le parole gli uscirono piano, ben pesate, mentre con aria assorta si incamminava verso lo Scettro di Urano.

    "Dicevi il vero sulle tue Tenebre: davvero sono oscuri mostri che la mente umana non comprende. Non la mia, almeno. Non del tutto. Solo a toccarle danno i brividi.
    E' anche vero che io avrei dovuto assaporarne per primo il potere, e penso di averlo fatto, ma sono ancora qui. E prima ancora mi avevi detto che il tuo volto sarebbe stata l'ultima cosa che io avessi visto... ma dopo ho continuato a vedere. E a respirare, e a combattere."


    Zoppicando leggermente (riflesso involontario del suo corpo, che aveva sperimentato un dolore lancinante provenire dall'anca mancina e ora faceva attenzione per evitare che si ripetesse), giunse fino ai piedi dell'Altare nel quale era conficcato lo Scettro. Apus si era "disperso" nell'ombra, evitando di presidiarlo oltre, quindi immaginò che non ce ne fosse bisogno. Un manufatto tanto antico sapeva ben proteggersi da solo, e in effetti prima aveva respinto il suo attacco come nulla fosse.

    "Immagino tu conosca bene la storia del tuo signore, Urano. Fu figlio e marito della dea che umilmente servo, e generò grandi stirpi divine che popolarono il mondo. Ma ben presto divenne un tiranno, e allora la Madre, disgustata, chiamò a raccolta i primi dodici figli che Urano le aveva dato, rifornendoli di armi per combattere il genitore. Tra essi fu il più giovane, Crono, ad affrontare il padre in singolar tenzone.
    Ma qui viene il bello. La sua arma era una falce, che usò per evirarlo. I testicoli del despota, insieme alla falce, furono gettati in mare al largo del luogo detto Capo Drepano, in Sicilia. Altre versioni suggeriscono che Urano venne ucciso, ma io sono più propenso ad affidarmi a questa. Cosa può mai, infatti, un uomo - o un dio - senza palle?"


    Da dove traeva, Pai Mei, un tale sarcasmo? Dove aveva imparato a piegare la propria voce al fine di insinuare tali cattiverie? Non al monastero. O meglio, colà aveva appreso che in battaglia ogni arma è valida, anche quelle meno convenzionali. Le arti del sotterfugio e dello scherno, invece, le aveva praticate in giro per il mondo, conoscendo persone che aveva appreso stili di lotta eterodossi e lo aveva alquanto impressionato. Come Elle del Cigno Nero, la ragazzina che divorava quintali di junk food.

    "Non può nulla. Diviene una larva in grado forse di covare rancore, e di tessere trame oscure quanto il tuo ributtante cosmo. Ucciderlo diventa inutile, perché non può più nuocere. Per quanto io non avalli l'idea occidentale che tutto il coraggio di un uomo risieda in una così poco nobile parte anatomica, nondimeno riconosco che essa è necessaria per combinare qualcosa. Senza, non si è più in grado di compiere gesta leggendarie, e ci si limita a vivacchiare, nella speranza che il proprio nemico ceda il passo."

    Era così vicino allo Scettro da poterlo sfiorare. Non ci provò nemmeno, conscio di quali barriere potevano ancora essere attive, ma chissà perché trovarsi tanto prossimo ad un oggetto così sfavillante lo aiutava psicologicamente ad affrontare quella tenebra innaturale. Ora alzò bene il viso e dichiarò, anzi urlò a voce altissima, verso il cielo e ad Apus, ovvero in ogni direzione:

    "E così sono anche i suoi seguaci, a quanto pare. Così sei tu, Apus! Parliamoci chiaro: ora io potrei concentrare il mio cosmo, e spararlo dentro quella patetica voragine che hai creato facendola collassare, come se fosse un varco dimensionale. Credo che tu non abbia palle, letteralmente forse, e che quindi ti nasconda, evitando di mostrare quel bel faccino da biondo effeminato di cui tanto vai fiero. Ma voglio darti l'opportunità di smentirmi e venire qui a combattermi da uomo, posto che così ti si possa definire. E' inutile che ti nasconda ancora: lanciami addosso quante più diavolerie ti riesce di inventare, troverò il modo di respingerle e alla fine ti stancherai prima tu, perché chi serve un dio senza palle non potrà mai contrastare chi serve la dea che quel dio generò, e che forgiò poi la lama che gli strappò gli attributi."



    CITAZIONE
    Stato fisico: paralisi da freddo al braccio sinistro e al fianco sinistro, all'altezza della vita: ferita al braccio sinistro, tra l'omero e la spalla: impossibilità di usare l'abilità "agilità straordinaria", se non per brevi movimenti effettuati con le parti del corpo ancora sane. Contusione da impatto all'altezza della clavicola sinistra, e lievi contusioni sull'avambraccio destro.
    Stato psicologico: sarcastico.
    Stato darian: intatta

    CITAZIONE
    Tecniche usate:
    Heron Jump: la tecnica è un debole schermo di cosmo, che però non ha la funzione di bloccare il colpo avversario, bensì di sfruttarne l'impeto per scivolarvi sopra come una tavola da surf e utilizzare così l'energia avversaria per saltare lontano, oppure vicino al nemico per colpirlo. In quest'ultimo caso, data la grande vicinanza tra l'azione di difesa e quella di attacco, probabilmente Pai Mei non riuscirà ad attaccare a piena potenza, nonostante la scarsa energia impiegata per creare la difesa lo metta comunque in condizione di fare danni notevoli tramite attacchi sempre pericolosi.

    Mighty Claw: tecnica versatile, tanto da poter essere usata anche per scopi difensivi, e che necessita di un consumo di cosmo limitato. I colpi fisici, come pugni e calci, vengono rinforzati dall'energia cinetica del vento che li accompagna, risultando così fattivamente più potenti di quanto la reale forza fisica del ragazzo consentirebbe. Addirittura essi possono sortire il loro effetto anche a distanza di alcuni metri (il tutto coerentemente con la distanza raggiungibile a seconda del livello energetico).

    CITAZIONE
    Riassunto: mentre ricado (l'azione dovrebbe svolgersi mentre sono ancora in aria) uso lo Heron Jump per difendermi dalla mia tecnica che torna indietro, ma dal momento che mi passa di fianco uso la difesa per deviare quattro catene "peforanti", mentre la quinta mi colpisce tra il collo e la spalla sinistra, zona dove sono protetto dalla Darian. Le catene "afferranti" vengono in parte neutralizzate dalle "perforanti" (Apus le ha lanciate molto vicine, quindi se si incasinano alcune di esse, è abbastanza naturale che finiscano contro gli anelli delle altre, smorzandone la forza e deviandone la traiettoria); solo due mi prendono la gamba destra. Con il Mighty Claw le faccio a pezzi, ricado fuori dalla bocca di tenebra, mi faccio la bua perché non sono in condizioni di compiere le mie solite prodezze da acrobata XD
    Il discorso sulla mancanza di attributi di Apus e Urano mi è venuto perché 'sto codardo ancora si nasconde nelle tenebre e fa il grosso, approfittando del fatto che non ho tecniche adatte ad affrontare una roba così, e non ho intenzione di lamerare fingendo di averle :nono: ah, mi avvicino allo scettro di Urano perché sì XD
     
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    "Caccia alla Tigre Bianca!"



    Il guerriero della Madre si era liberato delle catene precedente e adesso stava cercando di provocare Apus insultando Urano. Beh non che avesse poi tutti i torti suo padre era stato un ingenuo a farsi fregare in quel modo quindi l’evirazione era la punizione migliore che gli potesse capitare, comunque sia non era lì per rispondere alle provocazioni del tigrotto era lì per distruggerlo e punirlo ma per poterlo fare era bene iniziare a fare sul serio.
    Apus rise e l’eco della sua risata rimbombò tra le dense tenebre .

    “Sei divertante tigrotto comunque non c’è bisogno che mi ricordi di quanto è stato idiota mio padre, ma dopotutto perché preoccuparsene è stato ben punito e per ora è ancora nel tartaro. Se fosse stato più furbo forse non avrebbe dato un potere di tenebra come questo proprio a più folle dei sui venticinque figli. In ogni caso non siamo qui per parlare di mio padre hai detto che vuoi che mi riveli? Come fai a non essertene ancora accorto? Io sono proprio dietro di te.”

    la voce di Apus proveniva da dietro le spalle di Pai Mei , se si fosse girato avrebbe visto qualcosa di stupefacente il volto di Apus era plasmato nell’oscura tenebre , era enorme e rideva divertito, poi i suoi occhi si illuminarono di rosso e la massa di tenebre iniziò a muoversi.

    “Basta così questo scontro è durato a lungo, sei un guerriero molto valido Gea non merita i tuoi servigi avresti potuto essere un ottimo astro del padre che ne dici anzi che rischiare di morire per riavere lo scettro potresti trovare qualcosa di superiore .Dopotutto hai visto cosa posso fare io?”

    L’enorme faccione iniziò a scomparire con le tenebre , poi la massa di oscurità si mosse e una terrificante lama oscura iniziò a fuoriuscire dal sotto suolo con intenzione di infilzare Pai Mei e non solo lei come uno spettro anche Apus era uscito dalla sua massa di tenebre con metà del suo corpo e il braccio destro con la lama di tenebre teso dal sottosuolo.




    jz757s









    Traccia:


    Allora fa conto che Apus ti attacca da sotto verso le spalle con una lama di tenebre che di forma è simile alla Kahos Blade di Giapeto quindi una bella lamona di tenebre che sta cercando di infilzarti


    se non ti è chiaro qualcosa dimmelo.

    "In quest e in addestramento comando io!"


     
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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 13: L'ATTACCO DI UMBRIEL




    Narrato; "parlato"; "parlato Umbriel"; °pensato°


    Appena finito di parlare, Pai Mei si acquietò e ansimando rimase immobile nell'oscurità. Il respiro appesantito perforava le tenebre come un ago sottile.

    °Le mie membra sono pesanti e la carne mi fa male.°


    °Sono ferito, ho freddo e non sento quasi più il braccio. Forse lo perderò.°


    °Non posso muovermi come vorrei. Il fatto è che non mi ha mai davvero attaccato! Ha sempre usato qualche sporco trucco evitando di mostrarsi. Se non si espone, non posso colpirlo.°

    La voce di Apus tornò a farsi sentire, un rombo di tuono che spaccò in due la caverna vasta e vuota. Lo canzonò, ma fino ad un certo punto: anzi mostrò di avere apprezzato la virtù guerriera del monaco. Quanto seguì, però, fu rivelatore.

    "Comunque non c'è bisogno che mi ricordi quanto è stato idiota mio padre, ma dopotutto perché preoccuparsene? E' stato ben punito e per ora è ancora nel Tartaro... se fosse stato più furbo forse non avrebbe dato un potere di tenebra come questo proprio al più folle dei suoi venticinque figli..."

    Il jamiriano ebbe la certezza di quanto già sospettava: aveva a che fare con un alienato, e dai pazzi non c'è da aspettarsi nulla di buono. Perlomeno sembrava trattarsi di un cane sciolto, Urano non era risorto dall'abisso del Tartaro, quindi il problema era circoscrivibile all' "hic et nunc" che stava vivendo. Ciò lo rassicurò, e tale sensazione non venne scossa nemmeno dall'ennesima provocazione: la voce di Apus che rivelava la sua presenza alle sue spalle, e poi quell'odiosa e raggelante risata a cui si era ormai abituato.
    Non si voltò neppure.
    Non intendeva dare tale soddisfazione a quel bamboccio degenerato, che aveva fatto proprio un potere che non gli spettava. E se credeva di sorprenderlo con qualche trovata scenica di pessimo gusto, come i folli della sua risma sembrano essere avvezzi a fare, be', non gli avrebbe concesso attenzione.

    Altrettanto chiaro fu che qualcosa stava cambiando. Dopo un'improbabile offerta di lavoro come Astro di Urano, Apus manifestò l'intenzione di agire...

    °Si è spinto oltre. Il duello è a una svolta!...°

    Il suolo su cui Pai Mei poggiava i piedi cambiò: proprio dietro di lui vi fu un movimento, e percepì Apus emergere come da una pozza di liquido, materializzando un'enorme spada diretta contro di lui.

    Pensiero e azione furono tutt'uno.
    Se avesse potuto disporre appieno delle proprie facoltà motorie, avrebbe cercato di evitare il fendente. Ma solo la parte destra del suo corpo rispondeva a dovere, al netto di lividi ed escoriazioni. L'anca sinistra era parzialmente bloccata... quindi fece perno sul piede destro, esponendo proprio il lato offeso all'attacco dell'Astro.


    °Che cosa stavo pensando prima? Ho freddo e... non sento quasi più...°


    Il freddo gli aveva paralizzato alcune parti del corpo. E se ciò era disastroso per il suo modo di combattere, d'altro canto aveva anestetizzato le sue terminazioni nervose. Gli strati di carne sottostanti, vicino alle ossa del braccio e del bacino, erano ancora intatti... la superficie era divenuta come roccia ghiacciata.
    La punta della lama, che mirava alle spalle, non sarebbe stata un problema vista la torsione che aveva effettuato, ma il taglio sì: lo avrebbe investito, forse spaccandolo in due. Sporse anca e braccio congelati, offrendo quelli all'impatto dell'arma, con la protezione di un debole schermo di cosmo - o meglio, di uno schermo forte quanto poteva essere dati i pochi istanti per crearlo. L'arma lo distrusse in pochi attimi, risultandone però rallentata, e sfregiò tutto ciò che trovò, ma Pai Mei non avvertì nulla, se non un senso di disagio nel vedere le proprie carni lacerate e nel non provare le sensazioni che dovrebbero corrispondere a ciò.
    Fu poi grazie all'armatura se la spada si fermò prima di amputare, risparmiando il tessuto ancora caldo e pulsante della muscolatura interna.

    Il jamiriano aveva ottenuto ciò che voleva.
    Non poteva schivare rapidamente il colpo, ma poteva assorbirne in parte l'impatto derivante, per usarlo a proprio vantaggio. Facendo perno, scivolò liberandosi dalla lama, osservando con cinismo dapprima gli orrendi squarci che aveva prodotto nel suo corpo, e poi... Apus.

    Il mostruoso accolito di Urano emergeva a sua volta dal terreno, come un prolungamento della lama stessa, elsa ghignante di una spada blasfema e assetata di sangue. La metà inferiore non si vedeva, ma era ormai chiaro che il potere delle tenebre lo aveva corrotto al punto da alterarne la natura, non più umana, bensì... qualcos'altro. Ragionare in termini di "Homo Sapiens", e seguire pedissequamente gli schemi anatomici di quest'ultima specie animale, avrebbe anche potuto risultare fuorviante. E tuttavia, un bel pugno fa sempre un certo effetto.

    Usò la stessa tecnica con la quale aveva tagliato le catene d'ebano: un'infusione di cosmo ed energia cinetica derivante dal vento, che avrebbe reso molto più forte una parte del corpo a sua scelta.
    Optò per il braccio destro.
    Non mirò alla testa, bersaglio ghiotto ma difficile da centrare, anche con quei pochi centimetri di distanza che li separavano: cercò invece di sferrare un diretto al muscolo cardiaco -chiamarlo cuore suonava male, trattandosi di un simile demone- che, guarda caso, era proprio davanti al suo naso.



    CITAZIONE
    Stato fisico: paralisi da freddo al braccio sinistro e al fianco sinistro, all'altezza della vita; squarcio al braccio sinistro, tra l'omero e la spalla, e al fianco sinistro; impossibilità di usare l'abilità "agilità straordinaria", se non per brevi movimenti effettuati con le parti del corpo ancora sane. Contusione da impatto all'altezza della clavicola sinistra, e lievi contusioni sull'avambraccio destro.
    Stato psicologico: freddo.
    Stato darian: intaccata dal fendente di tenebra: la sua resistenza ha permesso a Pai Mei di conservare anca sinistra e braccio sinistro.

    CITAZIONE
    Tecniche usate:
    Heron Jump: la tecnica è un debole schermo di cosmo, che però non ha la funzione di bloccare il colpo avversario, bensì di sfruttarne l'impeto per scivolarvi sopra come una tavola da surf e utilizzare così l'energia avversaria per saltare lontano, oppure vicino al nemico per colpirlo. In quest'ultimo caso, data la grande vicinanza tra l'azione di difesa e quella di attacco, probabilmente Pai Mei non riuscirà ad attaccare a piena potenza, nonostante la scarsa energia impiegata per creare la difesa lo metta comunque in condizione di fare danni notevoli tramite attacchi sempre pericolosi.

    Mighty Claw: tecnica versatile, tanto da poter essere usata anche per scopi difensivi, e che necessita di un consumo di cosmo limitato. I colpi fisici, come pugni e calci, vengono rinforzati dall'energia cinetica del vento che li accompagna, risultando così fattivamente più potenti di quanto la reale forza fisica del ragazzo consentirebbe. Addirittura essi possono sortire il loro effetto anche a distanza di alcuni metri (il tutto coerentemente con la distanza raggiungibile a seconda del livello energetico).

    CITAZIONE
    Riassunto: quando il faccione appare non mi volto, e quando la lama sbuca da terra verso le mie spalle mi sposto offrendo il profilo sinistro. Nonostante l'Heron Jump rimango ferito alle parti già offese, ma essendo congelate non sento nulla di particolare e questo mi permette di contrattaccare senza accasciarmi contorcendomi dal dolore. Potenzio il pugno incorporandogli un turbine, ora l'effetto è più o meno quello di una mazzata che dirigo al cuore di Apus. Nella realtà, un colpo del genere può anche spaccare un cuore umano da fuori la gabbia toracica :zizi:
     
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    "Caccia alla Tigre Bianca!"



    Il colpo inferto dal cavaliere di Gea arrivò repentino proprio nel momento in cui Apus si era scoperto, forse non avrebbe dovuto farlo, ma anche da parte sua aveva bisogno di colpirlo come aveva fatto . Il suo torace iniziò a divenire un groviglio di ossa spezzate e carne e il suo cuore si stava per staccare, ma prima che succedesse Apus non aveva mai tolto dalla faccia il suo sorriso folle.

    GOzrL3m


    “Ahahah hai deciso dunque di morire per la tua causa?La Madre è così importante per te? Benissimo io Apus di Umbrel morirò, ma tu verrai con me. Gea non ha vinto è Urano il vero padrone del mondo . LUNGA VITA AL PADRE!LUNGA VITA AI FIGLI DEL CAOS!”.

    Quando ormai si sentiva di dover morire, Apus accumulò il suo cosmo e lo fece esplodere in una deflagrazione di energia oscura allo stato puro e energia che travolse ogni cosa creando il crollo dell’intera caverna , poi una colonna di luce bucò il soffitto e risplendette tra le fredde pianure Asgardiane, e in fine silenzio.

    […]



    Dopo l’esplosione di ciò che era stato Apus di Umbrel non rimase che cenere assieme allo scettro di Urano, ma Pai Mei? Che fina aveva fatto? Semplice forse era morto e divenuto cenere. Già forse, eppure tra le fredde pianure di agar una figura camminava in silenzio e in braccio portava il corpo martoriato di Pai Mei , fortuna volle che non fosse morto, ma era probabile che fosse incosciente e svenuto, ma chi lo aveva salvato ? La luce del sole che stava schiarendo le lande di ghiaccio rivelarono semplicemente un armatura nera come l’ebano e un volto coperto da una maschera e capelli lunghi e corvini infilati in un strano elmo .

    “Anche il padre sembra sentire l’ombra della fine e cerca dunque di sfuggirgli usando certi trucchetti? Ridicolo!”.

    La sua voce era femminile, una donna era giunta in salvo di un uomo specialmente come Pai Mei perché? Questo non era dato sapere, guardò il ragazzo e si sentì un sbuffo.

    “Mpf però non è di certo da comune mortale tenere testa a uno dei figli di Urano. Ha dimostrato un gran fegato questo ragazzino dovrò cercare di stare attenta.”.


    La donna portò il ragazzo al castello di Ryuga, lui e la sua famiglia non c’era no più ormai quindi era tutto vuoto , poi aiutò il giovane donandogli nuova linfa energetica grazie al suo Icore titanico dopo essersi procurata delle ferite alle braccia, poi andò via prima che il ragazzo potesse risvegliarsi. Di quella donna non avrebbe visto neppure la sua ombra allontanarsi qual’ora fosse sopravvissuto, accanto a lui c’era solo un pezzo di carta con una scritta in greco antico diretta alla divinità Gea. C’era scritto semplicemente questo:

    << Μαδρε νον τι διρρò νυλλα συ χι σονο περχέ ιμμαγινο χε τυ λο σαι, μα υογλιο χε τυ σαππια υνα κοσα, ιλ μονδο πρεστο καδρά νελ Καος ε νον σαρά οπερα δι Υρανο ο δει συοι φιγλι , πρεπαρα λε τυε σχιερε ε νον τεμερε δι ανδαρε αλλα πυγνα περ προτεγγερε λα Τερρα χε ταντο αμι .Κἑ λα τυα γλορια ριμανγα ιν ετερνο Μαδρε υν γιορνο κομβαττερεμο δι νυουο ινσιεμε.>>

    (traduzione)
    << Madre non ti dirò nulla su chi sono perché immagino che tu lo sai, ma voglio che tu sappia una cosa, il mondo presto cadrà nel Caos e non sarà opera di Urano o dei suoi figli , prepara le tue schiere e non temere di andare alla pugna per proteggere la Terra che tanto ami .Che la tua gloria rimanga in eterno Madre un giorno combatteremo di nuovo insieme.>>





    jz757s









    Traccia:


    Ok finale Esplosivo *_* poi vieni salvato da Rea che usa l'icore per guarirti che però non puoi più vedere ne riconoscere quando ti svegli alla prossima scusa il ritardo causa vacanze e impegni vari.



    concludi pure.


    "In quest e in addestramento comando io!"


     
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  13. 'Azz!
     
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    CACCIA ALLA TIGRE BIANCA - POST 14: RINASCERE NELL'ALBA DI ASGARD





    Narrato; "parlato"; "parlato Apus"; °pensato°


    La mano di Pai Mei affondò ben dentro al torace di Apus, quasi... troppo. La sensazione che provò fu di penetrare in un ammasso di fango, stranamente privo di calore corporeo. Proprio come la superficie di un astro perso nello spazio cosmico.
    Del braccio sinistro di Pai Mei, non rimaneva molto di intero. Ringraziò il gelo sovrannaturale che lo aveva avvolto, e che gli permetteva di muoversi senza accusare le ferite. Non riusciva neppure a guardarsi senza rischiare di impazzire...

    Apus di Umbriel accusò il colpo. Il Mighty Claw era andato a segno per intero, schiantando il muscolo cardiaco del demonio. Che, essendo tale, si rifiutava di morire.
    Mai, negli ultimi istanti, il suo volto cambiò espressione. Come chi sa di cavalcare verso la vittoria anche perdendo la vita.

    "Ah ah ah, hai deciso dunque di morire per la tua causa? La Madre è così importante per te? Benissimo: io, Apus di Umbriel, morirò, ma tu verrai con me. Gea, non ha vinto! E' Urano il vero padrone del mondo! LUNGA VITA AL PADRE! LUNGA VITA AI FIGLI DEL CAOS!"

    Il monaco passò dalla sicurezza della vittoria al dubbio, poi, all'incertezza, infine alla paura.

    °Un momento! Sento il suo cosmo gonfiarsi in modo esponenziale! Cosa intende fare? Non vorrà mica...°

    Un rivolo di sudore, più freddo ancora della caverna in cui si trovavano, gli solcò il viso. Gli occhi sbarrati nell'oscurità, il braccio ancora esteso nel gesto della pugna, l'ancora giovane Pai Mei comprese. I suoi ultimi pensieri razionali volarono alla Madre, per la quale ora dava volentieri la vita. Impossibile scappare ridotto com'era. Gli dispiacque solo di non avere fatto di più, di perire così presto...

    °E d'altronde... così sia. Mi riunirò con Te. Eccomi.°

    Spalancò un'ultima volta gli occhi, poi fu solo luce.

    [...]

    L'alta figura ammantata di nero si stagliava sulle pianure immerse nella tiepida luce dell'alba. Eos, l'Aurora, accarezzava appena con la punta delle dita la sagoma eburnea, senza però osare toccarla. Avvertiva forse un cosmo antico quasi quanto il proprio, per quanto rinato sotto le fattezze di una donna di questo secolo?

    Portava una maschera: impossibile dunque comprendere cosa stesse pensando, quale espressione avesse il suo volto. Ma il portamento e la foggia dell'armatura nera che indossava ne denunciavano con chiarezza l'appartenenza al sesso femminile.
    La Figlia della Terra portava tra le braccia l'esanime Pai Mei come se fosse privo di peso. Il viaggio fino all'ormai deserto maniero di Ryuga sembrò infinitamente breve. Le lunghe gambe rivestite di schinieri solcavano a grandi falcate la Terra.

    [...]

    Pai Mei galleggiava nell'incoscienza, avvolto in un sonno privo di sogni. Percepiva solo alla lontana di esserci ancora, di non avere ancora raggiunto la comunione con il Mondo che si era atteso. La sua individualità era intatta. Lo stesso non si poteva dire del suo corpo, né della sua darian.
    Poi un balsamo, un senso di pace e ricchezza si riversò e si espanse per tutta la lunghezza delle sue membra. Il braccio sembrò muoversi da solo con un piacevole formicolìo, ricomporsi, nascere a nuova vita. Così il fianco. Pur addormentato, non si era mai sentito meglio.

    [...]

    Al risveglio Pai Mei si trovò guarito. Riconosceva bene la stanza in cui aveva dormito: il freddo vento che entrava dalla finestra era mitigato da un tremulo sole. Gli bastò esaminarsi brevemente per non trovare più alcuna traccia della battaglia. Non se l'era sognata, questo no: il padrone del castello era morto in un modo orribile, e così la sua famiglia. Prima di andarsene avrebbe celebrato un breve rito funebre, anche se non conosceva le usanze di quella regione.

    Chi lo avesse salvato dalla morte, era un mistero. Non aveva elementi per fare congetture. Solo che gli aveva donato un fattore di guarigione impossibile per un essere umano.

    °Nemmeno il cloth di Suikyo della Coppa ha un potere tanto vasto.°

    C'era dell'altro. La sua darian era tirata a lucido, composta in foggia di totem a fianco del letto. Sembrava proprio come sempre, se non che gli parve più lucida, più brillante...

    °Sarà l'effetto dei raggi del sole. Ieri non c'era.°

    Già, doveva essere il sole. Perché, cos'altro poteva essere?...
     
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